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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 20 Settembre 2006 |
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“RADIO: I PROBLEMI DA RISOLVERE SUBITO” SOCILLO, VALZANIA E PERILLI NE DIBATTONO AL COMUNICATTIVO DI RIGHETTI
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Roma, 20 settembre 2006 – Oggi alle 15. 35 su Radio 1 Rai al Comunicattivo del massmediologo Igor Righetti si dibatterà su “Radio: i problemi da risolvere subito” con il direttore di Radio 1 e dei giornali radio Rai Bruno Socillo, il direttore di Radio 2 e Radio 3 Sergio Valzania e il direttore di R101 Francesco Perilli Bruno Socillo: “A proposito della giungla delle frequenze da anni vedo un potere politico che promette, promette… Anche se, se vogliamo, è colpa delle nostre aziende editoriali pubbliche e private che non hanno fatto, perlomeno quelle più grandi, un cartello comune. In Italia c’è un Far West in cui chiunque, anche il più piccolo avventuriero in una zona del paese, spara una portante fuori legge con una potenza che oscura tutti i canali intorno e zittisce radio private, network nazionali e servizio pubblico. Finché il Parlamento non deciderà di fare un piano delle frequenze, come c’è in tutti i Paesi civili del mondo, continueremo in questa maniera, con questo mercato delle vacche, con prezzi ormai assurdi per il valore delle frequenza. Uno dei soliti scandali all’italiana”. Sergio Valzania: “È difficile fare una radio più bella di quella che c’è ora”; “In Italia ci siamo accorti che le frequenze costituiscono un bene pubblico quando il bene pubblico era stato interamente occupato e questo è avvenuto tardi”. Francesco Perilli: “Sorrido quando vedo la televisione scimmiottare le radio private, perché noto che diverse televisioni stanno utilizzando mezzi che utilizziamo noi, vedi le e-mail e gli sms. Sono strumenti che vivono meglio alla radio”; “La radio non si può rappresentare in televisione. Ha un fascino finché rimane la radio. Il mio sogno è quello di nascondere i volti perché il fascino di una bella voce è importante, deve rimanere intatto e conoscere il volto di quella voce fa perdere un po’ di magia al mezzo”; “Sulle frequenze è la politica, il Parlamento che deve fare qualcosa. Noi abbiamo subìto e continuiamo a subire questa mancanza di leggi all’altezza. Siamo vittime di ricatti. È difficile conquistare una frequenza in una città dove non esiste il tuo segnale. A volte diventa addirittura impossibile ed è impossibile anche investire continuamente così tante risorse per espandere il proprio segnale. Ecco, qui, per esempio, sento che la radio viene trattata come la sorellina molto, molto povera perché forse poco utile ad alcune persone”. Ecco un estratto del talk condotto da Igor Righetti. I campionati mondiali di calcio hanno visto la radio protagonista. Quali fattori ne hanno determinato il successo? Bruno Socillo. La professionalità e la tradizionale competenza dei commentatori di Radio 1 e il fatto che Radio Rai avesse i diritti di tutte le partite e quindi anche di quelle che la televisione non mostrava. Qual è il valore aggiunto delle radio Rai? Sergio Valzania. È quello di permettere di fare cose che nella radiofonia italiana altrimenti non ci sarebbero. Allargano lo spettro dell’offerta sia in senso di contenuti sia di qualità. Quali sono i personaggi simbolo della vostra emittente? Francesco Perilli. Il primo che mi viene in mente è sicuramente Gerry Scotti che in questa radio ha mosso i primi passi in senso artistico e che in questa radio è tornato a muovere altri passi, speriamo buoni per il futuro dell’emittente. Poi abbiamo tanti volti televisivi che, in maggioranza, hanno avuto comunque esperienze radiofoniche e che abbiamo voluto utilizzare, non mi nascondo dietro a un dito, proprio perché, avendo un’immagine forte, possono aiutare anche l’immagine di questa radio. L’informazione culturale ha sempre uno spazio importante sui canali Rai. Come conciliare ascolti elevati e la missione aziendale del servizio pubblico? Bruno Socillo. Questa è l’equazione più difficile nel senso che purtroppo, e dico purtroppo perché si potrebbe fare anche in maniera diversa, gli obblighi del servizio pubblico che potrebbero essere una risorsa, spesso sono un legaccio per chi deve dirigere una testata e deve anche portare a casa degli ascolti. Noi, lo dico senza falsa modestia, siamo riusciti a coniugare il rispetto di questi obblighi e quindi la giustificazione anche, se volete, del pagamento del canone, con prodotti che hanno avuto un buon successo di ascolto e che quindi sono la dimostrazione che si può fare servizio pubblico, radio di servizio, senza per questo essere particolarmente noiosi. La radio vede aumentare i suoi ascolti ma i media continuano a guardarla come a un parente povero. Perché? Sergio Valzania. Non ci guardano come un parente povero. Anzi, devo dire che mi capita di parlare con quelli che sarebbero i parenti ricchi, sono sempre lì che mi chiedono quando il nostro pezzo di maggior pregio andrà a lavorare da loro. In questa fase siamo noi i parenti ricchi. Fiorello ce lo invidia non la radio, ma la televisione. In radio è più importante ciò che si dice o come si dice? Francesco Perilli. Sicuramente ciò che si dice. Poi è importante anche trovare il modo di dire le cose come devono essere dette. Quindi la chiarezza prima di tutto, la sintesi ma anche il coraggio di dire le cose che le radio, soprattutto quelle private, non hanno mai trovato il coraggio di dire. È vero, non ci sentiamo più i fratellini poveri, scalzi, con i pantaloni corti e abbandonati. È vero che oggi la radio viene molto invidiata ed è vero che molti personaggi che hanno fatto la radio in televisione possono dire ottime cose. Quanta verità c’è nell’informazione radiofonica rispetto a quella degli altri media? Bruno Socillo. Non ho il “veritometro”, non so dire quanta verità ci sia rispetto a quella degli altri. C’è un’immediatezza che gli altri media non hanno. La radio ha questa grande capacità, tutte le radio che fanno informazione, di essere sul posto a raccontare le cose quasi in tempo reale. Mentre altri mezzi, soprattutto la televisione, che hanno un supporto tecnico più pesante, sono ritardati in questo. La capacità di fare informazione in radio è tutta qui, secondo me, cioè, la capacità di essere tempestivi e raccontare le cose in presa diretta. Come sarà la radio del futuro? Sergio Valzania. È difficile farla più bella di quella che c’è adesso. La radio del futuro continuerà a essere il mezzo più vicino e semplice da utilizzare. È questa la grande forza della radio, è un amico che ti sta vicino, è agile, leggero. Puoi accedervi in qualunque modo. Poi, siccome va tutto rimpicciolendosi, penso che la radio sarà ancora più vicina, ma il tipo di messaggio, di comunicazione non penso sia destinato a cambiare. Magari qualche aggiustamento di tecnologie per renderla ancora più agili. Che rapporto c’è tra la radio e le nuove tecnologie? Francesco Perilli. Il rapporto è strettissimo ed è vero che, se dobbiamo migliorare in un settore, dobbiamo migliorare in quello tecnologico. Qui dobbiamo fare passi avanti tutti quanti. Il servizio pubblico, così come le private, nella ricezione ha incontrato e incontra ancora grandissime difficoltà e spesso non dipende da noi la mancata soluzione di alcuni problemi. Quindi, il rapporto è strettissimo e bisogna darsi molto da fare perché comunque il pubblico ha dimostrato di apprezzare il mezzo, l’immediatezza, la rapidità e merita rispetto. La tecnologia ci può sicuramente venire incontro e far rispettare maggiormente il pubblico. Com’è cambiato nel tempo il modo di fare informazione radiofonica? Bruno Socillo. È cambiato moltissimo. Sono d’accordo con tutti i miei colleghi che mi hanno preceduto, nel senso che l’impatto tecnologico, soprattutto nel mondo dell’informazione, ha portato a una rivoluzione copernicana. Basti pensare al telefono cellulare o al telefono satellitare che hanno reso possibile fare le dirette in qualsiasi momento e in qualsiasi posto. A Internet, che ha permesso interattività con gli ascoltatori, mentre prima c’era la lettera, la telefonata del vecchio 3131 che, insomma, uno su mille riusciva a prendere la linea. Adesso con Internet, con gli strumenti di community, con le e-mail sono decine di migliaia gli ascoltatori che tutti i giorni si mettono in contatto e interagiscono con la programmazione delle radio. Sergio Valzania. Sono assolutamente d’accordo. Poi, la radio, siccome è un mezzo di comunicazione molto leggero, si ibrida facilmente con tutto quello che accade. Gli sms, per esempio, sono più vitali alla radio che alla televisione. La digitalizzazione ha cambiato più la radio che la televisione, come tipo di segnale, come tipo di musica, come rapidità anche nell’offerta. Una volta si mandavano in onda dei dischi, cosa che comportava manualità, impicci e fruscii. Adesso si mandano in onda dei file e questo ha cambiato non solo la qualità, ma anche l’agilità di quello che si fa. Francesco Perilli. Sorrido quando vedo la televisione scimmiottare le radio private, perché noto che diverse televisioni stanno utilizzando mezzi che utilizziamo noi, vedi le e-mail e gli sms. Però è vero che sono strumenti che servono molto di più alla radio, vivono meglio alla radio. Sono molto più utili al nostro mezzo che al loro. A me fa felice vedere che le televisioni molto spesso seguono un po’ il nostro percorso, così si diventa sempre più ricchi, noi della radio. Però, purtroppo diventa un po’ più povera la televisione. Ma la radio in tv funziona? Francesco Perilli. Non funziona se viene fatta come è stata fatta fino a oggi. Penso non abbia un futuro, anche se la radio in tv dovesse esser fatta in maniera differente. La radio è la radio, non si può rappresentare in televisione. Ha un fascino finché rimane la radio. Se potessi non mostrare, non posso, se conoscete un minimo la mia radio vi fate una bella risata, perché è infarcita di molti volti conosciuti al grande pubblico. Il mio sogno è quello di nascondere i volti, perché il fascino di una bella voce è importante, deve rimanere intatto e conoscere il volto di quella voce fa perdere un po’ di magia al mezzo. Si toglie l’effetto sorpresa, sparisce la possibilità di fantasticare, il bello della radio è che ti dà la possibilità di esprimere la tua fantasia, la creatività. Francesco Perilli. Esatto. Quindi quando sai com’è fatta la persona che ti parla un po’ di magia si perde. Poi certo, lo ripeto, noi cerchiamo di guadagnare alcune posizioni, di far crescere la cosiddetta brand awareness utilizzando anche personaggi della televisione. Ma chissà, un giorno potremmo anche cambiare radicalmente il nostro modo di lavorare. Parliamo della giungla delle frequenze. Che cosa consigliate per disciplinarle? Bruno Socillo. Da anni vedo un potere politico che promette, promette… Anche se, se vogliamo, è colpa delle nostre aziende editoriali pubbliche e private, che non hanno, perlomeno quelle più grandi, fatto un cartello comune. In Italia c’è un Far West in cui chiunque, anche il più piccolo avventuriero, in una zona del paese, spara una portante fuori legge con una potenza che oscura tutti i canali intorno e zittisce radio private, network nazionali e servizio pubblico. Finché il Parlamento non deciderà di fare un piano delle frequenze, come c’è in tutti i Paesi civili del mondo, continueremo in questa maniera, con questo mercato delle vacche, con prezzi ormai assurdi per il valore delle frequenza. Uno dei soliti scandali all’italiana. Sergio Valzania. Sostanzialmente sono d’accordo. Certo è che noi ci siamo accorti in Italia che le frequenze costituiscono un bene pubblico quando il bene pubblico era stato interamente occupato e questo è avvenuto tardi. Però è chiaro che la liberalizzazione, le radio private, la grande telefonia sono tutte cose che sono una ricchezza per il Paese. Quindi, il compito della politica è governarle in modo da farle crescere e, in Italia, bisogna anche trovare un punto di equilibrio con quelle leggi che devono tutelare la salute. Noi abbiamo le leggi più rigorose, più chiuse di tutta l’Europa riguardo a questi dati, quindi abbiamo dovuto anche sacrificare qualche cosa in termini di onde medie e con grande difficoltà riusciamo a trovare modo di essere risarciti come operatori della comunicazione. Poi, però, il nostro pubblico paga il canone e ha il diritto di ricevere il segnale. È molto costoso per la Rai recuperare queste situazioni. Francesco Perilli. Come si fa a non essere d’accordo con Socillo o con Valzania? È la politica, il Parlamento che deve fare qualcosa. Noi abbiamo subìto e continuiamo a subire questa mancanza di leggi all’altezza, questa mancanza, a volte, di chiarezza. Noi siamo una radio in espansione, facciamo molta fatica, così come il servizio pubblico fatica a raggiungere l’intera popolazione, anche noi incontriamo gli stessi problemi, le stesse resistenze. Siamo vittime di ricatti. È difficile conquistare una frequenza in una città dove non esiste il tuo segnale. A volte diventa addirittura impossibile ed è impossibile anche investire continuamente così tante risorse per espandere il proprio segnale. Ecco, qui, per esempio, sento che la radio viene trattata come la sorellina molto, molto povera perché forse poco utile ad alcune persone. Io aspetto, però non mi faccio grandi illusioni. . |
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