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Notiziario Marketpress di Martedì 19 Settembre 2006
 
   
  QUALITA’. UN VALORE DINAMICO PER CONSUMATORI DEL FUTURO L’OSSERVATORIO DI SYMBOLA - IN VISTA DELLA FIERA CAMPIONARIA DELLE QUALITÀ ITALIANE – RIFLETTE SULLA SUA EVOLUZIONE

 
   
  Milano, 19 settembre 2006 - Nessuno di solito si ferma a pensare alla Qualità come valore pulsante, che evolve e muta nel tempo. Forse perchè al concetto di Qualità corrispondono interpretazioni soggettive e le sue virtù sono una sintesi di fattori percepiti in modo diverso, che richiedono conoscenza e passione per un argomento. Ma la Qualità, non è solo un godimento estetico capace di trasmettere sensazioni, è in realtà l’emanazione di una raffinata sensibilità, affidata all’educazione del bello, del gusto e ad una cultura che - dall’ Antica Grecia ai giorni nostri - continua ad essere viva. Questo è il motivo per cui la Fondazione Symbola – che insieme ad Expocts sta preparando per il prossimo anno la prima fiera “Campionaria delle Qualità Italiane” – riflette su un nuovo significato della Qualità. E’ una realtà, che nell’attuale società post-industriale prevale il bisogno di distinzione, eccitato e nutrito dal bisogno di Qualità. Ma volendolo comprendere meglio il suo senso, si evince che questo valore resta una realtà sfuggente: come e più della bellezza, dell’utilità, della bontà, perché ingloba tutte queste virtù, senza però essere parte totale di nessuna di queste. Questo è il motivo per cui la Qualità per certi versi nasconde un suo mistero: da un lato non è mai circoscritta in parametri certi. Dall’altro vive la necessità di circoscrivere i suoi confini. Nella società contemporanea del resto, la Qualità è naturalmente parte integrante del mondo dell’essenziale ed ha un suo valore intrinseco, espressione di soddisfazione per chi la ritiene parte importante del proprio stile di vita. La Qualità sta dunque nel consumatore, nel consumatore evoluto ed esigente - che emerge dagli studi di marketing – che crea lo sviluppo del mercato: è nell’utente non meno che nell’oggetto e nel servizio. Riflettendo su questa elementare quanto profonda riflessione, è possibile comprendere meglio come il senso della Qualità – soprattutto per il modello italiano – stia cambiando. Un mutamento che richiede alle imprese di avviare un percorso innovativo: costruire un modello industriale, capace di sintetizzare creatività, territorio e valorizzazione delle tradizioni. Alcuni esempi di questi nuovi modelli imprenditoriali - costruiti sulla rotta della Qualità nella sua massima espressione - esistono. Sono imprese locali diventate di riferimento mondiale nel loro settore. Sono territori del nostro paese, capaci di salire alle cronache mondiali per la loro unicità. Sono realtà, che hanno compreso quanto lo sviluppo non sia più da ricercare nella Quantità, ma nella Qualità della produzione, nella valorizzazione della propria storia, nella propria esperienza nella raffinatezza dei propria cultura. E’ una profonda sensibilità che sta crescendo nel nostro paese. E’ un pensiero che avanza, capace di incrementare l’essenza ed il valore, per contribuire alla competitività del sistema-paese. A credere in questo percorso sono uomini. Uomini, che vedono il futuro in modo alternativo. Uomini che per certi versi ricordano i fautori del Modernismo di inizio secolo. Uomini che ci vogliono portare nel futuro: di seguito alcune loro storie. Un esempio di creatività alternativa ed estremamente anticonformista è quella di Girolamo Varnelli che, nativo di un piccolo paese sui Monti Sibillini, ha inventato un liquore al sapore di genziana ammorbidito dal miele e dal curioso effetto antifebbrile e antimalarico. Il prodotto funzionava ma a provarlo erano talmente in pochi che il successo rimaneva teorico. Bisognava trovare un modo per aumentarne la notorietà. Passeggiando per le strade di Roma nel lontano 1919, vide la vetrina di uno studio fotografico e pensò che una foto poteva essergli utile per i suoi pellegrinaggi promozionali. Pensava ad un’immagine classica ma, visti i tratti somatici rivoluzionari, il fotografo gli propose di cambiare programma, imprimendo la sua immagine in una posa sciolta, senza cravatta e con la giacca sbottonata. Questo è stato l’inizio di una campagna di marketing che dura ormai da ben quattro generazioni e ancora oggi quel ritratto campeggia in formato gigante all’ingresso della distilleria Varnelli. Un segno di continuità che sottolinea un principio rimasto costante: l’equazione “brand uguale famiglia, uguale territorio”. Nel corso di oltre un secolo di vita l’azienda ha cambiato sede ed ha ampliato la proprio gamma di prodotti ma non ha mai rinunciato al marketing personalizzato e alla qualità. “Oggi sta tornando di moda uno stile produttivo che forse sarebbe stato meglio non abbandonare mai”, sostiene Orietta Varnelli, amministratore delegato della società. “Contano di più le persone, conta di più il territorio. A noi non può che far piacere, perché queste sono da sempre le nostre priorità”. Il controllo dell’immagine del prodotto è sempre stata l’idea fissa della famiglia che negli anni trenta, con la seconda generazione di imprenditori, riesce a costruire una campagna di comunicazione di risonanza nazionale, basata su immagini firmate da nomi come Achille Beltrame, l’illustratore della “Domenica del corriere” e il pittore Adolfo De Carolis. La scelta dell’anice come prodotto di punta dell’offerta aziendale viene rilanciata dal terzo Varnelli. Una scelta che sembra essere poco originale data l’antica fama dell’anice ma che, grazie all’azione promozionale di Girolamo Varnelli (nipote dal capostipite), risulta essere vincente. Girolamo inizia a piazzare cartelloni promozionali sulle strade, in un periodo in cui questa forma di pubblicità non è ancora diffusa. Crea slogan di grande efficacia come “A farmi preferir basta un assaggio”, fornisce agli autobus marchigiani una valigetta di pronto soccorso contro la nausea e i disturbi da viaggio in cui inserisce i mignon della Varnelli. Pur restando ancorata alla tradizione per quanto riguarda le tecniche di produzione e il rigido divieto di usare conservanti e coloranti non naturali, in questo periodo, tra gli anni Quaranta e Settanta, l’azienda è attraversata da una ventata d’innovazione che modernizza il marketing, spinge a un’adesione anticipata alle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e insiste sulla formazione professionale degli erboristi. Già nel 1950, al primo Salone dei vini e dei liquori d’Italia, a Roma, questi sforzi vengono premiati con la menzione dell’anice secco Varnelli come “miglior prodotto del genere”. Con la morte nel 1975 di Girolamo, sono quattro donne (la vedova di Girolamo e le tre figlie) a raccoglierne il testimone e a rilanciare la produzione fino ad oggi, aprendo la fase di gestione delle “quattro Sibille”. Per restare sempre uguale a se stessa l’azienda continua ad investire in innovazione e subisce alcuni cambiamenti strategicamente rilevanti: il trasferimento della sede in un paese più vicino che ha permesso la costruzione di uno stabilimento ipermoderno nel quale restano però i segni dell’artigianalità della produzione e la scelta di rafforzare il legame con il territorio attraverso l’organizzazione di corsi di degustazione e la disponibilità ad ospitare stagisti provenienti dalle diverse università marchigiane. Anche per quanto riguarda la ricerca sui sapori si continua a sperimentare nuovi abbinamenti per ampliare gli usi classici dell’anice: si va dal baccalà profumato al Varnelli agli scampi cotti nel liquore, fino al “Macerata libre”, il cocktail a base di amaro tonico e Coca-cola. Idee apparentemente semplici, ma allo stesso tempo intuizioni che hanno alla base il desiderio di fare della qualità una bandiera. A uomini e imprese come queste si rivolge la nuova Fiera “Campionaria delle Qualità Italiane” che si terrà il prossimo anno a Milano, con l’obiettivo di raccontare le più straordinarie esperienze imprenditoriali e territoriali, patrimonio della cultura e della tradizione italiana. .  
   
 

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