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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Settembre 2006
 
   
  1° OTTOBRE: GIORNATA MONDIALE DI SENSIBILIZZAZIONE DELL’EPATITE PARTE LA CAMPAGNA ‘L’EPATITE C’È’ PER FAVORIRE LA DIAGNOSI PRECOCE DELL’EPATITE C

 
   
  Milano, 25 Settembre 2006 - Al via il 1° Ottobre, in occasione della Iii Giornata Mondiale di sensibilizzazione sulle epatiti (World Hepatitis Awareness Day), la campagna informativa ‘L’epatite C’è’. La campagna, firmata da Epac Onlus, l’associazione italiana di pazienti e medici impegnati nella lotta contro questa malattia, con il sostegno di Roche, ha l’obiettivo di promuovere la diagnosi precoce dell’epatite C (virus Hcv). Infatti, se l’infezione da epatite C non è curata tempestivamente, può avere serie conseguenze per il fegato, come la cirrosi, l’insufficienza epatica, fino al tumore. In Italia si stimano ogni anno oltre 10. 000* decessi a causa delle complicanze dovute alla malattia, un dato significativo se confrontato, per esempio, ai circa 500 decessi causati dall’Aids (virus Hiv)**. La campagna prevede l’attivazione di un numero verde 800. 90. 37. 22 (attivo dal 2 Ottobre) al quale ogni cittadino potrà richiedere maggiori informazioni sulla patologia, dal punto di vista sia scientifico che legale; la distribuzione di opuscoli informativi (con informazioni sull’epatite C, le modalità di trasmissione del virus, i fattori di rischio, etc. ) a bordo dei treni nazionali e regionali. L’associazione mette inoltre a disposizione del pubblico anche il sito www. Epac. It e l’indirizzo di posta elettronica info@epac. It. La campagna verrà inoltre pianificata sulle pagine di quotidiani nazionali e locali. “Queste attività - spiega Ivan Gardini, Presidente di Epac Onlus, da anni impegnato in campagne informative per diffondere la conoscenza dell’epatite C e nell’assistenza ai pazienti - hanno lo scopo di informare i cittadini dell’esistenza di gruppi a rischio che hanno maggiore probabilità di avere contratto il virus, sviluppato un’infezione e conseguente malattia, spesso silente per anni. L’obiettivo è, dunque, quello di invitare le persone a rivolgersi al proprio medico qualora si riconoscano nelle categorie segnalate nel materiale informativo. ” Il contagio da infezione da Hcv avviene attraverso il sangue: sono quindi a rischio tutte le persone che per diversi motivi possono aver usato strumenti infetti, come aghi e siringhe riutilizzabili - si pensi alle siringhe di vetro in uso anni fa per le iniezioni o allo scambio di siringhe tra tossicodipendenti - oppure hanno subìto trasfusioni di sangue e di plasma-derivati prima del 1990, quando ancora non era obbligatorio lo screening sulle sacche di sangue trasfuso. Anche gli interventi odontoiatrici e quelli invasivi in ospedale possono fungere da vettori di infezione così come gli strumenti con cui vengono praticati il piercing, i tatuaggi, l’agopuntura e, in generale, tutti gli oggetti di uso sanitario o domestico che possono provocare ferite anche lievi, come forbici, rasoi, spazzolini e tagliaunghie, se non opportunamente sterilizzati. “La diagnosi precoce è di fondamentale importanza sia per ridurre la trasmissione del virus sia per favorire il successo della terapia: la cura dell’epatite C è, infatti, tanto più efficace quanto più è tempestivo il trattamento terapeutico, che ha maggiore possibilità di successo se effettuato in assenza di complicanze per il fegato e in giovane età. ” – afferma il professor Massimo Colombo, Ordinario di Gastroenterologia e Direttore della Divisione di Gastroenetrologia, Fondazione Irccs Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano. La cura dell’infezione cronica da Hcv si basa sull’interferone pegilato associato a ribavirina. Tale combinazione consente a oltre la metà dei pazienti di negativizzare il virus a lungo termine e quindi di bloccare la progressione della malattia; tra l’altro la pegilazione, una modifica chimica applicata all’interferone, ha caratterizzato il trattamento con una maggiore durata d’azione, una migliore tollerabilità, permettendo una maggiore aderenza alle terapie: l’interferone pegilato può essere, infatti, assunto solo una volta alla settimana, tramite iniezione cutanea, contro le tre 3 volte dell’interferone standard, con un vantaggio evidente per il paziente. “Il trattamento tempestivo della malattia – continua Colombo - favorisce un miglior decorso della stessa. Per questo ogni sforzo deve essere fatto per riconoscere precocemente l’infezione e in questo possono essere di grande aiuto i medici di medicina generale nello scrutinio dei pazienti che per comportamento e storia famigliare hanno più probabilità di avere un’infezione da Hcv. ” Il trattamento precoce, quando cioè il danno epatico non è ancora conclamato, può essere di aiuto anche per migliorare la qualità di vita dei pazienti, come evidenziano recenti studi. “La scoperta di essere portatori di un virus potenzialmente trasmissibile e la paura di essere stigmatizzati sia in famiglia sia in società, sono di per sé fonte di un disagio profondo, soprattutto nei primi anni successivi alla diagnosi e indipendentemente dall’esistenza di danno epatico. ” - spiega Carmen Vandelli, Dipartimento integrato di Medicina e di Specialità Mediche, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Azienda Ospedaliero - Universitaria di Modena. “A questo, in alcuni pazienti Hcv-positivi, si possono aggiungere sintomi psichici come annebbiamento mentale e problemi di memoria che incidono, in vario grado, sulla vita quotidiana. I risultati di alcuni studi basati sulla risonanza magnetica portano a ipotizzare che ci sia un meccanismo virale diretto nell’insorgenza di questi disturbi neuropsichici. La terapia per l’eradicazione del virus potrebbe dunque avere effetto anche sulla qualità di vita, indipendentemente dal fatto che il danno epatico sia già in corso”. .  
   
 

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