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Notiziario Marketpress di
Lunedì 25 Settembre 2006 |
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MARIAGRAZIA MOLINARI: SINDACATO, CORAGGIO, DIGNITÀ PROFESSIONALE E ALTRO UN PRIMO INTERVENTO DOPO LA “RIFLESSIONE” DI MAURIZIO ANDRIOLO
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Milano, 25 settembre 2006 - Molto stimolante la “riflessione” di Maurizio Andriolo sul sindacato unico dei giornalisti. Perché costringe, appunto, a riflettere, innanzitutto noi di Stampa Democratica, sul rapporto dei giornalisti con gli editori e sui rapporti interni al sindacato stesso. Un’affermazione mi ha colpito, in particolare. Scrive Maurizio Andriolo: “Il sindacato è certamente un soggetto politico. ”. Gli chiedo di rimando: sei sicuro che lo sia ancora? Perché lo è stato certamente in passato, ma ora mi sembra che non abbia più alcuna voce in capitolo. In nessun capitolo. I governi - non a caso uso il plurale - appaiono del tutto disinteressati ai problemi dell’informazione, se per informazione si intende il ruolo indipendente, rispettoso della deontologia, al servizio dei lettori che il giornalista “deve” (dovrebbe) svolgere. Sono interessati, gli editori, alle provvidenze sull’editoria. Esibiscono le tessere di appartenenza partitica (o di area). Scambiano i gadget con le notizie. Vendono le notizie per ottenere - o non perdere - la pubblicità. Ma qualcuno di noi ha mai letto una critica alla nuova collezione di un guru della moda? Ha mai visto “bocciare” una nuova automobile, super-lanciata in tv e sulla carta stampata? I giornalisti sono diventati l’optional indispensabile degli editori. Essendo optional non meritano particolare attenzione, essendo indispensabili devono avere un contratto su “misura”. Degli editori, naturalmente. E infatti i giornalisti non riescono ad avere un contratto che tuteli la professionalità, la possibilità di scrivere quello che hanno visto (se non è in linea. ). Ad ogni rinnovo, dieci passi indietro. Per i molti che rifiutano di essere asserviti - e non hanno nomi altisonanti con stipendi adeguati -, la vita è guerra continua. Però, dobbiamo essere onesti. Difficile ottenere rispetto se neppure noi rispettiamo noi stessi e la nostra professione. Allora, abbiamo colleghi che fanno i giornalisti, commentano, moralizzano e intanto lavorano per i servizi segreti. E’ così difficile dire, a questi colleghi, che devono scegliere: 007 o giornalista. Ingannare, strumentalizzare il lettore per un non ben identificato “bene superiore della Patria” (di personalissima interpretazione) è inaccettabile per tutta la categoria. Ancora. Ci sono aspiranti giornalisti che accettano compromessi di questo tipo: scrivono gratis (o quasi) per un giornale, ricevono alla fine del mese un assegno a loro nome, vanno in banca e lo cambiano, poi riportano i contanti al loro “editore” forse trattenendo pochi euro. La mancia. In cambio, dopo due anni o più, la dichiarazione per ottenere l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti, elenco pubblicisti. (Storia vera, riportata dal segretario della Federazione della Stampa). Chi spiegherà a questo qualcuno che la dignità è il fondamento della professione? Che non esiste dignità accettando di fare il tappetino? Al momento mi fermo qui. Dicendo a Maurizio Andriolo che ha ragione quando sostiene che un sindacato che non cresce rischia di condurre la categoria a un rapporto più individualistico e più servile con gli editori. Ma aggiungo: un sindacato per crescere deve essere coraggioso, al suo interno e all’esterno. Io, da parecchio tempo, di coraggio ne vedo proprio poco. (A proposito, coraggio non è sinonimo di ideologia). Il che mi porta a riflettere sull’essenza del sindacato e sul suo futuro. Ma questo è un argomento che merita di essere trattato a parte. Mariagrazia Molinari . |
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