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Notiziario Marketpress di Giovedì 25 Settembre 2008
 
   
  FOTO TEMPO E CREATIVITA’ DEDICATA A TRE ARTISTI COME DUANE MICHALS, ALDO TAGLIAFERRO, FABIO SANDRI DAL 09 OTTOBRE 2008 AL 16 NOVEMBRE 2008

 
   
  Milano, 25 settembre 2008 - Premessa: Fino all’invenzione della fotografia la nostra idea del tempo disponeva sostanzialmente di tre dimensioni: il tempo ciclico delle stagioni della natura e della durata della vita umana. Il tempo cronologico segnato dal tic tac dell’orologio su cui erano organizzati i ritmi della vita sociale. Oltre a ciò vi era il tempo eterno, non misurabile, quello dei sentimenti e del’al di là. Con i perfezionamenti della fotografia - che prima riesce a fermare il tempo nell’istante di secondo, e poi a rimetterlo in moto nel cinema - nascono nuove possibilità di ripensamento e di manipolazione Del Tempo, che ci danno l’illusione sia di poter arrestare l’attimo fuggente, sia di potere montare la successione degli eventi, e quindi almeno potenzialmente sia la memoria che il futuro, a nostro piacere. Nel laboratorio creativo delle loro menti e delle opportunità linguistiche a disposizione, alcuni lungimiranti artisti riescono a catturare e a visualizzare in modo nuovo ed originale aspetti e dimensioni fino ad ora non raccontabili del nostro modo di concepire i vari aspetti della realtà, legati a passato, presente e futuro, oltre che alla fotografia stessa. Sembra una favola, ed invece è proprio vero che, una volta scoperto questo magico laboratorio dell’età moderna, alcuni artisti poeti desiderosi di dare una forma adeguata al loro modo di sentire alcuni fondamentali aspetti della nostra vita sono riusciti a reinventare, ed a comunicarci, nuove percezioni del tempo e della realtà. Ognuno dei tre protagonisti lo fa in modo strutturalmente e visivamente molto creativo, muovendosi fra fotografia e cinema, sia sul piano del linguaggio che dei contenuti all’interno della Osart Gallery. Vediamo come. Le opere di Duane Michals (1932) si presentano spesso come sequenze di numerose fotografie – il che dà subito l’idea della continuità del racconto – per introdurci nel suo modo immaginifico e ‘fantasmatico’, talvolta da teatro dell’assurdo talaltra da psicodramma, di concepire lo sviluppo degli eventi che mette in scena. A questo scopo egli usa la struttura consequenziale della sequenza per coglierci di sorpresa, proponendoci dei paradossi metafisici, che risultano tanto più affascinanti ed inattesi in quanto sono ambientati in situazioni della vita quotidiana la cui banalità viene regolarmente smentita dallo svolgimento degli eventi ‘alla Michals’. Così spiega l’artista: “Credo nell’immaginazione. Quel che non posso vedere è infinitamente più importante di quello che posso vedere". Lo riscontriamo persino nei ritratti, come quello di un suo grande mito artistico, il pittore René Magritte , in cui la fedeltà della somiglianza fotografica si trasforma in una icona enigmatica. I suoi racconti fotografici di un assurdo che trasfigura il quotidiano si propongono come metafore della vita stessa : la loro ricchezza di colpi di scena e di densità metaforica cerca di assuefarci ai turbamenti, alle paure e alle illusioni insite nella natura e nel destino umani. Michals lo fa con una tale delicatezza e partecipazione al mistero da far sconfinare il linguaggio fotografico nella poesia. D’altra parte il suo piacere di giocare a nascondino con l´osservatore ci coinvolge in queste sequenze fantasiose e ci invita a completarle come meglio crediamo, o a restarne a nostra volta ossessionati al fine di risolvere il mistero dell’assurdo. Aldo Tagliaferro (1936) è affascinato dal modo in cui la mente funziona nell’elaborazione del ricordo e nel progressivo sfaldarsi degli eventi nella memoria. E´ molto sensibile al fatto di “mettere a fuoco” il flusso di memoria attraverso un lento processo che mima il passare delle immagini come egli pensa avvenga per noi nel gioco dei ricordi attraverso il passare del tempo. Fotogramma dopo fotogramma, anno dopo anno, l´immagine di partenza scompare come avviene nella nostra mente continuamente incalzata da nuovi eventi che fanno sbiadire quelli precedenti. In questo modo il suo intervento creativo adopera consapevolmente il meccanismo della precisione fotografica per intrappolarci in un ‘gioco dell’assurdo’. Infatti lo stratagemma percettivo che egli usa per farci visualizzare il modo in cui i ricordi svaniscono è in aperta contraddizione col tipo di immagine che egli usa. Difatti la foto che egli usa resta sempre precisa ed a fuoco, come è destino delle foto documentarie. E’ il modo in cui essa viene riproposta nella successione delle tele modellate , in cui viene stampata in modo sempre più flebile, per mimare i ricordi che si appannano e svaniscono, che evoca i nostri processi mnemonici. Da vero artista concettuale Tagliaferro mima il vero processo mentale e non quello visivo, evidenziando la sua presa di posizione per l’uso artistico – e non letterale – della fotografia. Fabio Sandri (1964) rovescia il criterio dell’istantanea che usa la fotografia per fermare il tempo. Per lui è l’atto stesso del fotografare a diventare racconto di una infinita serie di ‘istanti fotografici’, grazie a delle azioni-opera che producono fotografie come se fossero delle performances. Esse sono concepite come dei gesti fotografici simbolici. La cosa funziona così. Al momento dell’inaugurazione viene appesa al muro della carta fotografica vergine che da quel momento viene sottoposta a un processo di impressione continua, che si protrarrà per tutto il periodo della mostra. Tale processo, dovuto alla presenza della luce ambientale, è più concentrato e rapido nell’area della carta in cui viene proiettato un video. Questa installazione è il racconto di un deposito fotografico temporale stratificato composto da infiniti attimi istantanei luminosi. Nelle sue “Stanze” invece Fabio Sandri riesce a ricreare spazi reali grazie all´uso di carta fotografica fotosensibile che per effetto della luce sull´emulsione fotosensibile crea un´immagine in scala differente di grigi che riesce a descrivere la superficie in maniera fortemente psicologica. Il gesto fotografico dell´impronta di una stanza non si esaurisce qui, vive poi un secondo momento creativo nell´avvolgimento, e nella concentrazione spaziale-fisica in un quadrato, che lo fa ri-immaginare. Grazie a questa rielaborazione fisica aiutata da una struttura in plexiglass invisibile allo spettatore, queste “Stanza-avvolgimento” assumono nuove forme e nuovi contenuti che solo l´artista riesce a comunicare grazie alla sua interpretazione della cromia e dello spazio a riprova del fatto che Sandri non utilizza più la fotografia per fermare il tempo, ma è il tempo a diventare il soggetto e il protagonista delle sue immagini. .  
   
 

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