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Notiziario Marketpress di Mercoledì 21 Gennaio 2009
 
   
  PARLAMENTO EUROPEO, MARGOT WALLSTRöM VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA: L´INFORMAZIONE È UN DIRITTO E´ TEMPO DI MIGLIORARE APERTURA, TRASPARENZA E ACCESSO.

 
   
   Bruxelles, 21 gennaio 2009 – Di seguito il discorso della Vicepresidente della Commissione europea Margot Wallström, responsabile per le relazioni istituzionali e la strategia di comunicazione, al Parlamento europeo il 20 gennaio 2009. Signor Presidente, onorevoli deputati, Eccellenze, Personalmente ritengo che per la democrazia il diritto di conoscere sia altrettanto importante del diritto di voto. A tal fine abbiamo bisogno di appositi strumenti funzionali alla democrazia: apertura, trasparenza e accesso pubblico ai documenti. Dobbiamo cominciare col chiederci quali devono essere i principi ispiratori superiori e quali obiettivi vogliamo raggiungere. Quando li avremo individuati potremo cominciare a discutere sulle modalità per conseguirli: il regolamento, migliori pratiche, strumenti tecnici e prassi quotidiane … Nei pochi minuti a mia disposizione vorrei evidenziare quattro messaggi chiave: 1. Il regolamento n. 1049 ha funzionato bene nei sette anni di applicazione. Non c´è bisogno di cambiamenti radicati, ma può essere migliorato. 2. I professionisti che operano nel campo delle politiche europee si sono avvalsi pienamente delle opportunità offerte dal regolamento. Dobbiamo ora migliorare anche l´accesso dei cittadini ai documenti. 3. La proposta della Commissione incrementerà la trasparenza, e non il contrario. Qualsiasi documento reso accessibile in applicazione delle norme attualmente vigenti lo sarà anche a seguito delle modifiche al regolamento. 4. Significativi miglioramenti sono possibili senza modifiche giuridiche, in particolare con riferimento ai siti web e ai registri. Oltre ai menzionati quattro punti, vorrei anche commentare sulle osservazioni espresse dall´oratore precedente e che – ne sono sicura – riemergeranno nel corso della mattinata. Spero che farà seguito una discussione vivace. Dovremmo approfittare della presenza dei membri dei parlamenti nazionali. Sono sicura che abbiamo molto da imparare da loro. Signor Presidente, Molta strada è stata percorsa dal 1992, quando gli Stati membri hanno adottato una Dichiarazione sul diritto di accesso all´informazione (allegata al trattato di Maastricht). La Dichiarazione stabilisce un principio importante: "La trasparenza del processo decisionale rafforz[a] il carattere democratico delle istituzioni nonché la fiducia del pubblico nei confronti dell´amministrazione. " Questo principio ci ha condotto all´elaborazione del regolamento n. 1049 nel 2001 e dovrebbe continuare a guidarci, non soltanto nell´attuale revisione del regolamento ma anche per il futuro: per i prossimi deputati e i prossimi commissari… Sette anni di applicazione del regolamento n. 1049 hanno apportato molti positivi cambiamenti. Ad esempio: le relazioni annuali delle istituzioni riportano un sensibile incremento del numero delle richieste di accesso; l´accesso ai documenti è rifiutato sempre meno spesso; e nel contempo, sempre più informazioni sono divulgate dalle istituzioni dell´Ue. L´applicazione pratica del regolamento ha indotto una riflessione sulla diffusione preliminare di documenti. In altre parole, il regolamento ha generato anche un cambio di mentalità. Abbiamo però anche constatato che sono state soprattutto le società, gli studi legali e i lobbisti ad avvalersi del diritto introdotto dal regolamento. Sono le statistiche a dircelo. Le principali aree di interesse non vertono sui processi decisionali (che sono già molto trasparenti) bensì sul controllo dell´attuazione del diritto europeo. In altri termini, il regolamento è andato a vantaggio dei professionisti che operano nel campo delle politiche europee, ma ha avuto un effetto limitato ai fini della sensibilizzazione del vasto pubblico all´operato dell´Unione europea. Nemmeno i giornalisti ne fanno un largo uso. Negli ultimi due anni infatti il maggior aumento di richieste è giunto dal mondo accademico. Con la modifica del regolamento la Commissione persegue la finalità generale di assicurare l´accesso ai documenti relativi ai processi decisionali delle istituzioni europee a un pubblico più vasto. Abbiamo elaborato tre obiettivi principali: 1. Aumentare la diffusione attiva, in particolare di documenti connessi ai processi legislativi; 2. Conformare il regolamento n. 1049 alle disposizioni sull´accesso alle informazioni contenute nella convenzione di Århus (nel processo di pervenire ad un´unica cornice giuridica che disciplini il diritto di accesso del pubblico); e 3. Precisare la relazione tra il regolamento n. 1049 e altri strumenti giuridici che riguardano l´accessibilità di documenti. Alcune parti della proposta della Commissione sono state percepite come un regresso. Penso sia oggettivamente errato, ma è indubbio che non siamo stati sufficientemente chiari. Cercherò quindi di correggere il tiro. Ci sono essenzialmente quattro argomenti che hanno sollevato domande o critiche: 1. La proposta di definizione di "documento"; 2. La ricerca di un equilibrio tra il diritto di accesso e la protezione dei dati personali; 3. Il diritto degli Stati membri di opporsi alla divulgazione di documenti che hanno trasmesso alle istituzioni; e infine 4. Alcuni limiti posti al diritto di accesso per brevi periodi; parlo del famoso – o famigerato – articolo 2, paragrafo 2. 6; Primo: la definizione di "documento". Il motivo che ci spinge a proporre un emendamento è essenzialmente che l´attuale definizione non è sufficientemente precisa; è vaga e lascia margini di manovra per decisioni discrezionali e di trattamento arbitrario in singoli casi. Vogliamo eliminare qualsiasi ambiguità e a tal fine proponiamo due mirate precisazioni: un documento redatto da un´istituzione diventa un documento ai fini dell´applicazione del regolamento quando è stato finalizzato dal suo estensore ed è stato trasmesso a uno o più destinatari o altrimenti registrato. Ciò vale naturalmente anche quando una nota o documento definitivo viene trasmesso tra funzionari all´interno dell´istituzione; I dati contenuti in sistemi elettronici di archiviazione, elaborazione e recupero di dati costituiscono dei documenti se sono estraibili in formato stampa o elettronico usando gli strumenti disponibili del sistema operativo; ciò corrisponde all´attuale tecnologia in uso nelle pubbliche amministrazioni moderne. Facciamo subito un esempio: gli appunti che prendete durante una riunione non sono un documento, ma se li trasformate in una relazione che mandate ai vostri colleghi, allora quello è un documento. Questi chiarimenti non restringono la definizione. Non determineranno una riduzione del numero di documenti che verranno resi accessibili. Questa definizione è molto più ampia del concetto di “documenti ufficiali” spesso utilizzato nella legislazione nazionale. È molto vicina al concetto di “informazioni” previsto dalla legge britannica sulla libertà d’informazione o dalla legge olandese sulla trasparenza. Vi è stato un dibattito vivace su questo punto particolare. Ho sentito molti argomenti e proposte interessanti su come migliorare la chiarezza. Se siamo d’accordo su questo punto, sono convinta che possiamo trovare una soluzione che soddisfi tutti. Secondo punto: come affrontare la questione dell’equilibrio tra il diritto di accesso e il diritto alla protezione dei dati. Dobbiamo armonizzare le regole sull’accesso pubblico e quelle sulla protezione dei dati personali di cui al regolamento 45/2001. Non è possibile considerare il regolamento 1049 come completamente autonomo rispetto al regolamento 45/2001. È per questo che proponiamo un “approccio in due fasi”: La prima fase prevede che in linea di principio saranno sempre resi noti i nomi, i titoli e le funzioni dei titolari di uffici pubblici e dei rappresentanti di gruppi di interesse in rapporto con le loro attività professionali. L’esperienza ci insegna che questo risolverebbe il 90-95% dei casi che abbiamo oggi. Se questa fosse stata l’attuale definizione, non vi sarebbe mai stato il caso della birra bavarese! La seconda fase riguarda soltanto gli altri casi, nei quali la divulgazione di dati personali potrebbe incidere sugli interessi della persona di cui trattasi. In questi casi, continuerebbe a essere richiesto un controllo più rigoroso in applicazione del regolamento sulla protezione dei dati. In altre parole, si tratta di una codifica di ciò che il Tribunale di primo grado europeo ha statuito poco più di un anno fa nel caso della birra bavarese. Terzo punto: l’accesso a documenti che provengono dagli Stati membri. La proposta della Commissione non fa altro che codificare la sentenza resa dalla Corte di giustizia nel cosiddetto caso Ifaw (dicembre 2007). Gli Stati membri non hanno – a differenza di quanto sostengono alcuni – un diritto di “veto” alla rivelazione dei loro documenti, ma la Corte ha stabilito che è richiesto il loro “consenso”. Finora gli Stati membri hanno talvolta opposto rifiuti immotivati. La Commissione ha già cambiato la sua prassi e ora intende codificarla in una legge. Proponiamo che, se non vogliono che la Commissione trasmetta ad altri uno dei loro documenti, gli Stati membri debbano motivare il loro rifiuto in modo chiaro. E tali motivazioni dovranno sempre essere in linea con il regolamento 1049. Infine il quarto punto: limitazioni temporanee al diritto d’accesso durante le indagini. La proposta della Commissione chiarisce che questo tipo di documenti non è accessibile al pubblico fintanto che dura l’indagine. Durante le indagini, è ovvio che la divulgazione potrebbe frustrare le indagini stesse e potrebbe anche ledere gli interessi legittimi delle imprese o delle persone oggetto delle indagini. Tuttavia, l’accesso ai documenti può essere concesso una volta che l’indagine sia stata chiusa e le relative decisioni siano diventate definitive. Questa è la prassi già adesso, ma oggi essa comporta molta più burocrazia, spreco di denaro pubblico e un carico di lavoro enorme per alcuni servizi (a cominciare dalla Dg Concorrenza). Insomma, il risultato finale rimarrà lo stesso ma avremo una maggiore certezza del diritto, senza però determinare una riduzione del numero di documenti che verranno resi accessibili. Posso chiedere in quanti degli Stati membri da cui venite verrebbe consentito l’accesso durante un’indagine in corso? Per dimostrare che tutti possiamo passare dalle parole ai fatti, vorrei far presente che nel giugno dell’anno scorso ho reso direttamente accessibile sul web il registro della mia corrispondenza. Questo è un esempio delle iniziative che si possono prendere al di fuori di quanto previsto dalla legislazione. Registri migliori, una maggiore facilità d’uso e accessibilità, la diffusione attiva e la pubblicazione più rapida dei documenti sono altri esempi. Guardate per esempio che cosa ha fatto la Commissione con il registro dei gruppi di pressione. O prendete il registro dei gruppi di esperti istituito dalla Commissione. E considerate quanto abbiamo migliorato la trasparenza finanziaria pubblicando informazioni sui beneficiari di fondi comunitari. Tutte cose che sono state fatte nell’ambito dell’Iniziativa europea per la trasparenza, in modo proattivo e al di fuori di quanto previsto dalla legislazione. Questo è il principio faro: il diritto dei cittadini di sapere, ovvero la trasparenza, l’accesso, la disponibilità. Sono certa che tutti voi avete idee ed esempi simili di ciò che si può fare. Questo è ciò che i cittadini si aspettano, e perciò è quello che dobbiamo fare. Adesso intendo promuovere l’idea di un inventario di misure proattive che tutti noi potremmo prendere al di fuori e in aggiunta di quanto previsto dalla legislazione. Nei prossimi mesi voglio discutere con le altre istituzioni dell’Ue un piano d’azione per incoraggiare l’apertura. Perché dobbiamo dare l’esempio! Grazie. .  
   
 

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