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Notiziario Marketpress di Lunedì 18 Maggio 2009
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: RENDITA INAIL E CONVIVENZA MORE UXORIO

 
   
  Il 4 maggio 2009 è stata pubblicata l’ordinanza nella causa C-217/08, Rita Mariano / Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail). La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig. Ra Mariano, che agisce in proprio nome e in quanto titolare della potestà genitoriale sul figlio minore (J. P. Quartirolo) e l’Inail, che le ha negato l’attribuzione di una rendita in seguito al decesso del suo convivente, il sig. E. Quartirolo, vittima di un infortunio sul lavoro. La sig. Ra Mariano, cittadina italiana, ha vissuto, per oltre una decina di anni, more uxorio con il sig. E. Quartirolo, anch’egli cittadino italiano. Dalla loro relazione è nato un figlio, il sig. J. P. Quartirolo, ancora minore all’epoca dei fatti di cui alla causa principale. Il sig. E. Quartirolo è deceduto in Italia in seguito ad un infortunio sul lavoro e la sig. Ra Mariano ha chiesto, a motivo di tale decesso, all’Inail l’attribuzione di una rendita a suo favore ed a favore del figlio sulla base dell’art. 85 del decreto. L’inail ha concesso a favore del figlio una rendita pari al 20% della retribuzione percepita dal sig. E. Quartirolo prima della morte, ma ha negato la concessione di una rendita alla sig. Ra Mariano. L’art. 85 del D. P. R. N. 1124/1965 prevede quanto segue: «Se l’infortunio ha per conseguenza la morte, spetta a favore dei superstiti una rendita ragguagliata al cento per cento della retribuzione: 1) il cinquanta per cento al coniuge superstite; 2) il venti per cento a ciascun figlio legittimo, naturale, riconosciuto o riconoscibile, e adottivo (……) Il Tribunale ordinario di Milano ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunità europee la seguente questione pregiudiziale: «Se gli artt. 12 e 13 del Trattato Ce ostino all’applicazione dell’art. 85 del [decreto] laddove dispone che in caso di decesso conseguente ad infortunio la rendita dell’Inail, nella misura del 50%, spetti solo al coniuge ed al figlio minore solo la rendita del 20%». Ai sensi dell’art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, qualora la soluzione di una questione pregiudiziale sia identica ad una questione sulla quale la Corte ha già statuito, o qualora la soluzione di tale questione possa essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza. La Corte ha reiteratamente dichiarato che, per valutare la sfera d’applicazione del Trattato ai sensi di detto articolo, occorre interpretare quest’ultimo in combinato disposto con il Trattato sulla cittadinanza dell’Unione. Infatti, lo status di cittadino dell’Unione europea è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri. Risulta dalla giurisprudenza che la cittadinanza dell’Unione di cui all’art. 17 Ce non ha lo scopo di estendere la sfera di applicazione ratione materiae del Trattato a situazioni nazionali che non abbiano alcun collegamento con il diritto comunitario. Orbene, questo si verifica nella causa principale, che riguarda una situazione puramente interna (principio di uguaglianza). Per quanto concerne l’art. 13 Ce, tale norma attribuisce al Consiglio dell’Unione europea il potere di prendere provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali sulla base di tale articolo, è stata adottata la direttiva 2000/78 al fine di stabilire, conformemente ai suoi artt. 1 e 2, un quadro generale per la lotta alle discriminazioni dirette o indirette fondate sulla religione o sulle convinzioni personali, sugli handicap, sull’età o sulle tendenze sessuali. Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 13 Ce non è di per sé idoneo a collocare nell’ambito di applicazione del diritto comunitario, allo scopo di vietare qualsiasi discriminazione fondata sull’età, situazioni che non rientrano nell’ambito delle misure adottate sulla base di detto articolo e, in particolare, della direttiva 2000/78 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Orbene, una situazione quale quella della causa principale non rientra nell’ambito dei provvedimenti adottati sulla base dell’art. 13 Ce e, in particolare, della direttiva 2000/78. Il procedimento si differenzia da quello definito con la citata sentenza Maruko (Il contesto di fatto di tale sentenza Maruko è del tutto differente da quello del presente procedimento, in quanto una persona residente in Germania aveva costituito, in forza della legge tedesca, un’unione solidale con una persona dello stesso sesso e non aveva potuto ottenere, dopo il decesso di detta persona, una prestazione per i superstiti equivalente a quella concessa ad un coniuge superstite). Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara: Il diritto comunitario non contiene un divieto di qualsiasi discriminazione di cui i giudici degli Stati membri devono garantire l’applicazione allorché il comportamento eventualmente discriminatorio non presenta alcun nesso con il diritto comunitario. In circostanze come quelle della causa principale, gli artt. 12 Ce e 13 Ce non creano di per sé un tale nesso. Tali articoli non ostano, in dette circostanze, ad una normativa nazionale in forza della quale, in caso di decesso di una persona a seguito di un infortunio, spetti unicamente al coniuge superstite una rendita nella misura del 50% della retribuzione percepita da tale persona prima del suo decesso, mentre il figlio minore della persona deceduta percepisce solo una rendita pari al 20% di detta retribuzione.  
   
 

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