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Notiziario Marketpress di Giovedì 19 Marzo 2009
 
   
  CITTADINI MIGRANTI, QUANDO LA STAMPA È RAZZISTA UN MODELLO INTERPRETATIVO DA RIPENSARE PER IL GIORNALISMO ITALIANO PRESENTATA LA RICERCA “L´IMMIGRAZIONE NEI MEDIA ITALIANI”

 
   
  Firenze, 19 marzo 2009 - Clandestino, extracomunitario, vu cumprà, zingaro. Parole da mettere al bando, perché hanno una forte accezione negativa e non permettono all´opinione pubblica di esercitare un dibattito culturale libero da pregiudizi nell´epoca delle migrazioni di massa. Clandestino ad esempio evoca segretezza, una vita condotta nell´ombra, ovvi legami con la criminalità, mentre invece si tratta semplicemente di una persona con il visto scaduto o in attesa di permesso di soggiorno, oppure di qualcuno che fugge da una guerra e richiede asilo. Una grossa responsabilità nel perpetuare questa modalità “scorretta” è del giornalismo e dei mezzi di informazione di massa. Lo dimostra la ricerca “L´immigrazione nei media italiani” - curata da Anna Meli della Ong Cospe e da Carlo Sorrentino, docente della facoltà fiorentina di Scienze politiche - presentata ieri a Firenze all´interno al convegno “Immigrati, risorsa scoperta” organizzato dalla Regione Toscana. La ricerca ha analizzato 118 articoli apparsi sulle testate Corriere della Sera, La Repubblica, La stampa, Qn, Il Giornale e Il Sole 24 Ore. Fatta eccezione per Il Sole 24 ore, che preferisce trattare il tema dell´immigrazione con un taglio che mira a sostenere l´integrazione dei migranti, uno dei temi più trattati è quello del terrorismo. Dall´analisi degli articoli si evidenzia una tendenza verso una stigmatizzazione del mondo islamico, ridotto ad una categoria uniforme e stereotipata che tende ad assecondare e sostenere il pregiudizievole binomio islam-terrorismo. Nello specifico un fatto isolato - l´arresto di un presunto terrorista - ha dato adito ad una serie di generalizzazioni sulla religione musulmana e sul fanatismo dei suoi fedeli, spesso rifacendosi al cosiddetto “razzismo differenzialista”, uno schema interpretativo che lascia intendere che ogni musulmano & egrave; un integralista e quindi terrorista potenziale, incapace di integrarsi in una cultura diversa e per questo la sua lealtà nei confronti del paese d’accoglienza non può essere che dubbia. Tra i titoli apparsi sui quotidiani su citati la ricerca segnala: «Amato: Pronti a colpire. Più controlli nelle moschee sulle attività terroristiche», «Troppi fanatici Italia, attenta» «La lega musulmana: È vero allarme», «Cercano di radicarsi, occorre prevenire l´infezione». Appare evidente, secondo gli estensori della ricerca, la contrapposizione “noi/loro”, “italiano/straniero”, ecc. L’enfasi sull’Italia paese accogliente e “italiani brava gente” porta ad essere molto più cauti quando un italiano compie un atto al di fuori del lecito e a cui può essere attribuita una matrice razzista. La ricerca evidenzia anche come nella costruzione de lle notizie la provenienza straniera degli autori di reato – anche se presunta – è sempre sottolineata, mentre quando il reato viene subito da persone immigrate il ricorso alla provenienza nazionale o “etnica” nella denominazione cala drasticamente. Un altro dato che salta facilmente all’occhio è la presenza piuttosto rara della voce dell’immigrato, sia in qualità di autore di articoli, sia in qualità di semplice persona interpellata sui fatti (la cosa è tanto più sorprendente se si tiene conto che quelli monitorati sono tutti articoli che riguardano direttamente e in primo luogo cittadini immigrati). Sono soprattutto gli italiani gli attori sociali a cui viene data la parola. .  
   
 

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