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Notiziario Marketpress di Lunedì 01 Dicembre 2008
 
   
  IN VISITA ALLA PROVINCIA DI TRENTO IL PREMIO NOBEL PER LA PACE RIGOBERTA MENCHú

 
   
  Trento, 1 dicembre 2008 – Il premio Nobel per la pace 1992 Rigoberta Menchú Tum, guatemalteca, ha incontrato 29 novembre a Trento, nel Palazzo della Provincia, il presidente Lorenzo Dellai e l’assessore alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Feltrami. Un incontro, che conferma la sensibilità del Trentino – così come del confinante Alto Adige – nei confronti dei temi della pace, del rispetto dei diritti umani, dello sviluppo di relazioni eque fra i tanti Nord e i tanti Sud del nostro pianeta. Nel ringraziare il premio Nobel per la sua venuta, Dellai ha detto che “il Trentino vuole assolutamente accrescere la sua conoscenza dei problemi del mondo, nella consapevolezza che, nonostante la nostra autonomia, noi siamo ‘in rete’ con il resto del mondo. ” “Da parte nostra – ha detto a sua volta l’assessore Beltrami – ci impegniamo fin d’ora ad approfondire i rapporti di collaborazione con il paese d’origine di Rigoberta Menchú, il Guatemala, a partire dal settore dell’educazione, che a lei sta molto a cuore, sapendo che abbiamo non solo qualcosa da dare ma anche qualcosa da imparare. ” Parole quantomai appropriate, considerato che l’ospite di stamani – giunta a Trento accompagnata dall’assessore della Provincia autonoma di Bolzano Francesco Comina e dai rappresentanti del Centro per la pace del Comune di Bolzano - appartiene al gruppo etnico indigeno dei Maya Quiché (oggetto di grandi vessazioni) ed è conosciuta in primo luogo proprio la difesa e la valorizzazione delle culture indigene dell’America Latina. Nel corso del suo incontro con i giornalisti la Menchú ha spaziato su molti argomenti, ricordando innanzitutto che nonostante i dolorosi trascorsi della guerra civile e del genocidio dei Maya (di cui furono vittime molti suoi familiari) il Guatemala è anche una terra di pluralità, di valori culturali profondi e radicati, di biodiversità. Una terra in cerca di alleati, “e oggi so che anche voi siete nostri alleati”, ha sottolineato, rivolgendosi a tutti i presenti. Dall’epoca del conferimento del premio Nobel – quel 1992 nel quale si festeggiavano anche i 500 anni dalla scoperta delle Americhe, che i popoli indigeni chiedevano di rileggere criticamente – molta acqua è passata sotto i ponti. Oggi la quasi totalità dei regimi dittatoriali in America Latina sono caduti, e gli indios sembrano avere acquisito una nuova consapevolezza, dei propri diritti e del valore di ogni singola lingua e cultura. “Trent’anni fa – ha detto la Menchú – le popolazioni indigene lanciarono un appello per la preservazione della natura e della vita sul pianeta, ma esso cadde nel vuoto. Oggi però, con l’emergere di problemi come quello dei cambiamenti climatici, si vede come quell’appello fosse profetico. Per fortuna i Maya ci sono ancora, non sono scomparsi. Oggi ad esempio il nostro calendario è oggetto di studio da parte della ‘scienza ufficiale’. Si aprono nuovi spazi di discussione, nuove opportunità per valorizzare il nostro contributo. Ma il cambiamento non è automatico. Le classi dirigenti dell’America Latina, anche quelle più illuminate, devono affrontare problemi enormi, dalla povertà alla violenza diffusa fino al narcotraffico; la gente chiede risposte immediate, il che mette tutti i governi di fronte al rischio dell’impopolarità. E poi c’è la crisi economica mondiale. Quando la borsa di Wall Street è caduta, dal principio abbiamo quasi gioito, perché per noi essa è il simbolo di un sistema iniquo; ma presto gli effetti della crisi hanno cominciato a riverberarsi anche sul Guatemala, le rimesse degli emigrati in paesi come gli Usa, su cui tante famiglie fanno conto, sono calate, molti sono rimasti senza lavoro. ” Una speranza, a detta della Menchú, oggi può arrivare forse proprio dall’ingombrante vicino nordamericano. “Le elezioni Usa che hanno portato alla vittoria di Obama sono state un momento unico nella storia di quel paese, e il nostro auspicio è che il nuovo presidente guardi alle radici di quella storia, a figure come quella di Martin Luther King. Certo, molto dipenderà dal suo staff; sappiamo infatti che spesso i risultati di un’amministrazione dipendono non tanto dal presidente ma dall’apparato di cui si circonda. ” Prima di congedarsi, l’ospite ha parlato infine della violenza che sembra dominare non solo il suo paese ma il mondo intero (anche guardando ai fatti recenti di Mumbay): “La violenza è un cancro mondiale, alimentato dalla produzione e dalla vendita di armi, dalle manovre speculative che l’alimentano. Per vincerla è necessario un accordo globale. ” .  
   
 

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