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Notiziario Marketpress di Giovedì 26 Febbraio 2009
 
   
  CAPIRE PER AGIRE O AGIRE PER CAPIRE? ON LINE SU PLOS ONE LA RICERCA DI UN GRUPPO DI NEUROSCIENZIATI DELLA SISSA CHE MOSTRA UN LEGAME TRA ELABORAZIONE DEL LINGUAGGIO E AREE MOTORIE

 
   
  Trieste, 26 febbraio 2009 - 25 febbraio 2009 - È possibile che le aree motorie del cervello si attivino per comprendere le parole che descrivono un’azione? La risposta in una ricerca condotta da un gruppo di scienziati della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste, guidato da Raffaella Rumiati, docente di neuropsicologia presso il settore di neuroscienze cognitive. Lo studio, da oggi on line sulla rivista Plos One, ha cercato di far luce sulla questione dimostrando che le aree motorie favoriscono quei processi che, pur non strettamente linguistici, permettono una comprensione più profonda del significato delle parole, comprensione finalizzata all’interazione sociale. <<L’idea da cui noi siamo partiti – spiega Raffaella Rumiati – è la teoria secondo cui le aree motorie si attivano in modo necessario e automatico per comprendere il linguaggio; teoria che a nostro avviso era troppo generale, come dire che non si può capire veramente una parola che descrive un’azione, se non si attiva l’area cerebrale che ci permette di eseguirla fisicamente>>. I neuroscienziati hanno quindi cercato di chiarire in quali circostanze le aree motorie si attivano durante la comprensione linguistica. La risposta? Con parole e compiti specifici! <<Le aree motorie si attiverebbero con parole che hanno una qualche relazione con un’azione, verbi o nomi di oggetti di uso quotidiano, quali “prendere” o “bottiglia” - spiega Liuba Papeo, studentessa di dottorato in neuroscienze cognitive, prima autrice del paper –. Ciò succede, però, solo quando l’informazione motoria contenuta nella parola è necessaria per svolgere un compito. Si consideri, per esempio, il verbo “accarezzare”; se qualcuno ci chiedesse se “accarezzare” descrive un’azione manuale la strategia cognitiva più efficace per rispondere sarebbe quella di immaginare l’azione. Così facendo attiviamo le aree motorie. Se dovessimo, invece, decidere se la medesima parola ha 4 o 5 sillabe, non è necessario far ricorso a una strategia motoria. Seguendo questa logica, abbiamo dimostrato che il coinvolgimento delle aree motorie nell’elaborazione linguistica non è automatico, ma strategico >>. Utilizzando la Stimolazione Magnetica Transcranica (Tms), gli scienziati della Sissa hanno condotto tre esperimenti con tre gruppi diversi di volontari, in cui hanno stimolato la corteccia motoria primaria - quella da cui partono i comandi per eseguire i movimenti – e hanno ottenuto una misura del suo livello di attivazione, registrando i potenziali evocati motori, per mezzo di elettrodi applicati sui muscoli periferici del corpo, in questo caso la mano. Tale attivazione è stata misurata a intervalli di tempo diversi che corrispondono a diversi stadi di elaborazione delle parole (lessicale, semantico e post-semantico). Infatti, stabilire quando nell’elaborazione linguistica si verifica l’attivazione motoria, può aiutare anche a comprenderne la funzione. Oltre i potenziali motori evocati dalla Tms, sono state misurate la correttezza e la velocità con cui i volontari hanno fornito le risposte. <<Quello che abbiamo trovato è che l’area motoria primaria si attiva in uno stadio successivo a quello in cui la parola viene compresa – spiega Liuba – e solo quando l’informazione motoria associata a una parola è cruciale per eseguire il compito in modo corretto. Questi dati suggeriscono che le aree motorie sono coinvolte in processi mentali strategici, quelli cioè che adoperiamo per svolgere un determinato compito nel modo più veloce ed efficace possibile>>. La ricerca pubblicata fa parte del lavoro di tesi di dottorato di Liuba, il cui obiettivo è studiare il coinvolgimento delle aree sensorimotorie nei processi cognitivi superiori. <<I risultati che abbiamo ottenuto – conclude Liuba – suggeriscono che le aree motorie non “sono al servizio” dei processi strettamente linguistici ma di altre operazioni mentali, come l’immaginazione, che rendono la comprensione e quindi l’interazione sociale più fluida ed efficace. L’immaginazione, infatti, è una strategia efficace per svolgere molti compiti cognitivi inclusi quelli linguistici. In moltissime circostanze, immaginare una scena può aiutarci a rispondere a una domanda (per es. Si può suonare la chitarra con una mano sola?) o a decidere cosa fare in un dato contesto di inter-azione, anticipando le conseguenze del nostro e dell’altrui comportamento>>. Raffaella Rumiati è docente di neuropsicologia presso il settore di neuroscienze cognitive alla Sissa di Trieste. Laureata in filosofia all’Università di Bologna, ha poi conseguito il dottorato in psicologia svolgendo l’attività di ricerca presso la Scuola di psicologia all’Università di Birmingham, in Gran Bretagna. La sua ricerca è dedicata alla cognizione motoria, ovvero allo studio degli aspetti cognitivi del controllo motorio e le basi nervose dell’imitazione, dell’uso degli oggetti e immaginazione motoria. Liuba Papeo, neuropsicologa di formazione, laurea all’Università degli Studi di Padova, è studentessa iscritta al terzo anno di Phd in neuroscienze cognitive della Sissa; si occupa di processi della comprensione linguistica e la loro relazione con i sistemi sensori-motori, prevalentemente mediante lo studio delle lesioni reali (nei pazienti con danno cerebrale) o virtuali (con la Tms). .  
   
 

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