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Notiziario Marketpress di Giovedì 16 Ottobre 2008
 
   
  INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELL’AIE, FEDERICO MOTTA

 
   
   Francoforte, 16 ottobre 2008 - Ci rivediamo qui, nel più importante appuntamento internazionale per lo scambio dei diritti dopo esattamente quindici giorni dai nostri Stati generali dell’editoria. Sono quindici giorni dall’annuncio chiaro, preciso, circostanziato del Ministro Bondi di completare le procedure per l’istituzione del Centro per il libro e la lettura entro la fine dell’anno, così che sia pienamente operativo a partire dai primi mesi del 2009, con la prevista autonomia, nella pienezza degli organi e con risorse definite. Anche su queste ultime abbiamo sentito un impegno chiaro: che almeno sia ricostituito quel fondo di 3 milioni di euro originariamente previsto che – pur essendo meno di un decimo delle risorse di cui godono le analoghe iniziative in Spagna, Regno Unito o Francia – segnerebbe se non altro un punto di partenza. Ci tenevamo a proseguire quel dialogo. E farlo da qui assume un particolare significato. L’appuntamento di Francoforte si conferma infatti ancora una volta come l’occasione per fare il punto sullo stato dell’editoria italiana e per un confronto con gli altri Paesi, in particolare con l’editoria delle economie più avanzate, fra le quali riteniamo di poterci collocare. Non mi soffermerò sui dati del Rapporto Aie 2008, che sono a disposizione in cartella in forma sintetica. La presenza del Sottosegretario Giro, che ringraziamo per la disponibilità e per la costante collaborazione, qui presente sia come Ministero per i Beni e le Attività culturali sia in rappresentanza dell’intero Governo, mi porterebbe a rivolgere l’attenzione ai principali aspetti della politica per il libro in Italia, ma l’occasione obbliga a inquadrare il discorso nel contesto internazionale. Questa che vede oggi è la Buchmesse, Sottosegretario. E a Francoforte trecento editori italiani, di ogni dimensione, sono qui per far conoscere la propria produzione di eccellenza mettendosi a confronto con le produzioni di altri cento, diversi, paesi. Trecento imprese che investono, ogni anno, e in misura crescente, perché l’editoria italiana – e con essa la cultura italiana, e l’intero paese – sia protagonista nel mondo. Un numero che è anche la misura della pluralità dell’offerta editoriale italiana. Non credo ci siano molti settori industriali con una così numerosa presenza di imprese italiane sui mercati internazionali, e sicuramente non nel settore delle industrie culturali. Cinquantuno di questi nostri editori sono in uno stand che è frutto di una collaborazione tra pubblico e privato (Aie, Ice e Ministero dello Sviluppo Economico), che risulta ancora una volta vincente, e che permette alle imprese più piccole di ridurre i costi di partecipazione e di avere occasioni di crescita. Molte volte nuovi editori sono venuti con noi nello stand collettivo e oggi hanno rutilanti stand autonomi, dopo un processo di crescita che anche questi strumenti ha reso possibile. E’ questo, credo, l’esempio della collaborazione che vince, già replicata sempre con Ice a Pechino – per affrontare un mercato che nei prossimi anni sarà decisivo, e su cui molte imprese italiane stanno muovendosi in modo estremamente attivo ed efficace – e presto in essere alla Fiera del Libro di Guadalajara, dove il Suo Ministero assumerà un ruolo trainante, in cui l’Italia sarà ospite d’onore, per cogliere l’occasione per migliorare la penetrazione dell’editoria italiana su un altro mercato, quello latino americano, che – dopo anni molto difficili – può divenire di nuovo importante. Dunque, la collaborazione tra pubblico e privato non è solo uno slogan teorico, ma dimostra di funzionare. E per questo non mi stanco – anno dopo anno, qui a Francoforte – di ringraziare l’Ice per l’impegno che mette nelle iniziative congiunte. Lo schema di collaborazione che in questi anni abbiamo fatto crescere è chiaro e per questo efficace. Prevede una reale assunzione di responsabilità. Che assume contorni molto concreti, che si possono riassumere brutalmente in due parole: co-finanziamento e co-decisione. Se mi passate la metafora: nessuno paga da solo il conto e nessuno sceglie da solo il ristorante! Per questo abbiamo in questi anni insistito molto sul Centro per il libro e la lettura e sulla forma che infine questo Centro assumerà, con un approccio bi-partizan che abbiamo molto apprezzato, notando con piacere la capacità del Ministro Bondi di riconoscere quanto di buono fatto dal suo predecessore Rutelli e di non ricominciare daccapo. Anche per la politica del libro in Italia ci serve infatti un quadro normativo e organizzativo chiaro. E un organismo sufficientemente autorevole con la capacità di coordinare le iniziative, convogliare i finanziamenti, pubblici e privati, su ciò che è davvero strategico. Per questo i temi dell’autonomia e della governance del Centro sono prioritari in questa fase anche rispetto a quello delle risorse. Dobbiamo evitare due rischi opposti, che sarebbero entrambi deleteri: da un lato che gattopardescamente il nuovo centro del libro sia solo un nuovo nome per l’Istituto del libro, senza che nulla cambi nella realtà; dall’altro lato che si butti a mare tutta l’esperienza pre-esistente in un’ansia di rinnovamento che può tradursi nella tentazione di far terra bruciata. A tal proposito permettetemi un riconoscimento particolare a Flavia Cristiano, che in questa fase di transizione e incertezza ha saputo comunque, insieme al direttore generale Maurizio Fallace, tenere a galla la barca che sembrava destinata alla deriva. Lo schema normativo attuale consente di trovare il giusto equilibrio tra questi due rischi opposti, ma è chiaro che le scelte delle modalità di implementazione sono decisive. Attendiamo con fiducia e offriamo la nostra piena disponibilità a collaborare anche in questa fase. Ma torniamo al contesto internazionale. Anche quest’anno qui a Francoforte uno dei temi in discussione è quello delle biblioteche digitali, dell’accesso dei cittadini europei e del mondo al patrimonio culturale e della funzione dell’editoria commerciale per sostenere e agevolare questo processo. Sono presentate iniziative importanti – come Libreka in Germania o Galliga-2 in Francia – e di nuovo, specie in questo secondo caso, si tratta di modelli che mettono assieme il settore pubblico e l’editoria privata. Ma posso qui anticipare una notizia che riguarda anche l’Italia. La Commissione europea ha approvato un progetto denominato Arrow (Accessible Registry of Rights information and Orphan Works) per la gestione dei diritti d’autore nei programmi di biblioteche digitali e più in generale nei rapporti tra editori e biblioteche. Il progetto coinvolge le associazioni europee di editori, biblioteche e società di gestione collettiva dei diritti e ben otto biblioteche nazionali, cinque associazioni editori e sei società di gestione. Ebbene, l’Aie è stata chiamata a coordinare l’intero progetto, e gli sviluppi tecnologici del sistema che dovrà gestire tali processi saranno fatti in Italia, grazia alla collaborazione in piedi ormai da molti anni tra Aie e Cineca, il consorzio tecnologico delle università italiane, ulteriore esempio di proficua collaborazione tra pubblico e privato, che mi accorgo sta diventando il leit motiv di questo intervento. Il progetto è importante perché segna una svolta nel modo di affrontare i temi del diritto d’autore e i rapporti tra editori e biblioteche, in Europa e nel mondo, su questo tema. Il diritto d’autore è infatti la base e il cuore del nostro lavoro, nell’editoria cartacea e ancor più in quella digitale. Le forme innovative di gestione dei diritti sono tecnologicamente possibili, e l’editoria italiana è non solo al passo con quella internazionale sull’argomento, ma è in grado anche di giocare un ruolo di leadership in alcuni ambiti. Ciò che è necessario è uno scarto culturale ancor prima che politico, ed è questa la sfida che chiediamo al Ministero di affrontare assieme in modo nuovo. Troppo spesso, dobbiamo fronteggiare aggressioni da parte di autorevoli esponenti delle forze politiche. La messa in discussione del diritto d’autore – non ci stanchiamo di ripetere – rischia di rendere sterile il patrimonio culturale del nostro Paese. Gli attacchi al diritto d’autore non solo minano il nostro lavoro, rischiano di compromettere anche la capacità innovativa che la nostra editoria è invece capace di esprimere. Chi era presente lo scorso anno ricorderà che avevo accennato al fatto che Arrow era in gestazione. Purtroppo non solo in Italia le procedure burocratiche sono più lente di quanto sarebbe necessario per fronteggiare la velocità del cambiamento, così che è stato necessario un anno prima che il processo di valutazione da parte della Commissione fosse completato positivamente. Ricorderete forse anche che lo scorso anno lamentavo il fatto che su questi temi per noi fosse più semplice dialogare con il mondo bibliotecario di altri paesi che con quello italiano. Ma oggi voglio sottolineare un cambiamento di rotta. Abbiamo da qualche mese un tavolo di concertazione stabile e gruppi di lavoro tecnici con l’Associazione italiana biblioteche e allo stesso tempo, anche grazie all’impegno del nuovo direttore generale Fallace, è stato creato un gruppo di lavoro tra le istituzioni pubbliche facenti capo al Ministero e l’associazione editori per affrontare questi problemi attraverso il dialogo e il confronto. Questa ritrovata unità del mondo del libro – di cui già gli Stati generali sono stati una testimonianza – tra editori, librai e bibliotecari, pur nella consapevolezza della differenza dei ruoli e talvolta della distanza delle posizioni, è una novità importante per l’Italia, ed è un bene che arrivi proprio in una fase economica negativa, perché speriamo possa dare una mano ad affrontare la crisi dei consumi che – sia in Italia sia nel resto del mondo – sta arrivando a colpire anche il nostro settore. Non ci aspettano tempi facili. La lettura dei quotidiani ogni giorno ce lo conferma. Dovremo far quadrato, impegnarci più che nel passato e lasciarci alle spalle le lunghe stagioni delle incomprensioni e dell’inefficienza. Il libro è troppo importante – nell’economia, nella cultura, nella società italiana – per poterci permettere di dare risposte inadeguate alle difficili sfide che ci aspettano. .  
   
 

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