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Notiziario Marketpress di Martedì 02 Dicembre 2008
 
   
  IL SUCCESSO DEL NONPROFIT PASSA PER LA MOTIVAZIONE DEI COLLABORATORI

 
   
  Milano, 2 dicembre 2008 – L’osservatorio Fondazione Sodalitas-hay Group sulle Risorse Umane nel Nonprofit ha organizzato ieri, presso Assolombarda, la 1° Giornata dell’Eccellenza, un’occasione annuale di confronto e approfondimento per le organizzazioni nonprofit che guardano al cambiamento come ad un’opportunità, che sono impegnate a crescere facendo crescere le proprie persone. Tema al centro dell’incontro: la motivazione delle persone che lavorano nel nonprofit. L’osservatorio ha presentato infatti i risultati inediti dell’Indagine sulle leve motivazionali nel nonprofit realizzata nel corso del 2008 su un campione di 44 organizzazioni - tra associazioni, fondazioni, cooperative sociali e Ong – utilizzando la metodologia sviluppata da Hay Group, leader mondiale della consulenza direzionale sulle risorse umane. Ai partecipanti all’incontro è stato distribuito il volume “Alle sorgenti della motivazione”, che contiene i risultati dell’Indagine, ed è scaricabile dal sito www. Sodalitas. It. Nella prefazione del volume Luca Solari - Professore Associato di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi di Milano - osserva che “le ricerche hanno dimostrato le qualità uniche del profilo motivazionale dei lavoratori e dei volontari che popolano il settore nonprofit” aggiungendo tuttavia che “l’investimento su strategie motivazionali del nonprofit risulta fortemente sbilanciato su iniziative orientate agli elementi più personali e simbolici, trascurando quegli aspetti che più caratterizzano il valore in ambito professionali”. Il Modello motivazionale del non profit - In effetti il Modello motivazionale del nonprofit che emerge dall’Indagine conferma l’osservazione del Professor Solari. Le leve più agite sono infatti quelle che riguardano la relazione persona-organizzazione. Le organizzazioni nonprofit sono diffusamente impegnate a rafforzare l’identificazione e il coinvolgimento dei propri collaboratori, in particolare definendo la missione e i valori, lavorando sulla percezione dei tratti unici e distintivi, mantenendo viva l’eredità culturale dell’organizzazione. E’ tuttavia poco diffuso il ricorso a strumenti formali di rilevazione dell’identità percepita e del benessere delle persone (ad esempio le analisi di clima). “Il collaboratore motivato assicura il cosiddetto “sforzo discrezionale”, ovvero un apporto professionale che va oltre quanto mediamente atteso, si identifica con l’organizzazione di appartenenza, ed è determinato a restarvi a lungo” - ha osservato Marco Galbiati, Responsabile dell’Osservatorio per Hay Group – “Quest’ultimo aspetto è particolarmente significativo per il settore nonprofit, in cui si registra un’incidenza del turn over decisamente più elevata rispetto al mercato generale. ” E’ molto radicata l’attenzione a mantenere elevata la qualità dell’ambiente di lavoro, con riferimento sia all’ambiente fisico (sicurezza dei locali, adeguamento continuo degli strumenti di lavoro) sia alle relazioni tra le persone (ad esempio: incoraggiamento a proporre nuove idee e alla cooperazione interpersonale, programmi di job rotation ed empowerment). Altrettanto curata la conciliazione vita/lavoro. L’assenza di politiche formalizzate di work life bilance (ad esempio nido aziendale, banca del tempo) è ampiamente compensata dalla flessibilità e dall’informalità con cui sono gestiti l’orario di lavoro, la richiesta di ferie e permessi. Emblematica la testimonianza di Maurizio Savi, Direttore Operativo dell’Area Ricerca della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, approdato al nonprofit dopo vent’anni di esperienza manageriale vissuti in aziende profit. “Le organizzazioni devono mettere l’uomo al centro della propria attività: questo aspetto è avvertito come essenziale da una realtà come la nostra, che si occupa di curare persona malate. E’ utile sviluppare piani motivazionali strutturati solo se aiutano gli uomini a dare un senso forte al loro lavoro quotidiano”. Le leve meno agite sono invece quelle che riguardano lo sviluppo dei collaboratori. Sono quasi del tutto assenti i programmi per far crescere la qualità dei leader (formazione agli stili di leadership, programmi di coaching). I leader non vengono valutati e la quasi totale assenza di politiche basate sul merito fa sì che siano poco praticate la promozione dei soli leader più efficaci e la rimozione dei leader inefficaci. E’ ancora insufficiente l’attenzione alla dimensione della crescita professionale. La formazione è senz’altro diffusa (soprattutto quella di taglio tecnico), ma solo in rari casi vengono definiti piani di sviluppo individuali e attuati percorsi di carriera più veloci per gli alti potenziali. Non stupisce così che siano poco praticate politiche di equità retributiva/riconoscimento. Praticamente assenti la valutazione della prestazione e l’assegnazione di obiettivi individuali. Ne conseguono politiche retributive “piatte” e poco differenziate: la progressione retributiva è legata soprattutto all’anzianità. I Piani di motivazione individuali - Ognuna delle 44 organizzazioni nonprofit partecipanti all’Indagine ha potuto beneficiare di un benchmarking personalizzato, che ha fornito ad ognuna di loro una visione comparata dei punti di forza e di debolezza della prassi dell’organizzazione in materia di leve motivazionali. Inoltre, 15 organizzazioni hanno elaborato, grazie al supporto di Hay Group, il loro piano di motivazione individuale, in cui hanno indicato azioni motivazionali specifiche da implementare nel 2009 a beneficio di “popolazioni” specificamente individuate (ad esempio: quadri/impiegati, dipendenti/collaboratori, ecc. ). Fondazione Bellora - Residenza sanitaria per anziani che ospita nella struttura di Gallarate 70 ospiti, quasi tutti affetti da gravi patologie dell’invecchiamento (come Alzheimer, demenza senile). Il Piano, che riguarda la popolazione del personale medico e infermieristico, è anzitutto focalizzato sull’area della crescita professionale, con la previsione di piani di formazione e valutazione, percorsi di sviluppo delle competenze (in collaborazione con l’università Liuc di Castellanza), modalità di prevenzione del burn out. Nell’area dell’equità retributiva sono previsti piani di incentivi monetari condivisi con i sindacati e con il personale stesso. L’importo degli incentivi è stabilito individualmente secondo i risultati di una valutazione condotta su parametri quali customer satisfaction, la presenza (da notare la significativa riduzione del tasso di assenteismo nell’ultimo periodo), il test sui protocolli di comportamento (effettuati al termine dei corsi di formazione). La prima erogazione, avvenuta nel corso del 2008 e relativa al 2007, è stata accolta dal personale con grande soddisfazione. Cooperativa sociale Koinè Attiva da quasi 20 anni nell’ambito dei servizi alla persona, con particolare interesse all’educazione e formazione della prima infanzia, è composta in ampia prevalenza da personale femminile. Il Piano si concentra sull’area dell’equità retributiva (politiche retributive definite anche con il contributo di consulenti esterni), dell’identità e coinvolgimento (momenti strutturati di confronto e di ascolto per aumentare il coinvolgimento e l’identificazione dei collaboratori) e della conciliazione vita/lavoro (soluzioni organizzative finalizzate ad una miglior gestione del work life balance, con particolare riguardo alla fase della maternità). Il Modello Equipe - Durante la 1° Giornata dell’Eccellenza è stato inoltre presentato il Modello Equipe, un modello organizzativo sviluppato dall’Osservatorio grazie al coinvolgimento attivo di due delle reti più significative del nonprofit italiano: il Centro Servizi del Volontariato di Milano e il Consorzio Gino Matterelli (Cgm). Il Modello Equipe si basa sull’assunto che i gruppi motivati e che si identificano con la visione dell’organizzazione hanno performance migliori di quelli il cui lavoro è organizzato in maniera gerarchica. L’equipe è la cellula di lavoro fondamentale: non è il leader a dettare i tempi, a motivare e a definire il lavoro del gruppo, ma è il gruppo stesso ad esser il motore del lavoro, sentendosi responsabilizzato e mettendosi in gioco grazie ad una forte motivazione. Il ruolo del leader è quello di tenere insieme i partecipanti all’equipe, che sviluppano nuove idee e lavorano per il raggiungimento dei risultati senza imposizioni gerarchiche. Il Modello Equipe posiziona al centro del lavoro la persona e i valori che essa può mettere in gioco nel lavoro all’interno del gruppo; si differenzia fortemente dai modelli basati sull’organizzazione gerarchica del lavoro e la definizione top down degli obiettivi da raggiungere. “L’approccio per Equipe” – ha osservato Claudia Fiaschi, Presidente Cgm – “aiuta i nostri gruppi di lavoro a integrare le diverse caratteristiche delle persone, a far sì che il gruppo contribuisca a superare i limiti individuali”. “Nel nostro caso” – ha aggiunto Marco Pietripaoli, Direttore Csv Milano – “ha stimolato la capacità di coprogettare, di valorizzare ogni contributo utile a innovare i servizi con cui cerchiamo di rispondere ai bisogni delle persone, che sono in continua evoluzione”. .  
   
 

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