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Notiziario Marketpress di Martedì 21 Ottobre 2008
 
   
  UNO STUDIO CLINICO ITALIANO DIMOSTRA CHE L’IMPIEGO DI ZEVALIN AD ALTE DOSI CON INFUSIONE DI CELLULE STAMINALI DETERMINA L’87% DI SOPRAVVIVENZA GLOBALE NEL TRATTAMENTO DEL LINFOMA NON-HODGKIN RECIDIVATO/REFRATTARIO O AD ALTO RISCHIO

 
   
  Seattle e Bresso, 21 ottobre 2008,— Cell Therapeutics, Inc. Ha annunciato ieri che il Journal of Clinical Oncology ha pubblicato i risultati di uno studio clinico innovativo che valuta l’impiego di Zevalin ([90Y]-ibritumomab tiuxetan), ad alte dosi (ablazione del midollo osseo) seguito da infusione di cellule staminali autologhe, in 30 pazienti (età media 62 anni) affetti da linfoma non-Hodgkin (Nhl) aggressivo recidivato/refrattario o ad alto rischio, non candidabili ad un trapianto con impiego di chemioterapia. La chemioterapia mieloablativa ad alte dosi rappresenta un trattamento efficace del Nhl ma a causa della significativa tossicità è generalmente riservata a pazienti giovani ed in condizioni cliniche idonee, e pertanto non è utilizzabile per molti pazienti, dato che l’età media dei pazienti affetti da Nhl è di circa 60 anni. Lo studio prevedeva tre cicli di chemioterapia convenzionale seguiti da chemioterapia ad alte dosi e infusione di cellule staminali, proseguendo con l’impiego di Zevalin ad una dose fino a tre volte superiore alla dose standard, con infusione addizionale di cellule staminali. A seguito di tale protocollo terapeutico, l’83% dei pazienti ha conseguito uno stato libero da malattia con una sopravvivenza globale stimata dell’87% dopo un follow-up medio di 30 mesi. “Tali risultati suggeriscono che l’impiego di Zevalin ad alte dosi su questi pazienti permette di conseguire un beneficio clinico significativo ed è molto ben tollerato” ha commentato il Prof. Alessandro M. Gianni, Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università degli Studi di Milano. “L’esito dello studio è incoraggiante, dato che questo protocollo terapeutico potrebbe essere applicato ad una vasta maggioranza di pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin ad alto rischio o recidivato”. L’impiego di Zevalin ad alte dosi è risultato ben tollerato e non sono stati segnalati decessi a seguito di questo protocollo terapeutico. Nei pazienti è stata rilevata una prevista soppressione grave del midollo, associata al trattamento mieloablativo, ma la loro conta di neutrofili e piastrine ha iniziato a recuperare nell’arco di tre settimane. Sono state osservate solo tossicità minori di tipo non-ematologico. In 8 pazienti (27%) sono state rilevate infezioni, di cui nessuna superiore al grado 3, e il ricovero ospedaliero per neutropenia febbrile di grado 3 è stato necessario in soli 3 pazienti. Gli autori hanno concluso che “questa tossicità ematologica moderata non ha precedenti nell’impiego di un protocollo mieloablativo”. Gli autori hanno proseguito affermando che “Una differenza rilevante e chiara del nostro studio rispetto, virtualmente, a tutti gli altri protocolli di polichemioterapia mieloablativa, è costituita dalla pressoché totale assenza di tossicità di tipo non-ematologico. Nei pazienti, nonostante l’età avanzata e la presenza di co-morbidità in molti di essi, non è stata osservata alcuna tossicità agli organi vitali e di nessun grado. Assente anche la mucosite, una delle maggiori tossicità rilevate a seguito di trattamenti mieloablativi e persino causa di infezioni fatali, e tutti i pazienti sono stati in grado di preservare la normale capacità di assunzione di cibo e acqua. L’eccellente tollerabilità della radioimmunoterapia mieloablativa risulta degna di nota in quanto 19 pazienti (63%) non erano stati precedentemente ritenuti idonei per l’autotrapianto con chemioterapia, a causa dell’età avanzata e/o di co-morbidità”. “Siamo molto colpiti dalle potenzialità della radioimmunoterapia in aggiunta, o, come in questo studio, in parziale sostituzione della chemioterapia ad alte dosi nel caso di autotrapianto per il trattamento dei linfomi non-Hodgkin recidivi/refrattari o ad alto rischio, Cd-20 positivi a cellule B” ha affermato Jack Singer, Chief Medical Officer di Cell Therapeutics. “Questo protocollo sperimentale si aggiunge alla mole crescente di dati clinici che indicano come l’impiego di Zevalin a dosi più elevate di quelle approvate dalla Fda, assieme alla terapia di salvataggio con cellule staminali, possa determinare un beneficio clinico, se impiegato in aggiunta alle dosi tradizionali di chemioterapia mieloablativa oppure, come in questo studio, ad alte dosi di chemioterapia standard”. Zevalin è attualmente approvato negli Stati Uniti per il trattamento dei pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin (Nhl) recidivato o refrattario di basso grado o follicolare a cellule B, inclusi i pazienti con Nhl follicolare refrattario al rituximab. A Zevalin è stata inoltre concessa l’approvazione accelerata per il trattamento del Nhl di basso grado e follicolare, recidivato o refrattario, mai trattato con rituximab, sulla base di studi con endpoint di risposta globale, un endpoint surrogato per la sopravvivenza libera da progressione. .  
   
 

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