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Notiziario Marketpress di Lunedì 09 Maggio 2005
 
   
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  NOMINA DI LORENZO BINI SMAGHI AL BOARD DELLA BCE  
   
  Bruxelles, 9 maggio 2005 - La Plenaria, come proposto dalla commissione per i problemi economici e monetari, è chiamata a confermare la nomina di Lorenzo Bini Smaghi quale membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea. A seguito dell'audizione tenutasi il 19 aprile 2005, la commissione parlamentare aveva emesso un parere favorevole a larga maggioranza (solo due voti contrari e 1 astensione, contro i 16 a favore). Il presidente della commissione, Pervenche Berès (Pse, Fr), nella motivazione che accompagna la relazione ora all'esame dell'Assemblea, ha precisato che il candidato dimostra di possedere le qualità necessarie alla sua funzione, tenuto conto delle esigenze enunciate dal Trattato: «integrità personale, autorità ed esperienza professionale riconosciute nel settore monetario e bancario». I dibattiti, ha aggiunto la relatrice, «hanno dimostrato che il candidato, europeo convinto, competente e realista, è dotato di un grande senso politico e della comunicazione». Pur non avendo risposto a tutti i quesiti, «egli ha dimostrato una grande apertura di spirito e dovrebbe apportare un approccio muldisciplinare al comitato esecutivo della Bce». Avuto il parere del Parlamento, spetta ai capi di Stato e di governo confermare la nomina. L'audizione Ruolo della Bce e contesto politico-istituzionale Nel suo intervento introduttivo, Lorenzo Bini Smaghi ha innanzitutto espresso gioia e soddisfazione personale per la nomina, "perché congiunge due passioni" che hanno accompagnato la sua vita professionale e il suo impegno civile: la costruzione europea e la politica economica. Egli ha quindi sottolineato come, nei primi anni di vita, la Bce abbia "affermato il suo ruolo", dando ai cittadini la stabilità del potere d'acquisto, superando difficoltà e vincendo "molte sfide". Una delle sfide più importanti che rimane da affrontare è il "contesto politico e istituzionale nel quale opera la Bce". Un banchiere centrale, ha precisato, "non può esimersi dal porre domande sull'assetto politico-istituzionale che lo circonda". A tale proposito ha quindi ricordato che, quando fu firmato il Trattato di Maastricht, la Bundesbank aveva osservato che la realizzazione di una unione politica era da considerarsi come condizione essenziale per il successo dell'unione monetaria. Per Bini Smaghi "l'Unione europea è una unione politica", in quanto riflette un comune impegno verso un'unione sempre più stretta tra i popoli europei. Egli ha quindi affermato che non si possono ignorare le attuali incertezze, non solo istituzionali, "ma anche sulla direzione che prenderà il processo di integrazione", anche perché la Bce "avrebbe difficoltà ad esercitare al meglio le sue funzioni se si arrestasse il processo di integrazione". La Bce, secondo Bini Smaghi, "è una delle istituzioni chiave dell'Unione" perché "interagisce giorno dopo giorno con i suoi cittadini, attraverso la moneta". L'euro, ha aggiunto, "è la testimonianza che l'Europa può fornire ai propri cittadini un bene pubblico - una moneta stabile - meglio di qualsiasi altra istituzione nazionale". La Bce, ha ribadito, ha bisogno di operare in un contesto istituzionale certo, che assicuri coesione economica, sociale e politica. La sfida della crescita Osservando che da cinque anni le previsioni di crescita economica dell'area euro sono riviste al ribasso, Bini Smaghi ha tuttavia respinto le accuse di parte della popolazione secondo cui la bassa crescita è da imputare alla Bce. Il suo ruolo, stabilito dal Trattato, è chiaro: sostenere la crescita economica, "purché questo non pregiudichi la stabilità dei prezzi". E la Bce, ha aggiunto, ha agito coerentemente con questo obiettivo: livelli di tassi d'interesse così bassi in Europa "dimostrano che l'andamento dell'economia è un elemento essenziale nelle decisioni di politica economica". Se così non fosse stato, ha quindi spiegato, i tassi sarebbero oggi al 5% invece che al 2%. Il rallentamento economico, secondo Bini Smaghi, "ha natura strutturale". In tale contesto, ha quindi sottolineato la necessità di realizzare un mercato interno pienamente integrato. In Europa, ha aggiunto, non è stato possibile far beneficiare i cittadini di tassi d'interesse bassi come è avvenuto negli Usa a causa "della rigidità dei mercati del lavoro e dei beni e per l'ancora insufficiente integrazione dei mercati finanziari". Impedire questa integrazione, ha ammonito, non significa solo impedire il buon funzionamento dell'economia europea, ma anche "ostacolare lo sviluppo della nostra capacità competitiva nel resto del mondo". A nome del suo gruppo, Paolo Cirino Pomicino (Ppe/de, It), precisando di non appartenere "a quanti danno alla Banca centrale europea la responsabilità del rallentamento economico", ha chiesto "come mai l'economia non parte", se è vero che la politica monetaria sin qui seguita dalla Bce si è fatta carico dei problemi di crescita economica. Osservando poi come in alcuni Stati membri, a differenza di altri come l'Italia e la Germania, vi sia una "crescita sostenuta", ha chiesto se ci debba essere un'accentuazione della politica della domanda, a cui farebbe pensare la riforma del Patto, oppure se non è giunta l'occasione "perché i problemi strutturali siano affrontati attraverso una diversa e più forte politica dell'offerta". Bini Smaghi, sottolineando come il problema non sia solo europeo ma anche mondiale, ha sostenuto che il motivo principale del rallentamento economico in Europa è da individuare nel fatto "che i consumatori e gli imprenditori non hanno fiducia nel futuro". Ciò comporta l'assenza di incentivi "a indebitarsi per sviluppare programmi di investimento o per consumare di più". Questa mancanza di fiducia è dovuta, soprattutto, a "una serie di sfide dal punto di vista della dinamica del debito pubblico". Guardando il processo di invecchiamento della popolazione europea e le stime in termini di costi del welfare europeo, ha spiegato, appare "che l'attuale sistema non è sostenibile". Molti cittadini e imprenditori "se ne sono resi conto" e hanno paura di investire o di consumare, "se poi dovranno far fronte ad un aumento del sistema impositivo e ad un aumento delle tasse per finanziare un sistema di welfare che non è sostenibile". Senza riforme - soprattutto nei paesi più grandi dell'Unione, come Francia, Germania e Italia - rimarrà l'incertezza e la poca fiducia nei cittadini nei confronti del futuro. Ciò, ha proseguito, avrà un impatto sia sulla politica monetaria sia su quella di bilancio: "chi pagherà il debito che creiamo oggi?". A suo parere, questo problema dimostra la difficoltà di agire attraverso la leva monetaria e la leva di bilancio. Dicendosi quindi d'accordo sulla necessità di attuare politiche dell'offerta e la liberalizzazione dei mercati, ha però ribadito che occorre soprattutto risolvere "l'incertezza del sistema pensionistico e di welfare che grava molto sulla fiducia dei cittadini oggi". "Lavorare di più, aumentare l'occupazione e la produttività", ha risposto a un deputato che poneva la questione dell'occupazione in Europa. L'ideale sarebbe stabilizzare i livelli di reddito, ma in un mondo globale sono anche necessarie maggiore competitività e produttività. Mentre la Germania è riuscita ad essere competitiva sui mercati internazionali ma ha problemi sul fronte dell'occupazione, ha detto, "l'Italia invece ha aumentato l'occupazione a scapito della competitività". La differenza tra l'inflazione percepita e quella reale, sollevata dalla Presidente della commissione parlamentare, "è un problema politico che va affrontato con responsabilità", garantendo la stabilità dei prezzi per ridare fiducia ai cittadini. Se l'inflazione reale fosse pari a quella percepita, ha aggiunto, l'Europa sarebbe in una fase di recessione e non di rallentamento. Bisogna pertanto difendere le istituzioni responsabili della misurazione dell'inflazione e convincere i cittadini che l'inflazione è veramente al 2%. Il nuovo Patto di stabilità Bini Smaghi ha negato di avere un posizione diversa da quella della Bce sulla riforma del Patto di stabilità, come affermato da un deputato. Si tratta poi di vedere come esso sarà applicato dagli Stati membri. "Non è vero che c'é un grande margine di manovra" e "non è vero che gli Stati membri possono fare quello che vogliono", ha affermato. Le regole ci sono ancora e il limite del 3% resta valido, seppur con alcune deroghe di lieve importanza, mentre le procedure restano chiare e continueranno ad applicarsi. Queste regole, ha aggiunto, avrebbero risolto la disputa procedurale del novembre 2003 tra Consiglio e Commissione e avrebbero permesso all'Esecutivo di esercitare maggiori pressioni sugli Stati membri nel 1999-2000. A tale proposito, Bini Smaghi ha anche negato che i poteri della Commissione potessero risultare indeboliti dal nuovo Patto, affermando che essa detiene ancora ampi poteri preventivi. La ratifica della Costituzione Interrogato sulla Costituzione, Bini Smaghi ha affermato il suo forte sostegno a favore della ratifica. Egli ha quindi affermato che i fautori del "no" che auspicano una maggiore integrazione europea farebbero il gioco di chi, invece, non ne sostiene la ratifica temendone un rafforzamento. L'idea dei primi, "rispettabile ex ante", potrebbe avere "effetti devastanti" a posteriori. La vittoria del "no", ha aggiunto, porrebbe problemi alla Bce perché creerebbe maggiore incertezza. I mercati elaborano già ipotesi di aumento dei tassi d'interesse e del loro divario tra i diversi Stati membri. Ciò significherebbe anche un indebolimento del Patto e la Bce, lavorando sulla base del Trattato di Nizza, avrebbe maggiori problemi per garantire la stabilità. Rispondendo a Enrico Letta (Alde/adle, It), Bini Smaghi ha affermato che sarebbero gli Stati membri ad elevato debito pubblico, come l'Italia, a risentire maggiormente dell'impatto sui tassi d'interesse di un esito negativo del referendum sulla Costituzione, così come "il referendum del 1992 portò all'uscita della lira dallo Sme". Egli ha comunque espresso l'auspicio "che questa analogia non si ripeta". Ampliamento dell'area euro Lo stesso deputato - che ha ritenuto "molto convincenti" le risposte sul ruolo della Bce e sul Patto di stabilità che hanno chiarito "in modo molto netto e importante" il fatto che il nuovo Patto "non autorizza politiche di bilancio più flessibili o allegre rispetto sia al deficit che al debito" - ha poi chiesto dell'ampliamento dell'area euro e, in particolare, dell'ingresso della sterlina nella moneta unica. A questo proposito, Bini Smaghi ha ricordato che vi sono già altri paesi nel sistema monetario europeo 2 e che, entro la fine di questo decennio, una parte di questi saranno già entrati nell'area dell'euro. Naturalmente, ha spiegato, "tutto questo pone una serie di problemi di convergenza e anche di accettazione", augurandosi che il change over "sarà gestito in modo più efficace che da noi". La sterlina nell'Uem "amplierebbe notevolmente la capacità dell'euro di diventare una vera alternativa al dollaro" tuttavia, ha rilevato, "crea una serie di problemi più politici che economici, perché oramai l'integrazione del Regno Unito nell'area dell'euro è fortissima".  
     
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