|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Giovedì 23 Ottobre 2008 |
|
|
  |
|
|
SERVIZI: LE NORME UE NON OSTACOLINO GLI ACCORDI COLLETTIVI
|
|
|
 |
|
|
Bruxelles, 23 ottobre 2008 - Rilevando che i diritti sociali fondamentali non sono subordinati a quelli economici, il Parlamento chiede di garantire il diritto dei sindacati di negoziare contratti collettivi e avviare azioni collettive, inclusi gli scioperi. Al contempo, sostiene che occorre assicurare la parità di trattamento della manodopera e, quindi, chiarire la direttiva sul distacco dei lavoratori, lottare contro le società fittizie e stabilire un quadro giuridico Ue per gli accordi collettivi transnazionali. Approvando con 474 voti favorevoli, 106 contrari e 93 astensioni la relazione di Jan Andersson (Pse, Se), il Parlamento sottolinea anzitutto che la libertà di fornire servizi «è una pietra angolare del progetto europeo», ma precisa che tale facoltà non è «di rango superiore rispetto al diritto fondamentale delle parti sociali di promuovere il dialogo sociale». Nota peraltro che la Carta dei diritti dei fondamentali comporterebbe «il diritto dei sindacati di negoziare e concludere contratti collettivi ai livelli opportuni e, in caso di conflitti di interesse, di intraprendere azioni collettive, comprese le azioni di sciopero, per difendere i loro interessi». Insomma, per i deputati, «i diritti sociali fondamentali non sono subordinati ai diritti economici in una gerarchia di libertà fondamentali». Il Parlamento ritiene che qualunque cittadino Ue dovrebbe avere il diritto di lavorare ovunque in Europa «beneficiando del diritto alla parità di trattamento». Deplorando quindi che tale diritto non sia applicato uniformemente nell´Unione, sottolinea la necessità di salvaguardare e di rafforzare la parità di trattamento e di retribuzione tra uomini e donne per il medesimo lavoro, come prescritto dal trattato. E rileva che nel quadro della libertà di prestazione di servizi o di stabilimento, la cittadinanza del datore di lavoro, dei dipendenti o dei lavoratori distaccati «non può giustificare ineguaglianze nelle condizioni normative, retributive o nell’esercizio dei diritti fondamentali, come il diritto di sciopero». Il legislatore comunitario, pertanto, «deve assicurare che non siano frapposti ostacoli agli accordi collettivi», ad esempio a quelli che stabiliscono la parità di retribuzione per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro nazionalità o da quella del loro datore in lavoro, nel luogo in cui viene fornito il servizio, o alle azioni sindacali a sostegno di tali accordi. D´altra parte, il Parlamento si dice convinto che nella direttiva relativa al distacco dei lavoratori e nella direttiva Servizi «l´intenzione del legislatore sia incompatibile con interpretazioni che possono favorire una concorrenza sleale fra imprese». Osserva inoltre come le imprese che sottoscrivono e seguono contratti collettivi possano «incorrere in svantaggi concorrenziali rispetto alle imprese che si rifiutano di agire in tal modo». Allo stesso tempo, contesta l´introduzione del principio di proporzionalità per azioni contro le imprese che, richiamandosi al diritto stabilimento o al diritto di fornire servizi oltre i confini, minano deliberatamente le condizioni di lavoro. Ritiene infatti che «non dovrebbe esistere alcun dubbio circa il diritto di ricorrere alle azioni collettive per sostenere la parità di trattamento e garantire condizioni di lavoro dignitose». Il Parlamento ritiene che la base giuridica della direttiva relativa al distacco dei lavoratori debba essere ampliata, «al fine di includere un riferimento alla libera circolazione dei lavoratori». Osservando infatti che, attualmente, può essere interpretata «come invito esplicito alla concorrenza sleale in materia di condizioni retributive e normative», sollecita la Commissione ad elaborare le necessarie proposte legislative volte a prevenire conflitti di interpretazione nel futuro. L´eventuale revisione della direttiva, è precisato, dovrebbe essere condotta al termine di un´analisi approfondita «delle vere sfide che si pongono ai vari modelli di accordi collettivi», a livello nazionale. In tale ambito, qualora lo si ritenga utile, la revisione dovrebbe in particolare affrontare questioni come le condizioni di lavoro applicabili, i livelli salariali, il principio della parità di trattamento dei lavoratori nel contesto della libera circolazione dei servizi, il rispetto di modelli di lavoro diversi e la durata del distacco. Il Parlamento sollecita poi gli Stati membri e la Commissione a adottare misure idonee a contrastare gli abusi, in particolare le società fittizie (le cd. "letterbox companies"), ossia imprese non impegnate in nessuna attività significativa nel paese di origine, ma che sono state create nel paese ospitante, talvolta direttamente dall´imprenditore principale, «con il solo obiettivo di esercitarvi un´attività e di eludere la piena applicazione delle norme di tale paese, in particolare per quanto riguarda le condizioni salariali e di lavoro». Invita quindi la Commissione a stabilire norme chiare per combattere le società fittizie e proporre un codice di condotta per le imprese, in base alla direttiva Servizi. Infine, i deputati invitano la Commissione a presentare la «tanto attesa» comunicazione «in cui si proponga l’istituzione di un quadro giuridico per gli accordi collettivi transnazionali» e chiedono un riesame, nell´ambito del diritto primario, dell´equilibrio fra diritti fondamentali e libertà sociali, per «contribuire a evitare una competizione a favore di standard sociali più bassi». . |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|