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Notiziario Marketpress di Giovedì 16 Ottobre 2008
 
   
  PRESENTATI DALL’UNIVERSITÀ DI SIENA I RISULTATI DELLO STUDIO SULL’AMIATA «GEOTERMIA E AMBIENTE NON SONO INCOMPATIBILI» I RICERCATORI SUGGERISCONO UNA SERIE DI PRESCRIZIONI DA RISPETTARE

 
   
   Firenze , 16 ottobre 2008 - Nessuna interferenza tra i fluidi geotermici e l’acquifero dell’Amiata, come dimostrano i bassi livelli di boro riscontrati nelle acque di falda; una falda freatica tutt’altro che rapida a svuotarsi, ma che impiega anzi dai 2 ai 3 anni per farlo e le cui portate sono in stretta correlazione con le piogge, diminuite di un quarto rispetto alla media degli ultimi 70 anni; nessun fenomeno di collassamento del vulcano e nessuna correlazione tra l´estrazione del vapore e il normale andamento dell’acquifero e delle sorgenti del Fiora. Sono queste, in estrema sintesi, le conclusioni dello studio commissionato dalla Regione Toscana e condotto da 21 ricercatori dell’Università di Siena sulle possibili interferenze tra coltivazione geotermica e acquifero sull’Amiata. «Adesso – commenta l´assessore regionale all´energia e ambiente, ! Anna Rita Bramerini – dopo un periodo di approfondimento! da part e dei nostri uffici, e dopo che lo studio sarà sottoposto al necessario confronto scientifico, la parola passerà agli enti locali e alla stessa Regione, che dovranno decidere in merito alle conclusioni a cui è giunta l´indagine. Lo faremo ricercando il massimo dell´informazione e della partecipazione dei cittadini, coinvolgendo i soggetti interessati, a partire dagli enti locali, e con tutto l´approfondimento scientifico e l´attenzione che la questione richiede» Dopo sette mesi di indagini, verifiche, sopralluoghi e incroci di dati posseduti e raccolti sul campo, i docenti dell’ateneo senese hanno presentato il frutto del loro lavoro: oltre 450 pagine suddivise in cinque capitoli e che affrontano i vari aspetti della questione, da quelli geologici e idrogeologici, a quelli geochimico ambientali, relativi all´analisi dei fluidi geotermici, delle acque di falda e fluviali, dei suoli, ai controlli sulla qualità dell’aria. A lor! o giudizio non sarà necessario alcuno stop all’attività di sfruttamento geotermico, anche se i ricercatori suggeriscono di seguire una serie di prescrizioni per tutelare l’ambiente. Ecco dunque ribadita la necessità di chiudere la centrale Pc2 a Piancastagnaio, l’unica delle cinque in funzione sull’Amiata che scarica direttamente in atmosfera senza utilizzare il sistema Amis, capace di abbattere gran parte dell’acido solfidrico (responsabile del caratteristico odore di uova marce) e del mercurio. Consigliati anche sia un miglioramento dell´efficacia degli Amis, che l’abbattimento dei sali di boro che si sciolgono nelle acque di deflusso dei pozzi geotermici, la chiusura mineraria dei pozzi non più utilizzati, lo smantellamento delle strutture in disuso, la prosecuzione, da parte dell’Arpat, del monitoraggio della qualità dell’aria, anche attraverso centraline, comprendendovi gli inquinan! ti (come il boro e l’ammoniaca) per i quali la legge non! prevede limiti, un biomonitoraggio ambientale con indicatori posizionati, a partire dalle centrali, lungo le direttrici dei venti, e monitoraggi anche per le acque di falda e di superficie e per le deformazioni del suolo. Ma sarà possibile sviluppare l’attività di sfruttamento geotermico? Saranno enti locali e Regione a deciderlo. Il più approfondito studio scientifico sull’Amiata Indagati aria, acqua e suolo, con una valutazione sulle attività in corso - Le oltre 450 pagine dello studio condotto sull’Amiata dai 21 ricercatori dei dipartimenti di scienze ambientali “G. Sarfatti” e scienze della terra dell’Università di Siena, sono suddivise in cinque capitoli, che si occupano dell’analisi geostrutturale dell’apparato vulcanico, dell’idrogeologia, della geochimica ambientale, di quella dei fluidi geotermici e delle acque di falda e ! infine forniscono una valutazione sulla qualità dell’aria. Nel complesso si tratta del più approfondito e completo studio scientifico multidisciplinare finora compiuto sul complesso amiatino. L’oggetto dell’indagine. I ricercatori per contratto avevano il compito di “individuare, attraverso un modello di indagine scientifica, i rischi di inquinamento, le eventuali azioni e limitazioni conseguenti allo sfruttamento dell’area geotermica amiatina” e anche quello di “indicare le eventuali limitazioni, fino all´opzione zero, da prescrivere qualora si rendessero necessarie, dell´attività di sfruttamento della risorsa geotermica sull´Amiata”. Gli allarmi lanciati… Il loro compito era anche quello di approfondire e sottoporre a validazione scientifica le tesi del geologo Andrea Borgia della società Edra, che si possono riassumere nell’idea che sull&r! squo;Amiata sarebbe in atto, almeno sul versante meridionale, ! un colla sso gravitativo che porterebbe il campo geotermico a contatto con l’acquifero superficiale, che sarebbe fragile e facile allo svuotamento, anche a causa dei prelievi di acqua per produrre vapore, un meccanismo che porterebbe ad un aumento della concentrazione degli inquinanti nelle acque di falda. Da questa tesi deriva la richiesta di riduzione o interruzione dello sfruttamento geotermico, per validare questa ipotesi e permettere la ricarica dell’acquifero. … e le risposte dello studio: il collasso gravitativo. Secondo l’Università di Siena i rilievi sul campo, il lavoro di fotointerpretazione e lo studio geologico strutturale escludono che siano in atto fenomeni di collasso gravitativo. Quindi il vulcano non sta “crollando” su se stesso. Lo dimostrano le faglie presenti, che evidenziano movimenti sub-orizzontali (faglie trascorrenti) e non sub-verticali (faglie dirette). Ne deriva che le deformazioni in! atto non sono è peculiare del vulcano, ma sono in relazione con fenomeni di livello regionale. La connessione tra l’acquifero e il campo geotermico. Per i ricercatori senesi non c’è alcuna interferenza tra i fluidi geotermici e l’acquifero superficiale, come dimostrano i bassi livelli di boro riscontrati nelle acque di falda. Il boro è infatti presente mediamente in quantità comprese tra 20 e 89 microgrammi/litro (ppb, parti per milione), mentre nella maggior parte delle acque di falda superano i 300. Sei delle 33 sorgenti analizzate hanno contenuti di arsenico di poco superiori alla concentrazione massima ammissibile per le acque potabili. E´ stato dimostrato che l´arsenico presente in queste acque deriva dal contatto con rocce naturalmente arricchite da arsenico, per la storia mineraria della zona. Il facile svuotamento dell’acquifero. I dati rilevati dal 1939 al 2007 in due ! delle principali sorgenti, quella del Fiora (che rappresenta i! l 45% de l deflusso sotterraneo di tutto l’acquifero) e quella dell’Ermicciolo (circa il 10% del totale) mostrano invece una falda superficiale tutt’altro che rapida a svuotarsi. L’ermicciolo ha un tempo di esaurimento o svuotamento medio di 224 giorni (più di 7 mesi), mentre per il Fiora servono 852 giorni (cioè 2 anni e 4 mesi). Significa che se si volessero verificare pienamente i presunti effetti dell’interruzione dell’attività geotermica sulla falda, si dovrebbe sospendere l’attività estrattiva per oltre 2 anni e non per sei mesi come asserito da Edra. La sua fragilità. E’ stata riscontrata una correlazione altissima (pari a 0,95 contro un massimo di 1) tra le piogge che si infiltrano e l’acqua che fuoriesce dalle sorgenti, secondo un ciclo che prevede pioggia, infiltrazione e deflusso sotterraneo, senza perdite. Il problema è che, a causa della diminuzione dell! e precipitazioni, oggi la quantità annua di pioggia che cade sull´Amiata è diminuita del 25% rispetto alla media degli ultimi 70 anni. Un drastico abbassamento della falda. L’ipotesi formulata dalla società Edra era che la falda si fosse abbassata di 500 metri. Le determinazioni più ottimistiche stimavano invece uno spessore saturo dell´acquifero amiatino di soli 200 metri. Se il drastico abbassamento ipotizzato si fosse verificato, il livello raggiunto dall´acqua si collocherebbe a circa 700 metri sul livello del mare, cioè 40 metri sotto il livello del substrato impermeabile stimato da Calamai nel suo studio del 1970. Se valesse tale ipotesi, la sorgente dell’Ermicciolo, che è situata a 980 metri slm, dovrebbe essere secca e quelle del Fiora, situate a 680 metri, quasi secca. Invece le due sorgenti sono tutt’altro che a secco. Aumento del vapore, calo delle sorgenti. L! ’ipotesi prevedeva che a Bagnore ogni chilogrammo di vap! ore estr atto al secondo, causasse una diminuzione delle sorgenti del Fiora tra 7,5 e 15 litri ogni secondo. Le misurazioni effettuate hanno dimostrato che ciò non si verifica affatto. C’è una correlazione bassissima (0,06 contro il massimo che è 1) tra vapore estratto e portate delle sorgenti. Suolo e acque superficiali. I ricercatori senesi hanno studiato la presenza, sia nel suolo che nelle acque fluviali, di numerosi elementi, tra i quali cinque (mercurio, arsenico, antimonio, zolfo e boro) legati alla geotermia. I livelli di arsenico, boro e zolfo misurati nel suolo indicano che la loro presenza non è influenzata dall´attività geotermica. Nel suolo in un´area limitata nei pressi di Piancastagnaio sono stati riscontrati livelli più alti, sebbene limitati, di mercurio e antimonio dovuti alle emissioni in aria. I contenuti più elevati dei due elementi riscontrati nell´area geotermica di Piancastagnaio son! o da attribuirsi alla presenza di rosticci, cioè dei materiali di risulta delle miniere, che un tempo erano utilizzati per realizzare opere pubbliche e private. I livelli di mercurio, arsenico, antimonio e zolfo nelle acque fluviali sono quelli tipici delle acque superficiali non contaminate. I contenuti anomali di boro misurati nelle acque fluviali subito a valle delle centrali, sono collegati al dilavamento delle acque di pioggia dei piazzali delle centrali stesse. Qualità dell’aria. Le concentrazioni medie (misurate in un duplice ciclo per un periodi di 15 giorni ciascuno) di acido solfidrico (il gas responsabile dell’odore di uova marce) sono risultate pari a 21,1 microgrammi al metro cubo contro un limite di 150 stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità. Quelle di mercurio hanno mostrato una media di 83,6 ng/m3 contro il limite di 1. 000 fissato dall’Oms e di 200 fissato dall´Atsdr degli Usa. L! ’unica centrale delle 5 presenti sull’Amiata, non ! dotata d i sistemi di abbattimento Amis è quella di Pc2, principale responsabile dell´immissione in aria di acido solfidrico. Gli studiosi ne consigliano l’immediata chiusura e pongono l´obiettivo di arrivare ad una riduzione media delle concentrazioni di acido solfidrico in aria al di sotto di 12 ng/m3, per una adeguata conservazione del patrimonio naturale. Il decalogo finale. Ecco infine le 10 azioni che lo studio suggerisce di intraprendere. Al primo posto figura la chiusura in tempi rapidi della centrale Pc2. Poi c’è il miglioramento dei sistemi di abbattimento Amis (per acido solfidrico e mercurio) e dei sali disciolti (drift) per rendere minimi i livelli di boro nelle acque di deflusso. Viene consigliata la chiusura mineraria dei pozzi non più utilizzati, sia quelli produttivi che quelli di reiniezione. Va prevista la demolizione con bonifica delle infrastrutture in disuso come i vapordotti, gli acquedotti, i separatori e ! i silenziatori di piazzola. E’ opportuno che Arpat prosegua nel monitoraggio delle emissioni in atmosfera, comprendendovi anche gli inquinanti non normati come il boro e l’ammoniaca, con l’installazione di stazioni di rilevamento automatiche, situate vicino ai centri abitati che si trovano nei pressi delle centrali. Un biomonitoraggio ambientale va condotto lungo le direttrici dei venti prevalenti, tenendo le centrali come epicentro. Servono anche sia un monitoraggio stagionale dei markers geochimici (boro e arsenico) sia nelle acque di falda che in quelle di scorrimento superficiale, che un monitoraggio in continuo delle deformazioni del suolo. Nel caso di progettazione di eventuali nuovi insediamenti come centrali o pozzi di perforazione o di infrastrutture come vapordotti e acquedotti, vanno realizzati curandone l’armonico inserimento nell’ambiente e nel paesaggio. Il gruppo di lavoro. E’ composto da 21 ric! ercatori dei dipartimenti di Scienze ambientali e Scienze dell! a terra dell’Università di Siena, coordinati dal professor Carlo Gaggi e comprende esperti in varie discipline, dalla geologia strutturale all´idrogeologia, dall’ecologia all’ecotossicologia, dalla geochimica generale alla geochimica ambientale. L’entità e i tempi dello studio. Le ricerche sono iniziate nel marzo del 2008 e sono andate avanti fino al settembre scorso. Hanno comportato l’effettuazione di circa 5. 000 analisi, nonché di 8 settimane di attività di campagna, che hanno impegnato una ventina di ricercatori. .  
   
 

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