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Notiziario Marketpress di
Venerdì 01 Giugno 2012 |
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AOSTA (MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE): WASSILY KANDINSKY E L’ARTE ASTRATTA TRA ITALIA E FRANCIA REALIZZATA DALL’ASSESSORATO ISTRUZIONE E CULTURA DELLA REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA IN COLLABORAZIONE CON LA FONDAZIONE ANTONIO MAZZOTTA, MILANO A CURA DI ALBERTO FIZ CON LA CONSULENZA SCIENTIFICA DI PIETRO BELLASI E GUIDO MAGNAGUAGNO |
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Una grande rassegna con oltre 90 opere Per l’occasione viene ricostruita la Sala da Musica dell’Esposizione di Architettura di Berlino del 1931 disegnata da Kandinsky e Alessandro Mendini rende un omaggio speciale al maestro russo Dopo il successo ottenuto da Eiapopeia. L’infanzia nell’opera di Paul Klee, poi ospitata al Klee Zentrum di Berna, il Museo Archeologico Regionale di Aosta propone dal 26 maggio al 21 ottobre 2012 la grande mostra Wassily Kandinsky e l´arte astratta tra Italia e Francia, che comprende oltre 90 opere. L’evento è incentrato sull’ultimo ventennio della produzione del maestro russo ed evidenzia rimandi e confronti con Italia e Francia. La rassegna a cura di Alberto Fiz, realizzata dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta in collaborazione con la Fondazione Antonio Mazzotta, porta l’attenzione sull’iter creativo di Kandinsky in un percorso che prende avvio dal 1925, quando termina la stesura del fondamentale manoscritto Punto, Linea, superficie (verrà pubblicato nel 1926), e termina nel 1944, anno della sua scomparsa. La mostra si apre con Spitz-rund (Appuntito tondo), del 1925, proveniente dall’Accademia Carrara, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, dove compare il riferimento al cerchio come elemento cosmico, e si conclude con Isolation, un’emblematica testimonianza del 1944. Il progetto si avvale di un prestigioso comitato scientifico di cui fanno parte Pietro Bellasi, Riccardo Carazzetti e Martina Mazzotta Lanza. Le opere di Kandinsky sono oltre 40, tra cui spiccano alcuni capolavori degli anni Trenta e Quaranta mai presentati prima d’ora in Italia. Tra i più celebrati maestri del ‘900, pittore e teorico, ma anche personalità dedita a diversi interessi, tra cui la musica e la scenografia (ha creato alcune composizioni sceniche teatrali), Kandinsky non solo è il fondatore dell’astrattismo, ma ha attraversato stagioni diverse, passando da una fase iniziale simbolista all’esperienza Bauhaus, fino al periodo parigino degli ultimi anni in cui recupera il rapporto con la natura. Le testimonianze in mostra provengono da collezioni pubbliche e private italiane e straniere tra cui: Accademia Carrara, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo, Mart Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Csac – Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università degli Studi di Parma, Civica Biblioteca d’Arte di Milano, Fondazione Marguerite Arp di Locarno, Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Locarno e la raccolta privata dell’artista Max Bill. Si possono ammirare, inoltre, significativi lavori di artisti con cui l’opera di Kandinsky ha instaurato un dialogo fecondo e creativo come Jean Arp, Sophietaeuber-arp, César Domela, Florence Henri, Joan Miró, Francis Picabia e gli italiani Piero Dorazio, Gillo Dorfles, Alberto Magnelli, Alessandro Mendini, Gianni Monnet, Mauro Reggiani, Ettore Sottsass, Atanasio Soldati e Luigi Veronesi. In una mostra ricca di sorprese, è stata ricostruita la Sala da Musica dell’Esposizione Internazionale di Architettura a Berlino del 1931 in cui, su disegno di Kandinsky, fu realizzata una decorazione murale in ceramica. Con la collaborazione dello Sprengel Museum di Hannover, viene inoltre proposta, in una sala dedicata, la registrazione della “composizione scenica” di Kandinsky, Violett, con scenografie realizzate su suo disegno. La registrazione ripropone la trasposizione a cura del Verein Kunst und Bühne di Hannover tenutasi presso lo Sprengel Museum di Hannover nel 1996. Dalla rassegna, dunque, emerge la figura poliedrica di Kandinsky, nonché la relazione tra arte e musica così importante nella sua ricerca. Il carattere trasversale del progetto offre l´opportunità di un´approfondita analisi critica in un contesto che coinvolge Italia e Francia e in questa direzione non mancano prospettive d’indagine, talvolta inedite, di sicuro interesse. “Il linguaggio sviluppato da Kandinsky come progressiva tensione di forze conduce ad un superamento dei canoni estetici tradizionali e alla conquista di nuove prospettive spaziali che saranno determinanti per l’arte del secondo dopoguerra con riflessi sull’espressionismo astratto americano”, afferma Alberto Fiz. Negli anni del Bauhaus, Kandinsky si concentra sulla linea piuttosto che sul colore e descrive i suoni che scaturiscono dagli angoli retti, acuti e ottusi. L’artista non dipinge oggetti che derivano il loro significato dal mondo esterno, ma utilizza le forme astratte nel loro valore esclusivamente pittorico e immanente. I triangoli sono collocati gli uni sugli altri o l’uno accanto all’altro ma, pur costringendosi all’interno di un vocabolario limitato, l’artista investe la pittura di variazioni straordinarie, non realizzando mai moduli ripetitivi o prevedibili. In mostra, lo dimostrano opere come Rot in Spitzform, del 1925 proveniente dal Mart di Rovereto, o Quatre, del 1934. Sin dalla fine degli anni Venti, si percepisce una nuova libertà, un più consapevole senso dello spazio in opere profondamente poetiche quali Schwarzes Stäbchen (Bastoncini neri), o Dumpf-klar (Cupo-chiaro), entrambi del 1928. “Il punto”, scrive Kandinsky, “è la forma interiore più concisa. Esso è introverso, significa silenzio, non presenta la minima tendenza al movimento in nessuna direzione, né orizzontale, né verticale. Non avanza e non retrocede.” Dopo la chiusura del Bauhaus, alla fine del 1933 Kandinsky, con la moglie Nina, si trasferisce a Parigi e su consiglio di Marcel Duchamp prende un appartamento a Neuilly-sur-seine. Nella capitale francese rimarrà per undici anni e sebbene appaia piuttosto isolato in una città dove dominavano i surrealisti, la sua ricerca trova nuovi stimoli giungendo a risultati del tutto innovativi spesso non sufficientemente valorizzati. Mettere in rilievo l’indagine del periodo parigino è uno degli obiettivi principali della rassegna che presenta una serie di capolavori quali Noir bigarré del 1935, Voisinage del 1938, Au milieu e Balancement del 1942. Come ricorda Alberto Fiz, “in questi anni l’astrazione non è più un dogma assoluto e Kandinsky si rivolge al mondo della natura attingendo ad un universo infinito di immagini lenticolari o invisibili”. Così amebe, embrioni, morfologie di cellule organiche e creature marine compaiono nei suoi dipinti accanto ad elementi geometrici o a riferimenti segnici che rimandano all’oriente o alla cultura russa. Sono opere che nascondono una forte insofferenza, un afflato verso la libertà del linguaggio e, persino, una sottile ironia. Non è un caso che ad apprezzare compiutamente il suo lavoro sia Frank Stella, maestro della pop arte e del minimalismo, che si è mosso con straordinaria autonomia nell’ambito dell’astrattismo. L’artista americano, infatti, ha individuato nelle opere realizzate da Kandinsky nel periodo parigino un tentativo di superamento del mondo bidimensionale dell’arte astratta creando un nuovo tipo di spazio pittorico senza, peraltro, sconvolgere la prospettiva classica e l’illusionismo tridimensionale. Il processo di crescita della forma e l’esplorazione del mondo scientifico forniscono a Kandinsky la risposta alle proprie inquietudini. Kandinsky a Parigi instaura un rapporto di amicizia con Jean Arp e Sophie Taeuber-arp, Alberto Magnelli e Joan Miró, tutti presenti in mostra a testimonianza del dialogo intenso e delle reciproche consonanze. Nella rassegna, la prospettiva si amplia e Magnelli è presente in mostra con una serie di composizioni particolarmente significative realizzate tra il 1937 e il 1943 dove non mancano elementi che modificano il rigido costruttivismo delle forme con elementi che richiamano le opere ultime del maestro russo. Proprio Magnelli, a proposito di Kandinsky, ricorda “quanto nitido fosse ciascun segno, da quanto ogni forma da lui pensata fosse perfettamente precisa; nulla era lasciato al caso e nulla era imprevisto”. Anche con Miró si sviluppa un rapporto di ammirazione: Kandinsky non solo visita la sua mostra alla Galerie Jean Bucher nel 1943 ma lo descrive come “il piccolo uomo che dipinge sempre grandi tele, un vero vulcano che progetta i suoi dipinti.” E non c’è dubbio che le forme biomorfe di Mirò e di Arp si relazionino con le opere di Kandinsky tese verso la degeometrizzazione. Di notevole importanza è, poi, il rapporto di Kandinsky con l’Italia come conferma la sua prima personale organizzata tra aprile e maggio del 1934 alla Galleria del Milione di Milano, di cui in mostra è esposto un acquarello (Versunken – Immerso, 1929). A testimoniare questa relazione non sempre facile o immediata ma di grande rilievo, sono esposte opere di Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Mauro Reggiani, Ettore Sottsass, Luigi Veronesi e Atanasio Soldati. Di quest’ultimo, per esempio, viene presentata Trenta, una riflessione sulle forme segniche, che si pone in diretta relazione con l’opera omonima realizzata da Kandinsky nel 1937. Ma non c’è dubbio che l’uscita dal geometrismo abbia avuto proprio nella pittura del maestro russo un riferimento imprescindibile, così come talune deviazioni di carattere immaginifico che compaiono, ad esempio, nelle opere di Soldati, Dorfles o Monnet. Nel dopoguerra, poi, in Italia un ruolo importante per la totale comprensione dell’arte di Kandinsky è svolta da Piero Dorazio che lo considera “il grande innovatore della pittura contemporanea per il mezzo secolo che si apre ora.” Dorazio, presente in mostra con una rara serie di opere kandinskiane realizzate tra il 1946 e il 1954, è tra coloro che con maggior lucidità rivalutano la lezione del maestro russo dopo la sua morte. In occasione della Biennale di Venezia del 1950, dove Kandinsky è presente con una sala personale, Dorazio scrive a Nina Kandinsky: “La sala Kandinsky è per tutte le persone intelligenti che conosco una vera rivelazione e, in sintesi, il risultato della Biennale è che ciò che si vede sono Kandinsky e Magnelli.” E’ presente, inoltre, il riferimento al design di Alessandro Mendini che offre un vero e proprio omaggio a Kandinsky realizzando un ambiente interamente ispirato al maestro russo con un arazzo, un dipinto, una credenza, una specchiera e il divano Kandissi del 1978, una delle realizzazioni più celebri di Alchimia dove si realizza una contaminazione tra colore e forma, perfettamente coerente con le teorie di Kandinsky. Come scrive Mendini, “La composizione degli oggetti è fatta di segni visivi, gli stilemi sono degli alfabeti adatti a invadere ogni cosa. E’ un processo continuo, energetico, infinito”. La mostra è accompagnata da un’importante pubblicazione in italiano e francese, edita dalla casa editrice Mazzotta, con testi di Alberto Fiz, Pietro Bellasi, Cristina Casero, Gillo Dorfles, Alessandro Mendini, Marco Vallora e con apparati. Www.regione.vda.it |
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MILANO (PALAZZO REALE): “CLOSE TO ME”, INSTALLAZIONI SONORE DI SUSAN PHILIPSZ - FINO AL 23 SETTEMBRE
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In occasione del Vii Incontro Mondiale delle Famiglie, il Comune di Milano ospita a Palazzo Reale la mostra di Susan Philipsz intitolata “Close to me”, aperta al pubblico dal 1° giugno al 23 settembre 2012. La mostra, promossa da Comune di Milano – Cultura, Moda e Design, Palazzo Reale e Artache, è curata da Stefania Morellato e Don Luigi Garbini. Susan Philipsz crea opere sonore, senza l’introduzione di nuovi elementi materiali se non il suono, sfruttando le potenzialità architettoniche e paesaggistiche del contesto in cui si collocano. In questo caso le installazioni dell’artista dialogano con gli spazi straordinari di Palazzo Reale, della sua corte e dell’attigua chiesa di San Gottardo, cappella del Palazzo. “La riflessione sul tema della famiglia, che accompagnerà la visita del Papa a Milano – ha detto l’assessore alla Cultura Stefano Boeri – include la varietà di forme del vivere comune e i loro rituali culturali e religiosi, il tutto all’interno di una più generale interrogazione sul senso del fare famiglia oggi. Per questo abbiamo voluto invitare una grande artista come Susan Philipsz affinché ci aiutasse a capire l’ampiezza del tema della famiglia, svelandocene insieme le forme originali e le strutture profonde. Grazie a Susan Philipsz – ha proseguito – inauguriamo oggi anche un rapporto nuovo tra Palazzo Reale e la chiesa di San Gottardo in Corte, che ci auguriamo possa continuare”. I lavori di Susan Philipsz costituiranno un “percorso sonoro” che accompagnerà il visitatore dal cortile di Palazzo Reale alla chiesa di San Gottardo in Corte, attraverso un passaggio interno al Palazzo. Apre il percorso “Weep, O Mine Eyes” (2010), installazione sonora collocata nel cortile interno di Palazzo Reale e basata su un madrigale a quattro voci di John Bennet. L’opera è attivata a intervalli regolari durante tutto l’orario di apertura al pubblico della mostra. In questo modo non solo il visitatore, ma anche il passante occasionale, diventerà necessariamente protagonista di una nuova “storia” spirituale, che coinvolgerà il luogo e contemporaneamente il suono e aggiungendo alla visione dei luoghi una diversa intensità spirituale e una nuova connotazione di significati. Così, portando all’aperto di un cortile una forma che nasce in chiave domestica, Susan Philipsz ribadisce il potere straniante e coinvolgente dell’immaginazione musicale quasi un ritorno alla “lingua madre” [matricale] di ogni espressione umana, per sondare le relazioni famigliari. Quattro monitor costituiscono l’”hardware” dell’opera seguente, che collega il cortile di Palazzo Reale con la sua cappella palatina: Susan, Barbara, Joan and Sarah; “A Song Apart” (1997) è infatti un video a quattro canali in cui Susan e le sue sorelle cantano “Swiftly Flowing Elba” in momenti e luoghi diversi. Un canto originariamente familiare e privato acquista un significato diverso e un ruolo determinante nella riflessione sul tema del Vii Incontro Mondiale delle Famiglie, perché proprio la famiglia, in quanto soggetto dell’opera sonora, viene collocata naturalmente sullo sfondo delle architetture di Palazzo Reale. Chiude il percorso espositivo l’installazione sonora che dà il titolo alla mostra, “Close to me”. L’opera è stata espressamente pensata per il Vii Incontro Mondiale per le Famiglie e creata dall’artista appositamente per Milano. “Close to me”, che verrà installata all’interno della cappella di Palazzo Reale – la chiesa di San Gottardo in Corte – è stata realizzata sulle note di un inno che l’artista ha cantato a Glasgow nel 1982 quando aveva appena nove anni per la visita del Papa, allora Giovanni Paolo Ii. Un canto che Susan Philipsz ripropone oggi, eseguito insieme alle sue tre sorelle. Info: “Close To Me” - Susan Philipsz - Palazzo Reale e Chiesa di San Gottardo in Corte - 1° giugno/23 settembre 2012 - www.Comune.milano.it/palazzoreale |
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CASTELLO DI RIVOLI - MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA: LA GRANDE MOSTRA OLTRE IL MURO / BEYOND THE WALL - CURATORE BEATRICE MERZ |
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Oltre il muro / Beyond The Wall - Il patrimonio del Museo tra progetti, percorsi speciali e ultime acquisizioni - The Museum’s Heritage Between Special Projects and Recent Aquisitions a cura di Beatrice Merz Oltre il muro, tramite un allestimento del tutto inedito e sperimentale, propone non solo una rilettura della collezione, ma anche dello stesso ruolo del Museo. Una sorta di gioco ribalterà i ruoli chiave di curatore e visitatore, portando quest’ultimo a cercare uno o più percorsi personali tra le opere. Le opere selezionate dal curatore Beatrice Merz, propongono infatti la messa in gioco dei concetti di limite, confine, luogo e memoria. Il Museo: i muri, pareti e quinte, segni del sogno incompiuto di Vittorio Amedeo Ii e del suo architetto, sono spesso testimonianze esorcizzate – degradate dal tempo e dalla storia – di altri artisti che nelle sale del Castello lavorarono al tempo della Residenza storica e che ora offrono la sfida agli artisti contemporanei per un confronto con se stessi, con la propria capacità e volontà di attraversare le barriere, fisicamente, concettualmente e politicamente, mettendosi in gioco per superare – profeticamente – la logica della distanza e della separazione. Nell’interpretazione dell’arte i muri, nati come separazione, si ritrovano ad essere elementi per estreme comunicazioni, luoghi ed epifanie di situazioni dolorose di convivenza, di scontro o di oppressione, di speranza o di inquietudine. I blocchi e le pareti possono essere infatti mentali, fisici, culturali o economici. In mostra sono allestite le opere di oltre 55 artisti su tre piani espositivi. Tra gli artisti in mostra figurano: Franz Ackermann, Armando Andrade Tudela, Giovanni Anselmo, Francesco Arena, Yael Bartana, Lothar Baumgarten, Elisabetta Benassi, Gianni Berengo Gardin, Alighiero Boetti, Christian Boltanski, Pier Paolo Calzolari, Maurizio Cattelan, Nicola De Maria, Luciano Fabro, Peter Friedl, Yang Fudong, Hamish Fulton, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Gilbert & George, Jean-luc Godard/anne-marie Mieville, Nan Goldin, Andreas Gursky, Mona Hatoum, William Kentridge, Jannis Kounellis, Sigalit Landau, Sol Lewitt, Goshka Macuga, Masbedo, Ana Mendieta, Mario Merz, Marisa Merz, Marzia Migliora, Reinhard Mucha, Bruce Nauman, Shirin Neshat, Helmut Newton, Claes Oldenburg – Coosje Van Bruggen, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Susan Philipzs, Michelangelo Pistoletto, Robin Rhode, Pipilotti Rist, Matheus Rocha Pitta, Tim Rollins, Michal Rovner, Thomas Ruff, Doris Salcedo, Pia Stadtbäumer, Hannah Starkey, Emilio Vedova, Francesco Vezzoli, Bill Viola, Ai Weiwei, Robert Wilson, Joel-peter Witkin e Gilberto Zorio. La mostra La rassegna si apre con il riallestimento, nell’atrio juvarriano del Castello, dell’opera sonora The Internationale, 1999 di Susan Philipsz, per proseguire al primo piano del Museo con la sala 1 dove il percorso propone una sorta di analisi comparata tra diverse sensibilità nei confronti della geografia, intesa qui come scrittura del mondo, narrazione attraverso lo spazio di opere storiche della collezione come Rivoli Mud Circle, 1996, di Richard Long, con il disegno su parete dato dall’impronta della mano nel fango e dal coinvolgimento diretto del corpo dell’artista nell’atto creativo, messa a confronto con Dropping a Han Dinasty Urn, trittico fotografico del 1995 di Ai Weiwei dove l’artista è ritratto nell’atto di scaraventare a terra un’urna della dinastia Han, con la perturbante presenza di O my friends, there are no friends, 2011, di Sigalit Landau insieme al trittico di stampe fotografiche Hoffnung. La Gran Sabana, 1977, di Lothar Baumgarten e alla recente acquisizione della grande opera Failed States, 2011, di Peter Friedl, opera composta da venti bandiere, dove i temi dell’identità e del confine finiscono per invadere l’intera parete in una composizione di diversità. La seconda sala ospita il video Teorema di incompletezza, 2008, dei Masbedo. L’opera - coerentemente con il tema dell’allestimento - indaga una delle possibili declinazioni del concetto di muro e incomunicabilità attraverso il racconto della distruzione dell’intimità di una coppia. Le due sale successive presentano opere appositamente create per il Castello di Rivoli e divenute ormai storiche come Cinque o sei lance spezzate a favore del coraggio e della virtù, 1985, di Nicola De Maria, che accoglie al suo interno Senza titolo, 1997, di Marisa Merz o, nella successiva sala 4, la monumentale Panels and Tower with Colours and Scribbles, 1992, di Sol Lewitt. La sala successiva propone invece un inedito confronto tra diverse modalità di percezione e interpretazione dello spazio, dell’osservazione e del ruolo del visitatore di fronte all’opera d’arte con May Day V, 2000, di Andreas Gursky che si riflette ne L’architettura dello specchio, 1990, di Michelangelo Pistoletto o la Venere degli stracci, 1967, dello stesso artista, messa in rapporto con Italia all’asta, 1994, di Luciano Fabro. Anche la sala sei propone un inedito dialogo attraverso il percorso di due fotografi molto distanti tra loro, Nan Goldin e Mario Giacomelli: in entrambi gli artisti il senso di superamento del muro è dato dall’affrontare il tema dell’umanità e del distacco, della solitudine e del frammento, attraverso un profondo contatto con il vissuto di vere e proprie famiglie allargate e diversamente convenzionali. Attraverso la sala dedicata all’installazione permanente di Franz Ackermann si arriva all’opera del giovane artista sudafricano Robin Rhode, Promenade, 2008, videoanimazione dove viene messa in essere una vera caduta del muro, un suo minaccioso annullamento, con tanto di protagonista in fuga. La sala 8 ospita invece opere di artisti che hanno nel tempo affrontato in modo diverso i temi del superamento del limite e del luogo di rappresentazione: Giulio Paolini con l’aereo Il cielo e dintorni, 1988, Alighiero Boetti con Catasta, 1966 e Pier Paolo Calzolari con Scalea (mi rfea pra), 1968 o hanno messo il peso delle chiusure, delle gabbie e delle costrizioni e impossibilità quali Doris Salcedo con Untitled, 2008. La sala 9 accoglie cinque straordinari scatti di Gianni Berengo Gardin dove insieme a By Any Means Necessary (after Malcolm X), 2008 di Tim Rollins il tema affrontato parla di rivendicazione e capacità di riscatto. La successiva sala 10 presenta ancora opere di artisti dell’ultima generazione da poco entrati a far parte del patrimonio del Museo: Francesco Arena con un’opera fortemente legata alla narrazione della società contemporanea come Genova (Foto di gruppo), 2011 citazione del G8 svoltosi a Genova nel 2001, e Elisabetta Benassi con l’analisi e nuova narrazione della storia in opere come Them, otto acquerelli del 2010. La sala 11 ospita invece i lavori di Matheus Rocha Pitta Apprehension table, 2008, Untitled. Still of Drive Thru #1, 2007 e il video Drive Thru #1, 2007. La successiva sala 12 ospita invece la composizione video in dodici movimenti France/tour/detour/deux/enfants esperimento di Jean-luc Godard e Anne-marie Mieville del 1978, saggi per immagini e parole che sintetizzano un discorso articolato sulle implicazioni ideologiche e sociali innescate dalla televisione. Si prosegue nella la sala 13 dove è ospitato un serrato dialogo del tutto inusuale sulla pittura e sul suo rapporto con l’ambiente attraverso opere di Gilberto Zorio, Macchia Iii, 1968, due importanti quadri di Emilio Vedova, Thomas Struth con Audience 11, 2004 e le recenti acquisizioni di Luigi Ontani Raffaello, 1972 e Leonardo, 1970. Nella sala 14 è invece proposta, insieme all’irruente installazione di Claes Oldenburg e Coosje Van Bruggen Dropped Flower, 2006, una coppia di opere di Thomas Ruff: un confronto che rimanda a illogiche fiction. La sala 15 evoca ancora un senso di straniamento e di fuga con l’opera Novecento, 1997 di Maurizio Cattelan che ironicamente punta The Brandenburg Gate and The Berlin Wall, 1987, di Helmut Newton; dalla sala a fianco affiorano dalla parete lavori di straordinaria forza quali El Ixcell Negro, 1977, Silueta de Cohetes, 1976, Silueta series, 1974 e Burial Pyramid, Yagul, Mexico, Summer 1974 di Ana Mendieta, piccole anticipazioni della grande personale che il Castello di Rivoli dedicherà in autunno all’artista cubana, accompagnata da Particolare, 1972-2011 di Giovanni Anselmo. Il percorso al primo piano si conclude con l’interrogativo aperto dall’opera Pier Paolo Pasolini 2009, 2009 di Marzia Migliora. L’artista è presente in mostra anche con il progetto speciale Viaggio intorno alla mia camera che coinvolge – attraverso una chiamata alla partecipazione attiva – la struttura vivente dei visitatori. Una trentina di sedute prestate dal pubblico troveranno posto nelle sale dialogando con gli spazi e con le opere esposte, accogliendo i visitatori e invitandoli ad una sosta per la contemplazione, mettendo in atto un processo di scambio tra dimensione pubblica e privata. Nell’ampio spazio della sala 18, il secondo piano della Residenza è aperto dalla grande video installazione Cracks In Time, 2009-12, di Michal Rovner. Nel caso di questo nuovo allestimento si è individuata l’opera dell’artista israeliana quale emblema o figura portante del progetto, per forza simbolica, estetica e di impatto. Attraversando la sala 19 che ospita l’installazione permanente di Reinhard Mucha Mutterseelenallen, 1989-2000, si prosegue con due opere dedicate all’evocazione del respiro, della possibilità di uscita e di confronto con la natura Respirare l’ombra, 1999, di Giuseppe Penone nella sala 20 e Kailash Kora, 2007, di Hamish Fulton nella sala 21: a quest’ultima si affianca un video storico del 1979 di Bill Viola Chottel-djerid (A Portrait in Light and Heat), in questo miraggi causati dal calore del sole e la perdita di visibilità dovuta a tempeste di neve, offrono immagini al limite della percezione. La sala successiva ospita la complessa installazione composta da due opere di Christian Boltanski, Children e Containers, 2010-11 dove l’artista affronta la memoria della perdita con riferimenti alla barbarie della Shoah. La sala 23 ospita il video storico del 1967-68 di Bruce Nauman Art Make-up: partendo dal presupposto che ogni azione umana è degna di attenzione - anche la più semplice o contraddittoria - l’artista in questo caso copre il proprio viso e torso con strati di colore. Nelle due sale adiacenti si prosegue con un trittico di video di Robert Wilson, atmosfere sinistre, gelide, surreali convivono con situazioni minimali e gesti ripetuti giungendo poi nell’installazione permanente Yurupari di Lothar Baumgarten, 1984. Ritornando su se stessi incontriamo nella sala cinese lo spazio antropico della Tenda di Gheddafi, 1968-1981 di Mario Merz: qui il visitatore è invitato a prendersi una pausa prima affrontare il forte impatto della sala 28 con opere di Hannah Starkey, Joel-peter Witkin, Pia Stadtbäumer e Helmut Newton. La successiva sala 29 che presenta invece la monumentale videoinstallazione Revival Of The Snake del 2005 dell’artista cinese Yang Fudong, la cui opera riporta alla cruda realtà della funzione militare con le sue contraddizioni, anomalie e finzioni. Nella sala 30 si può leggere un racconto attraverso i disegni a biro che compongono l’opera di recente acquisizione Esquinas, 2007-2008 del giovane artista peruviano Armando Andrade Tudela, mentre nella sala 31 è proposta ai visitatori la selezione di immagini dell’artista Luigi Ghirri, recentemente protagonista di una personale di successo al Castello di Rivoli. Il piano si conclude con le grandi installazioni Senza Titolo, 2009, di Jannis Kounellis e The Nature Of The Beast, di Goshka Mačuga, rispettivamente nelle sale 32 e 33; le opere ci riportano l’attenzione alla necessità indiscutibile di mantenere viva memoria e testimonianza delle verità storiche, sociali e culturali. Il terzo piano del Museo è quasi esclusivamente dedicato a grandi proiezioni e installazioni. Introdotto da Doubles, 1989, di Gilbert & George, nella prima sala i visitatori incontrano per la prima volta al Museo l’opera video di Yael Bartana, Mary Koszmary, 2007 nella quale l’artista esplora una serie complessa di rapporti sociali e politici tra ebrei, polacchi e altri europei nell´era della globalizzazione. Lo spazio della sala 35 ospita invece l’opera a pavimento Undercurrent (Red), 2008 di Mona Hatoum; nella successiva sala 36 la grande videoistallazione ultimo lavoro dell’artista iraniana Shirin Neshat Overruled, 2012. L’opera riflette sulla storia contemporanea dell´Iran sotto il dominio dispotico attraverso il contrasto con le tracce della propria storia antica al tempo di Mansur Al-hallaj, il grande mistico sufi smembrato per l´accusa di eresia nel 922 d.C. Seguono William Kentridge con Day for Night, 2003, nel quale l’artista sudafricano ispirato da una autentica invasione di formiche avvenuta nel suo studio, ne filma le fila e ricostruisce con esse sagome e tracce di percorso; si conclude con il grande video di Francesco Vezzoli Trailer per un rifacimento di Caligola di Gore Vidal, 2005, ancora una parodia per un percorso imbevuto di sollecitazioni, di inviti alla riflessione e a prendere posizione per superare i molti muri che compongono la nostra società contemporanea così curiosamente globalizzata |
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MILANO (TRIENNALE ): MOSTRA M15Y94 ARTS&APPS, ARTE E GRAFICA NELLA COMUNICAZIONE ENI - FINO AL 1 LUGLIO 2012 |
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In occasione della Quinta edizione del Triennale Design Museum Tdm5, storia della grafica in Italia, la Triennale di Milano ospiterà, dal 1 giugno al 1 luglio 2012, la mostra sull’arte e la grafica nella comunicazione Eni, un percorso espositivo che sottolinea sia l’attenzione data al lavoro degli artisti, sia la storia e la riconoscibilità di un marchio, attraverso le diverse rivisitazioni nel corso del tempo. M15y94 arts&apps, racconta come Eni per parlare al grande pubblico fin dal 1953 si sia confrontata con il mondo dell’arte e delle arti applicate, prima fra tutte la grafica. Lo spazio allestito è l’impluvium della Triennale di Milano, interamente rivestito con il colore giallo, quello Eni, caratterizzato dal codice di stampa Co M15 Y94 Ko (che dà il nome alla mostra) che fa da sfondo a tutti i contenuti di comunicazione esposti. L’ingresso alla mostra avviene attraverso uno specchio che sfuma verso il giallo, un modo da un lato per riflettere l’immagine del visitatore che entra nell’universo Eni e dall’altro per rispecchiare e duplicare un oggetto particolare: una Fiat Multipla interamente decorata da Folon, che riprende la storica campagna pubblicitaria sul metano, richiamando l’attenzione dei visitatori e dando una piccola anteprima audiovisiva del mondo della comunicazione Eni. L’auto, dai toni pastello, è anche un salottino dove poter ammirare gli acquarelli trasformarsi in spot pubblicitari. La mostra e i contenuti scaturiscono idealmente dalla parete di fondo e si confondono e mischiano nello spazio. Espositori che stilizzano il cane a sei zampe raccontano l’evoluzione del logo Eni, mentre sulle pareti, inclinate come un grande leggio del tempo, viene narrata la comunicazione Eni e la commistione con l’arte All’interno della mostra si ripercorrono e ritrovano alcuni ricordi collettivi, che fanno parte di Eni e anche dello storico visivo di tutti: l’uomo con il cappello di Folon e la sua fiammella, il simpatico e distratto signor Rossi di Bozzetto, un impavido e giovane Dario Fo, ladro improvvisato, le brochure di Lorenzo Mattotti e molti altri, fino ad arrivare alle poetiche narrazioni di sabbia di Ilana Yahav e al dottor Bang, scienziato pazzo di Rugolo perennemente in competizione con “uno cane”. Lo spazio centrale, invece, viene occupato da un’ampia superficie dove sono raccolte in modo virtuale tutte le opere dei giovani artisti a cui Eni dal 2010 affida ogni momento della sua comunicazione, dalle brochure istituzionali alle campagne pubblicitarie. (www.Enizyme.com ) Il tavolo è una simulazione di un maxi tablet in cui si racconta la storia della comunicazione Eni. Il piano è suddiviso in quattro postazioni autonome di lavoro, in ognuna è possibile sfogliare il lavoro dei giovani artisti che hanno collaborato con Eni negli ultimi due anni. Le opere audiovisive sono raccolte in uno spazio dedicato alle estremità della sala, in cui si possono visionare pubblicità e documentari Eni. Per spiegare il titolo piuttosto tecnico della mostra è stato anche ideato un racconto, un “giallo del giallo”, che narra la storia di un’indagine e la scoperta del significato della misteriosa formula C0 M15 Y94 K0 |
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SOLIGHETTO DI PIEVE DI SOLIGO(VILLA BRANDOLINI): LA FOTOGRAFIA INTERNAZIONALE - SANDER, BURTYNSKY, CIARDI E I CONTEMPORANEI
CERA, SOMOROFF, SORDI E TREPPO - MA ANCHE INCONTRI, PRESENTAZIONI E WORKSHOP PER IL FESTIVAL DI FOTOGRAFIA 10/16 GIUGNO |
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Dopo il successo dello scorso anno, la Fondazione Francesco Fabbri promuove la seconda edizione del suo festival dedicato alla fotografia moderna e contemporanea nelle sedi di Villa Brandolini a Solighetto di Pieve di Soligo e nell´Antico Lanificio Andretta a Follina, nel cuore delle colline trevigiane. Dal 10 giugno al 16 settembre andranno di scena sei mostre che spazieranno dalla fotografia di fine Ottocento fino alle ricerche legate alla contemporaneità; inoltre ci saranno vari collaterali con incontri, presentazioni di libri e workshop fotografici. Il progetto, F4_ un´idea di fotografia, è curato da Carlo Sala e si avvale della collaborazione del Comune di Pieve di Soligo e di Follina; patrocinato da Provincia di Treviso e Regione del Veneto che lo hanno inserito nel circuito di manifestazioni regionali Reteventi Cultura Veneto. Il tema dominante di questa edizione sono i paesaggi identitari e culturali, declinato secondo l´opera di maestri della modernità, protagonisti dell´arte contemporanea e autori emergenti. Il primo evento espositivo del festival è "Assenza di soggetto", mostra che mette in relazione il grande fotografo moderno August Sander con il contemporaneo Michael Somoroff. In mostra la celebre serie Ritratti del Ventesimo secolo con cui Sander ha saputo figurare i tratti caratteristici di un´epoca attraverso le sembianze degli abitanti della repubblica di Weimar. Di umili origini, l´autore impara l´arte della fotografica assistendo un professionista mentre realizzava degli scatti nella miniera dove è impiegato come operaio. Dopo varie attività professionali, negli anni Venti aderisce al "Gruppo degli Artisti Progressivi" di Colonia, cominciando a pianificare un lavoro che voleva essere un vero e proprio catalogo della società attraverso una serie di ritratti. Il suo primo libro Face of our Time, pubblicato nel 1929, contiene una selezione di sessanta scatti tratti dalla serie Ritratti del Ventesimo secolo. Durante il regime nazista, Sander subisce varie limitazioni e oppressioni che culminano in atti di violenza verso il figlio Enrich. Quest´ultimo, membro del Socialist Workers´ Party, subirà una condanna a dieci anni di reclusione morendo poco prima della scarcerazione. Nel 1936, le copie di Face of our Time sono sequestrate e le lastre distrutte: analizzando l´opera non è difficile comprendere l´ostilità dell´autorità politica di allora. Il mito della razza ariana veniva profondamente messo in crisi da questo "catalogo" di umanità, suddiviso in sette sezioni: i Contadini, i Commercianti, le Donne, Classi e Professioni, gli Artisti, le Città e gli Ultimi (homeless, veterani, ecc.). Una visione plurale della società degli anni della Repubblica di Weimar, che tanto cozzava con gli ideali del partito di governo. Michael Somoroff ha voluto interpretare a livello fotografico e video l´opera di Sander. L´autore americano ha lavorato in post-produzione sui lavori storici, cancellando digitalmente le figure narrate. E´ un lavoro concettuale, ma anche umanista, che vuole giungere all´essenza dei luoghi ed all´intrinseco rapporto tra la presenza antropica ed il paesaggio. Un´azione all´apparenza arbitraria, ma che denota come Somoroff abbia intimamente compreso la lezione del tedesco, che non si voleva limitare ad un semplice ritrattismo, comune a parte della fotografia dell´epoca. Pur facendo emergere l´horror vacui di strade silenziose o il silenzio degli interni vuoti delle case, la figurazione dei tratti tipici di quella determinata società rimangono inalterati, rendendone un´immagine che tanto sa parlare di identità. La mostra è curata da Julian Sander e Diana Edkins La seconda rassegna "L´uomo e la terra. Luci e ombre" è dedicata al fotografo contemporaneo Edward Burtynsky e curata da curata da Enrica Viganò con Carlo Sala. L´autore canadese, fin dall´inizio della sua carriera trentennale si è sempre confrontato con la natura in trasformazione e in particolare con l´effetto del progresso sul paesaggio. Pochi autori della contemporaneità, come lui, hanno saputo cogliere un nuovo senso del sublime nei panorami manipolati dall´industrializzazione e dallo sfruttamento delle risorse naturali, portando lo spettatore a interrogarsi sugli effetti del consumismo esasperato. Le sue immagini raccontano dello sfruttamento delle risorse del pianeta, restituendo un paesaggio trasformato e ferito. Fotografie che sono una metafora dell´eterna contraddizione dell´uomo, che da sempre prende dalla natura ciò che gli serve per "migliorare" la qualità della vita, ma inevitabilmente ne causa il deterioramento. Le opere di Burtynsky si fondano su un sottile equilibrio, figurando questi eventi tramite immagini dal fortissimo impatto estetico. L´uso di un´iniziale "bellezza" dell´immagine crea un´empatia tra opera e fruitore, che spinge inconsciamente verso una dimensione riflessiva. Un gioco che sfiora la contraddizione: dietro una magnificenza compositiva, si celano paesaggi che contengono il dramma di un´insostenibilità giunta al limite. Le circa trenta opere di grandi dimensioni esposte nella mostra, manifestano questo incontro-scontro mediante la presentazione di luoghi dal valore emblematico come le miniere di nichel, lo sbancamento delle cave, i cimiteri di relitti navali o le imponenti costruzioni delle nuove città asiatiche. Luoghi lontani tra loro come gli Stati Uniti, la Cina, il Canada o il Bangladesh divengono teatro delle medesime problematiche universali. Ultimo membro di una storica famiglia di artisti, Emma Ciardi si inserisce nell´alveo della trazione veneta del vedutismo portata avanti anche dal padre Guglielmo, esponente della "scuola veneziana dal vero". Nella sua ricerca è evidente il tentativo di sintesi tra due "mondi" distinti, il realismo dell´Ottocento e l´avanzarsi della modernità. Nella mostra "Emma Ciardi. L´opera fotografica tra Venezia e Refrontolo", curata da Carlo Sala, per la prima volta viene svelata la sua attività di fotografa grazie alle immagini proveniente dal Fondo Pasinetti del Cisve di Venezia. Per la Ciardi l´uso del mezzo fotografico possiede vari significati e prima di tutto è sintomo di tradizione: tutto il vedutismo lagunare si approccia alla fotografia (o protofotografia) come inevitabile strumento per catturare la realtà. Ma per l´artista il vero è l´imprescindibile base di partenza di ogni quadro, anche quando viene stratificato e implementato da elementi narrativi, come nei suoi famosi personaggi settecenteschi. La sua struttura pittorica viene creata attraverso una forte sapienza cromatica che rende grande finezza nella trattazione delle qualità atmosferiche. Un gioco di luci ed una vividezza dei toni che non è solo funzionale all´impressione del momento, ma è strumento per la creazione di una visione che inizia a possedere dei caratteri introspettivi. In un tale contesto, la fotografia di Emma Ciardi non può essere vista come una semplice attività strumentale alla ricerca pittorica. Accanto ad alcuni scatti prettamente documentativi, vi sono immagini in cui l´autrice tenta di utilizzare le funzionalità di questo mezzo avvicinandoli alla sua poetica di pittrice. Il percorso composto da trenta lavori, si esplica attraverso tre tematiche portanti. Innanzi tutto le visioni della città di Venezia, in cui appaiono colti canali, navi e bacini indugiando sul fascino dei riflessi nell´acqua del mare. Molto affascinanti gli scatti dei giardini - soggetto tipico dei quadri di Emma - popolati da statue antiche che rimandano a un gusto per la classicità. Infine gli scatti realizzati a Refrontolo, paese della campagna trevigiana dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Immagini in cui appare una visione più rigorosa della realtà e sembra celarsi un diverso approccio al paesaggio, ora rurale e spartano, senza i decori e gli elementi decorativi del passato. L´intervento di Cristina Treppo, intitolato Lo stato incerto delle cose, chiude le esposizioni a Villa Brandolini. L´artista lavorerà con delle opere ibride, realizzando delle installazioni site specific che contemplino in esse l´immagine fotografica. Le sembianze di oggetti quotidiani perdono nel suo lavoro la loro valenza funzionale, divenendo simulacri evidenti per la costruzione in senso evocativo di una memoria collettiva. Il percorso espositivo della seconda edizione di F4 prosegue nei suggestivi spazi espositivi del Lanificio Andretta a Follina, attraverso l´opera di due autori contemporanei italiani della scena emergente: Michele Cera e Massimo Sordi. Il primo, con la serie di scatti "Dust" documenta il peculiare volto dell´Albania odierna. Interrogandosi sulle architetture "senza qualità", l´autore ci narra di un paese in cui la vita quotidiana si accompagna ad un profondo senso di abbandono. Immagini scarne e minimali raccontano di luoghi marginali popolati da edifici fatiscenti o incompiuti. Sono raffigurati paesaggi fragili e perennemente in bilico come le esistenze delle genti che popolano quelle terre. Massimo Sordi, autore profondamente legato all´India, rivela con le sue fotografie la complessità di questa nazione. Un paese che non vuole abbandonare le proprie tradizioni e al tempo stesso che sta gestendo delle profonde mutazioni sociali legate al progresso e alla globalizzazione. La mostra si compone di scatti in bianco e nero che sono un lungo viaggio dalle grandi megalopoli in continua crescita ai remoti villaggi delle regioni rurali. --- F4_un´idea di fotografia "August Sander - Michael Somoroff. Assenza di Soggetto"; "Edward Burtynsky. L´uomo e la terra. Luci e Ombre"; "Emma Ciardi. L´opera fotografica tra Venezia e Refrontolo"; "Cristina Treppo. Lo stato incerto delle cose". Villa Brandolini, Solighetto di Pieve di Soligo (Treviso), Piazza Libertà n°7. "Michele Cera. Dust"; "Massimo Sordi. Indian Photographs. Antico Lanificio Andretta - Nuovi Spazi Espositivi, Via Padre Anacleto Milani.10 giugno / 16 settembre 2012. Evento promosso dalla Fondazione Francesco Fabbri con Comune di Pieve di Soligo e Follina. Con il patrocinio di Fiaf, Gai e Tra, Centro studi Usine e Enzimi. In collaborazione con: Admira, Milano; Feroz Gallery, Bonn; Cmc, Milano; Cisve, Venezia e con il supporto di Associazione Amici Fondazione Fabbri, Associazione Amici per Solighetto, Associazione culturale Careni e Fast. Rassegna inserita in Reteventi Cultura Veneto con il patrocinio di Provincia di Treviso e Regione del Veneto. Orari di apertura: giovedì, venerdì e sabato 16 - 20, domenica e festivi 10 -12 e 16 - 20. Info mostra: tel. +39 334 9677948 - eventi@fondazionefrancescofabbri.It - www.Fondazionefrancescofabbri.it |
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TRENTO (CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO): LE INIZIATIVE ESTIVE - I CAVALIERI DELL´IMPERATORE. TORNEI, BATTAGLIE E CASTELLI
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Presentata al Castello Sforzesco di Milano la grande mostra estiva "I Cavalieri dell’Imperatore e la Rete dei Castelli del Trentino". Sono intervenuti l’assessore alla cultura, rapporti europei e cooperazione della Provincia autonoma di Trento Franco Panizza, il direttore del Buonconsiglio Franco Marzatico e il direttore del Centro culturale Santa Chiara Francesco Nardelli.
Nell’affascinante cornice della Biblioteca Trivulziana del Castello Sforzesco di Milano l’assessore provinciale alla cultura Franco Panizza e il direttore del Castello del Buonconsiglio Franco Marzatico hanno presentato alla stampa il progetto Rete Castelli del Trentino e la grande mostra estiva intitolata “I cavalieri dell’imperatore: tornei, battaglie e castelli”, che dal 23 giugno sarà ospitata a Castel Beseno e al Castello del Buonconsiglio. L’assessore Panizza ha lanciato il progetto Rete Castelli del Trentino, lodando questa iniziativa che metterà assieme cultura, natura, eventi serali in venti castelli sparsi su tutto il territorio trentino. Per incentivare la fruizione di questi splendidi luoghi di storia e arte, a partire da questa estate sarà proposta al pubblico una sorta di “carta fedeltà” del visitatore, simile a quelle dei cammini di fede o dei rifugi.
In particolare, per ogni sede castellana sarà disponibile un timbro per contrassegnare la “carta fedeltà dei castelli trentini” e i primi che avranno visitato metà, o tutti i manieri, avranno diritto, fino ad esaurimento, a premi messi generosamente a disposizione da sponsor. In diversi castelli saranno organizzati eventi serali, da concerti a recital teatrali rievocazioni storiche curati dal Centro Attività Culturali Santa Chiara. Il direttore del Centro Francesco Nardelli ha preannunciato spettacoli a Castel Thun con la rievocazione del matrimonio tra il conte Sigismondo e Anna Orsola di Caldes, a Castel Drena saranno di scena storie di fate e cavalieri a Castel Toblino saranno protagonisti i maghi, a Castel Beseno torna All’Armi All’Armi, a Castel Corno teatro e musica, al Buonconsiglio e a Castel San Giovanni la musica del Virtuoso Ritrovo. Franco Marzatico ha invece annunciato la mostra “I cavalieri dell’Imperatore” ricordando come l’ispirazione della rassegna sia nata dal celebre affresco del mese di febbraio di Torre Aquila che immortala il torneo medioevale.
Ancora una volta il museo ha collaborato con grandi istituti museali esteri, soprattutto di area germanica e austriaca. A Castel Beseno, dove sarà inaugurato il nuovo allestimento museale, sarà protagonista la battaglia, l’assedio, le armi e le strategie militari, mentre al Castello del Buonconsiglio si respirerà invece l’atmosfera del duello, dell’amor cortese e delle virtù eroiche. Tra le opere più importanti che verranno in mostra Marzatico ha ricordato l’ armatura forgiata nel 1571 per l’arciduca Carlo II, realizzata per un torneo organizzato in occasione del suo matrimonio, oltra ad un’armatura da parata del 1550 realizzata dal celebre armaiolo Michael Witz il giovane decorato con foglie di vite, e una splendida armatura per cavallo del 1505-1510 realizzata da Konrad Seisenhofer e Daniel I Hopfer.
L’efficacia di queste armature fu poi venuta meno con l’avvento delle armi ad fuoco, archibugi tanto condannati dall’Ariosto nell’Orlando Furioso perché ritenuti vili e infingardi di fronte al coraggio e all’audacia del cavaliere che combatteva con spada, lancia e cavallo secondo le regole cavalleresche.
Oltre a spade, pistole, archibugi e falconetti sarà in mostra anche una tenda militare seicentesca, oltre ad una ricca collezione di dipinti, non solo scene di duelli e battaglie ma anche stampe e ritratti di personaggi e cavalieri, sarà esposto anche il celebre ritratto dipinto di Rubens raffigurante l’Imperatore Carlo V proveniente dalla Residenzgalerie di Salisburgo.
Molti anche gli oggetti curiosi: una maschera da giostra realizzata per l’arciduca Ferdinando II nel 1557 che raffigura un volto di un turco, i pegni d’amore per i cavalieri, la porta in ferro battuto originale del 1574 dell’Arsenale di Graz. Sarà un’occasione unica per ammirare pezzi provenienti da importanti armerie europee oltre alla più completa collezione al mondo di armi e armature da combattimento e da parata forgiate a mano da maestri fabbri rinascimentali proveniente dall’Arsenale di Graz. La mostra sarà ricca di postazioni multimediali, filmati e ricostruzioni scenografiche di grande effetto. La Landeszeughaus a Graz è il più grande arsenale originale esistente al mondo |
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MILANO (PAC): LA FONDAZIONE FURLA SOSTIENE LA PRODUZIONE DEL FILM-DOCUMENTARIO DIRETTO DA GIADA COLAGRANDE CHE TESTIMONIA E SEGUE PASSO PASSO L’ULTIMA FATICA ESPOSITIVA DELL’ARTISTA MARINA ABRAMOVIC |
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La passione di Furla per l’arte comincia dal lontano 2000, dalla decisione di Giovanna Furlanetto, presidente dell’azienda, di creare un premio per giovani artisti in collaborazione con la Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Da allora il Premio Furla, il più autorevole e longevo della sua specie, è diventato un punto di riferimento per tutto il sistema dell’arte: molti artisti affermati sono passati tra le sue selezioni e gli esiti del concorso vengono attesi con grande interesse dal pubblico e dagli esperti del settore. Grandi artisti si sono succeduti in questi anni quali padrini del Premio (Joseph Kosuth, Ilya Kabakov, Lothar Baumgarten, Michelangelo Pistoletto, Kiki Smith, Mona Hatoum, Marina Abramovic e Christian Boltanski) e proprio ad uno di questi, Marina Abramovic, Fondazione Furla ha di recente legato nuovamente il suo nome. In occasione della mostra “The Abramović Method”, al Pac di Milano dal 21 marzo al 10 giugno 2012, Fondazione Furla sostiene la produzione del film-documentario diretto da Giada Colagrande che testimonia e segue passo passo l’ultima fatica espositiva dell’artista. Incoraggiare e promuovere la creatività contemporanea nelle sue varie espressioni è d’altronde la filosofia che ha sempre ispirato Furla, nell’arte come nel fashion design, e che l’ha spinta a diffondere la conoscenza dei talenti emergenti a livello internazionale, sostenendo le nuove produzioni di molti giovani artisti italiani (tra questi Alice Cattaneo, Danilo Correale, Ra di Martino, Deborah Ligorio e Ottonella Mocellin, Invernomuto) Ora la Fondazione Furla, fedele al suo spirito pionieristico, allarga i propri orizzonti con un nuovo progetto che punta sui giovani artisti delle Accademie italiane. Per loro è stato creato Accademie Eventuali, un laboratorio riservato ad un gruppo di studenti provenienti da tutta Italia, che per 10 giorni saranno ospitati a Bologna, città d’origine dell’azienda, dove lavoreranno sotto la guida di 2 affermati artisti. L’esito finale dell’incontro, imprevedibile, sarà presentato al pubblico il 26 aprile a Palazzo Pepoli Vecchio, sede del Museo della Storia di Bologna. Un progetto ideato insieme a Fondazione Carisbo, ed in collaborazione con Mambo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e Xing, che prevede altri tre appuntamenti fino al 2013. La storia della Fondazione è anche la storia di una passione tra due mondi, quello dell’arte e quello della moda, che si manifesta in un continuo stimolo reciproco. Gli artisti, coinvolti nel concept creativo delle campagne pubblicitarie di Furla, hanno portato ad un nuovo approccio al prodotto e alla comunicazione. Così Sissi, vincitrice del Premio Furla nel 2002, presta il suo talento come performer per la campagna Ss 2012, proponendo una fresca e ironica visione della modella “ingabbiata” dagli schemi dell’alta moda |
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TRIESTE (LEGA NAVALE ): PRIMA MOSTRA PERSONALE EUROPEA DEL PITTORE INDIANO GOSWAMI GHANSHYAM FINO AL 16 GIUGNO - INCONTRO CON GIAN KAUR KHAN, SCOPRITRICE DELL’ARTISTA, E CON IL CREATORE INDIANO DI GIOIELLI DHARMENDRA SONI - MARTEDI’ 5 GIUGNO |
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Dopo l’affollata vernice, nella Palazzina Servizi della Lega Navale Italiana di Trieste (Molo Fratelli Bandiera 9) prosegue fino al 16 giugno la 1° mostra europea del pittore indiano Goswami Ghanshyam,. Martedì 5 giugno dalle 17 alle 21 in mostra avrà luogo un incontro con la signora Gian Kaur Khan, scopritrice dell’artista, e con il creatore di gioielli indiano Dharmendra Soni, le cui opere in argento, cristalli e pietre dure sono esposte accanto alle grandi tele di Ghanshyam e ai raffinati arazzi creati dalle ragazze delle scuole di cucito di San Sea Rai. La pittura di Ghanshyam, pittore e filosofo, - scrive Marianna Accerboni - affonda le radici nelle origini dell’uomo e nell’introspezione, fondendo, con cenni surreali e simbolici, memoria ancestrale, percezione spirituale e sensoriale, in una pittura dal taglio molto personale e dagli accesi contrasti cromatici (info 3342437758). |
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MILANO (PALAZZO REALE): MOSTRA ‘ADDIO ANNI 70. ARTE A 1968 – 1980’ - FINO AL 2 SETTEMBRE |
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Palazzo Reale prosegue il suo dialogo con l’arte contemporanea con Addio Anni 70. Arte a Milano 1969-1980, dal 31 maggio al 2 settembre 2012: un viaggio attraverso opere, artisti e situazioni protagonisti a Milano nel decennio compreso tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta. La mostra, a ingresso gratuito, è ideata e prodotta dal Comune di Milano–cultura e Palazzo Reale, su un progetto di Francesco Bonami e Paola Nicolin, con il sostegno di 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore e pone l’accento sul sistema dell’arte a Milano e sulla produzione culturale legata alle arti visive che caratterizzò la scena cittadina di quegli anni, attraversati dalla tempesta della politica. "Dopo ´Bramantino a Milano´ ecco il secondo esperimento di autoproduzione del Comune di Milano - ha dichiarato l´assessore alla Cultura Stefano Boeri - Una mostra di grande qualità espositiva e di assoluto rigore scientifico, con opere e testi ri-esposti oggi per la prima volta dagli anni Settanta, in un contesto di assoluta gratuità che dà il senso del nuovo corso della politica culturale milanese. Una grande mostra, con oltre 2500 mq espositivi per oltre 70 artisti rappresentati, che racconta in modo inequivocabile come negli anni Settanta Milano sia stata una delle capitali europee dell´arte e della cultura. Oggi possiamo dire che le esperienze artistiche milanesi hanno trasformato il decennio più vitale e controverso del ventesimo secolo in un momento fondamentale della storia della cultura internazionale. In quel decennio così complesso e difficile, infatti, a Milano sono nati - e da Milano sono partiti - spunti estetici e di ricerca che hanno poi influenzato le esperienze di molti dei più noti artisti contemporanei". Il percorso espositivo è strutturato non tanto come una ricostruzione storica, una rassegna o una mappa cronologica, quanto piuttosto come una delle letture possibili di quegli anni, una sequenza di opere e voci che diventano progressivamente rivelatori di una situazione viva, mettendo a confronto opere di pittura, scultura, fotografia, video e film d’artista, installazioni, documentazione video e sonora legata ad azioni irripetibili come performance, happening, concerti, spettacoli teatrali e di teatro danza, completate da una selezione di materiale editoriale, proveniente da archivi privati e pubblici. Dalla Milano di Ugo Mulas a quella di Gianni Berengo Gardin e Gabriele Basilico, dalle installazioni di Luciano Fabro e di Luise Nevelson alle sculture di Arnaldo Pomodoro, da Christo alla biro su carta di Alighiero Boetti. "Addio Anni 70 desidera restituire una situazione complessa, una solida polifonia di voci di un decennio irregolare, caratterizzato dalla coincidenza degli opposti, compreso tra l’esaurirsi della stagione delle speranze, delle utopie, del protagonismo dei soggetti collettivi e delle grandi trasformazioni del’68 e la corsa al benessere diffuso e protetto, al consolidarsi dell’individuo attorno alle categorie del mercato e dello sviluppo economico" spiegano Francesco Bonami e Paola Nicolin, curatori della mostra "In mezzo ci sono dieci anni che hanno fatto di Milano una delle città più insanguinate dalla strategia della tensione e del terrorismo, una città simbolo per il Paese, dove convivono due anime: l’anima violenta della guerriglia e l’anima post-moderna, gaudente, che sboccerà nei successivi anni Ottanta. Queste due anime convivono per tutto il decennio e contribuiscono a connotarlo come un periodo ´doppio´, come un ´gemello´. Così facendo del decennio la mostra desidera sottolineare quella condizione di compresenza di due anime e insieme riflettere un preciso modo di intendere il ruolo dell’artista e il processo creativo come sintesi di dualismo d’intenti”. Sospesi tra lo sguardo del testimone e il “senno di poi” del curatore, la mostra coinvolge direttamente anche alcuni protagonisti del tempo, come per esempio Nanni Balestrini, Gianni Emilio Simonetti, Sergio Dangelo con Arturo Schwarz e Daniel Spoerri con Gino Di Maggio, chiamati a curare alcune delle sale della mostra sulla base di esperienze che hanno vissuto in quel periodo. In questo senso si muove anche il progetto editoriale concepito come integrazione della mostra, di uguale importanza e rilievo nella economia del racconto. Il libro che accompagna l’esposizione, realizzato da Mousse, è infatti un’antologia di testi e immagini d’epoca, selezionati e ristampati per l’occasione. Si tratta di documenti introvabili, provenienti da archivi, gallerie, fondazioni e biblioteche, utile punto di partenza per chiunque fosse interessato ad ulteriori sviluppi e analisi della storia artistica milanese. Apre e chiude il percorso una reading room, progettata grazie alla collaborazione di Artek e Domus e realizzata con tavoli e sedie di Enzo Mari, legate all’esperienza dell’Autoprogettazione che egli presentò per la prima volta alla Galleria Milano nel 1974. Nella sala saranno visibili anche le interviste a critici e protagonisti del decennio realizzate appositamente per la mostra insieme alla documentazione editoriale d’epoca. Completa l’esposizione una sezione dedicata al libro d’artista e alle riviste indipendenti, allestita, dal 22 giugno 2012, nella sala degli Archivi Gianferrari del Museo del 900 a cura di Giorgio Maffei. Per restituire la complessità del periodo di riferimento affiancheranno la mostra una serie di attività e momenti di approfondimento tematico pubblici e gratuiti. Un ciclo di lezioni sugli stessi anni Settanta a cura di Doppiozero, ad ingresso libero (ore 19.00), a partire dal 21 giugno 2012 dalla Politica con Giorgio Boatti, il 28 giugno Sesso e moda con Luca Scarlini, il 5 luglio Grafica e poesia visiva con Giovanni Anceschi, il 12 luglio Letteratura con Marco Belpoliti e il 19 luglio Cinema con Luca Mosso. In programma il 13 giugno 2012 a Palazzo Reale un seminario “Noi non c’eravamo, studi di nuova generazione sull’arte a Milano negli anni ‘70” realizzato in collaborazione con il dipartimento di Storia delle Arti, Musica e Spettacolo Arte dell’Università Statale degli Studi di Milano a cura di Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti. Otto giovani studiosi, provenienti da diverse Università italiane, approfondiscono attraverso esemplari casi di studio alcuni snodi del sistema dell’arte a Milano negli anni Settanta. Il panorama complesso e ricco di spunti di quel decennio — ancora in attesa di una più sistematica e capillare ricostruzione storico-filologica — è inquadrato attraverso una serie di “flash” che illuminano l’attività di alcuni artisti anche nei loro rapporti col mercato, le istituzioni e l’editoria. Info: Addio Anni 70. Arte A Milano 1969/1980 - Milano, Palazzo Reale - 31 Maggio/2 Settembre 2012 - Ingresso gratuito |
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CAORLE: FLUSSIDIVERSI - OMAGGIO A SZYMBORSKA E ZANZOTTO - 1 GIUGNO |
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Venerdì primo giugno, nel pomeriggio, a Caorle, apre la quinta edizione di Flussidiversi, la festa della poesia promossa dalla Regione del Veneto, dalla Comunità di lavoro Alpe Adria e dal Comune di Caorle con la collaborazione del Gruppo Euromobil. L´inizio dei lavori è previsto alle 17.30, subito dopo l´inaugurazione alla Biblioteca Civica di Piazza Matteotti, della mostra di illustrazione per l´infanzia pensata dall´equipe della Mostra di Sàrmede. Il programma della giornata prevede lo start alle 17.30, presso il Comune di Caorle, con il passaggio di testimone dal protagonista della edizione precedente, Geza Szocs, al Poeta Ospite d´onore 2012 Fernando Bandini. Vi saranno poi due omaggi ad altrettanti grandi poeti amici di Flussidiversi. Il primo è per la poetessa polacca e Premio Nobel Wislava Szymborska, amica di Flussidiversi, purtroppo recentemente mancata. La Szymborska sarà presente attraverso la lettura di alcune sue poesie, durante la cerimonia di apertura della manifestazione curata da Eros Olivotto Dopo il saluto delle autorità e l´omaggio alla Szymborska, Antonio Cassuti illustrerà la figura dell´Ospite d´onore 2012, Fernando Bandini. Toccherà a Bandini, domenica, scoprire alcuni suoi versi incisi sulla scogliera del Lungomare di Caorle, accanto a quelli dei Poeti (Andrea Zanzotto, Christoph Wilhelm Aigner, Parizia Valduga, Géza Szocs) che lo hanno preceduto nell´alto riconoscimento. La manifestazione riprende alle 21 con il secondo degli omaggi, quello ad Andrea Zanzotto, grande amico di Caorle e della manifestazione. Al Centro Civico, sarà inaugurata la mostra .Lontan massa son ´ndat pur stando qua. A lui dedicata, con immagini di Graziano Arici. Ancora Zanzotto sarà protagonista alle 21.45 in Piazza Matteotti con lo spettacolo teatrale che Stefania Felicioli ha tratto da un suo testo, con la regia di Stefano Pagin. A suggellare i vari momenti della giornata saranno gli interventi dell´Orchestra Jazz di Alpe Adria. L´indomani, 2 giugno in mattinata, il Festival entra nel suo momento magico con la Crociera della Poesia, a bordo della motonave Arcobaleno in spostamento in Laguna lungo la rotta di Ernest Hemingway. Qui Luciano Cecchinel, Linda Mavian, Paolo Enrico Migotto Larcher, Mario Rosetti ´Musigna´, Francesca Rusalen, Roberto Davide Valerio, Renata Visintini e il Fogolâr Furlan Antonio Panciera del Veneto Orientale, con il coordinamento di Augusto Debernardi ed Enrico Grandesso, leggeranno loro composizioni accompagnati dalla Bossanova di Vinicius De Moraes per la voce di Caorlotta Martorana e con Sandro Gibellini alla chitarra. Poesia e bambini, alle 16 in Piazza Matteotti. Per Giochidiversi, clown, giocoleria, equilibrismo e bolle giganti con Jose Pepon, seguito da La Bottega delle Meraviglie laboratorio artistico-creativo per bambini con l´Associazione Culturale Maga Camaja e da L´angolo della Fiaba. Con il Contastorie Giacomo Bizzai: letture animate per bambini, a cura della Fondazione Mostra Internazionale d´Illustrazione di Sàrmede Intanto, in piazza Duomo, alle 15, per Suonidiversi, esibizione dell´Orchestra Jazz di Alpe -Adria Ancora, per Immersidiversi, alle 16, reading di poesia con Tiziano Broggiato, Gertrude Maria Grossegger, Adriana Gloria Marigo, Marina Moretti, Gabor Nagy, Isabella Panfido, Tomaso Pieragnolo. Coordina Enrico Grandesso Alle 17, a leggere le loro poesie saranno Ljerka Car Matutinovich, Ines Cergol, Carlo Marcello Conti, Mila Haugova, Marko Kravos, Eros Olivotto. Coordina Augusto Debernardi. Segue Un´esperienza di poesia da Dante ai giorni nostri, con Letture Dantesche e non, di Davide Rondoni. In serata, alle 20,30, torna Suonidiversi con l´Orchestra Jazz di Alpe Adria, mentre alle 21.30 i Poeti leggono i Poeti. Reading collettivo della Comunità dei poeti, coordina Roberto Nassi Dal Brasile alla Spagna con El alma de la mariposas, coreografie di Flamenco dell´Associazione Culturale Mariposas e letture di testi di Federico Garcia Lorca. Domenica 3 giugno, il Festival riprende alle 9,30, in Piazza Matteotti con un Concerto di apertura di giornata affidato all´Orchestra Jazz di Alpe -Adria. Quindi Immersidiversi, reading con Tomaso Kemeny, Flavio Ermini, Antonio Cassuti, Roberto Nassi, Ida Travi, coordina Augusto De Bernardi Alle 11, Enrico Grandesso presenta il testo teatrale Chicaribo rente Brusaporco, liberamente ispirato dall´opera poetica di Ernesto Calzavara. Letture sceniche di Federico Pinaffo. Nel pomeriggio, alle 15, nel sottoportico affrescato di piazza Vescovado, ancora Suonidiversi con Musiche dell´Orchestra Jazz di Alpe-adria e, alle 15,30, per Liberiversi, Poetando in Libertà Spazio di libera espressione poetica aperto a tutti; coordina Roberto Nassi. Infine il Gran Finale sul lungomare, all´altezza di piazza Vescovado, con La poesia scava la pietra, chiusura di Flussidiversi con l´incisione di una poesia di Fernando Bandini, con la colonna sonora dell´Orchestra Jazz di Alpe - Adria. Per tutta la durata del Festival inoltre, Piccola Fiera dell´Editoria Poetica, a cura dell´Accademia Mondiale della Poesia di Verona. Della manifestazione, grazie ad Euromobil, verrà girato un video, con la regìa di Elisa Canta. Tutte gli appuntamenti sono ad ingresso libero. Info: Comune di Caorle - Ufficio Cultura - Tel. 0421/219254 - cultura@comune.Caorle.ve.it - www.Caorle.eu - http://flussidiversi.Jimdo.com |
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CHIETI (PALAZZO DE` MAYO, FONDAZIONE CARICHIETI): INAUGURAZIONE DEL MUSEO E DELLE TRE COLLEZIONI PERMANENTI- 2 GIUGNO 2012
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La Fondazione Carichieti annuncia l’imminente apertura delle collezioni permanenti al Museo Palazzo de’ Mayo. Dal 2 giugno 2012 saranno aperte al pubblico le sale che occupano l’intero secondo piano del Palazzo de’ Mayo allestite con le tre raccolte che rappresentano, ad oggi, il cospicuo patrimonio artistico della Fondazione: “La collezione d’arte della Fondazione Carichieti e della Carichieti Spa” composta da oltre 40 opere, fra cui spicca l’imponente e assoluto capolavoro “La figlia di Jorio” di Francesco Paolo Michetti, cui si affianca l’incantevole tela “Lungo il fiume paterno (Il dileggio)” unite a molte altre opere dell’indiscusso protagonista dell’ottocento europeo, supremo cantore del realismo italiano. Nel percorso dell’800 si trovano opere di grandi artisti quali Giovanni Fattori, Luigi Gioli, Eduardo Dalbono, Ludovico Tommasi, e le opere di un altro grande maestro del realismo abruzzese, Costantino Barbella. Sono in collezione opere dei tre Cascella, Basilio, Tommaso e Michele e, a conferma della costante politica di acquisizione della Fondazione, appartengono a questo percorso opere di artisti contemporanei come la “Prima Neve” di Omar Galliani, lo straordinario “Sguardo di Garibaldi” di Luca Vernizzi e il “Volto di Cristo” di Alberto Sughi. La mostra permanente “Nel segno dell’Immagine” è uno straordinario corpus di 130 opere di 90 artisti messo a disposizione da Alfredo e Teresita Paglione che occupa ben 14 sale del museo e si compone di capolavori, dipinti e sculture, del Xx secolo. Il percorso inizia con le opere di Aligi Sassu, di cui quest’anno ricorre il Centenario, e si completa con un vero omaggio di 14 opere al grande pittore spagnolo Josè Ortega. Sono esposte, fra le altre, opere-capolavoro di Leonardo Cremonini, Floriano Bodini, Piero Guccione, Giuliano Vangi, Claudio Bonichi, Ruggero Savinio, Giuseppe Modica, Giuseppe Bergomi, Robert Carroll, Carlos Mensa, Matias Quetglas. “Gli argenti di palazzo de’ Mayo”, collezione-scrigno di capolavori dell’arte orafa dal Xvii al Xx secolo, è formata da oltre 150 pezzi, manufatti a prevalenza inglese, nonché da opere realizzate da altre manifatture europee quali: Francia, Russia, Olanda, Germania, Italia, Austria e Danimarca. Dalla ricca e preziosa collezione risaltano la rara Alzata Carlo Ii Stuart, Inghilterra, 1678; le elegantissime Anfore, Inghilterra 1864/1865 e 1884; le Caffettiere, Russia 1845 e Inghilterra 1805; il Servizio da tè e Caffè, Inghilterra 1889; la Coppa per vino, Inghilterra 1870; il Piatto Liberty, Austria post 1867. E’ allestita, inoltre, nelle sale del primo piano del Palazzo de’ Mayo destinate alle esposizioni a carattere temporaneo, la mostra “De Chirico. L’apocalisse e la luce”, una rassegna d’eccezione, visitabile fino al 15 di luglio, che indaga per la prima volta in maniera ampia e sostanziale l’opera a tema sacro di Giorgio de Chirico. La Fondazione Carichieti è la Fondazione che oggi, in Italia, destina alla cultura e all’arte la quota proporzionalmente più alta delle proprie risorse. Promotrice e sostenitrice di importanti iniziative culturali ha impegnato considerevoli energie e consistenze nel progetto, avviato nel 2004, che ha visto il recupero di uno degli esempi più significativi dell’architettura barocca regionale, il Palazzo de’ Mayo. Un rilevante lavoro di restauro e riqualificazione architettonica che ha dato vita alla “Cittadella della cultura”: polo culturale e polifunzionale il cui compito è quello di contribuire alla rivitalizzazione del centro storico cittadino. La mission della Fondazione, oggi sostenuta a maggior ragione dagli straordinari, ulteriori, spazi che si inaugurano il 2 di giugno, è diretta allo sviluppo culturale e sociale del territorio e alla valorizzazione e promozione del patrimonio culturale sia della Fondazione sia della comunità. L’ampio, articolato e vivace salotto culturale d’Abruzzo, il Museo Palazzo de’ Mayo, le cui collezioni permanenti verranno inaugurate nei prossimi giorni ne è la concreta dimostrazione |
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REGGIA DI CASERTA (SALA DEI PORTI, APPARTAMENTI STORICI): KEITH HARING IL MURALE DI MILWAUKEE - VERNICE STAMPA VENERDÌ 1 GIUGNO, ORE 12.00 - 2 GIUGNO – 4/ NOVEMBRE 2012
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Il Murale di Milwaukee del famoso “writer” statunitense sarà esposto nella Sala dei Porti, nel percorso di visita degli Appartamenti settecenteschi di Palazzo Reale dal 2 giugno al 4 novembre 2012. L’iniziativa, promossa dalla Soprintendenza di Caserta e Benevento, organizzata e prodotta da Alef - cultural project management, in collaborazione con il Patrick and Beatrice Haggerty Museum of Art, Marquette University, Milwaukee, Wi, è a cura di Wally Mason, direttore del Museo del Wisconsin. Il Murale di Milwaukee è una delle più significative opere di Keith Haring. Lungo trenta metri e alto due metri e mezzo, è costituito da 24 pannelli in legno realizzati nell’aprile del 1983 dall´artista, invitato dall’Università Marquette di Milwaukee a creare una gigantesca realizzazione sul luogo in cui sarebbe sorto il nuovo museo Haggerty |
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