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Notiziario Marketpress di Lunedì 04 Maggio 2009
 
   
  UN’ALTRA GRANDE PRODUZIONE DEL PICCOLO TEATRO ALLO STREHLER: LA CIMICE DI MAJAKOVSKIJ

 
   
  Milano, 4 maggio 2009 - Maggio si apre con una nuova importante produzione del Piccolo Teatro di Milano, “La cimice” di Vladimir Majakovskij, con la regia di Serena Sinigaglia, la traduzione e l’adattamento di Fausto Malcovati e della stessa Sinigaglia. Un testo importante e con molti spunti di attualità, poco presente sulle scene italiane. “La cimice”, scrisse Majakovskij, “è la variante teatrale di quell’argomento fondamentale al quale ho dedicato versi e poemi: la lotta contro il piccolo-borghese”. La regia e gli attori - Nei panni di Prisypkin, Paolo Rossi, reduce dallo straordinario successo del suo one man show, “Sulla strada ancora”, affiancato da Massimo De Francovich in quelli di Oleg Bajan. Li accompagna la collaudata compagnia (in ordine di locandina: Bruna Rossi, Francesca Ciocchetti, Melania Giglio, Giovanni Crippa, Sergio Leone, Gianluigi Fogacci, Francesco Colella, Pierluigi Corallo, Marco Grossi, Clio Cipolletta, Silvia Pernarella, Andrea Germani, Gabriele Falsetta, Andrea Luini) - già protagonista, in questa stagione, dei due spettacoli di Jean-luc Lagarce - che, dopo Luca Ronconi e Carmelo Rifici, si affida questa volta alla direzione di Serena Sinigaglia, impegnata nella sua seconda regia firmata Piccolo Teatro, dopo “Donne in Parlamento”. Da Rifici a Sinigaglia, entrambi classe 1973, si conferma con questo nuovo spettacolo la particolare attenzione del Piccolo ai giovani registi. La Trama - L’operaio Prisypkin, preso dall’ambizione di avere “una vita migliore”, lascia l’operaia Zoja, che lo ama e che per lui tenta il suicidio, e si fidanza con Elzevira, di professione cassiera, figlia di piccolo-borghesi. Si sposano e durante il banchetto nuziale, che finisce in una sbornia collettiva, scoppia un incendio. Vi perdono la vita tutti, tranne Prisypkin, che rimane ibernato dall’acqua gelida degli idranti. Dopo cinquant’anni – la commedia venne rappresentata per la prima volta nel 1929 – nella nuova società comunista che si è nel frattempo realizzata, certi comportamenti individuali, egoistici, propri di un mondo diviso in classi e dominato da interessi privati sono ormai superati e vengono considerati come antiche malattie. Prisypkin viene rinvenuto nel suo blocco di ghiaccio e fatto scongelare per essere esaminato: gli si trova addosso una cimice che viene catturata e isolata nello zoo. Nonostante il controllo degli scienziati, ben presto i germi della malattia nota come borghesia ancora attivi nel corpo di Prisypkin si diffondono provocando inaudite manifestazioni. Alla fine i due parassiti, il “borghesius vulgaris” Prisypkin e il “cimex normalis” vengono rinchiusi nello zoo per essere mostrati alla folla attonita…Majakovskij e la rivoluzione - “La cimice” si inserisce nella intensa riflessione di Majakovskij sul processo rivoluzionario seguita alla morte di Lenin nel 1924. L’evoluzione del regime sovietico procede a partire da quell’anno verso una burocratizzazione e un irrigidimento dogmatico che turbano il poeta, accusato sempre più spesso di distaccarsi dai bisogni proletari della nazione. Majakovskij reagisce alla involuzione burocratica, contraria agli ideali della Rivoluzione, con la satira, scrivendo due opere teatrali, “La cimice” appunto e “Il bagno”, rappresentate nel 1929 e nel 1930 ed entrambe accolte freddamente dalla critica di partito. Perché questo testo e’ attuale - Ma perché la scelta di questo autore e in particolare di questo testo così poco conosciuto? “Penso che Majakovskij non sia stato solo un uomo di teatro ma uno di quegli artisti completi di cui oggi, soprattutto in Italia, sentiamo molto la mancanza”, spiega Serena Sinigaglia. “Chi fa teatro non fa cinema, chi lavora nel cinema non dipinge… Majakovskij aveva talento per tutto: faceva cinema, era attore, scriveva per il teatro, disegnava manifesti, costumi e scenografie. Soprattutto, come molti altri della sua generazione, era un poeta. Un poeta nel senso pasoliniano del termine, quella figura che, in una forma di religiosità laica, è il vero profeta di una società. Ma siccome l’essere umano spesso non è all’altezza del proprio compito”, aggiunge la regista, “chi sa guardare avanti - il poeta - e vorrebbe volare in alto, finisce sempre per schiantarsi tragicamente…”. .  
   
 

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