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Notiziario Marketpress di Martedě 05 Maggio 2009
 
   
  LA TRANSAVANGUARDIA SLOVENA DI ŽIVKO MARUŠIČ A PALAZZO COSTANZI DI TRIESTE

 
   
  Trieste, 5 maggio 2009 - E’ un importante riconoscimento ad uno dei maestri indiscussi dell’arte contemporanea slovena la personale di Živko Marušič che si inaugura a Trieste, alla Sala Umberto Veruda di Palazzo Costanzi, sabato 30 maggio alle ore 18. 00. Organizzata dall’Associazione Juliet in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste, l’esposizione č curata da Roberto Vidali ed Elena Zelco e vede presentate sia una serie di opere pittoriche relative alla produzione dell’artista degli anni ottanta che alcune sottili e strette tele e carte di piccoli dimensioni realizzate appositamente per gli spazi della Sala Umberto Veruda. Živko Marušič nasce a Colorno (Parma) nel 1945, e dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia e di Ljubljana si trasferisce a Capodistria dove attualmente vive e lavora. A partire dalla fine degli anni settanta č un acceso fautore del ritorno della pittura alla consustanzialitŕ della figurazione, e si inserisce a pieno titolo in quel clima di fervore internazionale che prende il nome di transavanguardia; sono infatti alcuni tra i suoi lavori piů riusciti che gli permettono di essere citato (a fianco di personalitŕ come Enzo Cucchi e Francesco Clemente) come il massimo interprete d’oltrecortina di questa corrente pittorica all’interno del volume “La transavanguardia internazionale”, pubblicato nel 1981 da Achille Bonito Oliva. Da allora, dopo aver realizzato nel 1982 una memorabile mostra presso il Centro la Cappella di Trieste, lavora con gallerie italiane e straniere realizzando numerose esposizioni per spazi pubblici e museali nel mondo. Nei primi anni del suo percorso artistico la pittura e la potenza espressiva di Marušič sta tutta racchiusa nei suoi soggetti, dentro quella profonditŕ visionaria capace di proiettare sulla tela le meravigliose debolezze del mondo. Il suo č un dipingere che cede a qualcosa di imprevedibile: č potente, debole, grande, forte, bizzarro e ruvido. Parla di quotidianitŕ di sogni, di colori accesi e di notti illuminate dal filamento elettrico. Dalla dimensione oscura dell’inconscio, dove le immagini sono rapprese in un magma informe e feroce, una luce improvvisa lascia affiorare i corpi di questa pittura, quasi in un abbraccio forte e deciso che diviene gesto unico e irripetibile. L’allegra spensieratezza, lo sguardo ironico e distratto, il bianco addensante e sfilacciato dei primi dipinti degli anni Ottanta, l’esplosione dei suoi campi coloristici, lasciano poi lentamente il posto nei dipinti successivi a una figurazione diversa, piů contenuta e sottile, quasi popolare e intimista. In questi ultimi lavori la pittura č fluida e calibrata e se di poesia si vuole parlare viene da pensare a Umberto Saba ed al suo modo di raccontare: semplice e fluido, anche se i soggetti e i luoghi raffigurati sono ovviamente diversi. Si tratta di immagini di volti, di persone, di fiori, di siepi e di figure contorte: siamo in presenza di un linguaggio appena sbozzato e diretto: la semplicitŕ del linguaggio, il tratto essenziale, ridotto al minimo, evidenzia il senso di disagio dei soggetti rappresentati. La pittura introduce a un mondo dove il valore delle cose, il loro significato, č dato dall’indigestione e dal consumo caotico, quasi in una sorta di accumulazione che inebria, spingendo verso una volontŕ di potenza che implode in tutte le direzioni. I soggetti, pur in un atteggiamento di sottomissione, hanno una loro intangibile fierezza: accettano un qualcosa di imponderabile da un imprecisato qualcuno, che sembra esercitare un atto di forza nei loro confronti, quasi mettendoli in riga. Le immagini di questi dipinti ci fanno percepire il reale, ma al contempo, con angoscia, ci ricordano un tempo lontano, una sorta di paese felice e primordiale che riaffiora dal profondo: un tempo storico dove la libertŕ dell’individuo non era assolutamente precaria. .  
   
 

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