|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Martedì 10 Marzo 2009 |
|
|
  |
|
|
I CONFINI DELL´UNIONE EUROPEA
|
|
|
 |
|
|
Roma, 10 marzo 2009 - Il processo di integrazione europea, nato con la Dichiarazione di Schuman del 9 maggio 1950,è stato fin dalle origini aperto all´insieme dei paesi dell´Europa occidentale al contrario della cooperazione economica europea promossa dal Piano Marshall che si era rivolta inizialmente - prima del niet di Molotov - a tutti i paesi del continente europeo ivi compresa la Russia. Si sa che il Regno Unito si oppose due volte alla natura sovranazionale dell´integrazione europea, prima in occasione della creazione della Ceca e poi alla vigilia dei negoziati che portarono ai trattati di Roma, preferendo promuovere nel 1959 l´inconsistente Associazione europea di libero scambio (in inglese Efta - European Free Trade Association) alla quale aderì anche il Portogallo fascista insieme all´Austria, la Danimarca, la Norvegia, la Svezia e la Svizzera e - solo successivamente - la Finlandia e più tardi l´Islanda. Dalla sua creazione ad oggi, le Comunità europee prima e l´Unione europea poi hanno fatto fronte a ben ventotto domande di adesione (Regno Unito, Danimarca, Irlanda, Norvegia per ben due volte, Grecia, Portogallo, Spagna, Marocco, Svizzera, Austria, Finlandia, Svezia, Malta, Cipro, Lettonia, Lituania, Estonia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Slovenia, Bulgaria, Romania, Turchia, Croazia e l´ex-Repubblica Iugoslava di Macedonia) ed in più di quaranta anni ventuno candidati sono entrati a far parte della famiglia comunitaria. Se volete navigare sul sito "allargamento" della Commissione europea, scoprirete che insieme ai candidati con i quali sono in corso o debbono iniziare negoziati di adesione (Croazia, ex-Repubblica Iugoslava di Macedonia e Turchia), le istituzioni europee considerano candidati potenziali tutti gli altri paesi dei Balcani: Albania, Bosnia-erzegovina, Montenegro, Serbia ed anche il Kosovo in base alla risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo l´esplodere della crisi finanziaria, anche l´Islanda ha preannunciato una sua domanda di adesione e si sa che una parte della classe politica della Svizzera non esclude che la domanda di adesione, mai ritirata ufficialmente, possa un giorno essere ripescata negli archivi della Commissione. Nel proporre al Consiglio e al Parlamento europeo l´idea di una nuova politica di prossimità,la Commissione Prodi avrebbe voluto che le istituzioni europee dicessero con chiarezza che l´Unione europea avrebbe dovuto comprendere tutti i paesi appartenenti ai Balcani ma che i suoi confini politici ed istituzionali a nord, a sud, ad est e ad ovest avrebbero dovuto chiudersi dopo l´adesione dell´ultimo di questi paesi. Né il Consiglio né il Parlamento europeo hanno voluto seguire l´approccio della Commissione Prodi e così è nata la politica europea di vicinato che non esclude esplicitamente la possibilità che un domani anche l´Ucraina o la Bielorussia o la Moldavia ma anche i paesi caucasici (Armenia, Azerbajan e Georgia) possano in un lontano futuro chiedere di entrare nella famiglia comunitaria. Del resto e per concludere questa panoramica sulle potenzialità di ampliamento dell´Unione europea, si sa che il primo ministro Berlusconi propugna l´idea dell´adesione della Russia e che il partito radicale transnazionale sostiene l´opportunità dell´adesione di Israele. Volendo attenersi alle effettive potenzialità politiche di ampliamento dell´Unione europea, sappiamo che i negoziati di adesione della Croazia dovrebbero concludersi quest´anno e che le procedure di ratifica nei ventotto paesi (i 27 e la Croazia) dovrebbero terminare nel 2010 in modo da permettere a Zagabria di entrare nella famiglia comunitaria all´inizio del 2011. I negoziati con la ex-Repubblica Iugoslava di Macedonia sono politicamente e tecnicamente più complicati come è dimostrato dallo scioglilingua del nome al quale dobbiamo sottometterci per non urtare le suscettibilità greche. Ancora più complicate sono le previsioni per i negoziati di adesione con la Turchia dove le istituzioni europee hanno puntigliosamente voluto ribadirne la natura open ended e cioè il fatto che non si sa quando e come essi si concluderanno. Quel che è certo nelle opinioni dei 27 è il principio secondo cui "il futuro dei Balcani è nell´Unione europea" con la prospettiva di riunificare in un´unica famiglia tre ceppi linguistici (slavo, anglo-sassone, latino) che sottendono tre ceppi culturali ed anche le tre anime della religione cristiana (protestante, ortodossa e cattolica) le cui prospettive ecumeniche accelerate dal 1958 con Giovanni Xxiii ed il Concilio Vaticano Ii fino al pontificato di Giovanni Paolo Ii sono state frenate da Benedetto Xvi e dalla sua teologica convinzione che le greggi cristiane debbono sottomettersi al Pastore di Roma. L´unificazione europea fino ai Balcani non risolve il problema dei confini istituzionali e politici dell´integrazione comunitaria, un problema che non è mai stato affrontato seriamente né dai governi europei né in talune occasioni storiche sfumate per la mancanza di visione delle classi politiche nazionali. Così è stato quando si sono riunite a Praga il 13 giugno 1991 le assise per la confederazione europea su invito di Vaclav Havel e François Mitterrand per dare una risposta al problema dell´unificazione europea dopo la fine dell´imperialismo sovietico e così è stato dieci anni dopo quando si è riunita a Bruxelles la Convenzione sull´avvenire dell´Europa presieduta da Valéry Giscard d´Estaing. François Mitterrand aveva precisato a Praga un´idea di Europa frutto di una visione solitaria ma efficace - che aveva già esposto nel suo discorso televisivo del 31 dicembre 1989 - nella quale il presidente francese immaginava un´ampia confederazione al cui interno avrebbe dovuto nascere una federazione europea. Una visione certo più efficace e suggestiva dell´ossimoro deloriano della Federazione degli Stati-nazione . Mitterrand non fu sciaguratamente ascoltato dai dodici governi delle allora Comunità europee mentre Giscard d´Estaing non ebbe dieci anni dopo la forza e la volontà di aprire un dibattito forse dirompente in una Convenzione nella quale siedevano non già banchieri e funzionari (come disse scioccamente qualcuno dopo il "no" francese e olandese alla costituzione europea) ma deputati europei e nazionali, ministri degli esteri, commissari europei e rappresentanti dei partner sociali. La polemica fra allargamento e approfondimento (enlarging or deepening) è antica come i primi negoziati di adesione iniziati più di quaranta anni fa. Non abbiamo il diritto di frenare i negoziati di adesione con i Balcani così come andremmo contro gli interessi europei se bloccassimo oggi i negozati con la Turchia. Abbiamo tuttavia il dovere di dare una risposta alle critiche che i cittadini europei rivolgono alle istituzioni nazionali ed a quelle europee, le une e le altre incapaci di trovare una soluzione a problemi di dimensione transnazionale. Il problema di un efficace e democratico governo dell´Europa non può essere risolto né hic et nunc né dal Trattato di Lisbona perché troppo distanti sono le visioni dell´avvenire dell´Europa come ci ha ricordato il Presidente Napolitano nel suo discorso davanti all´Università Humboldt di Berlino. Speriamo che il nuovo Parlamento europeo eletto nel prossimo giugno trovi l´immaginazione, la volontà politica e gli strumenti per aprire finalmente un´ampia discussione sui confini politici ed istituzionali dell´Unione europea. Pier Virgilio Dastoli - Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea. . |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|