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Notiziario Marketpress di Lunedì 12 Gennaio 2009
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: IMPOSTA SULLE SOCIETÀ A GIBILTERRA

 
   
  Lo scorso 18 dicembre 2008 la sentenza del Tribunale di primo grado nelle cause riunite T-211/04 e T-215/04 - Governo di Gibilterra e Regno Unito di Gran Bretagna e dell´Irlanda del Nord / Commissione - ha annullato la decisione della Commissione in base alla quale la proposta di riforma dell’imposta sulle imprese di Gibilterra costituisce un aiuto di stato illecito. Infatti, il contesto di riferimento per valutare la selettività regionale della riforma corrisponde esclusivamente ai limiti del territorio di Gibilterra e non a quelli del Regno Unito. Inoltre, la Commissione non ha rispettato l’ambito di analisi relativo alla determinazione della selettività. Nell’agosto del 2002, il Regno Unito ha notificato alla Commissione la riforma prevista dal governo di Gibilterra riguardante l’imposta sulle imprese. Tale riforma comprendeva in particolare l’abrogazione del precedente sistema fiscale e l’istituzione di tre imposte applicabili a tutte le imprese di Gibilterra; una tassa di registrazione, un’imposta sulle retribuzioni, un’imposta sull’occupazione di strutture immobiliari (business property occupation tax; in prosieguo: la «Bpot»), fermo restando che l’onere impositivo corrispondente a questi ultimi due tributi non potrà essere superiore al 15% degli utili. Il 30 marzo 2004, all’esito di un procedimento d’indagine formale, la Commissione ha deciso (Decisione n. 2005/261/Ce, relativa al regime di aiuti che il Regno Unito sta progettando di applicare in relazione alla riforma del sistema di tassazione delle imprese del governo di Gibilterra) che le proposte notificate per la riforma del sistema di tassazione delle imprese a Gibilterra costituivano regime di aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune e che, di conseguenza, tali proposte non potevano essere attuate. Nella sua decisione, la Commissione ha ritenuto che detta riforma fosse selettiva a livello regionale nei limiti in cui essa istituiva un sistema in base al quale le imprese a Gibilterra erano tassate con un´aliquota in generale inferiore rispetto a quelle nel Regno Unito. Inoltre, essa ha sostenuto che tre aspetti della riforma fiscale erano selettivi sul piano materiale: in primo luogo, la produzione di utili quale presupposto per l’assoggettamento all´imposta sulle retribuzioni e alla Bpot, poiché tale requisito favorisce le imprese che non abbiano prodotto utili; in secondo luogo, il limite del 15% degli utili applicato all´assoggettamento all’imposta sulle retribuzioni e alla Bpot, in quanto tale limite favorisce le imprese che, per l´esercizio fiscale in questione, avrebbero utili esigui in relazione al numero dei dipendenti e all´occupazione di strutture immobiliari; in terzo luogo, l’imposta sulle retribuzioni e sulla Bpot, poiché queste due imposte favoriscono, per loro natura, le imprese che non avrebbero un’effettiva presenza fisica a Gibilterra. Il governo di Gibilterra e il Regno Unito hanno proposto ricorsi dinanzi al Tribunale di primo grado chiedendo l’annullamento della decisione della Commissione. Per quanto riguarda la selettività regionale, il Tribunale ricorda, a titolo preliminare, che le norme del diritto comunitario relative agli aiuti concessi dagli Stati membri si applicano a Gibilterra. A tale titolo, il Tribunale rileva che sono vietati gli aiuti di Stato «che favoriscono talune imprese o talune produzioni», o aiuti selettivi. Il Tribunale, poi, esamina se, in base alle tre condizioni stabilite nella sentenza sul regime fiscale delle Azzorre (sentenza della Corte 6 settembre 2006 nella causa C-88/03, Portogallo contro Commissione), il contesto di riferimento adeguato ai fini della valutazione della selettività regionale della riforma fiscale in questione sia il territorio del Regno Unito o il territorio di Gibilterra. Quanto alla prima condizione fissata in detta sentenza (autonomia istituzionale), il Tribunale constata che le autorità competenti di Gibilterra che hanno ideato la riforma fiscale dispongono, sul piano costituzionale, di uno statuto politico e amministrativo distinto da quello del governo centrale del Regno Unito. Per quanto riguarda la seconda condizione (autonomia procedurale), il Tribunale ricorda che quest’ultima è soddisfatta in quanto la riforma fiscale è stata concepita senza che il governo centrale del Regno Unito possa intervenire direttamente sul suo contenuto. A tale riguardo, il Tribunale rileva che il potere residuo del Regno Unito di legiferare a Gibilterra e i diversi poteri concessi al governatore di Gibilterra devono essere interpretati come mezzi che consentono al Regno Unito di assumersi le sue responsabilità nei confronti della popolazione di Gibilterra e di eseguire i suoi obblighi rientranti nel diritto internazionale, e non come mezzi che concedono una capacità d’intervento diretto sul contenuto di una misura fiscale adottata dalle autorità di Gibilterra, tanto più che tali poteri residui non sono mai stati esercitati in materia fiscale. Riguardo alla terza condizione (autonomia economica e finanziaria), quest’ultima esige che le eventuali conseguenze economiche dell’introduzione della riforma fiscale per Gibilterra non siano compensate da sovvenzioni o contributi provenienti da altre regioni o dal governo centrale del Regno Unito. Il Tribunale constata che nessuno dei finanziamenti richiamati dalla Commissione serve a compensare le eventuali conseguenze economiche che la riforma fiscale comporterebbe per Gibilterra. Di conseguenza, tenuto conto dell’osservanza delle tre condizioni della sentenza sul regime fiscale delle Azzorre, il Tribunale conclude che il contesto di riferimento per valutare la selettività regionale della riforma fiscale in questione corrisponde esclusivamente ai limiti geografici del territorio di Gibilterra e che, pertanto, non può essere effettuata alcuna comparazione tra il sistema fiscale applicabile alle imprese situate a Gibilterra e quello applicabile alle imprese aventi sede nel Regno Unito, al fine di dimostrare l’esistenza di un vantaggio selettivo a favore delle prime. Peraltro, riguardo alla selettività materiale della riforma fiscale in questione, il Tribunale osserva che la qualifica di selettiva di una misura fiscale da parte della Commissione presuppone un’analisi in tre fasi. In un primo tempo, la Commissione deve identificare ed esaminare il regime comune o «normale» del sistema fiscale applicabile nell’area geografica che costituisce il contesto di riferimento pertinente. È in rapporto a tale regime fiscale comune o «normale» che la Commissione è tenuta, in un secondo tempo, a dimostrare l’eventuale carattere selettivo del vantaggio concesso dalla misura fiscale in questione, provando che tale misura deroga a detto regime comune e introduce così differenziazioni tra operatori economici che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga. Inoltre, anche qualora la Commissione dimostri l’eventuale esistenza di deroghe al regime fiscale comune o «normale» che comporta una distinzione tra imprese, è possibile tuttavia che una differenziazione siffatta non sia selettiva se essa risulta dalla natura o dalla struttura del sistema di oneri in cui essa si inserisce. In questa ipotesi, spetta allo Stato membro interessato dimostrare che le distinzioni in questione sono giustificate dalla natura e dalla struttura del suo sistema fiscale. A tale riguardo, la Commissione deve accertare, in una terza fase, che tale sia effettivamente il caso. Il Tribunale aggiunge che, nel caso in cui la Commissione ometta di realizzare la prima e la seconda fase della summenzionata analisi, essa non può avviare la terza e ultima fase per non oltrepassare i limiti del suo controllo. Infatti, un approccio siffatto potrebbe, da un lato, consentire alla Commissione di sostituirsi allo Stato membro nella determinazione del suo sistema fiscale e del suo regime comune o «normale» e, dall’altro, di mettere così lo Stato membro nell’impossibilità di giustificare le differenziazioni in questione in base alla natura e alla struttura del sistema fiscale notificato, dal momento che la Commissione non avrebbe previamente né identificato il suo regime comune o «normale» né dimostrato il carattere derogatorio di dette distinzioni. Avendo constatato che la Commissione non ha né previamente identificato né rimesso in discussione la qualificazione da parte delle autorità di Gibilterra del sistema fiscale notificato come regime comune o «normale», il Tribunale ritiene che fosse impossibile per tale istituzione dimostrare che taluni elementi del sistema fiscale notificato avessero carattere derogatorio, e dunque selettivo a priori, rispetto al suo regime comune o «normale». Parimenti, il Tribunale considera che per la Commissione risultava altresì impossibile valutare correttamente se eventuali differenziazioni tra imprese potessero essere giustificate dalla natura o dalla struttura del sistema fiscale notificato, poiché la Commissione non lo ha previamente né identificato né esaminato. Peraltro, il Tribunale rileva che la Commissione, non avendo rispettato la summenzionata analisi in tre fasi, ha superato i limiti del proprio controllo, tenuto conto della portata della competenza delle autorità di Gibilterra in merito alla determinazione del suo sistema fiscale e del suo regime comune o «normale». Infatti, non avendo utilizzato come punto di partenza della sua analisi sulla selettività materiale il regime che i ricorrenti hanno qualificato, nella fattispecie, come regime fiscale comune o «normale» e avendo omesso di identificare detto regime e di esaminarne la fondatezza, la Commissione ha imposto la propria logica riguardo al contenuto e al funzionamento del sistema fiscale notificato. Per questi motivi, il Tribunale considera che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di vantaggi selettivi derivanti dai tre aspetti controversi della riforma fiscale e, tenuto conto altresì della sua valutazione relativa alla selettività regionale, esso annulla in toto la decisione della Commissione .  
   
 

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