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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Settembre 2006
 
   
  WHEREVER WE GO SPAZIO OBERDAN, MILANO DAL 17 OTTOBRE 2006 AL 28 GENNAIO 2007

 
   
  Milano, 25 settembre 2006 - Presso lo spazio Oberdan di Milano inaugura lunedì 16 ottobre 2006 la mostra Wherever We Go, a cura di Hou Hanru e Gabi Scardi. L’esposizione, promossa dalla Provincia di Milano e realizzata in collaborazione con il Museo della Fotografia Contemporanea, raccoglie piu’ di cinquanta opere di ventidue artisti, per la maggioranza inediti in Italia. Di provenienza differente, dall’Albania al Sud-est asiatico, al Medio Oriente, gli artisti di Wherever We Go sono accomunati dal fatto di abitare in paesi diversi da quelli in cui sono nati e di aver sperimentato in prima persona l’incontro con valori, visioni del mondo e sistemi di vita eterogenei, facendosi portatori di una cultura sfaccettata che integra punti di vista molteplici. Proprio questo tipo di personalità sta infondendo oggi all’arte nuove energie creative, in un rapporto di confronto, di scambio, di travasi e di influssi. Attraverso le opere di Adel Abdessemed, Nindityo Adipurnomo, Kristine Alskne, Keren Amiran, Carlos Amorales, Maria Thereza Alves, Maja Bajevic e Danica Dakic, Yael Bartana, Banu Cennetoglu, Magali Claude, Latifa Echakhch, Ni Haifeng, Mella Jaarsma, Koo Jeong-a, H. H. Lim, Elena Nemkova, Tsuyoshi Ozawa, Adrian Paci, Pascal Marthine Tayou, Nari Ward, Huang Yong Ping e Shen Yuan si manifesta così l’orientamento interculturale che caratterizza molta parte della società e dell’arte del presente, e si esprimono i temi della dislocazione e della stratificazione culturale, della rappresentanza, e l’idea di cultura come ambito dotato di vitalità capace di assimilare ed integrare continuamente, nella propria forma e nella propria tradizione espressiva, elementi nuovi ed estranei. Wherever We Go parla quindi di identità, intendendo con questo termine qualcosa che non si definisce solo in base a una radice geografica ma che è soprattutto prodotto di esperienze e di relazioni; qualcosa che non è fissato una volta per tutte, ma che è vivo e mobile, che resiste alle semplificazioni e alle classificazioni. Gli artisti in mostra presentano video, sculture, installazioni, disegni, fotografie. La sera dell’inaugurazione sarà possibile assistere a una performance ideata da un’artista olandese trasferitasi in Indonesia, Mella Jaarsma. Al centro dell’azione una serie di abiti avvolgenti e costrittivi al contempo, realizzati dall’artista stessa a partire dai materiali più svariati. Tra i video si vedranno What is the colour of german roses? di Maria Thereza Alves, I like – I don’t realizzato a quattro mani da Maja Bajevic e Danica Dakic, e poi la doppia video proiezione Wild seeds di Yael Bartana, e Vajtojca di Adrian Paci, dove l’artista mette in scena il proprio funerale e la propria rinascita; e ancora la poetica videoanimazione che Carlos Amorales ha realizzato a partire da una serie numerosissima di disegni digitali, parte dei quali a loro volta in mostra; e Turtely di Keren Amiran: una donna proietta emozioni e nostalgie su una tartarughina domestica; ne scaturisce uno struggente monologo. Parte delle sale espositive è occupata da grandi sculture e installazioni; è il caso, tra l’altro, degli interventi site-specific di Koo Jeong-a e di H. H. Lim nonché dell’opera appositamente concepita da Nindityo Adipurnomo per Wherever We Go, consistente in una serie di sedie montate l’una sull’altra, facenti da supporto a una telecamera; e di Crusader di Nari Ward, una sorta di totem realizzato a partire da materiali riciclati ad alto valore simbolico: un carrello della spesa, pezzi di plastica, taniche per la benzina, un lampadario. Shen Yuan mette a disposizione del pubblico un’installazione da utilizzare come trampolino, consitente in un ampio materasso colorato e ricamato con simboli del mondo intero. Una postazione per l’accesso in rete è riservata all’opera di Elena Nemkova: l’artista ha un blog in cui inserisce disegni ispirati alle notizie di attualità che più la colpiscono. Banu Cennetoglu esprime attraverso una serie di fotografie l’esperienza del viaggio e l’idea che il tragitto possa essere più importante della meta stesa. E Magali Claude si fa ritrarre insieme a personaggi vicini e lontani che hanno contribuito in modo significativo alla sua formazione. La mostra costituisce dunque un campo aperto di confronto e messa in scena di questioni cruciali del presente; ogni opera, frutto di una riflessione-azione, racconta cose del luogo in cui il suo autore è nato, ma anche di quello in cui attualmente vive. L’esposizione è accompagnata da un catalogo con testi critici dei due curatori e di Elvan Zabunyan, Gilane Tawadros, Pier Luigi Tazzi, apparati fotografici a colori e schede biografiche degli artisti. .  
   
 

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