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Notiziario Marketpress di Venerdì 27 Marzo 2009
 
   
  BUGATTI INTERNATIONAL MEETING MAREMMA - TOSCANA 23 - 30 MAGGIO 2009 UN OMAGGIO ALLA PIÙ RAFFINATA TECNOLOGIA: IL MUSEO BUGATTI SULLE STRADE DELLA MAREMMA

 
   
  Maremma, maggio 2009: l’unico posto al mondo dove sarà possibile ammirare più di trenta diversi modelli di Bugatti, con differenti versioni e allestimenti nei 130 esemplari che parteciperanno all’incontro internazionale in occasione dei 100 anni della Casa fondata in Alsazia nel 1909 dal milanese Bugatti. Ettore Bugatti è passato alla storia non solo come geniale tecnico, ma anche come artista della meccanica, un creatore e anticipatore con la mente sempre rivolta al futuro. Le sue vetture da corsa e le sue regali berline sono considerate autentici capolavori, ciascuno dei quali è un pezzo unico di precisione tecnologica, proprio come un cronografo di grande scuola. L’eccellenza del marchio Bugatti si ritrova anche nei loghi che sostengono il Bugatti International Meeting: Chopard, la firma ginevrina che produce - tra l’altro - cronometri a tema automobilistico, e Metra, l’azienda bresciana specializzata nella lavorazione dell’alluminio che, tra la sua produzione tecnicamente all’avanguardia, contempla sofisticati componenti per la costruzione di veicoli. Per gli appassionati di tecnica e storia dell’automobile, il passaggio delle 130 Bugatti rappresenterà un’irripetibile opportunità per osservare da vicino, tutta insieme, gran parte della produzione caratterizzata dal radiatore a ferro di cavallo. Un museo a cielo aperto, fruibile da tutti, che racconterà una storia lunga cent’anni, fatta di successi, tracolli e rinascite. Bugatti International Meeting Maremma – Toscana 23 – 30 Maggio 2009 Programma Provvisorio
Sabato 23
15. 00 – 19. 00 Accoglienza dei partecipanti al “Villaggio Bugatti” presso l’hotel Roccamare a Castiglione della Pescaia
19. 30 Welcome cocktail
20. 30 Cena al Villaggio Bugatti
Domenica 24
9. 30 Partenza dal Villaggio Bugatti
10. 30 Parco archeologico di Roselle – visita alla città etrusca (Vii sec. A. C. )
12. 30 Tenuta Col d’Orcia – visita alle cantine e “déjeuner sur l’erbe”
17. 00 Rientro al Villaggio Bugatti
20. 30 Cena al Villaggio Bugatti
Lunedì 25
9. 30 Partenza dal Villaggio Bugatti
10. 30 Alberese – Parco Regionale della Maremma
12. 30 Castello Colle Massari – visita al castello, alle cantine e pranzo a buffet
16. 30 Rientro al Villaggio Bugatti
20. 00 Tenuta La Badiola - cena alla Trattoria Toscana
Martedì 26
Giornata libera – varie alternative suggerite
18. 00 Punta Ala – Cocktail al Castello
Di seguito, riportiamo una breve storia della Bugatti e del suo fondatore, nonché le schede tecniche dei modelli partecipanti al Bugatti International Meeting. Bugatti: Cenni Storici Anche se la Bugatti è considerata una Casa francese, nel 1909, fu fondata da un italiano in … Germania. Senza trasferirsi da Molsheim, la Casa di Ettore Arco Isidoro Bugatti - che mai rinunciò al passaporto italiano - cambiò nazionalità quando l’Alsazia e la Lorena passarono alla Francia, dopo la Prima Guerra Mondiale, in seguito al Trattato di Versailles del 1919. La storia di Bugatti, considerato uno dei più grandi geni creativi tra i progettisti di automobili, prese il via il 15 settembre 1881, quando Ettore nacque a Milano, figlio di Teresa Lorioli e Carlo Bugatti, noto designer di mobili e gioielli, e nipote di Giovanni Luigi Bugatti, scultore e architetto. Oltre al nonno, anche suo fratello fu artista di fama, scultore e pittore, predestinato già dal nome impostogli dai genitori: Rembrandt Bugatti, morto tragicamente nel 1916 a soli 31 anni. In età adolescenziale, dopo aver collaborato col padre all’attività di ebanista, Ettore s’iscrisse all´Accademia di Brera, frequentando lezioni di scultura e pittura, secondo le inclinazioni di famiglia: ben presto, lo smisurato interesse di Ettore per la meccanica ebbe il sopravvento e, a 17 anni, abbandonò Brera. Le sostanziali modifiche apportate a un triciclo a motore, fabbricato dall’ingegner Prinetti e dall´industriale Stucchi, convinsero quest’ultimo ad assumerlo come apprendista nella loro officina milanese. Le sue doti di progettista autodidatta apparvero subito evidenti, in virtù della realizzazione di un triciclo, con due motori monocilindrici accoppiati, che rappresentò il maggior successo della Prinetti & Stucchi: per alcuni, questa potrebbe essere la Bugatti Tipo 1. Alla guida di questo veicolo a tre ruote, Ettore Bugatti vinse una delle prime competizioni automobilistiche italiane, la Verona-brescia-mantova-verona, a quasi 40 km/h di media; si può affermare che - per quanto inconsciamente - il giovane Ettore sia stato l’ispiratore di altre grandi corse: quel 14 marzo 1899 è ricordato dai bresciani come l’occasione in cui, per la prima volta, assistettero all’apparizione di un veicolo da corsa. Nello stesso anno, palesando doti di buon pilota, Bugatti vinse la Pinerolo-torino e la Padova-treviso, in entrambe le occasioni alla guida di una De Dion Bouton. Nel 1901, grazie all´aiuto finanziario del padre Carlo e della famiglia Gulinelli di Ferrara, Bugatti approntò una vettura (la Tipo 2) che conseguì la medaglia d´oro alla Mostra internazionale di Milano. Questo premio attirò l’interesse del barone tedesco Eugène De Dietrich, che gli offrì un posto da progettista nella sua fabbrica di automobili. A firmare il contratto fu papà Carlo, perché Ettore non era ancora maggiorenne. Nel 1902, il giovane Bugatti si trasferì quindi a Niederbronn, in Alsazia (all’epoca territorio tedesco) ad una cinquantina di km a nord di Strasburgo, dove aveva sede la De Dietrich, un gruppo industriale nato nel 1684 e ancor oggi attivo. Dal 1902 al 1904, Bugatti progettò alcune vetture, note come Dietrich-bugatti, i modelli Tipo 3, 4, 5, 6 e 7. Ma già nel 1904, la De Dietrich cessò la produzione automobilistica nello stabilimento di Niederbronn, trasferendola agli impianti di Lunéville, dove aveva sede la neonata Societé Lorraine des Anciens Établissements De Dietrich et Cie, trasformata poi in Lorraine-dietrich. Bugatti preferì accasarsi alle officine di Émile Ernest Mathis, a Strasburgo. Qui, nel nuovo stabilimento della Société Alsacienne de Construction Mécahanique, proseguì per circa tre anni l’attività di progettista. Sempre nel 1904, suo padre cedette il laboratorio di Milano, trasferendosi con la famiglia a Parigi, dove creò linee di mobili e casalinghi di lusso per alcuni grandi magazzini. Il 25 febbraio 1907, Ettore sposò Barbara Mascherpa, dalla quale aveva già avuto una figlia, Ébé Maria Teresa, nel 1903. Nell’agosto dello stesso anno nacque la loro seconda figlia, Lidia, in seguito apprezzata per i suoi schizzi ricavati dai bellissimi disegni dello zio Rembrandt. Il 1907 fu un anno di grandi cambiamenti per Ettore Bugatti: il primo settembre firmò per la Deutz, spostandosi con tutta la famiglia a Colonia, nel cuore della Germania. Impegnando tutto il suo tempo libero, di notte e di domenica, Bugatti costruì da solo una propria officina, ricavata nell’interrato nella sua casa nel quartiere di Muehlheim. Qui, nel 1908, Ettore realizzò il prototipo di una nuova e leggera vettura, mentre lavorava alla Deutz Ag, con l’incarico di direttore di stabilimento e progettista, alle dipendenze di Gustave Langen. Non potendo ancora attribuirle il suo nome, Bugatti la battezzò “Petit Pur-sang”, piccolo purosangue, a dimostrazione della sua grande passione per i cavalli: un’anticipazione di quello che diventerà il suo marchio di fabbrica, il radiatore a forma di ferro di cavallo. Il 15 gennaio del 1909, a Colonia, venne alla luce il primo figlio maschio dei Bugatti, battezzato Gianoberto, ma da tutti chiamato Jean. All’età di 28 anni Bugatti comprese che era giunta l’ora di mettersi in proprio: il 15 dicembre del 1909 lasciò la Deutz, tornando nell’amata Alsazia, pur non rinunciando alla nazionalità italiana, della quale andò sempre fiero. Nei pressi della cittadina di Molsheim, nella zona di Dorlisheim, poco più di 20 km a ovest di Strasburgo, Bugatti affittò gli edifici di un ex colorificio, utilizzando la cospicua liquidazione ricevuta dalla Deutz. Prima della fine dell’anno tutta la famiglia aveva fatto ritorno in Alsazia. Nacque così, ufficialmente, la Ettore Bugatti Automobiles, che iniziò l’attività il primo gennaio 1910. Mentre lavorava alla Deutz, il tecnico milanese aveva progettato le Tipo 8, 9 e 10; la sua produzione iniziale cominciò nel 1909 proprio con la Tipo 10, da cui prese spunto anche la prima vettura a portare il marchio Bugatti, la Tipo 13. Sulla T 13 apparve l’inconfondibile tipico radiatore a forma di ferro di cavallo, sormontato da un ovale rosso con la scritta Bugatti in bianco. Sin dall’inizio Bugatti si disse convinto che il progresso dell’automobile sarebbe stato determinato dall’attività sportiva. Per questo motivo centrò la sua produzione sulla costruzione di vetture da corsa, pur senza trascurare quelle da turismo. In verità, egli amava affermare che: «Le officine Bugatti non fabbricano auto da corsa; tutte le vittorie sono ottenute con modelli di serie». Ovviamente il prezzo era più che adeguato alla raffinatezza costruttiva. Dal 1911, la Bugatti schierò la Tipo 13 nelle gare più importanti, da Le Mans (non ancora 24 Ore) alla 500 Miglia di Indianapolis, senza troppa fortuna. Nello stesso anno Bugatti disegnò una vettura per la Peugeot, la 10-Hp Bébé. In pochi anni, la fabbrica di Molsheim si ingrandì: agli inizi del 1914 più di 200 operai producevano 75 veicoli al mese. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale - con l’Alsazia al centro del conflitto franco-tedesco - costrinse Bugatti a sospendere l’attività e a rifugiarsi a Milano. Quando, nel 1915, anche l’Italia entrò in guerra, Ettore si trasferì con la sua famiglia a Parigi, dove progettò motori per aeroplani commissionati da industrie italiane e francesi e, nel 1917, anche un 16 cilindri per l’esercito U. S. A. Al termine delle ostilità, dopo il Trattato di Versailles, i Bugatti tornarono in Alsazia, riaprendo la fabbrica e riprendendo la produzione della Tipo 13. I successi sportivi, che stentavano ad arrivare prima della guerra, finalmente si concretizzarono: nel 1920, una Tipo 13 con motore 16 cilindri conquistò il Gran Prix della Sarthe, a Le Mans; nel 1921, la Tipo 13 si aggiudicò i primi quattro posti al Gran Premio Vetturette di Brescia (successo che convinse Bugatti a imporre il nome della città lombarda ad alcune serie sportive delle sue vetture, forse anche ricordando la sua prima vittoria da pilota, nel 1899). I successi nelle gare contribuirono alla fama del marchio: Bugatti riuscì ad acquistare i terreni sui quali sorgeva la sua fabbrica; nel 1922 aprì un magnifico show-room sugli Champs-elysées a Parigi. Nel medesimo anno, il 23 agosto, Ettore e sua moglie Barbara ebbero un altro figlio, Roland Cesare. Le vendite del nuovo modello, il Tipo 30, ottennero ottimi risultati, con 600 esemplari venduti dal 1922 al 1926. L’auto che più di ogni altra rese celebre nel mondo il nome di Bugatti fu però la Tipo 35, entrata in produzione nel 1924: fino alla fine degli anni Venti le macchine dipinte di blu vinsero 2. 139 corse, un record rimasto imbattuto. Buona parte dei successi furono favoriti dall’adozione di un compressore, malgrado Ettore Bugatti l’avesse prima sempre osteggiato considerandolo troppo ingombrante per le sue eleganti vetture. Tra le vittorie da ricordare c’è la Targa Florio, dominata per cinque anni di fila: nel 1925 e 1926, con la T 35 di Meo Costantini, nel 1927 con la T 35 C di Emilio Materassi e, nel 1928 e 1929, con Albert Divo alla guida di una T 35 B e una T 35 C. Le Bugatti non primeggiavano tanto per la potenza o la velocità pura, quanto per il generale equilibrio del veicolo. Possedere una Bugatti divenne un obbligo mondano anche per i ricchi signori che non partecipavano alle gare. Sull’onda del successo, il costruttore italiano in Francia - che utilizzava come marchio per le sue vetture una “E” rovesciata e una “B”, le sue iniziali - iniziò a progettare vetture per regnanti e capi di stato, come la Tipo 41 Royale, con motore otto cilindri di derivazione aeronautica, da 12. 763 cc di cilindrata, che non incontrò il successo sperato. Nessuna delle sei Tipo 41 Royale costruite, tutte diverse di carrozzeria, fu mai acquistata da un re o un principe: il primato di vettura più costosa del mondo non giovò certo alla commercializzazione. Le mancate vendite della Royale furono compensate dal buon andamento di altri modelli, come la Tipo 44, prodotta in 1. 200 esemplari. La vena artistica e la stravaganza di Bugatti si manifestavano in diversi modi: faceva tutto da solo, progettava, dirigeva l´officina, gestiva la squadra corse, si occupava delle pubbliche relazioni, disegnava le locandine pubblicitarie e i propri mobili (eredità del padre), curava un allevamento di fox-terrier e possedeva scuderie di cavalli di altissimo livello. “Purosangue” e “Sangue di razza” erano termini che amava attribuire sia ai suoi cavalli, sia alle sue macchine, tanto da vestire sempre, in ogni occasione, con abiti da equitazione; indossava scarpe su misura, fatte confezionare con la sagoma delle dita dei piedi. Era proprietario pure di una piccola distilleria, dove produceva liquori «per gli amici e per me». In conseguenza della grande crisi economica del 1929 il settore automobilistico rallentò fortemente le vendite, tanto che Ettore Bugatti si dedicò alla progettazione per il settore ferroviario; nel 1932, decise quindi di delegare al figlio Jean - tra i pochi di cui accettava la collaborazione - la direzione della squadra corse e del reparto design. Fu un’ottima scelta perché Jean, pure lui geneticamente ispirato, si rivelò un designer geniale. Nel 1933 prese il via la produzione di treni e locomotori, sfruttando l’imponente meccanica ideata per la Royale, con gli enormi propulsori da dodici litri: Bugatti ne costruì 85, che restarono in uso in Francia fino agli anni Cinquanta. Sempre nel 1933, grazie anche all’impulso di Jean, ebbe grande clamore la vittoria ottenuta dalla Tipo 51 condotta da Achille Varzi al Gran Premio di Montecarlo, dopo un epico duello con l’Alfa Romeo 8C 2300 Monza di Tazio Nuvolari. Come accadeva dopo ogni successo, Ettore Bugatti fece issare sul pennone della fabbrica di Molsheim il vessillo tricolore: il terzo colore era però verde, quello della bandiera italiana. Poco dopo la metà degli anni Trenta i successi sportivi subirono un brusco rallentamento, e così come le vendite: la meccanica delle Bugatti, in confronto ai progressi delle marche italiane e tedesche, iniziava a essere troppo classica e obsoleta. A risollevare le sorti della Casa furono l´introduzione di motori a doppio albero a camme in testa sulle vetture e i buoni riscontri del settore ferroviario, che garantirono tranquillità finanziaria. Nuova spinta giunse anche dalla Tipo 57: buona parte della progettazione fu opera di Jean Bugatti. Una delle varianti più affascinanti da lui disegnata, la Atlantic T 57 Sc, presentata al Salone di Parigi del 1935, per la sua perfezione fu soprannominata “Cucita a mano”. Questa vettura è considerata il capolavoro di Jean Bugatti, oltre che una delle più belle automobili mai prodotte. La T 57, in versione sportiva, si rivelò anche una straordinaria auto da corsa, vincendo per due volte la 24 Ore di Le Mans: nel 1937 a trionfare furono Jean-pierre Wimille e Robert Benoit su una T 57 G modificata, con carrozzeria aperta e motore 8 cilindri da 3. 266 cc, che ottenne la media record di 136,997 km/h; nel 1939, nuovo record a 139,781 km/h di media, grazie alla T 57 C con motore sempre a 8 cilindri ma con cilindrata di 3. 251 cc, sovralimentato con compressore: al volante ancora Jean-pierre Wimille in coppia con Pierre Veyron. Quest’ultimo periodo di ripresa coincise purtroppo con l’inizio della fine del mito Bugatti, che avvenne pochi mesi più tardi, non solo a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. L’11 agosto 1939, provando la Tipo 57 vittoriosa a Le Mans su un rettilineo stradale nei pressi di Duppigheim, a 10 km dallo stabilimento di Molsheim, Jean uscì di strada per evitare un ciclista e morì a soli trent´anni. Ettore si rifugiò disperato nel suo ufficio; quando ne uscì per tornare a casa, prostrato, non si reggeva in piedi. A chi gli offriva aiuto, rispose: «Ognuno deve essere in grado di reggere il proprio peso, per grave che sia, sino al calar della notte». Qualche mese più tardi, nel castello di Saint Jean, residenza di famiglia, per Ettore si chiuse un altro capitolo: nell´aprile del 1940 morì suo padre Carlo, l’architetto diplomato a Brera, i cui pezzi di design vintage sono ancora ben quotati. L’avvento della guerra portò altri guai per Bugatti che, avendo conservato la nazionalità italiana, fu inquisito e si vide sequestrare la sua fabbrica. Nello stesso anno, Ettore si separò dalla moglie Teresa. Nonostante tutto, nel 1942, Ettore si risposò con Geneviève Dercuze, con la quale ebbe poi altri due figli, Therese, nata nello stesso anno, e Michel, nel 1945. Pierre Veyron, collaudatore della Casa assunto da Jean Bugatti, e Robert Benoit - i due vincitori di Le Mans - si unirono alla Resistenza francese contro l’occupazione nazista. Benoit fu giustiziato in un campo di concentramento e Veyron ricevette la più alta onorificenza francese, la Legione d’Onore. Curioso osservare che Veyron, piuttosto che per le sue vittorie in pista e il suo eroismo durante il conflitto, è oggi famoso perché i nuovi proprietari tedeschi della Bugatti hanno voluto dare il suo nome alla Bugatti Veyron del terzo millennio. Al termine del conflitto, gli impianti di Molsheim erano distrutti. Ettore Bugatti, tornato in Alsazia dall’Italia, fu accusato di collaborazionismo. Dopo un’estenuante battaglia legale, durata due anni, gli fu riconosciuta giustizia; nell’agosto 1947 riuscì a rientrare in possesso dell’azienda, solo pochi giorni prima di morire, mentre giaceva malato a Parigi. Nella capitale francese, causa i postumi di una brutta influenza e un successivo infarto cerebrale, Ettore Bugatti cessò di vivere il 21 agosto 1947; fu sepolto nella tomba di famiglia a Dorlisheim, poco lontano dallo stabilimento di Molsheim. In trentasette anni di attività depositò più di mille brevetti e costruì circa 8. 000 vetture, divenute oggetti di culto in tutto il mondo, che ottennero più di 10. 000 vittorie e 37 record. Dopo la sua scomparsa, l’erede designato da Bugatti, il vecchio pilota Pierre Marco, suo fedele collaboratore, tentò di rilanciare l’azienda alsaziana, senza successo. Nel 1951, Roland Bugatti, quarto figlio di Ettore, insieme al secondo marito di sua madre Barbara, ottenne il controllo dell’azienda, offrendo la manutenzione delle Bugatti anteguerra e costruendo motori per l’esercito. Nel 1956, la fabbrica Bugatti di Molsheim chiuse definitivamente. Trent’anni più tardi, nel 1987, i diritti del marchio furono acquistati da Romano Artioli, modenese e titolare dell´Autoexpò (importatore Suzuki per l´Italia), che fondò la nuova fabbrica automobilistica a Campogalliano, vicino a Modena. Pur avendo presentato alcuni interessanti modelli, il primo dei quali fu la Eb 110, e nonostante l’acquisizione della Lotus nel 1993, la nuova Bugatti Automobili non riuscì a decollare. Dopo aver realizzato il sogno di una Bugatti tutta italiana, l’azienda chiuse per fallimento nel 1995. Per alcuni anni il marchio fu al centro dell’interesse di diversi costruttori, fino a quando nel 1998 il nome Bugatti è stato acquisito dalla Volkswagen Ag, che ha ricostituito la Bugatti Automobiles S. A. S. Di nuovo con sede in Alsazia a Molsheim. .
 
   
 

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