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Notiziario Marketpress di Martedì 30 Settembre 2008
 
   
  IMMIGRAZIONE, LE DONNE PIÙ A RISCHIO DISOCCUPAZIONE IL DATO È IL RISULTATO DI UNA RICERCA DELL’IRPET PRESENTATA ALLA MONASH UNIVERSITY

 
   
  Prato, 30 settembre 2008 - Sono soprattutto le donne immigrate ad essere esposte al rischio, sia di rimanere senza lavoro che di trovarne. E una delle conclusioni più interessanti emerse, il 27 settembre, dalla tavola rotonda ‘Economia e immigrazione: oltre i luoghi comuni’ che si è tenuta alla Monash University nell’ambito della terza giornata di ‘Economia³ - Europa, business, cultura’, a Prato. Politiche migratorie consapevoli che permettano l´incontro tra domanda e offerta sul mercato del lavoro non necessariamente informale (quindi irregolare), più equa distribuzione del reddito onde evitare fenomeni di sfruttamento, maggiore attenzione ai bisogni locali e nazionali nella programmazione dei flussi in entrata, che vanno definiti non soltanto in funzione economica. Queste le altre conclusioni segnalate durante il mini-convegno. Michele Beudò dell! ’Irpet ha concentrato l´analisi su due aspetti interessa! nti. Da un lato la funzione di riequilibrio dell’offerta sulla domanda di lavoro. Beudò ha evidenziato, per il quinquennio 2000-2005, il crollo della popolazione toscana nella fascia d´età 15-64 anni: meno 53 mila unità circa contro l´aumento di oltre 80 mila unità provenienti dall´estero. Il tutto a vantaggio soprattutto dei settori economici meno ´ambiti´ dalla manodopera autoctona: edilizia, industria leggera, basso terziario, agricoltura e turismo stagionale. Dall´altro come gli stranieri in Italia da almeno 3 anni hanno maggiori probabilità di trovare lavoro e di non restare a spasso "ma non è una probabilità così elevata come si potrebbe pensare - ha spiegato - Sono soprattutto le donne immigrate ad essere esposte al rischio maggiore sia di rimanere senza lavoro che di trovarne". In particolare per la donna italiana la probabilità di restare disoccupata sarebbe, secondo la ricerca Irpet, del 10%. Pe! r quelle straniere salirebbe a oltre il 25%. L´impatto dell´immigrazione su altri settori, come ad esempio sulle rimesse o sul contributo al fisco, è stato al centro dell´intervento di Elena Cappellini, anche lei ricercatrice Irpet. «Gli stranieri - ha ricordato - non sono soltanto lavoratori ma anche consumatori, risparmiatori, contribuenti». Ad esempio per quanto concerne le rimesse,nel 2006 i milioni di euro inviati da lavoratori immigrati ´toscani´ ai propri paesi d´origine sono stati circa il 9% rispetto al totale nazionale, pari a circa 375 milioni di euro. Il contributo ad esempio della comunità pratese è stato di circa 84 milioni di euro. La necessità di migliorare gli strumenti finanziari per limitare le rimesse ´informali´, evitando così il rischio di riciclaggi poco chiari di denaro, è stata una delle esigenze avanzate. Per quanto invece riguarda il contributo fiscale degli stranieri lo studio ha sottolin! eato il ruolo degli stranieri: il saldo al 2004 è a fav! ore di q uesti, con oltre 2800 euro annui contro i 2716 degli ´italiani´. La proiezione al 2030 ribalterebbe il quadro: 1472 euro annui degli stranieri contro i 2220 italiani. L´intervento di Alfonso Rosolia, dell’Ufficio Studi della Banca d’Italia, ha messo in evidenza i motivi dell’attratività italiana verso i migranti (soprattutto la ‘vecchiaia’ della popolazione autoctona e la conseguente domanda di servizi alla persona), della scarsa ‘qualità’ dei flussi stessi (in termini di grado di istruzione) rispetto ad altri paesi europei (in particolare Germania a Regno Unito) rapportata al rendimento ottenibile (quindi molti migranti preferiscono altre mete perché a parità di condizioni generali i salari sono più alti). Le note positive riguardano l’allargamento delle opportunità per ampi segmenti della popolazione, in particolare donne e lavoratori più istruiti, ed i maggiori investimen! ti da parte di tante imprese. Un dato interessante evidenziato «è la proiezione al 2050: circa un terzo della popolazione italiana avrà origine straniera, avvicinandosi al dato attuale di paesi con una tradizione migratoria già consolidata, come ad esempio gli Usa», ha spiegato Rosolia. Una breve analisi dell’immigrazione in Italia è stata al centro dell’intervento di Corrado Bonifazi, ricercatore dell’Irpps (Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali) il quale si è soffermato soprattutto sulla divisione dell’Italia in 2 tronconi: quella dei distretti industriali, dove il fenomeno è elevatissimo, e quella delle aree meridionali e periferiche. Il dato più rilevante sono gli oltre 2 milioni di famiglie che si rivolgono al lavoro di ‘cura’, domanda per la quasi totalità soddisfatta da lavoratori stranieri. «In realtà l’effetto dell&! rsquo;irrigidimento delle politiche migratorie sul mercato del! lavoro è stato più formale che sostanziale, anche perché poi chi governa a livello locale deve considerare quelli che sono i bisogni effettivi», ha osservato Bonifazi. La conclusione della tavola rotonda è stata affidata a Udo Enwereuzor del Cospe che ha presentato i risultati di due ricerche: una sulla discriminazione (direttA e indiretta) nei confronti degli immigrati al momento della ricerca di lavoro e una sull´accesso ai servizi bancari. Nel primo caso il tasso più alto spetterebbe all´Italia: 41% contro il 37% dell´Olanda, il 36% della Spagna, il 33% del Belgio e il 19% della Germania. Nel secondo caso (lo studio è stato condotto in Toscana ed Emilia Romagna) è risultato che l´interesse verso i lavoratori stranieri è maggiore da parte delle banche più piccole (popolari e credito cooperativo), che il 65% degli interpellati ha un conto corrente, che il 30% non ha rapporti con istituti di credito e c! he 10 imprenditori stranieri su 20 non hanno ottenuto credito, lo hanno ottenuto a una cifra minore rispetto alla richiesta o a condizioni più onerose. .  
   
 

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