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Notiziario Marketpress di Martedì 12 Settembre 2006
 
   
  PARALMENTEO EUROPEO: NON VI PUÒ ESSERE SOLUZIONE MILITARE AL CONFLITTO MEDIORIENTALE

 
   
  Bruxelles, 12 settembre 2006 - Il Parlamento ha adottato una risoluzione che, accogliendo con favore la risoluzione dell´Onu, chiede di riportare il processo di pace in Medio Oriente fra le priorità dell´agenda politica internazionale e di convocare una conferenza di pace. Nel sostenere la missione Unifil e sottolineando il ruolo attivo dell´Italia, sollecita anche un chiarimento del mandato e delle regole d´ingaggio. Auspica inoltre l´avvio di un´indagine internazionale per valutare eventuali violazioni dei diritti umani. Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione comune sostenuta da Ppe/de, Pse, Alde/adle, Verdi/ale, Gue/ngl e Uen con la quale esprime «viva preoccupazione» per le dimensioni e l´intensità del conflitto militare nel Libano meridionale. Inoltre, si dice «profondamente turbato» dallo scoppio delle ostilità nel Libano meridionale, dagli attacchi di Hezbollah e «dalla reazione sproporzionata nell´uso della forza da parte dell´esercito israeliano», «che hanno rappresentato una seria minaccia per la pace e la sicurezza internazionale». In proposito, deplora profondamente le vittime fra la popolazione civile in Libano e in Israele e tra i soldati e gli osservatori dell´Onu, così come la massiccia distruzione delle infrastrutture. Ribadendo quindi «che non vi può essere soluzione militare al conflitto mediorientale», sottolinea che «nessun cessate il fuoco può essere duraturo senza la volontà politica delle parti coinvolte direttamente o indirettamente di affrontare le cause alla radice della recente crisi». Reitera pertanto l´appello alla liberazione immediata sia dei soldati israeliani rapiti che dei membri del governo palestinese e del Consiglio legislativo palestinese detenuti in carcere da Israele. Nel plaudire poi all´adozione all´unanimità della risoluzione 1701 dell´Onu, il Parlamento si compiace che il governo libanese abbia deciso di dispiegare le sue forze nel Libano meridionale e che l´esercito israeliano abbia accettato di ritirarsi dietro la "Linea blu". Si compiace inoltre del forte sostegno espresso dal governo libanese ad un potenziamento del ruolo dell´Unifil. Al riguardo, ritiene che il mandato dell´Unifil dovrebbe costituire «un serio impegno a fornire un´assistenza adeguata al governo libanese nel porre in essere efficaci misure di controllo e di sicurezza». Accoglie anche con favore l´impegno assunto dagli Stati membri di mettere a disposizione circa 7. 000 uomini per la forza Unifil. Sottolineando poi «il ruolo attivo assunto da Francia e Italia», i deputati appoggiano pienamente la decisione secondo la quale la Francia continuerà ad assicurare il comando dell´Unifil fino al febbraio 2007, dopodiché l´Italia assumerà il controllo terrestre. Sottolineano nondimeno che «occorre evitare una duplicazione delle strutture di comando» ed evidenziano «l´importanza di definire in modo chiaro ed adeguato il mandato, le regole d´ingaggio, la struttura e le competenze dell´Unifil». Il Parlamento ritiene fondamentale che l´esercito libanese regolare «sia l´unico destinatario di qualsiasi importazione di armi in Libano» e invita il governo del paese a garantire, in cooperazione con l´Unifil, la piena attuazione della risoluzione Onu. Sottolinea al riguardo che questa soluzione «dovrebbe portare al disarmo di tutte le milizie, compresa quella di Hezbollah, unitamente a misure volte a impedire l´entrata di armi in Libano». Invita poi gli Stati membri ad attenersi rigorosamente al Codice di condotta sulle esportazioni di armi per tutte le forniture belliche alla regione. Il Parlamento, inoltre, chiedendo di sostenere l´ulteriore democratizzazione del Libano, rivolge un urgente appello a Iran e Siria affinché svolgano un ruolo costruttivo. Quest´ultima, più in particolare, dovrebbe rafforzare i controlli sul proprio versante del confine con il Libano. Allo stesso tempo, invita il Consiglio e la Commissione a riannodare un vero dialogo con la Siria «per coinvolgere il paese negli sforzi di pace finalizzati a una soluzione globale del conflitto». D´altra parte, i deputati chiedono all´Unione europea di impegnarsi a lavorare con tutte le parti interessate e rivolgono un appello a queste ultime a rispettare scrupolosamente i loro impegni in vista della piena applicazione della risoluzione 1701, «così da consentire l´accesso dell´aiuto umanitario d´urgenza e il ritorno delle persone sfollate nelle migliori condizioni di sicurezza possibili». D´altra parte, chiedono che venga condotta in Libano e Israele un´inchiesta internazionale approfondita di alto livello, sotto l´egida del Segretario generale delle Nazioni Unite, «per far luce sulle notizie di gravi violazioni dei diritti umani, sulla drammatica situazione delle vittime e sulla violazione del diritto umanitario». Deplorando vivamente il deteriorarsi della situazione della popolazione e delle infrastrutture civili a Gaza e in Cisgiordania, chiedono a tutte le parti «di spezzare il circolo vizioso degli attacchi e contrattacchi, che ha provocato centinaia di morti e feriti e ha causato enormi danni alle infrastrutture civili». Il Parlamento sottolinea poi la necessità di riportare il processo di pace nel Medio Oriente fra le priorità dell´agenda politica internazionale. Invitando quindi il Quartetto ad imprimere nuovo slancio all´applicazione della "tabella di marcia" in vista dell´Assemblea generale annuale delle Nazioni Unite di settembre, ribadisce che la formula dei due Stati, con uno Stato israeliano e uno palestinese che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza, «è una condizione chiave per una soluzione pacifica e duratura in Medio Oriente». Consiglio e Commissione sono inoltre invitati a continuare a garantire, unitamente alla comunità internazionale, l´assistenza umanitaria fondamentale al popolo palestinese e, a tale proposito, i deputati chiedono che il Meccanismo internazionale temporaneo (Mit) «sia potenziato ed esteso». I deputati chiedono poi al governo israeliano di riprendere con urgenza il trasferimento delle entrate tributarie e doganali palestinesi trattenute, di consentire la circolazione delle persone e di rispettare l´accordo in materia di circolazione e accesso a Rafah e in altri punti di attraversamento della frontiera a Gaza. Rinnovano, inoltre, il sostegno agli sforzi del Presidente dell´Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, volti a promuovere un dialogo nazionale tra i vari partiti palestinesi, nella prospettiva della costituzione di un nuovo governo palestinese. D´altra parte, ritengono che la presenza di una forza multinazionale in Libano «potrebbe essere considerata un esempio da seguire nel processo negoziale per la soluzione del conflitto israelo-palestinese». Invitando, infine, il Consiglio ad adoperarsi con ogni mezzo per convocare una conferenza regionale di pace per pervenire a una soluzione complessiva, duratura e sostenibile ai problemi dell´area, il Parlamento ritiene essenziale coinvolgere la Lega araba e chiede all´Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem) di assumersi le proprie responsabilità per facilitare la ripresa del dialogo e della cooperazione tra le parti interessate dalla situazione in Medio Oriente. A medio e a lungo termine, poi, dovranno essere create istituzioni che raggruppino i paesi del bacino mediterraneo, come una Banca euromediterranea di sviluppo, poiché ritiene che ciò costituisca «la migliore garanzia di una pace duratura e dello sviluppo umano». Dibattito in Aula Dichiarazione del Consiglio Erkki Tuomioja ha anzitutto sottolineato che l´ultima crisi in Medio Oriente è la prima in cui l´Unione europea ha assunto un importante ruolo internazionale, dimostrando, nel porre fine alle ostilità e nel mantenimento della pace, di «essere all´altezza delle aspettative». Ha poi ricordato che il Consiglio dei Ministri ha tenuto due riunioni straordinarie nel mese di agosto che hanno permesso di definire una posizione europea sul conflitto e la cui sostanza è stata ripresa dalla risoluzione Onu. Il Ministro, in particolare, ha posto l´accento sulla decisione di inviare truppe europee nell´ambito della forza Unifil al fine di garantire il rispetto della risoluzione. La forza Unifil - che dal mese di febbraio sarà sotto comando italiano - non rappresenta però un´operazione europea e, in proposito, il Ministro ha sottolineato l´importanza della partecipazione di altri paesi, anche islamici. Si tratterà quindi di garantire il ritiro delle truppe dal Libano del Sud e aiutare il governo libanese ad estendere la sua autorità in quell´area. Mentre all´esercito libanese spetterà disarmare Hezbollah, ha aggiunto, la forza Unifil dovrà assicurare l´approvvigionamento degli aiuti e garantire il rispetto del cessato il fuoco. Al riguardo ha messo l´accento sul contributo finanziario significativo stanziato dall´Unione che permetterà l´inizio della ricostruzione e di alleviare la crisi umanitaria. Sottolineando come tutte le parti abbiano sottoscritto la risoluzione dell´Onu, il Ministro ha rilevato l´importanza che tutti i paesi della regione sostengano il progetto. Occorre quindi implicare la Siria che può svolgere un ruolo importante e che ha già dato segnali circa la propria disponibilità ad avere un atteggiamento costruttivo nel processo di pace. Il Consiglio, ha proseguito, è convinto che non è possibile ottenere la pace nella regione se non si trova una soluzione alla questione israelo-palestinese sulla base della road map e con l´obiettivo di giungere alla costituzione di due Stati indipendenti e sovrani. Per proseguire il processo di pace, ha aggiunto, è quindi vitale che sia riconosciuto Israele e siano interrotte le attività terroristiche. D´altra parte, occorre, che Israele rilasci i membri del Consiglio palestinese arrestati e che siano liberati i soldati israeliani presi in ostaggio. Il Ministro ha poi sottolineato che l´Unione deve svolgere un ruolo attivo per il rilancio del processo di pace assieme agli altri partner del Quartetto, e in particolare con gli Usa, e della Lega araba, spingendo le parti al tavolo del negoziato. Ha quindi concluso affermando che l´Unione potrebbe in futuro assumersi nuove responsabilità e, segnatamente, nella promozione di una Conferenza internazionale per la pace che potrà essere organizzata quando le condizioni necessarie saranno riunite. Dichiarazione della Commissione «La sicurezza e la stabilità non può essere imposta unilateralmente», ha affermato Benita Ferrero-waldner sottolineando il ruolo svolto dall´Ue nel corso della crisi nel Libano del Sud. In particolare il suo contributo nella definizione della risoluzione Onu e alla sua applicazione, nonché lo sforzo profuso per garantire gli aiuti umanitari e alla ricostruzione. Per la commissaria responsabile delle relazioni esterne vi è bisogno di un Libano indipendente, che sia «in grado di contribuire a questa fragile pace» e di eliminare la tensione attuale. Si è poi detta d´accordo con Kofi Annan riguardo alla necessità di eliminare il blocco navale e aereo imposto da Israele al Libano. Occorre anche, ha proseguito, creare le condizioni per una stabilità a lungo termine ed «eliminare le ambiguità sul disarmo di Hezbollah». Facendo poi riferimento alla situazione in Palestina, la commissaria ha affermato che, per evitare una escalation della violenza, occorre che siano rilasciati gli ostaggi e che siano risolti i problemi di movimento e di accesso alle frontiere tra Israele e i territori palestinesi. Rilevando anche la necessità di ricostruire le istituzioni palestinesi e di lavorare con esse, ha poi rilevato che occorre trovare una soluzione tesa a sbloccare gli introiti doganali che spettano alla Palestina e che potrebbero garantire parte delle risorse finanziarie, anche per pagare gli stipendi dei funzionari palestinesi. Il conflitto consumatosi questa estate, ha affermato la commissaria, «non ha avuto vincitori, ma solo vittime» e le soluzioni militari non funzionano. L´unica possibilità è quindi di rinnovare una prospettiva politica, riportando tutte le parti al tavolo dei negoziati. Per Israele e Libano, ha aggiunto, è venuto i momento del dialogo e la Siria deve fare la sua parte per garantire il rispetto della risoluzione Onu, mentre l´Unione dovrebbe diventare leader del processo di pace in Medio Oriente. Interventi in nome dei gruppi Secondo Hans-gert Poettering (Ppe/de, De), nessuna regione al modo ha patito per così tanto tempo tali sofferenze ed ha sottolineato il «circolo vizioso senza fine» innescato dal rapimento dei soldati israeliani che ha comportato anche il bombardamento di presunti obiettivi militari che hanno colpito i civili. Per il leader popolare, la soluzione militare in Medio Oriente non è percorribile e solo la politica può portare alla pace. Tuttavia, ha evidenziato che solo la presenza militare può contribuire a creare le condizioni necessarie al mantenimento della pace. Ritenendo inaccettabili le interferenze di Siria e Iran in Libano, il deputato ha sottolineato che l´obiettivo dev´essere di garantire uno Stato libanese sovrano. A suo parere, inoltre, Hezbollah è sì un´organizzazione politica e una forza di governo ma è inaccettabile che le sue milizie, «uno Stato nello Stato», determinino l´azione di governo e vanno quindi disarmate. Ricordando poi le critiche rivolte a Israele circa l´uso sproporzionato della forza, e da lui a suo tempo condivise, il deputato ha voluto però rendere omaggio al processo democratico di autocritica che si è svolto in Israele circa l´intervento militare. Ha quindi auspicato che un tale processo abbia luogo anche in altri paesi. Dopo aver sostenuto che i palestinesi hanno gli stessi diritti degli israeliani e degli europei, ha auspicato la costituzione di un governo palestinese di unità nazionale che contribuisca alla pace. Sottolineando quindi che alla base di ogni politica vi deve essere la dignità umana, ha rivolto un appello a non usare i giovani facendone dei martiri ma dando loro la possibilità di dare un contributo ai loro paesi, rispettando la dignità umana. Martin Schulz (Pse, De) ha evidenziato l´opportunità storica dell´Unione di dare un contributo costruttivo alla pace e alla sicurezza. Contributo, ha precisato, che non deve essere solo militare ma anche umanitario e diplomatico. A suo parere deve essere riconosciuto a Israele il diritto di esistere ma occorre anche rafforzare la democrazia in Libano - che era già sulla buona strada prima del conflitto - e ricostruire la Palestina con l´aiuto umanitario e il dialogo tra le parti. Ha quindi sottolineato che il dialogo deve essere interculturale e interreligioso. Non si deve pertanto assimilare l´Islam a un concetto negativo in quanto «un manipolo di terroristi non va confuso con una religione». Per il leader socialdemocratico occorre poi coinvolgere la Siria che, se è disposta al dialogo, deve prendere misure concrete per consentire un ritorno al tavolo della pace. Ha quindi lanciato la proposta di organizzare una conferenza internazionale che veda protagonisti tutti gli attori della regione. Il deputato ha quindi concluso affermando che «nulla giustifica i terroristi che disprezzano la vita umana» e che la lotta al terrorismo deve essere un obiettivo comune. Dopo aver sottolineato il numero di vittime civili causate dal conflitto in Libano, Graham Watson (Alde/adle, Uk) ha affermato che occorre dispiegare rapidamente le truppe Unifil al fine di impedire l´afflusso di armi e sostenere lo sforzo umanitario. Tuttavia, ha aggiunto, deve essere chiarito il mandato Unifil per realizzare gli obiettivi della risoluzione Onu. Ma bisogna anche andare oltre, ha continuato, «occorre parlare con una sola voce» e, nel breve termine, chiedere a Israele di levare il blocco navale e aereo sul Libano. Va anche rimosso il blocco di Gaza e occorre aiutare la costituzione di un governo palestinese. Nel medio termine, condannando il terrorismo, è necessario implicare Hamas e Hezbollah nel dialogo democratico e istituire un´indagine indipendente sulle uccisioni di civili avvenute da entrambi le parti nel recente conflitto. Ma, con il dialogo, occorre anche convincere Hezbollah a deporre le armi e a negoziare una soluzione durevole. Nel lungo termine, bisogna invece costruire istituzioni che possano garantire la pace. In proposito ha ricordato la proposta fatta da Romano Prodi - quando era Presidente della Commissione - di creare un banca Euro-araba per lo sviluppo. Occorrerà poi definire una politica dell´immigrazione adeguata. Il leader liberaldemocratico ha poi ridimensionato i successi dell´Unione, sostenendo che la Costituzione avrebbe fornito degli strumenti atti a rispondere meglio alla crisi. Ha quindi sottolineato che si stanno dispiegando «forze europee ma non dell´Unione europea». Si è poi lamentato dell´assenza dall´Aula di Solana che avrebbe potuto spiegare perché la questione delle regole d´ingaggio non riguarda l´Ue. Il pericolo, ha poi sottolineato, è che molti cittadini credono che l´Europa abbia risposto alla crisi, ma se le cose si mettono male e vi sono morti tra i soldati «la gente vorrà sapere chi ne è responsabile». Il deputato ha quindi concluso ringraziando il commissario Louis Michel per la reazione rapida e Romano Prodi «per il coraggio dimostrato nell´affrontare il problema». Daniel Cohn-bendit (Verdi/ale, De) ha anzitutto esortato i colleghi a fare autocritica per non avere sollevato, lo scorso anno, il problema della non applicazione della risoluzione Onu 1552 e per non aver affrontato la questione del disarmo di Hezbollah. Il leader dei Verdi ha in seguito sottolineato che non bisogna fare l´errore di prendere le parti di Israele o della Palestina. Occorre invece fare tutto il possibile affinché vi sia uno Stato palestinese e uno Stato israeliano nei quali si possa vivere in sicurezza. Per fare politica, ha aggiunto, «bisogna essere capaci di riuscire a smuovere politicamente la regione». In merito all´invio di truppe europee, dopo aver dato ragione al presidente dei liberaldemocratici, il deputato ha affermato di aver fatto un sogno in cui i Capi di Stato decidevano che il contingente europeo sarebbe stato «la forza d´intervento rapida degli europei e non più 3/4 francese, 2/3 italiana o 1/4 tedesca». Ma, tornando alla realtà, ha sottolineato la presenza Usa in Iraq ma anche che sono «politicamente inesistenti» mentre, a suo parere, non vi è nessuno oltre all´Europa che abbia la capacità politica di insistere presso Israele come negoziare la questione palestinese. Il miglior modo di combattere Hamas, ha aggiunto, è avere uno Stato palestinese, «perché Hamas se ne frega dello Stato palestinese; vuole uno spazio islamico!». Per il deputato è poi necessario risolvere il problema della frontiere con la Siria, nel Golan: è vero che bisogna garantire le forniture d´acqua e la sicurezza degli israeliani, «ma non si può fare con l´occupazione israeliana del Golan». L´unione europea deve quindi promuovere dei negoziati e diventare protagonista e politicamente responsabile della pacificazione della regione. Per Francis Wurtz (Gue/ngl, Fr), quanto avvenuto questa estate «dovrebbe essere inconcepibile alla nostra epoca». Ha quindi voluto ricordare che Israele «ha bombardato e affamato la popolazione civile a Gaza, rapito ministri e deputati che raggiungono 8. 000 prigionieri palestinesi e provocato più di 200 morti tra la popolazione» di quel piccolo territorio diventato «una bomba a orologeria». Lo stesso esercito, ha proseguito, ha «schiacciato il Libano per 34 giorni . Senza distinguere obiettivi civili e militari, causando la morte di 1. 100 civili e provocando la fuga di un quarto della popolazione». Ha inoltre «imposto un blocco totale del paese», «ucciso osservatori internazionali» e distrutto infrastrutture vitali e alloggi. Il deputato ha quindi stigmatizzato il sostegno conferito dagli Stati Uniti alla strategia di Israele in Palestina e in Libano, nonché il rifiuto, per un mese, di chiedere il cessate il fuoco. Il leader della Sinistra Unitaria ha quindi sottolineato l´incapacità dimostrata dal Consiglio per molto tempo di chiedere il cessate il fuoco, «nonostante il lodevole tentativo della Presidenza e l´appello della Conferenza dei Presidenti del Parlamento europeo». Il Consiglio, ha aggiunto con forte disappunto, che ha anche «trovato delle giustificazioni al comportamento dell´esercito israeliano, invocando l´autodifesa». Il deputato ha quindi sottolinenato che, al cuore del problema, vi è l´occupazione dei territori conquistati nel 1967 e «l´ostinazione di Israele nel rifiutare l´applicazione delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di Sicurezza dell´Onu». L´unione europea, ha poi lamentato, invece di svolgere un ruolo da protagonista nel processo di pace, ha sospeso l´aiuto alle istituzioni palestinesi, ignorato gli sforzi di Abbas e accettato la chiusura dei valichi di frontiera con Gaza. Ha quindi concluso, formulando l´auspicio che le decisioni comuni degli ultimi giorni rappresentino il segno di un risveglio dell´Europa nei confronti di tutto il Medio Oriente. «Quante inesattezze e disonestà intellettuali in molte cronache d´agosto sulla crisi in Medio Oriente e nelle dichiarazioni di tanti uomini politici!», ha esclamato Cristiana Muscardini (Uen, It). Ha quindi spiegato che «si è confuso spesso l´assalitore con l´assalito» e quasi mai è stato specificato che il motivo vero della provocazione scatenata dagli Hezbollah con il lancio di missili verso Israele e con il rapimento di due suoi militari, «è quello dichiarato più volte dal Presidente dell´Iran: la cancellazione di Israele dalla carta geografica». Se questo è l´obiettivo perseguito da alcuni governi e dal fondamentalismo terrorista da essi alimentato, ha aggiunto, «bisogna avere il coraggio e la lealtà di affermare che primo compito dell´Europa è sostenere e difendere l´esistenza dello Stato di Israele e del suo popolo e pretenderne il riconoscimento anche da coloro che con miope follia continuano a negarlo». Solo a queste condizioni e tornando alla Road Map, ha insistito, «potremo avere uno Stato palestinese anch´esso riconosciuto, libero e sicuro, nonché la pace in Medio Oriente». Questi sono gli obiettivi che debbono essere raggiunti, mentre Hezbollah «vuole distruggere lo Stato democratico riconosciuto dalla comunità internazionale e membro dell´Onu». Hezbollah, ha aggiunto, è «un movimento ideologico religioso» rappresentato nel parlamento di uno Stato confinante, ma possiede anche un´organizzazione autonoma armata al di fuori della struttura statale ed alimentata con armi e denaro da altri due Stati della regione, «entrambi aventi lo scopo primario della distruzione di Israele». La deputata ha quindi chiesto come si può essere vicini nella stessa misura a questi due contendenti, «così contrapposti e diversi nei loro obiettivi». Mentre gli uni difendono «la loro legittima sopravvivenza di Stato democratico», ha sottolineato, «gli altri sono il braccio armato della lotta contro la democrazia e l´Occidente». Esprimendo il proprio sostegno alla forza Unifil, «che dovrà provvedere fino in fondo a verificare il disarmo e a sostenere il governo legale libanese», la deputata ha quindi auspicato che le autorità libanesi «non cadano più nelle ambiguità delle ultime settimane», mentre «gli unici interlocutori di Unifil devono essere il governo israeliano e quello libanese». Ha poi aggiunto che l´Unione, «che finalmente si muove unita», deve ottenere il rispetto delle risoluzioni Onu e impegnare tutte le sue forze per gli aiuti umanitari, per ripristinare il dialogo e per far crescere la cultura del rispetto reciproco. Ha poi concluso ribadendo la convinzione che «se Israele facesse parte dell´Unione, la pace in Medio Oriente sarebbe maggiormente garantita» e ha quindi rinnovato l´invito al Consiglio a dichiarare che da ogni parte del mondo le ambasciate dei paesi dell´Unione «riconosceranno da oggi in poi i cittadini israeliani come cittadini europei». Bastiaan Belder (Ind/dem, Nl) ha affermato che la stampa tedesca ha sottolineato il ruolo della Budeswehr´s nell´arresto del flusso di armi in Libano e che, certamente, gli Stati membri dell´Ue non hanno l´intenzione di restare a guardare Hezbollah portare avanti i suoi affari. Sottolineando che vi sono rappresentanti di Hezbollah nel governo libanese, ha chiesto se Israele aveva l´intenzione di mantenere il blocco del Libano. Gianni De Michelis (Ni, It) ha esordito esprimendo il proprio consenso all´iniziativa dell´Unione nella questione libanese, «che corrisponde alla ripresa di un ruolo centrale nella vicenda mediorientale, come non vedevamo da molto tempo, e naturalmente coincide anche col fallimento delle iniziative unilaterali di altri». Ha però sottolineato che «tutto dipenderà dai risultati» e che occorre essere consapevoli che la missione militare e gli aiuti alla ricostruzione «non sono un punto di arrivo, ma un punto di partenza». Non sono un fine, ma un mezzo che, ha spiegato, «rischia di essere totalmente inadeguato, se non sarà rapidamente e tempestivamente accompagnato da un´iniziativa politica e diplomatica che consenta di riannodare il filo del dialogo tra le parti». Se il contesto sarà quello del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha aggiunto, «l´iniziativa dovrà venire inevitabilmente dall´Unione europea, in collegamento con gli Stati Uniti e con la Lega Araba». Occorre quindi discutere i connotati che tale iniziativa potrà avere. Il deputato ha quindi affermato che l´esperienza insegna che l´unilateralismo, da solo, «non porta da nessuna parte», così come il tentativo di risolvere i problemi del Medio Oriente «pezzo a pezzo». A suo parere bisogna pertanto andare «oltre la road map, oltre le singole specifiche risoluzioni del Consiglio di sicurezza sull´Iraq o sul Libano» e comprendere che oggi «il tempo è maturo per un approccio onnicomprensivo», in grado di riunire intorno al tavolo per un confronto formale tutti gli Stati interessati della regione, su tutte le questioni aperte, i punti di crisi o gli elementi di cooperazione. Una soluzione di questo genere, ha concluso, rappresenterebbe una soluzione per tutti: «per gli Stati Uniti che uscirebbero dall´angolo, per Israele che supererebbe l´unilateralismo in cui si è cacciata, per la Lega araba e, soprattutto, per l´Europa». Interventi dei deputati italiani Per Pasqualina Napoletano (Pse, It), essere riusciti ad ottenere il cessate il fuoco, «è già un importante risultato» in una guerra che, in poche settimane, «ha provocato moltissime vittime, distruzioni di infrastrutture e dall´ambiente, e che minacciava di dilagare in tutta la regione». Questo primo risultato, ha spiegato, è stato il frutto di un´iniziativa europea in stretta collaborazione con le Nazioni Unite e, in proposito, ha voluto ricordare «il ruolo attivo svolto dall´Italia», ma anche dalla Presidenza finlandese e dalla Francia. La sfida, ha tuttavia aggiunto, «è ben più ardua». E comporta uno sforzo politico e diplomatico, oltre che militare, da parte dell´Europa tutta, la quale, per la prima volta, «potrebbe dimostrare una volontà politica univoca e la determinazione nel voler giocare un ruolo costruttivo nel Mediterraneo e nel Medio Oriente dotandosi degli strumenti conseguenti». Si tratta, ha affermato, di sostenere il Libano nel difficile processo di indipendenza e di sovranità, «facendo proseguire il percorso democratico che aveva acceso tante speranze durante la primavera di Beirut». L´esercito libanese deve pertanto riprendere il controllo di tutto il territorio, compreso il sud, e «deve esercitare il monopolio della forza rispetto a Hezbollah che, nel frattempo, ha costruito un potere parallelo». Questo risultato, ha quindi aggiunto, ha bisogno della responsabilità di tutti, «a cominciare dalla Siria», ma anche Israele «deve convincersi ad abbandonare l´idea dell´uso indiscriminato della forza, perché questa non è la strada che potrà assicurare la sua sicurezza». Sottolineando come la questione palestinese costituisca «il cuore della vicenda mediorientale», la deputata ha affermato che il compito dell´Europa è quello di «assumere in pieno la responsabilità che tutte le parti in conflitto oggi le riconoscono». Ossia di «sostenere il difficile processo interno ai palestinesi per la formazione di un nuovo governo che consenta loro di uscire dall´isolamento e riuscire ad ottenere le risorse che Israele deve loro restituire». Potrebbe essere l´inizio di un nuovo clima tra le parti, ha proseguito, «ma prima di tutto bisogna arrestare la spirale della violenza». Ha quindi concluso sostenendo la necessità della presenza della comunità internazionale per aiutare le parti, mentre la missione che oggi è in Libano «domani potremo dispiegarla a Gaza e nella Cisgiordania». Ciò potrebbe essere l´inizio della ripresa di un accordo, «nella prospettiva di una conferenza internazionale che porti ad una soluzione stabile e duratura per l´intera area». Secondo Mario Borghezio (Ni, It), «il segnale dato da un ministro degli esteri di un paese membro e fondatore dell´Unione europea, dal ministro degli esteri del mio paese, andato a passeggiare a braccetto di un esponente autorevole di Hezbollah, non è un segnale positivo dall´Europa ai cittadini, a chi vuole seriamente la pace, a chi vuole contribuire alla soluzione dei gravissimi problemi in cui si dibatte quest´area» e, segnatamente, «il povero Libano». La Francia, ha poi aggiunto, «ha il merito incontestabile di aver posto da subito la questione più importante sul tappeto», chiedendo di includere nel mandato Onu l´embargo di entrata di armi in Libano, da tutte le frontiere, «quindi in primo luogo dalla Siria». In proposito, pur riconoscendo il merito alla commissaria di aver parlato del diritto del Libano a ritornare ad essere indipendente, ha criticato che il fatto di non aver comunque parlato chiaramente «su simili questioni fondamentali». Il deputato ha poi affermato che occorre sapere «cosa si va a fare con questa missione, quali sono i compiti, quali sono i mezzi che avremo». Se qualcuno ritiene, per esempio, che disarmare gli Hezbollah «significherà trasferire questi nobili guerriglieri nell´esercito libanese», ha affermato che «questa non è la soluzione del problema e soprattutto non corrisponde agli obiettivi che l´Europa deve perseguire, e con essa anche i paesi membri che partecipano alla missione Unifil». Sottolineando che molti esperti militari hanno rilevato la pericolosità di un intervento che non sia soggetto a un mandato finalizzato esattamente e correttamente, il deputato ha quindi concluso che, su questo punto fondamentale, «è necessario avere il coraggio di parlare chiaro e richiedere garanzie adeguate, perché là ci sono i nostri soldati e c´è naturalmente il ruolo dell´Europa». «Come pacifista, non ho mai pensato che la pace si possa costruire con le armi». E´ quanto affermato Vittorio Agnoletto (Gue/ngl, It) negando entusiasmo per la missione in Libano, ma prendendo «realisticamente atto» che «siamo di fronte ad un intervento di riduzione del danno, che rappresenta l´unica possibilità per ottenere il ritiro di Israele dal Libano». Tuttavia, ha aggiunto, le forze di peacekeeping «saranno tanto più credibili quanto più risulteranno neutrali». Per tale motivo è necessario che l´Italia, così come le altre nazioni coinvolte nella missione Unifil, «rompano immediatamente ogni accordo di assistenza militare con Israele». Se l´obiettivo è una pace duratura, ha proseguito, «non bastano i militari» ed ha quindi chiesto che l´Unione europea organizzi la presenza sul confine tra Libano e Israele anche di corpi civili di pace, «con un mandato e una gestione separata dalla missione militare». Ha poi sostenuto la richiesta, già avanzata dalle organizzazioni umanitarie, di una commissione di indagine sotto l´egida dell´Onu «sugli eventuali crimini di guerra realizzati da Israele contro civili, tra i quali l´uso delle cluster bomb e il bombardamento delle infrastrutture sociali». Infine, ha concluso affermando di condividere il giudizio del Consiglio secondo il quale in Medio Oriente «non vi sarà una pace duratura senza rispetto dei diritti del popolo palestinese». Per questa ragione «l´Unione europea dovrebbe formalmente proporre l´invio di una forza di interposizione anche tra la Palestina ed Israele ed esigere da questo il rispetto di tutte le risoluzioni Onu». Vito Bonsignore (Ppe/de, It) non ha voluto nascondere il proprio «senso di frustrazione», quale membro di questo Parlamento, «nel dover constatare ancora una volta l´impossibilità per l´Unione europea di muoversi rapidamente, con determinazione, con l´autorità che le competerebbe in simili circostanze». Nella regione mediterranea, ha aggiunto, abbiamo avviato una politica di partenariato «che non è solo economica, non è solo commerciale, deve essere anche politica». Per il deputato, Italia e Francia «hanno assunto un´iniziativa importante» e, anche se l´Unione europea non ha ancora una sua propria capacità diplomatica e militare, «esistono ampi margini di manovra per svolgere un ruolo leader in molte delle vicende che accadono in quell´area». L´unione europea, ha proseguito, «deve essere molto più incisiva per trovare una soluzione per la stabilità della regione e deve attivarsi per aiutare l´autorità democratica libanese a rafforzare la propria struttura istituzionale, l´organizzazione dello Stato». Per una vera sovranità e una vera indipendenza, inoltre, deve fornire aiuti umanitari e i mezzi, garantire in Libano una presenza «molto qualificata» della diplomazia e delle Istituzioni e rendere attivi gli accordi di associazione con il Libano e con la Siria. A questo proposito, ha chiesto al Consiglio perché non è stato firmato l´accordo con la Siria, «dato che riteniamo molto importante il ruolo della Siria nella regione». Secondo il deputato, anche il Parlamento europeo dovrebbe prendere le iniziative opportune per concretizzare il dialogo tra l´Unione europea e il Libano ed ha sottolineato l´annoso problema dei tanti profughi rifugiati in Libano, «i quali non dispongono di nessuna cittadinanza, vivono in condizioni di emergenza e costituiscono una potenziale pericolosa riserva per le azioni di destabilizzazione». A loro, ha precisato, «va data una risposta politica». Ha quindi concluso affermando che la conferenza di pace proposta dal Consiglio «è un momento importante che va colto al momento opportuno e ad essa il Parlamento europeo non farà certamente mancare il proprio sostegno». Per Vittorio Prodi (Alde/adle, It) «l´unilateralismo ha mostrato da tempo tutti i propri limiti» e, finalmente, «l´Unione ha preso l´iniziativa e ha promosso un intervento coraggioso assieme alle Nazioni Unite, permettendo così di guadagnare un po´ di tempo per comporre il conflitto». Pur riconoscendo che lo scenario è l´intero Medio Oriente, ha sottolineato che la priorità «resta il rapporto tra Israele e Palestina» e, pertanto, «è da lì che dobbiamo cominciare». A suo parere, l´Unione ha dimostrato «la validità dell´impostazione basata sull´interazione positiva tra culture diverse, il primato della politica e il rifiuto di usare la forza» ed ha quindi affermato che «sono proprio questi i valori che ci hanno portato a vivere per due generazioni senza guerra in Europa». L´unione europea, ha aggiunto, «può e deve promuovere nel mondo gli stessi principi, lo stesso approccio multipolare trasparente ed equilibrato, la prevenzione di conflitti attraverso il dialogo politico». Per tutti questi motivi, ha concluso, «in questo momento sono orgoglioso di essere europeo e ancora di più di essere italiano, visto il ruolo che il mio paese ha assunto in questo contesto». Secondo Antonio Tajani (Ppe/de, It) l´Europa «ha fatto finalmente ascoltare la sua voce ed è stata, sia pure con qualche ritardo e non poche difficoltà, capace di svolgere un ruolo attivo e da protagonista nella crisi mediorientale». Si tratta, ha però aggiunto, «soltanto di un primo passo di una lunga marcia che deve portare l´Unione europea, con l´Onu, gli Stati Uniti e la Lega araba, alla stabilizzazione di un´area da dove nascono tutti i pericoli per la sicurezza del mondo». La missione Unifil, a suo parere, «è uno strumento» che devo portare alla nascita di un Libano «sovrano e libero da influenze straniere esercitate anche attraverso Hezbollah». Il deputato ha quindi chiesto a Consiglio e Commissione a che punto è il disarmo «della milizia armata che ha attaccato Israele» ed ha ricordato che il Parlamento, lo scorso anno, nel sostenere che esistevano prove inconfutabili dell´azione terroristica degli Hezbollah, aveva sollecitato il Consiglio a prendere tutte le misure necessarie per porre fine all´attività del gruppo. Al riguardo, ha aggiunto che la Siria «è chiamata ad assumere senza tentennamenti un ruolo attivo, contribuendo al blocco del flusso delle armi destinate ai terroristi». Ha poi affermato che, nel quadro della tutela dei diritti umani, ai militari dell´Unifil, «deve essere affidato anche il compito di tutelare la comunità cristiana libanese, senza colpa alcuna tra due parti in contrasto». Ha quindi proseguito sostenendo che, accanto all´obiettivo libanese, occorre porsi un obiettivo più ampio, ossia la soluzione della crisi israelo-palestinese. Il principio di "due popoli due Stati", a suo parere, potrebbe infatti «tagliare l´erba sotto i piedi al terrorismo e al fondamentalismo islamico». Ma per raggiungere questo scopo, ha sottolineato, «serve un´Europa protagonista». Al riguardo ha affermato che non è possibile avere un´Unione portatrice di pace «senza una costituzione che attribuisca poteri necessari a chi deve svolgere questa azione». Di conseguenza, ha concluso, il dibattito sulla costituzione «ritorna prepotentemente al centro della nostra attenzione», essendo la questione centrale, «ossia la questione di come esportare il più importante risultato di 50 anni di Europa fuori dai nostri confini: la pace». .  
   
 

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