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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Gennaio 2009
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: DIRITTO COMUNITARIO E SANZIONE AMMINISTRATIVA IDONEA AD ESSERE INFLITTA AI SOGGETTI PASSIVI DELL’IVA

 
   
  Il 15 gennaio 2009 con sentenza della Corte di giustizia nella causa C-502/07 - K-1 sp. Z o. O. / Dyrektor Izby Skarbowej w Bydgoszczy – è stato affermato che un “onere fiscale supplementare”, come quello previsto dalla legge polacca ed imposto nel caso di un errore di dichiarazione, non costituisce un tipo di Iva. Una legge polacca del 2004 prevede che, qualora si constati che il soggetto passivo ha indicato nella dichiarazione fiscale un rimborso del credito di Iva o dell’imposta pagata a monte superiore all’importo dovuto, il direttore dell’amministrazione finanziaria o l’autorità di controllo finanziario determina la misura corretta dell’importo del rimborso e fissa “un onere fiscale supplementare” di entità pari al 30% del rialzo. Con decisione del 2005 il direttore dell’amministrazione finanziaria di Toruń (Polonia) avendo accertato che la società K-1 aveva dichiarato come pagato a monte un importo di Iva superiore a quello dell’imposta percepita a valle per il mese di maggio 2005, ha fissato un onere fiscale supplementare per lo stesso mese. Ritenendo che tale misura non fosse compatibile col diritto comunitario, la K-1 ha impugnato tale decisione. Adito con un ricorso per cassazione, il Naczelny Sąd Administracyjny ha sottoposto una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunità europee sulla compatibilità dell’onere fiscale supplementare col diritto comunitario e, in particolare, col sistema comune previsto dalla sesta direttiva Iva. La Corte ricorda innanzi tutto le quattro caratteristiche essenziali dell’Iva: è applicata in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni e servizi; è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella di vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sono detratti dall’imposta dovuta, cosicché il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa e, in definitiva, il peso dell’imposta va a carico del consumatore finale. La Corte rileva poi che un “onere fiscale supplementare” come quello previsto dalla legislazione polacca non soddisfa tali caratteristiche poiché il suo fatto generatore non è una qualsiasi transazione, ma l’errore di dichiarazione e inoltre il suo importo non è fissato proporzionalmente al prezzo percepito dal soggetto passivo. La Corte ritiene che si tratti non di un’imposta, ma in realtà di una sanzione amministrativa inflitta quando si constata che il soggetto passivo ha dichiarato un rimborso di credito di Iva o di imposta pagata a monte il cui importo è superiore a quello dovutogli. La Corte dichiara che il principio di un sistema comune di Iva non osta all’introduzione, da parte degli Stati membri, di una siffatta misura. Al contrario essa precisa che gli Stati membri hanno, ai sensi della sesta direttiva Iva, la facoltà di stabilire altri obblighi che ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’Iva. La Corte precisa infine che l’onere fiscale supplementare polacco non costituisce “una misura particolare di deroga” diretta ad evitare talune frodi o evasioni fiscali, la cui adozione da parte di uno Stato membro necessiterebbe l’autorizzazione del Consiglio che statuisce all’unanimità su proposta della Commissione.  
   
 

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