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Notiziario Marketpress di Venerdì 13 Marzo 2009
 
   
  TRIESTE: 26 DONNE. 26 OPERE RASSEGNA D’ARTE NELL’AMBITO DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE LA DONNA NELL’ARTE INDETTA DAL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

 
   
  Collettiva d’eccezione all’Archivio di Stato di Trieste: venerdì 13 marzo 2009 alle ore 18 s’inaugura in tale sede la rassegna intitolata Trieste. 26 donne. 26 opere, realizzata nell’ambito della manifestazione La donna nell’arte indetta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e promossa dall’Archivio di Stato di Trieste, diretto da Grazia Tatò, e dal Soroptimist Club del capoluogo giuliano. Curata da Marianna Accerboni, la mostra propone una selezione di 26 artiste triestine, tra le più rappresentative in ambito professionale, attive a Trieste e altrove soprattutto dalla seconda metà del novecento a oggi, con l’intento di offrire uno sguardo approfondito sulla creatività al femminile riferita a questa città e ai molteplici ambiti in cui essa si espresse: dalla pittura a olio alla tecnica mista, dall’incisione alla fotografia, dall’illustrazione alla fiber art, al costume e all’abito d’arte e al giornale d’artista, testimoniati da un’ opera di grandi dimensioni per ciascuna autrice. L’esposizione - scrive Accerboni - prende idealmente avvio dal raffinato linguaggio surreale di Leonor Fini, presente con un’opera di grande suggestione, ”Luna”: pur attiva a Parigi per gran parte della propria vita, la grande pittrice, nota a livello internazionale, rimase tuttavia sempre legatissima a Trieste, dove aveva trascorso l’infanzia e la prima giovinezza, frequentando i migliori artisti, tra cui Arturo Nathan e Carlo Sbisà, e l’intellighenzia cosmopolita dell’epoca. Il percorso espositivo prosegue con un ampio sguardo dedicato alla sperimentazione pittorica condotta con grande passione da un nutrito gruppo di pittrici. Caposcuola di numerosi artisti, di cui è stata generosa insegnante, è Alice Psacaropulo, presente con una significativa e originale opera ispirata a Mahler. E fra le sue più brillanti allieve incontriamo Annamaria Ducaton, dall’intensa vis surreale. Un’altra importante figura del milieu artistico triestino è Mirella Schott Sbisà, che per quasi quarant’anni ha insegnato con successo a generazioni di artisti l’arte incisoria alla Scuola dell’Acquaforte Carlo Sbisà e che espone un’opera pittorica di sobrio e luminoso gusto novecentista. E di un incantato novecentismo, filtrato attraverso la poetica neorealista, è anche l’olio, raffinato e calibrato nel colore, di Tiziana Fantini. Alla presenza della Sbisà possono essere accostate quella di Graziella Petracco, che fu sua allieva e che è stata un’importante e puntuale interprete dell’arte incisoria nella Trieste del secondo novecento, e quella di Nelda Stravisi, essenziale e intensa narratrice, attraverso pittura e calcografia, dei segreti e dei silenzi della terra, degli arenili e delle rocce. La rassegna prosegue secondo versanti diversi: da una canto la sperimentazione d’avanguardia, onirica, cromaticamente accesa e ricca di fantastiche e inaspettate soluzioni, condotta dagli anni cinquanta ai settanta da Miela Reina, presente con un olio giovanile, ancora figurativo, di grandi dimensioni; dall’altro la narrazione essenziale, coinvolgente nella sua cristallina chiarezza e per il suo fascinoso, giocoso incedere vicino all’immaginario di matrice nordica, di Nicoletta Costa, scrittrice e illustratrice di libri per ragazzi, la cui fama ha superato da tempo i confini nazionali. Illustratrice di alto livello per le più note case editrici nazionali è anche Megi Pepeu, che per l’infanzia scrive spesso pure i testi, che illustra con sintesi vivace e pittorica: una scelta espressiva, quest’ultima, presente anche nella decorazione per arredi navali, pubblici e privati, nella grafica pubblicitaria e d’arte, mentre la pittura ci conduce verso un sogno raffinato, lievemente metafisico e surreale, coinvolti da un segno ardito e incisivo. Miela Reina figura intensa e complessa, considerata da Gillo Dorfles la personalità artistica triestina più significativa del Xx secolo, aprì nel capoluogo giuliano - con la sua ricerca condotta assieme al gruppo Raccordosei e grazie all’ insegnamento antitradizionale svolto all’Istituto d’arte Nordio - la strada a una libertà nuova in ambito pittorico, scenografico e progettuale: un messaggio che è stato raccolto con sensibilità e interesse dalle artiste (e dagli artisti) che, anche di poco, le sono succeduti. E non va certo dimenticata la poliedrica Lilian Caraian, pittrice capace di sperimentare in tale ambito molteplici linguaggi, nonchè musicista, poetessa e co-fondatrice del gruppo Raccordosei assieme alla Reina, Cogno, Chersicla, Palcich e Perizi. Lo studio innovativo della forma e del colore sono stati sperimentati con una forte attenzione alla valenza della luce e nel contempo a quella del segno, da un gruppo di pittrici, individualmente presenti in mostra, che hanno saputo affrontare con serietà e coinvolgente impegno, nel secondo novecento, l’esigenza del rinnovamento del linguaggio. Così Franca Batich ha fantasticamente svolto fino a oggi il tema della vita attraverso una tecnica raffinatissima e molteplice, che assembla con istinto elevato materiali diversi e leggeri per ricomporre un racconto interiore ricco, originale e diversificato. Seguendo uno schema libero e a volte audace, Gabry Benci rifonda la realtà con originale e meditato estro fantastico e accentuata sensibilità per la luce e per il colore, inventando spazi e tempi nuovi e diversi, attraverso i quali guarda con finezza a un orizzonte lontano. Con parità d’intenti opera Olivia Siauss, che interpreta il paesaggio animandolo di un intenso intreccio cromatico, modulato mediante un segno deciso, con cui l’artista esprime la propria ricerca nei confronti di una natura generosa di suggestive emozioni. Nora Carella, nota fino a oggi come la pittrice dei personaggi, risolve invece abilmente, attraverso liquide velature e trasparenze di luce d’inclinazione postimpressionista e talvolta neoromantica, il paesaggio d’acqua e la natura morta di vetri e di fiori. Felicita Frai (al secolo Felice Frajova) - pittrice praghese di nascita ma italiana d’adozione, dallo stile colto di matrice lievemente decadente, che giunse bambina a Trieste e vi ritornò giovanissima, scegliendo di rimanervi - è invece presente con uno dei ritratti di donne-bambine che l’hanno resa famosa: un mondo femminile, sensuale senza graffiare, definito dall’amico poeta Raffaele Carrieri “. Fuori dall’ipocrisia, dalla decadenza. In una zona neutra e pacificatrice, nella quale ciascuna è complice di se stessa”. Una sorta di assolo è rappresentato dalla poetica di Elettra Metallinò, pittrice e incisore di origine greca, autrice di un linguaggio denso e personalissimo, che parafrasa attraverso episodi e scene simboliche, intense di colore e di pathos, il male oscuro di vivere. Ama il teatro Alice Gombacci, che spesso ricorre all’iperbole formale e cromatica per rappresentare, fin sul limitare del grottesco, il mondo borghese e non, con un segno coraggioso e inconfondibile. Lo sguardo sulla sperimentazione pittorica condotta a Trieste dall’emisfero artistico femminile prosegue con la testimonianza di Raffaella Busdon, capace d’interpretare il reale, sostenuta da un’ineccepibile preparazione accademica e professionale, secondo degli intensi stilemi espressivi, che scavano nel soggetto ritratto e nella storia dell’arte con originalità e consapevolezza, secondo i crismi di un espressionismo percepito nel senso più lato del termine. Lo sguardo sull’avanguardia incontra l’opera di Fabiola Faidiga, artista sensibilissima e originale, dotata di una vis creativa al di là del consueto, presente con un’installazione sobria e coinvolgente, in cui il tratto lievemente ludico si sposa con la tenerezza. Rossana Longo, la più giovane delle pittrici presenti, espone la sua più recente maniera: un paesaggio in cui, al talento naturale e all’elevata capacità tecnica (acquisita in anni di studio in diverse città italiane, dove ha frequentato prestigiose accademie e scuole di pittura, affresco e incisione) s’intreccia una rinnovata libertà del gesto e del pensiero. La rassegna si conclude idealmente - last but not least - con una sezione dedicata alla ricerca sperimentale nell’ambito del tessuto e dell’abito d’arte, condotta a Trieste a partire dai primi anni trenta da Anita Pittoni, fino alle più recenti creazioni del duemila nel campo della fiber art. Viene perciò esposto un prezioso capo unico, disegnato ed eseguito all’uncinetto per la fotografa Wanda Wulz proprio dalla Pittoni, artista e intellettuale triestina molto nota e celebrata per le sue creazioni di moda, per il suo salotto letterario e per lo Zibaldone. Allieva e grande amica della Wulz fu Alice Zen, che espone invece un lavoro fotografico d’intrigante ispirazione surreale e fantastica, in cui il gioco di rimandi tra specchi e superfici dorate riflettenti si esprime in una fascinazione neobarocca. Interessante e molto originale appare la creatività di Lydia Predominato, protagonista di livello internazionale nell’ambito della fiber art, che porta avanti da decenni un’appassionata ricerca dedicata al linguaggio creativo della fibra e del tessuto, di cui conosce ed esplora le più intime valenze e sfumature. A tale espressività può essere accostato il Giornale d’artista di Emanuela Marassi, nel quale l’autrice, che fu allieva di Augusto Cernigoj e la cui attività ha preso avvio dall’arte applicata dell’intarsio, “intarsia” appunto di parole, memorie e segni la carta di riso e il tulle: un ricamo della mente, declinato spesso in modo ineffabile sullo sfondo di un sogno lieve, a volte sul filo del gioco e dell’ironia, secondo un’affascinante femminilità che fa da il filo conduttore all’itinerario artistico di Marassi nel mondo dell’arte contemporanea. Ad Anita Pittoni la Cooperativa Cassiopea Teatro dedica infine - conclude Accerboni - un raffinatissimo e laborioso abito / installazione in corda tinta e lana nere di grande suggestione, che rimanda ai tessuti realizzati all’uncinetto e a ferri dalla stessa Pittoni. .  
   
 

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