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Notiziario Marketpress di Giovedì 27 Novembre 2008
 
   
  SVILUPPO LOCALE: ANALISI COMPARATA DEI PATTI TERRITORIALI E DEI CONTRATTI DI PROGRAMMA

 
   
  Bologna, 27 novembre 2008 - Nell’ambito del Workshop di presentazione della ricerca Censloc ‘Politiche per lo sviluppo locale: analisi comparata dei Patti territoriali e dei Contratti di programma’, Nomisma ha presentato una riflessione sui fattori che hanno prodotto efficacia ed efficienza in relazione alle esperienze di programmazione negoziata. Tra i tre aspetti presi in considerazione dalla ricerca (governance, caratteristiche dei programmi, contesto) quello che – dalle varie esperienze di assistenza tecnica e valutazione di patti territoriali e contratti di programma realizzate nel diverse aree geografiche del Paese – emerge come positivamente correlato alle performance dello strumento è senza dubbio il primo. La ‘forza’ della leadership locale - concetto di sintesi che ne racchiude molti altri quali, ad esempio, capacità, autorevolezza, onestà, chiarezza di visione, abilità negoziale - è non solo rilevante di per sé, ma anche perché tale ‘forza’ può positivamente influenzare l’esito di altri passaggi-chiave che contraddistinguono la vita e l’esito di un patto territoriale: la gestione della concertazione, i rapporti con le autorità centrali, l’utilizzo dell’assistenza tecnica, la selezione dei progetti, le relazioni con l’Istituto di credito, gli eventuali protocolli a completamento del quadro. Il passaggio più rilevante, dove la forza della leadership può esercitare pienamente il suo ruolo, resta l’identificazione dell’obiettivo intermedio del Patto o, meglio, del ruolo specifico attribuito allo strumento in relazione alle caratteristiche del contesto (la Locride è molto diversa dall’Appennino Parmense) e all’obiettivo finale (innescare processi di sviluppo in un territorio). Diminuisce il volume di investimenti effettuati dai Piccoli operatori economici nel 2008 e solo il 27,6% prevede di effettuarne nel 2009 . Continua il rallentamento nella crescita dei prestiti erogati ai Piccoli Operatori Economici (Poe) italiani – ovvero le imprese con meno di 10 dipendenti e/o 2,5 milioni di Euro di fatturato – a riconferma di un calo della domanda di credito da parte delle microimprese in un contesto di clima di sfiducia peggiorato rispetto alle attese per i prossimi 12 mesi. Lo sfavorevole andamento congiunturale, verificatosi a partire dal 2007, ha colpito anche il segmento Small Business del mercato che recepisce sempre con un lieve ritardo i segnali provenienti dall’andamento economico e produttivo nazionale. Se infatti nella passata rilevazione i Poe si manifestavano attendisti sul fronte della programmazione del ciclo di investimenti, nel 2008 gli investimenti correnti e quelli futuri subiscono una battuta d’arresto. Nel 2008, la propensione ad investire rilevata nel corso dell’indagine risulta infatti in decisa flessione: se nel 2007 ha effettuato investimenti il 35,4% dei Poe, tale quota scende al 28,7% nell’anno in corso e, in termini prospettici, al 27,6% per il 2009, mai così bassa da quando queste dinamiche hanno cominciato ad essere analizzate dall’Osservatorio (2002). Questi sono gli aspetti principali che emergono dalla dodicesima edizione dell’Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici, il rapporto frutto della collaborazione tra Crif Decision Solutions e Nomisma che fornisce con cadenza semestrale informazioni strutturate sulle microimprese italiane. In tale contesto, nel 2008 sono i Poe localizzati al Nord Ovest, al Nord Est e al Centro a subire una maggiore flessione, rispettivamente pari a -8,7%, -8,2% e -8,9%, mentre i Poe del Sud, maggiormente ancorati alle dinamiche locali, restano sostanzialmente stabili (-1,0%): Per altro, anche nelle intenzioni di investimento i Poe del Mezzogiorno sembrano maggiormente ottimisti. Se consideriamo il livello di affidabilità legata alla rischiosità aziendale (sintesi di rischio endogeno ed esogeno delle imprese), sono i Poe del Centro-nord che, nel 2008, mostrano livelli di rischio più contenuti (intorno al 40%), rispetto agli operatori del Sud che mostrano un livello di rischio complessivamente maggiore, pari al 52,5%. Il fenomeno del miglioramento dei livelli di affidabilità è dovuto ad una maggiore sensibilità delle imprese del campione nell’effettuare azioni tese ad arginare i fenomeni congiunturali: a dimostrazione di ciò si registra infatti un rafforzamento delle strategie aziendali riferite ai mercati di sbocco dei prodotti, e, allo stesso tempo, della capacità organizzativa delle imprese riferite all’introduzione di cambiamenti per migliorare il sistema aziendale. All’opposto, si rileva una flessione per ciò che attiene l’attuazione da parte degli operatori di investimenti nelle aree tecnico-produttive ed operative dell’azienda, finalizzati ad incrementare la capacità produttiva e consolidare il sistema produttivo interno. .  
   
 

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