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Notiziario Marketpress di Martedì 03 Ottobre 2006
 
   
  RADIO 1 RAI: ALLAM, CAMILETTI E CORSINI AL COMUNICATTIVO DI RIGHETTI ALLAM: “LE ISTITUZIONI ITALIANE SONO COLPEVOLI DI NON FAR APPLICARE LA LEGGE ITALIANA SUL TERRITORIO”

 
   
  Roma, 3 ottobre 2006 - Oggi alle ore 15. 35 su Radio 1 Rai al Comunicattivo del massmediologo Igor Righetti si parlerà di comunicazione difficile con il vicedirettore del Corriere della sera Magdi Allam, con il componente del Centro culturale islamico della Grande moschea di Roma Omar Camiletti e con il sindaco di Brescia Paolo Corsini. Ecco un estratto del dibattito che verrà trasmesso domani. Magdi Allam. Hai scritto un libro, edito da Mondadori, dal titolo un po’ accusatorio “Io amo l’Italia, ma gli italiani la amano?”. Ritieni che gli italiani abbiano smarrito la propria identità? Certamente gli italiani oggi al pari di tanti europei e occidentali attraversano una seria crisi di valori e di identità collettiva e ciò rende assai problematico il rapporto con le grandi sfide che l’Italia è chiamata a fronteggiare in un mondo sempre più globalizzato, sfide che concernono l’economia, la sicurezza, la lotta al terrorismo e, infine, la definizione di un nuovo modello di convivenza sociale che in primo luogo salvaguardi le certezze degli italiani e contemporaneamente sia in grado di tutelare le legittime aspettative di chi, nel rispetto delle leggi e nella condivisione dei valori, vuole in Italia migliorare le proprie condizioni di vita. Omar Camiletti. In che modo intendete l’integrazione con gli italiani? In questi ultimi anni sono emerse, indubbiamente, molte problematiche. C’è un panorama sociale e culturale completamente cambiato. Si tratta naturalmente di modellare insieme un modello di convivenza e di integrazione su basi sicure, su basi certe come stava dicendo Magdi. Il problema è che si tratta di una strada impervia, non è facile possedere la soluzione se non si hanno analisi ben precise. Interviene il sindaco di Brescia, Paolo Corsini. Si possono dare due risposte alla sua domanda. La prima sotto il profilo dell’identità storica del nostro Paese, credo che oggi l’Italia viva una profonda crisi di identità, credo che il Paese sia sull’orlo di una crisi di nervi e questo è dovuto a molteplici fattori: la crisi della politica, la mancanza di omogenei sistemi di riferimento e soprattutto l’appannamento nel sentire comune degli italiani dei grandi valori della Costituzione del nostro Paese; anche se per fortuna il referendum, dal mio punto di vista, ha mostrato reviviscenza di consapevolezza. Per quanto riguarda invece il problema del rapporto con l’immigrazione, e in modo particolare con l’immigrazione che si riconosce in un profilo religioso islamico e premesso che si debba distinguere tra l’Islam e l’islamismo, io credo che qui siamo di fronte a un problema che va prima affrontato in sede culturale; cioè normalmente si parla di società multiculturale, io credo che il multiculturalismo altro non sia che una raffigurazione della composizione sociologica e demografica della società; che non possa essere una linea, perché innanzitutto rischia di produrre tanti monoculturalismi che non dialogano tra di loro, in secondo luogo c’è il rischio che si possano sviluppare dei razzismi di tipo etnico, degli etnorazzismi. Credo che la risposta a questo problema sia quella dell’interculturalità. Sono assolutamente d’accordo con Magdi Allam, nel quadro di un sistema di valori condivisi, di principi e di pratiche condivise che non possono che avere riferimento al testo costituzionale, alle norme e alle leggi vigenti nel nostro Paese. Il problema è quello di lavorare per un confronto e un dialogo di culture che possa consentire la convivenza possibile. Magdi Allam. Il buonismo imperante, quello che concede l’indulto ai delinquenti con il solo risultato di spendere milioni di euro e di impegnare magistratura e forze dell’ordine per l’uscita e il rientro di tanti criminali, è presente più nella popolazione o tra i governanti? In primo luogo tra i governanti e visto che parliamo di magistratura tra coloro che sono preposti all’amministrazione della giustizia. Se in Italia si è arrivati a delle sentenze che non soltanto mettono sullo stesso piano chi pratica il terrorismo e chi subisce il terrorismo, ma addirittura si assolvono i reclutatori di kamikaze e si definiscono “martiri dell’Islam” coloro che in Afghanistan uccidono i soldati della forza multinazionale, questa è un’ennesima e rilevante testimonianza della degenerazione etica a cui si arriva nel momento in cui il riferimento diventa quello del relativismo assoluto, del relativismo valoriale, culturale, religioso per cui vengono meno le nostre certezze e si immagina che il nostro Stato e, se vogliamo, l’Europa e l’Occidente siano una sorta di campo neutro dove chiunque possa entrare, imporre le proprie leggi i propri valori e il Governo non dovrebbe essere altro che una sommatoria di questo insieme ibrido. Ebbene laddove si è immaginato questo contesto, e mi riferisco alle esperienze del multiculturalismo in Gran Bretagna, ma anche in Olanda, e altrove nel mondo, questa esperienza si è rivelata fallimentare. Omar Camiletti. Quali sono gli ostacoli che si frappongono tra le nostre due civiltà? Penso che in realtà non c’è incompatibilità tra Islam ed Europa, e Occidente nel senso ampio del termine. Credo però opportuno, come è stato sottolineato, che ci siano certezze delle regole e su questo per esempio il multiculturalismo ha avuto successo, nel senso che sul piano materiale, come è stato ricordato, indubbiamente è riuscito; però si prospetta un orizzonte nuovo in Europa, con dinamiche rapidissime: la crescita demografica dei musulmani. Voglio aggiungere che l’Islam non è soltanto una religione straniera, in Italia e in Europa vivono musulmani europei con piena cittadinanza. Si profila un orizzonte nuovo e richiede strumenti nuovi, un posizionamento dell’Islam, a mio avviso, nelle istituzioni e nella cultura dell’Europa. Innestando dei processi dolorosi, di cui poi ancora non si capisce esattamente la natura, ma processi dolorosi di innestare istituti di formazione di esperti islamici in Europa. Oppure non solo curare l’aspetto religioso ma anche l’aspetto culturale; tutte lacune che vediamo nelle società. La società italiana e anche europea sono poco sensibilizzate su questo. Si assumono il punto di vista di una omono-mania a solo sfondo religioso, quando invece c’è una presenza islamica che fa riferimento culturale a quel famoso Islam plurale in cui ci sono cittadini italiani, ci sono cittadini stranieri, ci sono varie nazionalità presenti. Paolo Corsini. Dopo i delittuosi eventi che hanno caratterizzato questa estate bresciana lei ha richiesto più Stato, più sicurezza e più integrazione. Su quest’ultima richiesta come hanno reagito le comunità degli immigrati presenti nel suo comune? Nelle nostre città è aperto un confronto, un dialogo che per altro credo costituisca una via ineludibile, una via che va ricercata con molta determinazione e con molta consapevolezza. Peraltro dando seguito alla richiesta che avevo sottoposto al ministro Amato e cioè di promuovere una sorta di collegio, una conferenza, noi abbiamo proposto adesso al ministero di avviare a Brescia un’esperienza pilota che veda la prefettura, il Comune, la Provincia guidare dei forum di ascolto e in secondo luogo stiamo per promuovere a livello di quartiere, momenti, luoghi, sedi, occasioni di confronto perché credo che soltanto dalla conoscenza reciproca e da una approfondita valutazione delle posizioni di ciascuno sia possibile avviare un dialogo rispetto al quale è assolutamente inderogabile e imprescindibile il rispetto delle regole e la capacità di trarre ispirazione da valori che nel nostro Paese non sono soltanto espressione di una norma giuridica ma di una storia e di un tradizione. Sono assolutamente consapevole che anche l’Islam e la sua tradizione culturale in qualche misura appartengono alla storia dell’Europa e dell’Occidente, ma non è di questo che in questo momento si sta discutendo. Si sta discutendo di una quotidianità nella quale, per parlare con estrema chiarezza non è compatibile la pratica di una sorta di neotribalismo patriarcale per cui una famiglia si sente il diritto di sopprimere la vita della propria figlia perché essa pratica costumi che vengono giudicati incompatibili con la cultura di provenienza. Questo non è compatibile con la contemporaneità della vita pubblica del nostro Paese. Magdi Allam. Si riempiono pagine di giornali e ore di trasmissioni televisive parlando della necessità d’integrazione delle popolazioni che arrivano in Italia. L’integrazione avviene quando chi arriva in un Paese diverso dal proprio si adegua alle sue leggi e consuetudini. Ma allora, perché i musulmani chiedono proprie scuole e propri medici? Il problema principale, a mio avviso, è la capacità nostra come cittadini italiani di individuare, di affermare e di difendere le nostre certezze che sono dei valori, che sono delle leggi, che sono delle regole. Soltanto quando ciò avverrà avremo la possibilità, la capacità, la volontà di far si che chiunque entri in Italia, chiunque risieda in Italia lo faccia nel rispetto di queste regole, di queste leggi e di questi valori. Per troppi anni, per esempio, si sono permesse, purtroppo è una realtà che persiste, che delle scuole islamiche, faccio riferimento al caso più noto quella di via Quaranta a Milano, potessero indottrinare ad una ideologia islamica radicale, centinaia di ragazzi senza che ci fosse alcuna autorizzazione o legittimazione. In questo caso, questo è un caso emblematico, di chi è la responsabilità? A mio avviso è principalmente una responsabilità delle istituzioni italiane che sono colpevoli di non far applicare la legge italiana sul territorio italiano. Questo vale anche per quello che riguarda l’insieme del processo di integrazione, fino a quando l’Italia non avrà la capacità, la consapevolezza e la volontà di far sì che in partenza chi entra in Italia vi arrivi con gli strumenti giusti che sono la lingua, i valori, la cultura e il rispetto delle leggi, difficilmente, se non sarà impossibile del tutto, che in Italia avvenga una corretta e costruttiva integrazione degli immigrati. Omar Camiletti. Che cos’è che l’estremismo islamico teme di più dei valori occidentali? Penso che l’estremismo islamico sia tutto sommato un frutto avvelenato di storie occidentali, la cosa che più temo ed è quello su cui ci dovremmo battere sul serio, non solo in astratto come ho sentito spesso anche oggi, ma in concreto per la certezza delle regole. Lei per esempio ha detto prima: “I musulmani vogliono scuole separate”, ma chi sono questi musulmani? E di questi musulmani, riallacciandomi a quanto diceva Magdi, chi controlla la vita associativa? Si fa presto a dire che un organismo, che un’organizzazione rappresenta l’ottanta o il settanta per cento, vediamo in concreto oltre i valori, il rispetto delle regole, la trasparenza dei bilanci, gli iscritti; se un’organizzazione deve avere senz’altro uno statuto da rispettare e bilanci da presentare. Insisto, vado oltre dicendo: prima di dire musulmani o Islam accertiamoci effettivamente che il discorso sia corretto. Interviene Magdi Allam. Certamente non bisogna fare di tutte le erbe un fascio, bisogna considerare nel merito e nella sostanza i singoli aspetti ma è un dato altrettanto inconfutabile che oggi l’estremismo e il terrorismo islamico rappresentano la principale emergenza internazionale e che questa minaccia, questa preoccupazione, sia rilevante anche in Italia. Il problema esiste dobbiamo assolutamente distinguere, dobbiamo assicurarci che la maggioranza, la mitica maggioranza moderata musulmana effettivamente lo sia, effettivamente si manifesti, cosa che non avviene puntualmente. Certamente non è avvenuto nell’ultima vicenda legata al discorso del Papa, dove abbiamo visto un appiattimento dell’insieme dei musulmani su posizioni di intransigenza e che hanno assunto un atteggiamento censorio nei confronti del Papa; isolare gli estremisti e bisogna farlo certamente con il fronte più ampio possibile di italiani e musulmani residenti in Italia. Omar Camiletti. Mario Scialoya, che dirige la sezione italiana della Lega musulmana mondiale, che ha sede a Roma nel centro culturale islamico della grande Moschea, ha detto che fra cinquant’anni il 30-35 per cento della popolazione europea potrà essere musulmana e che la Caritas prevede che tra vent’anni in Italia ci saranno tra i 7 e i 12 milioni di immigrati. Quale futuro prevede per chi predica di porgere l’altra guancia? Non credo che con la repressione, su questo non concordo con il mio amico Magdi, non credo che criminalizzando tutto alla fine si ottiene il risultato che noi tutti vogliamo ottenere. Il problema è che bisogna avere gli strumenti adeguati, gli strumenti rispettosi; per esempio Magdi diceva: “L’appiattimento delle critiche al Papa”, io non sono d’accordo. Perché non si vuole dare dei diritti che hanno tutti. In Europa c’è chi critica il Papa, perché i musulmani dovrebbero essere soltanto sottomessi, non dovrebbero parlare altrimenti pena quella di non essere lasciati in pace e quindi, in un certo senso, di essere criminalizzati. Ci sono delle forme di rispetto, concordo con quello che dice Magdi che umiliare il Papa è stata ed è una cosa che disapprovo fortemente, è anche vero che i musulmani devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini europei. Magdi Allam: Il problema vero è che non solo hanno gli stessi diritti, ma che non hanno gli stessi doveri, e questo vale per gran parte dei musulmani e per gran parte degli immigrati. Questo è il deficit che crea un grosso squilibrio e che crea la difficoltà principale sull’insieme del processo di integrazione e il discorso vale per tutti anche per i non musulmani. Io critico certamente anche i non musulmani che hanno contestato il diritto del Papa a esprimere liberamente una propria valutazione sull’Islam, ci mancherebbe, però prendo atto con rammarico e preoccupazione che la stragrande maggioranza dei musulmani, da Bin Laden ai fratelli musulmani ai cosiddetti governi moderati, si sono ritrovati sullo stesso fronte e questo è indubbiamente un fatto da tenere presente nel momento in cui la posta in gioco è uno dei cardini della nostra comune civiltà dell’uomo. .  
   
 

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