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Notiziario Marketpress di Mercoledì 08 Ottobre 2008
 
   
  RAPPORTO AUR 2007: SOCIETÀ UMBRA IN GRANDE MOVIMENTO E TRASFO

 
   
  Perugia, 8 ottobre 2008 – Una società regionale in movimento, con ritmi e velocità diverse all’interno e che si confronta con i grandi cambiamenti del mondo. È la fotografia dell’Umbria secondo il Rapporto economico e sociale 2007 elaborato dall’Agenzia Umbria Ricerche. Lo studio è stato presentato il 7 ottobre a Perugia alla presenza della presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, del presidente dell’Agenzia Claudio Carnieri, del direttore Anna Ascani, del coordinatore Area della Programmazione regionale dell’Umbria, Lucio Caporizzi, e di tutti gli studiosi che hanno contribuito ad elaborare la ricerca. “Titolo del rapporto è ‘Dentro l’Umbria’ – ha detto il presidente dell’Aur, Claudio Carnieri – Ciò significa che abbiamo cercato di leggere tutti i segnali che arrivano dal mondo economico senza separarlo da quello del sociale per capire i punti di forza e le debolezze che caratterizzano la nostra regione. Nelle dinamiche della produzione è emerso con più forza rispetto al passato il ruolo e il peso delle medie imprese capaci di innovazione e internazionalizzazione ancor di più dopo un triennio nel quale l’andamento dell’export umbro è stato positivo”. Sempre sul fronte del sistema produttivo, dal rapporto emerge che la regione ha un cammino storico originale che l’ha immessa nel cosiddetto “quarto capitalismo” caratterizzato da grandi e medie imprese di grande successo che diventano leader nel loro settore, ma che corrono grandi rischi quando nascono problemi di governance oppure volge al termine la nicchia economica nella quale avevano investito. “Il rapporto – ha sottolineato il direttore regionale, Lucio Caporizzi – ci offre la possibilità di riflettere sugli aspetti economici intrecciati a quelli sociali. Ciò ci permette di avere una visione completa della realtà con punti oggettivi su cui riflettere. Prima riflessione - dice Caporizzi – è che il modello produttivo umbro continua a richiedere alti investimenti per generare bassi salari, ciò spiega il perché la regione in alcuni settore rimane indietro. Per il futuro – ha aggiunto - è indispensabile mettere in campo strumenti appropriato per favorire l’interazione tra l’offerta e la domanda”. La Scheda. Pubblichiamo di seguito alcuni degli aspetti e dei dati essenziali dell’economia e della società umbre rilevate dal Rapporto Aur 2007. Scavare e conoscere “Dentro l’Umbria”, è l’ambizione dell’odierno rapporto, mentre quello dell’anno precedente era stato dedicato, maggiormente, all’esame delle interrelazioni dell’Umbria con l’“Italia mediana”. La ricerca Aur mette in rilievo, come elemento di novità, una “fortissima connessione” che ormai lega l’andamento dell’economia umbra al ciclo dell’economia nazionale. L’umbria, come performance e modelli produttivi e dinamiche dei redditi, si conferma come Regione mediana tra Nord e Sud del Paese. La novità più significativa è rappresentata dalla affermazione del ruolo e del peso di imprese di medie e grandi dimensioni, rispetto al tradizionale tessuto delle “micro”, nell’ambito di quello che è definito nella ricerca un “cambio di pelle” dell’economia umbra. Questa nuova tipologia di impresa si è dimostrata capace di processi di innovazione e internazionalizzazione di cui si avverte il peso crescente. I dati del Pil umbro sono buoni. Negli anni del ciclo 2000-2006 l’indice medio di aumento è stato dell’1,1%, superiore alla media nazionale (0,9), inferiore solo a Marche e Lazio, ma superiore ad altre regioni ed aree di riferimento. Ottimi i dati sulla crescita delle esportazioni (+11,3 nel 2007, +13,7 nell’anno precedente) con performance superiori alla media italiana (+8% nel 2007) e a molte aree e regioni di riferimento. Rimane negativo il dato del Pil procapite dell’Umbria, discostato in maniera significativa dalla media nazionale e indice di invecchiamento e basso tasso di attività della popolazione. Rimane alto il livello della spesa della pubblica amministrazione per abitante. Negativa la tendenza alla diminuzione dell’indice di incidenza del “manifatturiero” sul totale del valore aggiunto, che cala dal 19,1 del 2001 al 16,8, con una differenza significativa dalla media italiana (18,2) e dalle aree di riferimento. Più alta che nelle regioni limitrofe l’incidenza del settore delle costruzioni che sale al 7,5 dal 6,8 del 2000 (in Italia è del 6%). Nella composizione del valore aggiunto resta alta, anche se con una tendenza alla contrazione, la percentuale del settore pubblico (23,1%). Questo dato allontana l’Umbria dalle regioni più avanzate, alle quali, al contrario, l’avvicina la percentuale crescente “conquistata” dall’incidenza del complesso di attività immobiliari, di ricerca, informatiche e altre professionali e imprenditoriali che raggiunge il 20,9% nel 2005,(nel 2000 era pari al 18,1). Prosegue il processo di “terziarizzazione” dell’economia umbra. La percentuale dei servizi sul valore aggiunto cresce dal 67,5 del 2000 al 70,2. Dato positivo all’interno di questo campo è la buona crescita dei servizi innovativi e tecnologici. La percentuale umbra di addetti a questa tipologia di servizi, sul totale degli addetti, è, nel 2005, del 9,4% (25. 878), inferiore alle regioni di riferimento, rispetto alle quali è stato però nettamente maggiore l’indice della percentuale di aumento (+21% dal 2003 al 2005). Il punto critico, sollevato dal rapporto Aur, riguarda il rapporto tra base manifatturiera e terziarizzazione e dematerializzazione, che proietta le tendenze attuali verso un futuro che, caratterizzato, col federalismo fiscale, da una contrazione della azione compensativa delle risorse pubbliche, potrebbe essere non privo di incognite. Il rapporto Aur conferma la “criticità” del settore ricerca e sviluppo (R&s), caratterizzato da un basso livello di investimenti (ancora prevalentemente pubblici) e di spesa sul Pil (0,78 in Umbria, media nazionale 1,1). Le retribuzioni in Umbria (remunerazione del lavoro) rimangono basse, inferiori del 15% alla media nazionale, percentuale che, a detta del rapporto, scende al 6/7% considerando le caratteristiche proprie del modello occupazionale umbro, ricco di più basse qualifiche (operai e apprendisti) e povero di più alti profili, impiegati, quadri e dirigenti. Per quanto riguarda la produttività del lavoro, essa appare buona per agricoltura, servizi avanzati, pubblica amministrazione (in particolare sanità, servizi sociali e servizi alla persona), mentre è inferiore dell’8% alla media nazionale nel campo dell’industria manifatturiera. Confrontando gli indici di produttività, redditi da lavoro, margine operativo lordo su valore aggiunto e investimenti su valore aggiunto, fatti uguali a 100 i valori nazionali, si ha, per l’Umbria, il seguente risultato: 90,4 per la produttività, 92,3 per i redditi da lavoro, 96,2 per margine operativo su valore aggiunto, 104,0 per investimenti su valore aggiunto. La dinamica dei redditi vede l’Umbria collocata come la ultima regione del nord e la prima del sud, con un reddito medio di 33. 303euro appena superiore alla media nazionale (33. 133), ma inferiore alla regioni limitrofe del centro. L’analisi della distribuzione del reddito porta ad appurare che il 55,1% delle famiglie (quelle con reddito fino a 30mila euro) detiene il 31,3% del reddito complessivo regionale. Il 5,6% delle famiglie che può vantare un reddito superiore ai 70mila euro, detiene il 16,5% di tutto il reddito. Il 30,4% delle famiglie ha un reddito inferiore o uguale a 20mila euro e detiene il 12,6% del reddito regionale. Secondo la ricerca le famiglie che in Umbria dipendono principalmente da un reddito da lavoro dipendente sono meno numerose che in Italia e hanno anche redditi inferiori. In Umbria anche le pensioni sono più basse del centro nord, anche se più numerose. Il Rapporto sottolinea l’esistenza di una “questione casa”. Un cane che si morde la coda: le famiglie che hanno bassi redditi, non hanno la casa in proprietà e il pagamento dell’affitto incide pesantemente sul reddito familiare (spesa calcolata del 25%): sono il 13& delle famiglie ed hanno un reddito calcolato di 22. 782euro l’anno. Le famiglie che hanno la casa in proprietà sono il 71,2%, con un reddito medio di oltre 37mila euro e la spesa per la casa incide per il 9%. “L’impasto sociale dell’Umbria”, a giudizio del rapporto, appare “complesso”, con la presenza di espressioni di una “sofferenza sociale importante, pur in una comunità segnata da forti politiche pubbliche e da diffusi servizi”. Il rischio, sostiene il rapporto, è che, con l’eventuale rallentamento “federalista” dell’intervento pubblico, gli equilibri attuali possano entrare in crisi. Il Rapporto Aur dedica un ampio capitolo all’indagine delle dinamiche reddituali, considerata anche su base territoriale. Lo strumento “diagnostico” preso in esame sono le dichiarazioni dei redditi ai fini dell’addizionale comunale Irpef. In totale esso ammonta a quasi 9milioni di euro, concentrato per tre quarti nella provincia di Perugia, per il 37% nei due comuni maggiori di Perugia e Terni e, per il 52%, cioè per una quota superiore a quella della popolazione, che è del 46%, nelle cinque città più grandi dell’Umbria. Il Comune di Perugia primeggia, per reddito medio imponibile, su quello di Terni (21. 695euro contro 20. 132). I Comuni più “poveri” sono Monteleone di Spoleto in provincia di Perugia (reddito medio poco più di 14mila) e Guardea in quella di Terni (reddito poco più di 15mila). Per quanto riguarda le dichiarazioni dei redditi ai fini generali Irpef, il livello medio umbro si attesta a 16. 234 euro, superiore soltanto alle Marche e inferiore a tutte le altre regioni del centro nord. Il 47% dei dichiaranti dichiara redditi da lavoro dipendente, il 42% da pensioni, solo il 16% da lavoro autonomo. Il capitolo della ricerca sulla “qualità della vita” mette in rilievo le numerose eccellenze dell’Umbria: speranza di vita, partecipazione elettorale, aiuti informali, abitazioni in affitto, obbligo scolastico, condizioni dell’abitare, tempo di pendolarismo quotidiano, immigrazione ospedaliera, disponibilità di verde urbano. Si segnalano tre punti di “sofferenza”: l’alto numero di disabili in età maggiore di sei anni (Umbria preceduta solo dalla Sicilia); l’alta concentrazione di polveri sottili (quinto posto in graduatoria nazionale); l’alto consumo di antidepressivi. .  
   
 

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