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Notiziario Marketpress di
Lunedì 08 Giugno 2009 |
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GIUSTIZIA EUROPEA: APPALTI PUBBLICI DI SERVIZI
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A Lussemburgo, lo scorso 19 marzo 2009 è stata pronunciata la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in merito alla causa C-538/07, Assitur Srl contro Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, e nei confronti di: Sda Express Courier Spa, Poste Italiane Spa, in materia di appalti pubblici di servizi. La domanda di pronuncia pregiudiziale è sorta nell’ambito di una controversia tra l’Assitur Srl e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, in merito ad una normativa nazionale che vieta la partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione di appalto, in modo separato e concorrente, di società tra le quali sussista un rapporto di controllo o delle quali una eserciti sulle altre un’influenza notevole. Con bando di gara del 30 settembre 2003, la Camera di Commercio ha indetto un pubblico incanto per l’affidamento, in base al criterio del prezzo più basso, del servizio di corriere per il ritiro e la consegna della corrispondenza e di documentazione varia per conto della Camera di Commercio stessa e per un triennio corrispondente agli anni 2004-2006 ed un importo pari a Eur 530 000. Sono risultate ammesse alla gara la Sda Express Courier Spa, la Poste Italiane Spa e l’Assitur che ha chiesto l’esclusione dalla procedura della Sda e della Poste Italiane, in ragione dei rapporti esistenti tra queste due società (la totalità del capitale sociale della Sda era detenuta dall’Attività Mobiliari Spa, a sua volta interamente partecipata dalla Poste Italiane), dato che il decreto n. 157/1995, che disciplinava gli appalti di servizi, non prevedeva alcun divieto di partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione a carico di imprese aventi fra loro un rapporto di controllo, e che la verifica effettuata non aveva messo in luce indizi gravi e concordanti che consentissero di ritenere che i principi di concorrenza e di segretezza delle offerte fossero stati violati, la Camera di Commercio ha deciso di aggiudicare l’appalto alla Sda, che aveva presentato l’offerta più bassa. Il giudice del rinvio rileva che la legge n. 109/1994 (appalti di lavori) stabilisce una presunzione assoluta di conoscibilità dell’offerta della controllata da parte della controllante. Di conseguenza, gli operatori economici interessati non sarebbero ritenuti dal legislatore in grado di formulare offerte tali da dimostrare l’indipendenza, la serietà e l’affidabilità necessarie, in quanto essi sarebbero legati da una stretta comunanza di interessi. La giurisprudenza italiana riconosce ad una statuizione come quella della legge n. 109/1994 il valore di norma di ordine pubblico, applicabile in via generale. Le sette ipotesi di esclusione di un imprenditore dalla partecipazione ad un appalto pubblico previste dalla direttiva 92/50 si riferiscono all’onestà professionale, alla solvibilità o all’affidabilità dell’interessato, vale a dire alle qualità professionali di quest’ultimo. La Corte ha aggiunto che questo elenco tassativo non esclude tuttavia la facoltà degli Stati membri di mantenere o di stabilire, in aggiunta a tali cause di esclusione, norme sostanziali dirette, in particolare, a garantire, in materia di appalti pubblici, il rispetto dei principi di parità di trattamento di tutti gli offerenti e di trasparenza. La disposizione nazionale comporta per le amministrazioni aggiudicatrici un obbligo assoluto di escludere dalla gara d’appalto le imprese che presentino offerte separate e concorrenti, qualora tali imprese siano legate fra loro da rapporti di controllo. Essa è intesa a scongiurare ogni possibile forma di collusione. La Corte ritiene che sarebbe contraria ad un’efficace applicazione del diritto comunitario l’esclusione sistematica delle imprese tra loro collegate dal diritto di partecipare ad una medesima procedura di aggiudicazione di appalto pubblico. Una soluzione siffatta, infatti, ridurrebbe notevolmente la concorrenza a livello comunitario. Pertanto, la normativa nazionale eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza. Essa non lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti. Il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive offerte nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici. La constatazione di un’influenza siffatta è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura. Per contro, la semplice constatazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese, risultante dall’assetto proprietario non è sufficiente per escludere automaticamente dall’appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa procedura. La Corte dispone che la direttiva 92/50/Cee (appalti pubblici di servizi) non osta a che uno Stato membro preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità. Il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara . |
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