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Notiziario Marketpress di Martedì 31 Marzo 2009
 
   
  BASILICATA: OCCUPAZIONE FEMMINILE, FANELLI: URGE PIANO LAVORO

 
   
  Potenza, 31 marzo 2009 - In Basilicata, regione a forte rischio di spopolamento, il lavoro femminile è questione strategica. A fronte della crisi e per tutte le emergenze dei nostri giorni, a parere dell’Ufficio della Consigliera di parità, è più che mai necessario un Piano regionale del Lavoro, peraltro previsto da legge regionale, che ponga come centrale la questione femminile da affrontare con forti azioni di governance secondo i parametri europei. Partendo dalla “valutazione dell´impatto di genere”, si dovrà ancor più concretamente dare attuazione ai principi dell’eguaglianza e di pari opportunità e assicurare la specificità di genere, di età, di diverse abilità con l’obiettivo di aumentare il tasso di occupazione, contrastando gli squilibri tra domanda e offerta di lavoro, migliorando l’occupabilità e sviluppando l’imprenditorialità. Una strada di ricerca e programmazione da percorrere in accordo con le parti sociali per la crescita professionale e la valorizzazione delle risorse umane, realizzando misure di flessibilità sostenibile. Le misure anticrisi per le donne lucane dovranno contenere ancor più significativi interventi integrati di formazione, finalizzati all’occupazione e alla formazione anche con vincolo di assunzione per le imprese di una certa quota femminile, di sostegno delle rette di asili e dei trasporti alle famiglie in difficoltà. E, ancora, è necessario pensare a istituire nuove premialità per le donne che abbiano figli minori o figli disabili, così come sarebbe opportuno e necessario offrire incentivi alle imprese lucane per assunzioni a tempo indeterminato in favore di ex precarie. Le misure anticrisi dovranno, ulteriormente, incentivare e sostenere la flessibilità oraria ed il part-time; la conciliazione familiare con il potenziamento dell’istituto del congedo parentale; l’obbligo di una equilibrata rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico; l’istituzione di un “Certificato di qualità delle politiche di genere” per quelle realtà che hanno adottato piani triennali volti al raggiungimento di un’equilibrata rappresentanza femminile nei vari livelli lavorativi, ad importanti misure di conciliazione vita-lavoro nonché di garanzie per il buon clima e il benessere lavorativo. La grande esigenza di misure anticrisi nasce dal fatto che la disoccupazione in Basilicata si caratterizza per una forte diversità di genere: le donne registrano un tasso di disoccupazione più che doppio sia rispetto ai maschi che alla realtà nazionale. Le difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro non risparmiano neanche le donne in possesso di un elevato titolo di studio. Dalle analisi dell’Ufficio della Consigliera regionale di parità, il mercato del lavoro locale, infatti, rimane caratterizzato dalla presenza di situazioni di marginalità, dove convivono basse qualifiche professionali, bassi livelli di reddito ed una quota elevata di lavoro sommerso, escludendo soprattutto le componenti più deboli, i giovani e le donne. Le maggiori criticità del mercato del lavoro regionale che riguardano la disoccupazione intellettuale, le fasce deboli, la disoccupazione giovanile, hanno, quindi, nella donna la componente più significativa. Come sottolinea l’economista lucano Nino D’agostino, le donne presenti all’interno delle forze di lavoro vantano un livello d’istruzione nettamente superiore a quello della componente maschile, eppure registrano tassi di disoccupazione in base al titolo di studio pressoché doppi rispetto ai maschi: come dire, più studi e meno lavori. La conseguenza è che il livello di disoccupazione delle giovani donne lucane è elevatissimo: in Basilicata le donne sono ben lontane da una condizione di pari opportunità e non è dato vedere dinamiche positive in termini di riduzione del divario di genere, sia sul fronte occupazionale che reddituale. Siamo di fronte, dunque, ad un quadro complessivo della condizione lavorativa della donna lucana non certo esaltante che finisce col rappresentare la più importante emergenza regionale, in termini non soltanto di crescita economica, ma anche di tenuta demografica. La correlazione tra bassi livelli di natalità e fecondità delle donne lucane e scarsa occupazione delle stesse è evidente e rappresenta un nodo che occorrerà recidere al più presto se vogliamo aprire la regione ad una prospettiva di sviluppo. Non è pensabile avere “culle piene e tasche vuote”. Che fare? Occorre in realtà fare più di ciò che pure si sta facendo con difficoltà e cioè accelerare i processi di sviluppo in atto, nella consapevolezza che il fattore tempo è decisivo per non innescare derive negative irreversibili, anche in considerazione della crisi economica e finanziaria che sta attraversando la globalità dei Paesi. Non è peregrino affermare che le lavoratrici corrono il rischio reale di essere espulse, per prime, dal mercato del lavoro a seguito di riduzioni o licenziamenti. Tali fenomeni si sono già verificati in passato, nel dopoguerra e alla fine del boom economico italiano, e si stanno riaffacciando. Solo ora ci si sta accorgendo che la flexicurity, che avrebbe dovuto costituire un’opportunità per entrare nel mondo del lavoro, si è tradotta in un precariato selvaggio dal quale è impossibile uscire e, cosa ancor più grave, del tutto privo delle tutele degli ammortizzatori sociali. Davanti a questa situazione necessitano più incisivi provvedimenti in favore della famiglia, in raccordo con programmi, azioni e risorse di portata nazionale, regionale e locale, che incentivino con decisione il rilancio della natalità. In Italia, come altrove, non si riesce a garantire contemporaneamente maternità e lavoro, la doppia presenza e su questa base viene meno come fatto tendenziale la maternità. La donna può essere al centro di tutto questo, i suoi saperi ed i suoi talenti sono necessari alla crescita e allo sviluppo generale. Per dirla ancora con D’agostino, la condizione femminile è il parametro più importante per misurare la qualità di vita di una regione, come dimostrano infatti esperienze di altri paesi, dove la maggiore occupazione femminile significa maggiore serenità nelle famiglie, più nascite, investimenti in servizi, perché crescono domanda e bisogno, diminuzione del numero di bambini che vivono in povertà. Dal Piano regionale del lavoro dovrà scaturire una “women economics”, l’economia delle donne, attraverso un circuito virtuoso tra lavoro femminile, consumi e investimenti che produca ricchezza per tutti. .  
   
 

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