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Notiziario Marketpress di Martedì 19 Settembre 2006
 
   
  ASSEPRIM / ASSIRM “PRIVACY E RICERCHE DI MERCATO” LE SOCIETA’: NON FACCIAMO MARKETING DIRETTO

 
   
  Milano, 19 settembre 2006 - Una vittoria della Nazionale ai mondiali può equivalere a un punto percentuale in più del Pil. Significa euforia e coesione intorno all’orgoglio nazionale e quindi più propensione ai consumi. Ogni giorno leggiamo e ascoltiamo notizie di questo genere, che spesso costituiscono degli importanti indicatori economici e sociali. Ma dietro ai sondaggi e alle ricerche c’è un’intera sezione di attività del terziario che lotta per un riconoscimento adeguato del suo ruolo. Oggi che la legge sulla Privacy compie dieci anni, le società di servizi di questo genere proliferano e non sempre è chiaro il confine tra il loro diritto a operare e la tutela dei dati personali. “Gli istituti di ricerca vivono una fase di espansione ma ancora oggi il settore reclama un riconoscimento univoco della propria identità e, coerentemente con esso, norme e regole più chiare sul tema della privacy e modalità operative che le mettano al riparo da eccezioni da parte dell’Autorità Garante”, ha detto Umberto Bellini, presidente di Asseprim aprendo il convegno “Privacy e ricerche di mercato” che si è tenuto a Milano lo scorso 14 luglio, organizzato assieme ad Assirm a favore delle aziende del settore. L’associazione Asseprim raggruppa le imprese di servizi che applicano il Ccnl del commercio e dei servizi, e tra queste ce ne sono molte che operano proprio nelle ricerche di mercato. La confusione nel settore è stata acuita dallo stesso Legislatore che, nella legge sulla Privacy (L. 675) del 1996 e nel successivo D. L. 196 del 2003, ha accomunato sotto lo stesso tetto il marketing diretto e le ricerche di mercato. In pratica ha riunito sotto la stessa denominazione - “ricerche di mercato” - gli studi realizzati secondo i principi della statistica e della ricerca scientifica applicata, con esclusiva finalità di studio e conoscenza dei fenomeni sociali senza riferimento a dati o comportamenti individuali, e quelle attività che, anche ove si avvalgano di tecniche di ricerca, sono finalizzate ad azioni di marketing diretto su persone identificate nominativamente. “Le caratteristiche che vi contraddistinguono e che andranno rimarcate – ha specificato l’avvocato Rosario Imperiali, esperto in materia, rivolgendosi ai responsabili degli istituti di ricerca – è quella di esservi dati da tempo un codice di autodisciplina che vieta l’attività di direct marketing e di non ritenere essenziale l’identificazione del soggetto intervistato. Nelle indagini socio-demografiche, infatti, i dati identificativi vengono raccolti solo per poter effettuare i controlli di qualità sulla rilevazione, al termine dei quali vengono distrutti, ed i risultati statistici sono prodotti su dati rigorosamente anonimi. A queste indagini conoscitive viene riconosciuta un’utilità sociale e pertanto si applica il Codice per la statistica e la ricerca scientifica siglato dal Garante, da Assirm e da altri enti rappresentativi della comunità scientifica. Parzialmente più complessa, ma comunque prevista dal predetto Codice, è la situazione relativa alle ricerche continuative o su panel per le quali è necessario conservare i dati personali al fine di poter reintervistare gli stessi soggetti. In questo caso, infatti, è necessario il consenso informato degli interessati a tal fine. “In verità – spiega l’avvocato Imperiali – ci sono tre momenti che caratterizzano l’attività di questo settore. La parte iniziale del processo di ricerca, nella quale si può operare liberamente, che consiste nell’acquisizione di liste di cittadini o imprese da intervistare su cui effettuare la ricerca. Poi c’è la fase di contatto diretto con l’interlocutore, ed è questa la fase su cui maggiormente impatta la legge sulla Privacy perché si raccolgono informazioni che sono temporaneamente abbinate ai dati identificativi degli interessati. In questa fase bisogna attenersi alle norme previste dalla legge e dal Codice. Infine c’è la fase di elaborazione statistica dei dati e della sintesi dei risultati che, essendo effettuata su dati resi anonimi, non pone particolari problemi. Diverse sono le procedure e le norme che si applicano al Direct Marketing e per questo gli esperti concordano nel ritenere che la confusione tra le due attività sia penalizzante per il mondo delle ricerche di mercato. “Il primo obiettivo per questo settore – dice l’avvocato Imperiali – deve essere quello di sganciarsi dall’involontaria coabitazione con il direct marketing. Bisognerà fare cultura in questo senso e creare delle distinzioni. È anche errato muoversi in modo monolitico perché ci sono statistiche e sondaggi che vanno disciplinati in maniera diversa dagli altri. Ma dal convegno sono emerse anche proposte di soluzione dei problemi più ricorrenti, ma anche la possibilità, proposta dal presidente di Asseprim Bellini, di agire con il sostegno dell’Associazione e di Confcommercio nei confronti del legislatore sostenendo nelle sedi opportune le richieste di modifica della norma avanzate dalle società di ricerca. Cecilia Gobbi, direttore generale di Assirm, ha sottolineato come l’aver sottoscritto con il Garante il Codice della ricerca scientifica e della statistica costituisca un primo riconoscimento ufficiale del reale status della ricerca di mercato e sociale e della sua utilità per lo sviluppo e la crescita di una società democratica. Ha poi ribadito l’importanza di attenersi rigorosamente alle norme del Codice per rafforzare il riconoscimento già acquisito ed evitare che la ricerca venga impropriamente associata ad altre attività. Bisognerà anzi impegnarsi – ha detto - per ribadire la specificità della ricerca, differenziarla nettamente dalle attività di marketing e comunicazione diretta e diffonderne internazionalmente la giusta immagine. Le norme di autodisciplina possono svolgere un ruolo importante in questo ambito e Assirm con le equivalenti associazioni europee si sta adoperando in tal senso sviluppando e implementando regole rivolte a disciplinare la possibile intrusività della tecnologia, ad esempio in relazione all’uso dei sistemi di chiamata automatica o alla condivisione di liste dei cittadini che richiedono di non essere contattati (opt-out lists). .  
   
 

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