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Notiziario Marketpress di Giovedì 15 Gennaio 2009
 
   
  UE: LA SITUAZIONE DI GAZA DIBATTUTA IN AULA

 
   
  Strasburgo, 15 gennaio 2009 - Alla vigilia del voto di una risoluzione, il Parlamento ha tenuto un ampio dibattito sulla situazione a Gaza. La grande maggioranza dei deputati che hanno preso la parola ha chiesto l´immediato cessate il fuoco e il riavvio dei negoziati di pace. Sono anche state denunciate le condizioni dei civili palestinesi e l´emergenza umanitaria. Opinioni discordanti sono state espresse sulla necessità o meno di dialogare con Hamas. Dichiarazione della Presidenza - Aprendo il dibattito, il Ministro degli esteri ceco, Karel Schwarzenberg, ha descritto la «drammatica situazione in Medio Oriente», soffermandosi sulla crisi umanitaria e sottolineando che «il 4 novembre dello scorso anno al personale delle Ong straniere non è stato garantito l´accesso a Gaza per consegnare e monitorare correttamente l´aiuto umanitario». A suo parere, «si comincia a delineare una soluzione alla crisi». Innanzitutto, ci deve essere «un incondizionato arresto degli attacchi missilistici da parte di Hamas verso Israele e la fine dell´azione militare di Israele per permettere la consegna degli aiuti umanitari, il ripristino dei servizi pubblici e le indispensabili cure mediche». Ha anche sostenuto che «lo spiegamento di una missione internazionale per monitorare l´attuazione del cessate il fuoco ed agire da tramite per le due parti, potrebbe essere d´aiuto», sottolineando che «l´Unione europea è pronta a far ritornare i suoi osservatori». Il ministro ha anche ribadito che l´Unione è pronta a «aiutare qualsiasi governo palestinese che segua politiche e misure che riflettono i principi del Quartetto», ma «sono necessari ed urgenti sforzi maggiori delle parti per raggiungere una completa pace, basata sulla visione di una regione dove due Stati democratici, Israele e Palestina, vivano in pace, fianco a fianco, entro confini sicuri e riconosciuti». Dichiarazione della Commissione - Benita Ferrero-waldner, commissario per le relazioni esterne, ha rilevato che «il conflitto di Gaza, entrato nella sua terza settimana, peggiora di giorno in giorno», causando immense sofferenze umane sia per colpa dei missili di Hamas sia per l´azione militare israeliana. Oltre a questo impatto immediato, il conflitto «fa slittare le prospettive di pace ancora più lontano» e «produce un impatto negativo sulla stabilità dell´intera regione». E´ quindi imperativo un cessate il fuoco immediato, ha aggiunto, per permettere agli aiuti umanitari di accedere alla Striscia di Gaza, e occorre un «arresto incondizionato» dei lanci di missili da parte di Hamas e dell´azione militare israeliana. Ricordando che la richiesta di cessate il fuoco rappresenta un elemento chiave della risoluzione 1860 delle Nazioni Unite, la commissaria ha fatto notare che deve essere fermato il contrabbando di armi attraverso i tunnel tra Gaza e Egitto, va pattugliato il corridoio Filadelfia fra il confine fra Gaza e Egitto e devono essere aperte le frontiere per l´aiuto umanitario. L´autorità palestinese aveva accettato queste richieste, ma Israele e Hamas stavano «ancora studiandole». Forse, ha proseguito, «tra qualche giorno avremo un vero cessate il fuoco». Sia Israele sia Hamas, ha ricordato, hanno respinto la risoluzione 1860 ma si è detta fiduciosa che, con l´aiuto dell´Egitto e della Turchia, una soluzione duratura possa presto essere trovata. Concludendo il suo intervento ha sottolineato la necessità di riprendere il dialogo per un accordo politico non appena terminino le ostilità. Interventi in nome dei gruppi politici - Per José Ignacio Salafranca Sánchez-neyra (Ppe/de, Es) i «diciassette giorni di combattimento hanno lasciato un deprimente bilancio di distruzione, caos, odio e vendetta», aggiungendo che «si possono vincere tutte le battaglie salvo quella più importante, per la pace». Ha quindi chiesto un immediato cessate il fuoco, in linea con la risoluzione 1860 del Consiglio delle Nazioni Unite ed anche provvedimenti umanitari per alleviare la misure nella Striscia di Gaza. «Hamas rappresenta sia la causa sia la conseguenza di queste orrende circostanze», ha concluso. Martin Schulz (Pse, De) ha osservato che dibattiti di questo tipo sono difficili poiché «Israele è un nostro amico», ma con gli amici si deve parlare anche di cose controverse. Ha quindi spiegato che «Israele ha il diritto all´autodifesa contro coloro che vogliono distruggerlo; ma devono essere usati mezzi proporzionati, nel rispetto della legislazione internazionale» e, ha aggiunto, «sarete d´accordo con me che i mezzi utilizzati non sono proporzionati». Riconoscendo che Hamas non condivide i nostri valori, il leader socialdemocratico ha insistito sulla possibilità di dialogare con essa, e se Israele non è in grado di farlo, dovremmo cercare altre vie attraverso il Quartetto. Nell´auspicare una tregua immediata, ha infine ammonito che «né con il terrorismo né con le armi convenzionali si troverà una soluzione; questa deve venire da una mediazione internazionale». Secondo Annemie Neyts-uyttebroeck (Alde/adle, Be) ci vuole una forza internazionale per porre fine a questo conflitto ed ha invitato l´Unione europea a prendervi parte. «L´unione ha bisogno di agire e pronunciarsi in modo chiaro», e «anche gli Stati Uniti devono essere coinvolti, come pure la Lega araba ed i suoi membri». Cristiana Muscardini (Uen, It), dicendosi sconvolta da questa situazione, ha sottolineato la necessità di «rinunciare a qualunque ipocrisia» spiegando che «il legittimo e sacrosanto diritto dei palestinesi di avere uno Stato libero passa dall´altrettanto sacrosanto diritto di Israele ad essere riconosciuto». In proposito, ha ricordato che Israele «è stato cancellato dalla carta geografica di molti paesi» e che molti Stati dell´Ue «non avrebbero accettato di essere considerati come inesistenti». Ha poi sostenuto che «non è stato Israele a dare avvio a questa ennesima guerra e che il terrorismo è ancora uno dei problemi principali». Perciò, «non possiamo pensare che il dialogo con i terroristi sia giustificato dal fatto che sono morti tanti civili, perché questo crea la scusante per qualunque terrorista nel futuro per utilizzare la violenza, la forza e la morte per ottenere legittimità politica». L´unione europea, d´altra parte, deve «trovare finalmente una maggiore coesione, la capacità di affrontare anche il nodo dei rapporti economici con i paesi che non riconoscono Israele» e «garantire i percorsi umanitari che consentano ai civili, palestinesi e israeliani, di essere messi in sicurezza». Ha anche affermato la necessità di rivedere la posizione sugli aiuti «che diamo e che non controlliamo». Daniel Cohn-bendit (Verdi/ale, De) ha dichiarato che la speranza per la pace e la sicurezza «sta evaporando rapidamente», aggiungendo inoltre che la sicurezza deve essere alimentata. Riferendosi alle parole del collega Schulz ha ricordato che si deve proteggere sia Israele da se stesso sia i palestinesi da Hamas. Per il copresidente dei Verdi, infine, il Consiglio dovrebbe smetterla di pensare a migliorare le sue relazioni con Israele, e i palestinesi hanno bisogno di aiuto per ribellarsi a Hamas. Luisa Morgantini (Gue/ngl, It) ha esordito citando un palestinese incontrato durante la sua recente visita di Gaza: «Hamas dirà che ha vinto quando sarà terminata questa aggressione, Israele dirà che ha vinto, in realtà siamo morti noi civili». A ciò la deputata ha aggiunto «che in realtà lì, con quei bambini e donne morti o che sono all´ospedale senza cure, muore il diritto, muore il sogno di un´Europa che vuole che i diritti umani siano diritti universali». E questo «è una tragedia». Chiedendo il cessate il fuoco, ha poi sostenuto che l´Europa è inefficace e che la guerra «non porta alla salvezza di Israele, ma alla sua fine anche morale». Ha poi osservato che, oltre all´attività diplomatica, l´Europa deve utilizzare anche altri strumenti, come ad esempio non procedere all´upgrading delle relazioni con Israele. Riguardo alla protezione internazionale, la deputata ritiene un errore «pensare soltanto a Gaza e a Rafah», sostenendo che gli attacchi israeliani vengono da Herez. Oltre all´eliminazione dei tunnel e del traffico di armi, ha aggiunto, occorre riaprire i valichi ed esercitare pressioni su Hamas affinché smetta di colpire la popolazione israeliana. In conclusione, ricordando che la Cisgiordania è occupata militarmente, ha chiesto a Israele di non costruire insediamenti. Per Bastiaan Belder (Ind/dem, Nl) la Palestina è inestricabilmente un territorio islamico e non vi è posto per uno stato di Israele in Medio Oriente e la causa di tale totalitarismo è questo sanguinoso conflitto. Il cessate ili fuoco, ha concluso, è semplicemente una pausa per Hamas e non sarà permanente. Luca Romagnoli (Ni, It), nel condividere gli auspici di pace e le preoccupazioni espressi da molti, ha convenuto con quanto affermato dal Consiglio, sostenendo che la Commissione abbia fin qui seguito un percorso che può essere utile al dialogo, ossia l´apertura dei varchi per scopi umanitari e il cessate il fuoco bilaterale, che «potrebbero essere il prodromo di un successivo impegno per l´organizzazione di una fascia di salvaguardia internazionale». E in proposito, ha sostenuto che tale fascia deve essere estesa a tutti i territori palestinesi. Paragonando gli auspici e l´attività diplomatica della Commissaria Ferrero Waldner a quanto già fatto dal Santo Padre, ha quindi sostenuto di condividere quest´approccio: «si deve cercare ancora, dopo tanti anni, una soluzione per due popoli e due Stati e per affermare finalmente il diritto internazionale». Ha inoltre ribadito che «non c´è e non si sarà mai una soluzione bellica» e su questo ritiene che l´Unione europea abbia gli strumenti per sostenere ogni sforzo diplomatico utile. Interventi dei deputati italiani - Per Pasqualina Napoletano (Pse, It), «di fronte a questa immensa tragedia le nostre parole rischiano di essere inadeguate». A suo parere, inoltre, «un esercito che uccide centinaia di civili, donne e bambini, si pone allo stesso livello del terrorismo che pretende di combattere». Ha poi osservato che, d´altra parte «nessuna operazione militare poteva essere concepita senza mettere in conto un massacro di civili». Si è quindi chiesta se «Israele può dirsi più sicuro dopo aver suscitato tanto odio e disperazione» e «con chi, se non con Hamas, direttamente o indirettamente, si dovrà cercare una via d´uscita alla violenza cieca». Ricordando che la risoluzione posta in voto giovedì «rafforza la richiesta di cessate il fuoco già espressa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite», ha quindi invocato le parti a rispettarla e chiesto all´Europa di adoperarsi per renderla possibile. Ha poi concluso paventando il rischio «che questo massacro, lungi dallo sconfiggere Hamas, indebolisca ancora di più proprio l´Autorità palestinese e quelli che nel mondo palestinese hanno puntato tutto sul negoziato con Israele». E in proposito ha sottolineato che costoro non hanno ottenuto nulla. Roberta Angelilli (Uen, It) ha anzitutto espresso apprezzamento per le parole del Presidente Pöttering «quando ha denunciato senza mezzi termini la grave responsabilità di Hamas nel porre fine alla tregua, ma con altrettanta chiarezza ha giudicato totalmente sproporzionata la reazione israeliana». Ma aldilà delle parole, ha aggiunto, «la crisi rimane e restano migliaia di persone, la popolazione civile e i bambini, che hanno bisogno disperatamente di aiuti umanitari». Ha poi sostenuto che la comunità internazionale «doveva fare di più» e pertanto «dobbiamo sentire tutto il peso delle nostre responsabilità». Non basta distribuire giudizi su Hamas, su Israele, sull´inizio delle responsabilità, di chi ha più colpa, ha aggiunto, «rimane l´inadeguatezza dell´Europa, un´insufficienza grave, un´incapacità di costruire un´autentica, strategica e duratura politica di pace». Nel chiedere con forza il cessate il fuoco, ha sostenuto che ciò «non basta» e che occorre «porre le nostre condizioni con severità per accompagnare il processo di pace e di sviluppo del Medio Oriente». Ha quindi concluso affermando, come già fatto dal Papa, «che bisogna dare risposte concrete all´aspirazione diffusa che c´è in quei territori a vivere in pace, in sicurezza e in dignità». Anche perché «la violenza, l´odio, la sfiducia sono forme di povertà, forse le più tremende da combattere». Giulietto Chiesa (Pse, It) ha esordito ricordando che «un grande antifascista italiano, Piero Gobetti, disse che quando la verità è tutta da una parte, una posizione salomonica è completamente tendenziosa» e «così è per Gaza in questi giorni». Si è quindi augurato che il Parlamento «sappia dire parole adeguate per fermare Israele», anche perché «se non lo farà, si coprirà di vergogna di fronte alla storia, ai palestinesi, all´opinione pubblica europea e a quella araba». «Israele sta bombardando e decimando un ghetto», ha aggiunto sostenendo che «i figli di coloro che furono sterminati sono diventati sterminatori». E per questo «non c´è scusante e non vale la tesi che Israele ha diritto alla propria sicurezza», anche perché «chiunque, se vuole, è in grado di vedere che nessuno è oggi in grado di minacciare la sicurezza di Israele e la sua esistenza». E ciò è dimostrato dallo «squilibrio delle forze in campo», dal «bilancio dei morti e dei feriti» e dall´appoggio «che l´Occidente continua ad elargire ad Israele». «Questo eccidio - ha concluso - non ha altro scopo che quello di impedire la creazione di uno Stato palestinese; così si uccide la pace e per questo bisogna fermare Israele». Stefano Zappalà (Ppe/de, It), sostenendo che «solo la visione diretta è quella che può dare cognizione esatta di come stanno le cose», ha consigliato di recarsi sul posto a chi vuol esprimere opinioni precise. Su questa vicenda, ha aggiunto, «gli unici perdenti siamo noi del mondo occidentale, perché non abbiamo mai affrontato in maniera seria il problema, non abbiamo mai cercato di risolverlo e continuiamo a vederlo come un fatto tra due parti contrapposte». In realtà, ha spiegato, non sono due, ma tre le parti in causa: i terroristi e lo Stato d´Israele e, «vittima intermedia», il popolo palestinese. Hamas, ha aggiunto «certamente non rappresenta l´intero popolo palestinese». Ha quindi sostenuto che bisogna affrontare la questione «in maniera seria», cioè rafforzando la posizione di Abu Mazen, «che è la figura più debole di tutti». .  
   
 

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