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Notiziario Marketpress di Mercoledì 10 Giugno 2009
 
   
  INTERVENTO DEL PRESIDENTE CAPPELLACCI IN CONSIGLIO REGIONALE DELL SARDEGNA

 
   
  Cagliari, 10 giugno 2009 - "Colleghi, On. Presidente del Consiglio , Signori Assessori, Signori Parlamentari, Autorità, Cittadini, Sessant´anni fa, iniziava la nostra stagione autonomistica con la sconfitta delle forze che negando gli antichi diritti, per secoli avevano costretto la Sardegna a non autogovernarsi, a vivere senza poter esercitare al meglio i valori identitari e di libertà e democrazia innati nell´animo e nella cultura di tutti i sardi. Prima di quella storica seduta gli ultimi vent´anni trascorsi erano stati fra i più drammatici e dolorosi. Ma oggi, piuttosto che volgere lo sguardo al passato, è opportuno rivivere lo spirito del 28 maggio del 1949, giorno della prima seduta del Consiglio regionale. Una data importante che oggi solennemente celebriamo e che si svolgeva ad appena quattro anni dalla fine della guerra. In quei quattro anni, tumultuosi e magnifici, con la libertà rinacquero i partiti , si aprì il dibattito sui contenuti e le forme del nuovo Stato democratico, che si volle dotato di una Costituzione repubblicana e autonomistica. In Sardegna riemerse con forza il pensiero autonomista, si svolsero elezioni, operò la Consulta regionale sarda che dibatté sull´argomento e propose alla Costituente un articolato progetto di Statuto speciale per la Sardegna. Non fu facile raggiungere una sintesi fra le posizioni presenti nella Consulta e non è difficile, leggendo i verbali dei lavori, identificare le diverse concezioni sull´Autonomia espresse dai diversi partiti che la formavano, federaliste, favorevoli ad un più o meno blando decentramento o nascostamente antiautonomiste. Ci fu concesso dalla Costituente, e nell´ultimo giorno utile, lo Statuto di Autonomia speciale, depotenziato rispetto alla proposta della Consulta, senza riferimenti alla lingua ed alla cultura dei sardi, di molto inferiore a quello siciliano che per un attimo avremmo potuto ottenere. La democrazia era comunque una realtà e la conquista autonomista era un risultato senza precedenti nella storia della Sardegna e celebrate le elezioni s´insediò il primo consiglio Regionale che oggi opera nella sua quattordicesima legislatura. Non esprimo analisi storiche e politiche su questi sessant´anni di storia, né voglio ripetere tesi già abbondantemente note e dimostrate e neanche affermarne di mie particolari. Intendo però testimoniare con forza il valore positivo in tutti i sensi dell´esperienza Autonomistica della Sardegna che ampiamente sovrasta i non pochi elementi di negatività da noi tutti conosciuti. I risultati dell´Autogoverno esercitato attraverso il lavoro legislativo, d´indirizzo e di controllo di intere generazioni di Consiglieri regionali, sono evidenti a tutti ed hanno cambiato il volto della Sardegna e la vita dei Sardi. Tuttavia confermo e riaffermo con decisione la necessità irrimandabile della riscrittura del nostro Statuto d´Autonomia speciale. Questo obiettivo è uno dei cardini del programma politico della coalizione che ha vinto le elezioni. Come riforma costituzionale prioritaria è stata indicata coscientemente agli elettori e ai quali dobbiamo rispondere dopo un lungo lavoro operato durante la passata legislatura con discrezione e serietà dalla maggioranza delle forze d´opposizione . Si è trattato di un lavoro di ridiscussione dell´Autonomia portato avanti senza pregiudiziali e durato diversi anni ad opera di un Comitato appositamente formato e seguito direttamente dai capigruppo dell´opposizione, che è stato presentato più volte pubblicamente nelle varie stesure e sino al progetto finale. E´ stata elaborata una proposta completa ed articolata, condivisa nelle sue linee portanti e di principio da tutta la coalizione di centrodestra, creando le condizioni di condivisione culturale e politica all´accordo programmatico con il Psd’az. Posso affermare con orgoglio che questa maggioranza col programma presentato vittoriosamente agli elettori ha operato una scelta federalista e nazionalitaria, liberale, moderata e non massimalista, ma decisa e convinta con l´obiettivo di ottenere, non alle calende greche ma prima possibile, un nuovo Statuto d´Autonomia speciale per la Sardegna, confidando nella centralità del Consiglio regionale su questo tema costituzionale. Si tratta, com´è evidente, della sfida strategica della legislatura. Intendiamo partecipare alla riscrittura della Carta Autonomistica che non ha più le caratteristiche sufficienti per affrontare i nuovi tempi e dare risposte ai sardi, partecipando alla riforma federale della Repubblica da protagonisti e seguendo il percorso indicato dalla Costituzione repubblicana . Sono cosciente che la Sardegna fa parte di un tutto e che forse non tutto ciò che desideriamo sia realizzato in termini di evoluzione della nostra Autonomia possa essere raggiunto subito. Ciò però non deve indurci ad autoridurre preventivamente il nostro progetto, a rinunciare a nostri diritti, desideri e sogni di maggiore libertà e cooperazione con chi condividiamo la comune casa Repubblicana ed Europea. Certamente nello spirito e nel programma della maggioranza non è prevista qualsivoglia modifica costituzionale che dall´esterno cambi unilateralmente il nostro Statuto speciale senza un fecondo rapporto pattizio tipico del vero federalismo politico, né patteggiamenti al massimo ribasso che escludano il protagonismo dei sardi. Sono trascorsi pochi mesi dall´inizio della legislatura e dall´esperienza di governo della Giunta che ho l´onore di presiedere, all´interno di una crisi epocale di difficile soluzione e che colpisce duramente la Sardegna. Ma riusciremo a superarla. Per questo anche se s´impongono soluzioni immediate e di medio respiro, messe a punto e aggiustamenti delle soluzioni e strumenti economici e politici atti ad affrontare al meglio una situazione di crisi in rapida evoluzione, non si deve abbandonare la lunga prospettiva. Bisogna allora unire le forze, i cuori e le menti, prima nella maggioranza per affrontare le emergenze e portare a compimento il programma sottoscritto con gli elettori aprendo nel contempo un confronto con l´opposizione per quanto riguarda le riforme costituzionali che interessano la Sardegna. A questo proposito, vorrei affrontare meglio due questioni che ritengo importanti. La prima è, appunto, la riscrittura dello Statuto speciale che richiede unità d´intenti, obiettivi comuni chiari e la volontà di completarla entro tempi certi o almeno programmati. Sono favorevole ad un approccio riformista alla questione e non massimalista, basato su contenuti, sul confronto politico e culturale e sulla condivisione piuttosto che su nominalismi. Agli albori del percorso autonomistico, da Attilio Deffenu in poi, il termine Autonomia era considerato negativamente dai suoi oppositori, dallo Stato monarchico e centralista, un obiettivo massimalista, rivoluzionario, disgregatore dell´Unità dello Stato e a volte eversivo. In effetti erano i tempi della rivolta Irlandese contro l´Inghilterra ed era plausibile che molti autonomisti avessero reconditi pensieri d´indipendenza all´Irlandese. Oggi il termine Autonomia è una conquista di tutti anche se per molti è considerato leggero, depotenziato, non più rispondente alle aspirazioni più avanzate d´autogoverno. Questo giudizio si è rafforzato sopratutto a fronte della rincorsa sulle "speciali" delle autonomie "ordinarie", per cui l´Autonomia anche se "speciale" non sembrerebbe terminologicamente più adatta a identificare un più avanzato progetto di autogoverno da una omologazione indesiderata. Data l´accettazione generalizzata del processo d´unione europea non può più essere impiegato in senso di totale separazione statuale e sovranità totale, con frontiere e moneta ed esercito propri, tipica del separatismo secessionista del secolo scorso e che comunque in questo Consiglio tutti rifiutiamo A maggior ragione, comunque si possa utilizzare il termine indipendenza per la battaglia politica ed ideale, non è ammissibile neanche in via teorica il propugnare l´uso di qualsiasi forma di violenza o di uscita se pur minima dalla legalità e dalle procedure costituzionali. Ciò avveniva quasi trent´anni or sono, in piena guerra fredda, con l´Urss ed il comunismo imperante oltre la cortina di ferro, col muro di Berlino in piedi, con le frontiere ancora innalzate fra gli stati impegnati in un processo di unificazione europea ancora immaturo. Sarebbe sembrato insensato ipotizzare allora il realizzato allargamento ad Est dell´Unione europea. Non esisteva l´euro e le principali competenze sovrane degli stati oggi aderenti all´Unione non erano state ancora devolute a Bruxelles e Strasburgo. Tuttavia l´affermazione di principio sardista, costituì una prima e forte denuncia dell´insufficienza e obsolescenza della Autonomia sarda e prefigurava la richiesta di nuove regole di sovranità e d´autogoverno attraverso una riforma federale che ridefinisse i rapporti con lo Stato centrale con un nuovo patto federale. Vista storicamente la richiesta era nella sostanza tanto giusta ed avanzata da suscitare entusiasmo e condivisione da parte di tanti sardi soffiando il “vento sardista” che , pur prematuramente rispetto a tempi migliori ebbe il merito d´innescare in Sardegna un ripensamento generale sulla questione sarda. Quel ripensamento, iniziato a trent´anni dalla prima riunione del Consiglio regionale, nella metà del sessantennio che celebriamo, riaccese il fuoco federalista all´interno della Repubblica e tutti noi ne godiamo oggi i frutti con una nuova e più avanzata consapevolezza autonomistica . Quell´affermazione d´indipendentismo federalista che tanta reazione generò fra i centralisti di ogni tipo, fu levatrice di un altro movimento che crebbe tanto da contribuire alla caduta della prima repubblica, imporre l´alternanza e diverse modifiche costituzionali in senso federalista . Quel movimento governa oggi l´Italia esprimendo fra l´altro anche il Ministro degli interni e si definisce nel suo statuto "Lega Nord per l´Indipendenza della Padania". Dal mio punto di vista, nella condizione politica italiana, pur aspirando ad un´Europa dei popoli più che a quella degli stati nazionali ottocenteschi, ferme le premesse di sistema, i termini autonomia e indipendenza praticamente coincidono, sono sinonimi che si caratterizzano esclusivamente per i contenuti concreti che vengono affiancati alla semplice enunciazione delle rivendicazioni . Ed è quindi sui contenuti concreti della riscrittura del Nuovo Statuto d´Autonomia speciale che si apre il confronto e la collaborazione per elaborare in tempi brevi un progetto all´altezza degli obiettivi del programma di governo della Sardegna e degli indirizzi del Consiglio regionale e non sui nominalismi. Per questo ritengo che se è ovviamente libera ciascuna forza politica facente parte della maggioranza di preferire un termine ad un altro come identificativo culturale e per tener fede ai dettami statutari, siano presenti nel programma della coalizione che ha vinto le elezioni tutti gli elementi di condivisione per mettere mano senza indugio alla riscrittura del nostro Statuto raggiungendo il massimo degli obiettivi di competenze e autogoverno raggiungibili nelle condizioni date. Fatto salvo il rispetto quasi religioso che ho per l´autonomia e le prerogative del Consiglio regionale, che possiede tutte le competenze e i poteri necessari per definire il percorso, i tempi e i metodi per raggiungere l´obiettivo di un nuovo Statuto, la Giunta che presiedo farà tutto il possibile affinché questo processo abbia inizio e termini il prima possibile in tempi utili, come realizzazione di uno dei temi principali del programma sottoscritto con gli elettori. Del resto in altri Stati europei il percorso di trasformazione federale vede altre Nazioni senza stato come la sarda, ottenere sempre più autonomia quasi statuale, con periodici aggiornamenti dei loro statuti. Ciò avviene nel rispetto dei generali mutamenti che avvengono nel tempo e delle occasioni politiche che si presentano nel rapporto con i loro Governi e parlamenti centrali, come ad esempio nella vicina Catalogna. Sempre questi esempi ci ricordano che le modifiche o riscritture degli Statuti abbisognano della coscienza di sé e del consenso delle maggioranze dei popoli per i quali si richiedono tali modifiche costituzionali e che avvengono gradualmente e per tappe successive. Vorrei introdurre il secondo punto della mia riflessione, per evitare che l´argomento della riforma Statutaria possa sembrare allontanarci dagli interessi materiali contingenti dei sardi, delle famiglie, dei giovani, delle donne, dei lavoratori o disoccupati, piccoli e medi imprenditori o operatori culturali e di tutti coloro che affrontano ogni giorno la difficile arte del vivere ed a volte del sopravvivere. Trovo che sia opportuno oltre rivendicarne la riscrittura, pretendere l´attuazione completa dello Statuto vigente in quelle parti per niente rispettate ed attuate nel governo della cosa pubblica. Voi sapete bene che molto depotenziamento degli effetti della nostra Autonomia è dipeso dallo Stato centrale che ha ritardato e omesso d´emanare molte norme d´attuazione dello Statuto. Questo è il caso dell´art. 12 che prevede la realizzazione di punti franchi nell´Isola. Sessanta anni fa era forte l´aspettativa dei nostri colleghi d´allora per la prevista realizzazione di una libertà doganale e fiscale che servisse a sconfiggere gli effetti del protezionismo centralista che tanti danni aveva fatto alla Sardegna abbattendo parte delle storiche diseconomie insulari, tariffarie e fiscali ostacolo allo sviluppo ed al benessere. Allora questa previsione inserita nello statuto, era il risultato di una visione profetica e lungimirante di federalismo fiscale dei padri dell´autonomia, non realizzata purtroppo in Sardegna nei 60 anni di vita autonomistica ma adottata in tutto il mondo ed in Europa come uno dei fattori principali di ricchezza e progresso sia in paesi sviluppati che in via di sviluppo. Nulla si mosse per realizzare la libertà fiscale e doganale prevista per la Sardegna con legge Costituzionale per quasi mezzo secolo, malgrado movimenti, dibattiti, proposte di legge presentate in tal senso. Solo nel 1998 a seguito di una forte mobilitazione sarda, fu emanata una norma d´attuazione dell´art. 12 dello statuto che disponeva la nascita di zone franche a Cagliari, Porto Torres, Oristano, Portovesme, Arbatax ed Olbia. Successivamente 21 aprile 1999 con Intesa istituzionale di programma fu prevista l´introduzione sull´intero territorio regionale di misure volte a realizzare una zona franca fiscale finalizzata all´abbattimento dei costi dei fattori produttivi. Ancora dopo nel 2001 veniva rafforzata con un ulteriore decreto d´attuazione la possibilità di decollo della Zona Franca di Cagliari stabilendo norme di gestione ed altro utile per una sua celere attivazione. Tempus fugit. Non è mia intenzione recriminare o cercare responsabilità di nessun tipo, m´importa però confermare l´impegno preso nel mio programma di governo di attivare ogni azione affinché il decreto che istituisce le zone franche in Sardegna attuando l´Art. 12 dello Statuto vigente divenga realtà. Sono convinto che la fiscalità di vantaggio per la Sardegna debba seguire un percorso specifico ed in forza delle ragioni della nostra Autonomia speciale, anche in altre zone interne ed urbane con tutte le diverse modalità possibili. Ma è inaccettabile che a distanza di sessanta anni i sardi non possano utilizzare uno strumento economico statutariamente previsto per attirare nuovi investimenti, capitali e opportunità per imprenditori sardi e provenienti fuori dall´Isola, creando occupazione e un aumento riqualificato del Pil della Sardegna. In questa riunione solenne, nel rispetto dei ruoli e delle competenze fra legislativo ed esecutivo ma conscio delle interrelazioni indispensabili per il generale buon governo, ho ritenuto affrontare questioni fra le tante degne di essere citate e che interessano il presente ed il futuro dei sardi. Questi temi rappresentano terreno di operatività alta per la nostra Assemblea legislativa e per l´Esecutivo regionale al fine, sempre ricordando i nostri illustri predecessori, di continuare ad operare nella migliore tradizione di autogoverno, di giustizia, solidarietà e libertà del popolo sardo. .  
   
 

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