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Notiziario Marketpress di Lunedì 02 Febbraio 2009
 
   
  PIERO MAZZARELLA IN LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE DI JOSEPH ROTH AL TEATRO FRANCO PARENTI

 
   
  Milano, 2 febbraio 2009 - Da un capolavoro della letteratura del ‘900, La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth, lo spettacolo che Andrée Ruth Shammah ha pensato per Piero Mazzarella, in un’interpretazione memorabile, è di quelli che lasciano il segno, costruito su contrasti espressivi di struggente poesia fra diversi personaggi, umani fallimenti e confronto con l’assoluto, immagini e suoni che evocano e inventano tutta una vita, altre epoche, mille e forse nessuna città. La magica parabola di un clochard spinto fuori dal suo torpore da un misterioso benefattore è la storia di un’esistenza perduta dietro a tutte le occasioni che la vita sembra offrire, ma protesa fino alla morte verso l’adempimento di un dovere morale. Portentosi colpi di fortuna, imprevedibili incontri, inaspettati guadagni, stupefacenti rinvenimenti che si dissolvono nell’alcool sono raccontati da Mazzarella, contemporaneamente protagonista e narratore, con roca, profonda e fragile umanità. Il fascino de La leggenda del santo bevitore è nella pluralità di contenuti che vi si possono rintracciare, a secondo che si privilegi la ricerca di certi significati piuttosto che di altri. In ciò Roth segue fedelmente la tradizione chassidica del racconto orale, che fornisce degli ammaestramenti attraverso la narrazione di storie mistiche (la leggenda = exemplum fidei) che sono peraltro storie di profonde e semplici verità umane. Ma non sfugge all’autore che così si mortifica il racconto orale, fissandolo nella forma della scrittura letteraria. Nel portarlo in teatro, Andrée Ruth Shammah restituisce al racconto la vitalità della comunicazione orale, rifrangendola in una pluralità di io narranti. Il racconto dell’attore include il racconto dell’autore che include il racconto del personaggio. E c’è anche il racconto che lo spettacolo, di per sé, svolge attraverso le suggestioni e le indicazioni della messa in scena. Lo spettacolo è costruito su tre personaggi e una giostra di immagini. Come nel racconto di Roth il protagonista incontra di volta in volta un uomo o una donna e sono sempre rapporti individuali, così nello spettacolo di Andrée Ruth Shammah, la società e la storia non figurano. Vivono nella mente dell’autore e appaiono attraverso proiezioni fantasmatiche, che rimandano lontano nel tempo e nella storia d’Europa ma anche nella storia dell’uomo, dei suoi desideri, delle sue traversie. Lo stesso bar dove si svolge la vicenda è una suggestione visiva. Tolte le proiezioni, rimane il vecchio armamentario del teatro: carta, legno, tela. Le immagini entrano dunque nello spettacolo come memoria e fantasia, sostenute da una colonna sonora struggente che va da Stravinskij al jazz, dalle musiche jiddish e della vecchia Russia alla gaiété parigina. Accanto a Piero Mazzarella, un attore e una giovane attrice. Il narratore parla ad un testimone colto, che forse è uno sradicato come lui a fare il barista oppure un amico che difende il valore della scrittura e lo segue perché il suo manoscritto non vada perso. Per questo interloquisce da critico, con battute scelte dal saggio di Claudio Magris: Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale. C’è poi la presenza inquieta della giovane che legge alcune frasi del testo. E’ la forma codificata del libro che si fa corpo per incalzare la domanda, seguendo le tappe del cammino dell’autore e del personaggio verso l’appuntamento finale, incontro al quale li accompagnano anche le luci dello spettacolo. Ma luci e ragazza restituiscono anche il disincanto dell’autore, segnando la levità e l’ironia del suo racconto. Mentre la trama della leggenda si chiarifica, si riempiono di ambiguità i suoi significati. Mazzarella racconta, legge, interpreta. Non c’è spazio per chiedersi che senso abbiano i fatti che succedono ma si sente la corposità dei temi a cui alludono: l’identità, l’onore, l’assimilazione, l’isolamento, l’eros, la religione, la morte come discesa verso il nulla. Ancora, l’emozione arriva dalla complessità. La stessa che si concentra e si dispiega nella testa, nel cuore, nel grande talento di Mazzarella. .  
   
 

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