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MERCOLEDI
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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 25 Settembre 2013 |
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SCIENZIATI SCOVANO I GENI RESPONSABILI DELLA PERDITA DELL´UDITO |
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Bruxelles, 24 settembre 2013 - Decine di milioni di europei soffrono di una qualche forma di problemi di udito. Questi problemi vanno da un bambino ogni 1 000 che nasce sordo, ai tanti soggetti il cui udito si deteriora con l´invecchiamento. Il progetto Eurohear ("Advances in hearing science: from functional genomics to therapies"), finanziato dall´Ue, intende ampliare la comprensione medica della perdita dell´udito e del suo trattamento. Un sessantacinquenne ogni tre subisce una perdita dell´udito tale da ostacolare la normale conversazione. Nonostante non ci sia una cura per la maggior parte delle forme di problemi uditivi, in molti casi le protesi come gli apparecchi acustici e gli impianti cocleari possono aiutare a migliorare l´udito. Gli obbiettivi del team di ricerca erano: identificare i geni coinvolti nella comparsa sia precoce che tardiva dei problemi uditivi; comprendere i meccanismi alla base dell´udito normale e di quello danneggiato; e sviluppare strumenti per prevenire e curare i problemi uditivi. La ricerca condotta dal progetto, che è stato guidato dall´Istituto francese della sanità e della ricerca medica, si è concentrata soprattutto sulla coclea, una struttura a spirale che si trova in profondità nell´orecchio interno. La coclea contiene migliaia di "cellule ciliate" sensoriali, responsabili della conversione dei suoni in segnali elettrici che vengono poi inviati al cervello tramite le cellule nervose. Le persone nascono con un certo numero di cellule ciliate e, una volta che le perdono, non hanno più la capacità di svilupparne di nuove. Grazie al lavoro dei ricercatori di Eurohear, ora riusciamo a capire meglio in che modo funzionano queste cellule ciliate e i meccanismi specifici coinvolti nella trasformazione dei suoni in segnali elettrici. In totale, il team ha scoperto 12 nuovi geni per la sordità, la maggior parte dei quali colpisce la coclea. Uno dei geni, tuttavia, causa un difetto nelle cellule nervose del sistema nervoso centrale che è responsabile dell´elaborazione delle informazioni che provengono dalla coclea. I ricercatori hanno inoltre sviluppato strumenti diagnostici per identificare quale mutazione genetica causa i problemi uditivi del paziente. Questo è importante perché può aiutare i medici a decidere se un bambino sordo trarrà dei benefici da un impianto cocleare. Affinché un impianto cocleare funzioni è necessario che il nervo uditivo sia integro, quindi se un paziente ha una mutazione che colpisce solo la coclea, è probabile che lui o lei tragga dei benefici dall´impianto cocleare. Con il completamento del lavoro di Eurohear, nel mese di novembre del 2009, è stata resa disponibile una grande quantità di nuove informazioni sulla genetica dietro ai problemi uditivi, il che ha fatto progredire la conoscenza medica su cause, diagnosi e possibili trattamenti. Il consorzio del progetto comprendeva università e laboratori di ricerca medica in 10 paesi dell´Ue, Israele e Tunisia. Eurohear ha ricevuto 12,5 milioni di euro di finanziamenti dall´Ue. Per maggiori informazioni, visitare: Scheda informativa del progetto http://cordis.Europa.eu/projects/rcn/75689_it.html Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica http://english.Inserm.fr/ |
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BRACCIO ROBOTICO CONTROLLATO DAL POTERE DELLA MENTE |
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Bruxelles, 25 settembre 2013 - Un braccio robotico sviluppato da un team di ricercatori europei sembra poter offrire un po´ di autonomia alle persone con gravi problemi di paralisi. Il braccio può essere controllato intuitivamente, ovvero è sufficiente che la persona pensi di usare il proprio arto perché questo si muova. Sia gli individui normodotati che quelli disabili sono stati in grado di afferrare oggetti da un tavolo durante dei test eseguiti alla fine del progetto, un livello di movimento raggiunto in precedenza solo usando invasive interfacce neurali (Bci, brain computer interface). I risultati del progetto Brain2robot ("A Robotic-arm Orthosis Controlled by Electroencephalography and Gaze for Locked-in Paralytics"), finanziato dall´Ue, sono estremamente promettenti e presentano un rischio minimo per le persone disabili poiché la tecnologia non è invasiva. Il progetto, guidato dalla Fraunhofer-gesellschaft con sede a Monaco, ha aperto una nuova linea di ricerca in robotica e Bci. I risultati indicano anche la via a nuove ricerche sulle questioni di base riguardanti la fisiologia motoria, le funzioni e l´organizzazione del cervello. La ricerca ha mescolato fisiologia motoria umana e ingegneria per creare una Bci guidata dai movimenti dell´occhio e della testa oltre che da un normale elettroencefalogramma (Eeg), il tipo usato nelle procedure cliniche di routine per misurare l´attività elettrica sul cuoio capelluto. Gli elettrodi raccolgono i segnali del cervello, che vengono poi amplificati e trasmessi a un computer. Il team ha compiuto dei progressi in questo settore sviluppando degli elettrodi a secco che possono essere applicati in pochi minuti e usati ripetutamente; un processo molto più semplice rispetto all´attrezzatura standard di registrazione dell´Eeg, che richiede di applicare con perizia del gel liquido ai contatti. Insieme, i componenti di Brain2robot sono in grado di rilevare i cambiamenti nell´attività cerebrale innescati semplicemente dal fatto che la persona pensi a un particolare comportamento. I componenti possono distinguere tra impulsi neurali relativi all´idea di muovere la mano destra o la sinistra. Gli schemi del segnale neurale sono quindi convertiti in comandi di controllo per il computer. La tecnologia ha anche altri possibili usi, come ad esempio per i videogiochi e i sistemi di sicurezza delle automobili, dove potrebbe essere usata per controllare il guidatore o per fornirgli assistenza. Brain2robot ha ricevuto 1,3 milioni di euro di finanziamenti dall´Ue attraverso una borsa Marie Curie per team eccellenti. Il progetto si è concluso nel dicembre del 2008. I prossimi passi saranno quelli di semplificare i componenti di base e l´interfaccia utente, e di ridurre i costi di produzione. Per maggiori informazioni, visitare: Scheda informativa del progetto http://cordis.Europa.eu/projects/rcn/73035_it.html Fraunhofer-gesellschaft http://www.Fraunhofer.de/en.html |
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UE: AUMENTARE LA SICUREZZA DEI CONSUMATORI MIGLIORANDO LA SICUREZZA DEI DISPOSITIVI MEDICI |
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Bruxelles, 25 settembre 2013 - La Commissione europea ha adottato ieri due misure volte a migliorare la sicurezza dei dispositivi medici, adempiendo così al proprio impegno a riguadagnare la fiducia dei pazienti nel settore dei dispositivi medici dopo, tra l´altro, lo scandalo delle protesi mammarie fabbricate dalla Poly Implant Prothese (Pip). Le nuove norme sono: un regolamento di esecuzione della Commissione che chiarisce i criteri da soddisfare da parte degli organismi notificati1, che hanno la responsabilità di ispezionare i fabbricanti di dispositivi medici, e una raccomandazione che chiarisce i compiti di tali organismi durante gli audit e le valutazioni condotti nel settore dei dispositivi medici, che include circa 10 000 tipi di prodotti, dai gessi ai pacemaker. Neven Mimica, commissario Ue per la Politica dei consumatori, ha dichiarato che: "Con le misure odierne la Commissione europea aumenta ulteriormente la sicurezza dei dispositivi medici. Ora disponiamo di una base più chiara per gli audit senza preavviso, i controlli a campione o le valutazioni congiunte da parte degli organismi notificati. Per garantire chiarezza assoluta è necessario modificare la legislazione di base. Mi impegno a sostenere il Parlamento e il Consiglio al fine di completare la revisione in atto entro i primi mesi del prossimo anno." Le misure adottate oggi sono state annunciate nel piano comune per un’azione immediata concordato tra la Commissione e gli Stati membri dell´Ue. Il piano si concentra sul funzionamento degli organismi notificati; sulla sorveglianza da parte degli Stati membri dei prodotti sul mercato, sulle indagini coordinate a livello di Ue, sulle reazioni ai problemi riguardanti dispositivi specifici nonché su una maggiore trasparenza e comunicazione tra gli Stati membri, l´industria, gli operatori sanitari e gli organismi notificati. La maggior parte delle azioni concordate è stata attuata o è in fase di attuazione. I progressi compiuti saranno presentati in un documento di lavoro dei servizi della Commissione che sarà pubblicato in ottobre. Inoltre, quest’anno è stato avviato un progetto pilota di audit congiunti degli organismi notificati condotti da auditor di diversi Stati membri e della Commissione. Sono già stati effettuati 11 audit congiunti e altri 8 sono in programma prima della fine dell’anno. Queste azioni hanno già portato, ancor prima dell´adozione delle misure odierne, all´identificazione di due organismi notificati inadempienti, che sono stati obbligati a sospendere temporaneamente il rilascio di certificati fino all´avvenuta eliminazione delle carenze emerse. Esempi di rafforzamento delle prescrizioni contemplato nelle misure adottate oggi: · Uno Stato membro può designare un organismo notificato solo dopo una "valutazione congiunta" condotta con esperti della Commissione e di altri Stati membri. Le relazioni di valutazione sono messe a disposizione di tutti gli altri Stati membri. · Gli Stati membri devono sorvegliare e monitorare periodicamente gli organismi notificati per garantire che continuino a soddisfare le prescrizioni. In caso contrario, lo Stato membro deve revocare la designazione di organismo notificato. · Sono stati chiariti i requisiti in termini di conoscenze ed esperienza del personale degli organismi notificati richiesti dagli Stati membri. · Gli organismi notificati devono effettuare audit senza preavviso negli stabilimenti, durante i quali devono controllare campioni adeguati della produzione. Il mancato svolgimento di controlli casuali comporta la sospensione o la revoca della designazione dell’organismo notificato. · Qualora si tratti di rischi che possano risultare dalla sostituzione o dall’adulterazione delle materie prime, come nel caso della Pip, un organismo notificato deve anche verificare che la quantità di prodotti finiti corrisponda al quantitativo di materia prima essenziale acquistato. Http://ec.europa.eu/health/medical-devices/index_en.htm |
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SALUTE: SERRACCHIANI, A GORIZIA COLLABORAZIONE TRANSFRONTALIERA |
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Trieste, 25 settembre 2013 - "L´ipotesi di una collaborazione a livello transfrontaliero ci interessa molto e siamo disponibili a un dialogo ai fini di un percorso condiviso perché pensiamo che queste forme di alleanza consentano il superamento dei limiti che si possono avere lavorando da soli". Lo ha detto ieri a Trieste la presidente del Friuli Venezia Giulia, incontrando, all´ingresso principale del Consiglio regionale, i maratoneti del comitato "Voglio nascere a Gorizia", i quali hanno corso il tragitto dal capoluogo isontino per consegnare le firme raccolte in difesa del locale punto nascita. "La strada del mantenimento di un punto nascita a Gorizia potrebbe essere transfrontaliera e l´iniziativa di oggi è una testimonianza del coinvolgimento del territorio", ha detto Serracchiani, ringraziando i presenti "dell´opportunità offerta di affrontare assieme un tema che riguarda tutti". Ricordando "il tavolo di lavoro costituito assieme al Governo sloveno proprio per affrontare quelle tematiche che riguardano le comunità d´area vasta", l´assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca ha confermato la volontà del Governo regionale di "inquadrare il tema in quello, molto più ampio, della revisione del nostro assetto sanitario regionale". "Abbiamo ascoltato con attenzione richieste e proposte - ha aggiunto Telesca - e rifletteremo con attenzione sul tema nascite e sul percorso del punto nascite a Gorizia, riprendendo tutti i ragionamenti transfrontalieri che - ha concluso - sono stati proposti dal Comitato". |
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HAI IL DIABETE? SE SEI ITALIANO, CURATI CON I FARMACI DEL SECOLO SCORSO! |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - Cittadini con diabete italiani discriminati nell’accesso alle cure innovative. E’ la denuncia degli esperti della Società Italiana di Diabetologia (Sid) che arriva da Barcellona, dove si tiene in questi giorni il congresso dell’Associazione Europea per lo Studio sul Diabete (Easd), il più grande del mondo in questo campo Al contrario degli altri pazienti europei, alla maggior parte dei nostri connazionali con diabete di tipo 2 è di fatto impedito l’accesso alle terapie anti-diabetiche di ultima generazione, efficaci sul controllo della glicemia, senza esporre al rischio di pericolosi episodi di ipoglicemia e senza far aumentare di peso. Anzi molto spesso, facendo scendere l’ago della bilancia Barcellona. Al confronto con gli altri Paesi europei l’Italia appare come la Cenerentola delle terapie antidiabetiche innovative. Colpa delle revisione in senso ancor più restrittivo delle indicazioni prescrittive realizzata nel corso dell’estate dall’Aifa nei confronti delle terapie basate sulle incretine (inibitori del Ddp-4 e analoghi del Glp-1) e della totale mancanza di considerazione da parte dell’autorità regolatoria italiana dell’appello lanciato dalle società scientifiche di diabetologia e dalle associazioni dei pazienti, rappresentate da Diabete Italia, lo scorso mese di giugno. Tra le motivazioni addotte dall’Aifa alla clamorosa e unilaterale decisione di limitare l’accesso a queste terapie, le preoccupazioni circa la safety di questi farmaci a livello del pancreas (pancreatiti e tumori del pancreas). A nulla sono valse le rassicurazioni delle società scientifiche internazionali (Ada, Easd), dell’International Diabetes Federation (Idf) e della stessa agenzia regolatoria europea (Ema). Le prime a fine giugno hanno ribadito che “al momento non ci sono evidenze sufficiente ad indurre delle modifiche alle attuali raccomandazioni di trattamento”, mentre il Chmp dell’Ema a fine luglio, al termine di una revisione di tutti i dati scientifici disponibili per le incretine, concludeva che “i dati attualmente disponibili non confermano le recenti preoccupazioni circa un aumentato rischio di eventi avversi pancreatici con queste terapie”. A ribadire ulteriormente la sicurezza di queste terapie, infine, all’inizio del mese di settembre, in occasione del congresso Europeo di Cardiologia, sono stati presentati i risultati di due studi sulla safety cardiovascolare di queste terapie (Examine con alogliptin e Savor con saxagliptin). Anche in questo caso, nessun eccesso di rischio rispetto ai controlli per quanto riguarda patologie cardiovascolari, pancreatiche e tumorali. “Le terapie basate sulle incretine – afferma il professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia e vice-presidente dell’Easd – sono efficaci, sicure, non danno rischio di ipoglicemie e non determinano un aumento del peso. Per tutte queste caratteristiche dovrebbero idealmente trovare una collocazione in una fase precoce della malattia, anziché essere usate tardivamente e solo su poche categorie di pazienti come vorrebbe la revisione prescrittiva approntata dall’Aifa. Ci auguriamo che gli esperti dell’Agenzia regolatoria italiana vogliano prendere in considerazione i suggerimenti a suo tempo fatti pervenire dalle società scientifiche e dalle associazioni dei pazienti dopo l’incontro del giugno scorso e dei quali non abbiamo mai ricevuto riscontro alcuno”. “Questi farmaci – aggiunge il professor Enzo Bonora, presidente eletto della Sid – rispetto alle ancora troppo spesso usate sulfoniluree (in particolare la glibenclamide) e alle del tutto simili glinidi, hanno la grande virtù di non avere alcuna interferenza farmacologica con altri farmaci e sono ideali per pazienti come i diabetici che assumono moltissimi farmaci per le patologie concomitanti e le complicanze del diabete”. |
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ALLA FINE, A RIMETTERCI SONO I PAZIENTI ITALIANI CON DIABETE DI TIPO 2, DISCRIMINATI RISPETTO AGLI EUROPEI |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - “Negli ultimi anni – spiega il professor Stefano Del Prato, Presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid) – alla diabetologia sono state offerte nuove opportunità terapeutiche, tra le quali i farmaci incretinici, farmaci che agiscono o aumentando i livelli di Glp-1 (è il caso dei cosiddetti analoghi del Glp-1) o di preservarlo dalla degradazione enzimatica (azione svolta dagli inibitori del Ddp Iv). Il Glp-1, un ormone prodotto a livello intestinale, agisce sulle cellule del pancreas, provocando un aumento della secrezione di insulina e riducendo quella di glucagone; in questo modo garantisce un miglior controllo della glicemia. Questi farmaci non si associano in generale ad un aumento di peso o, in alcuni casi addirittura favoriscono il calo ponderale; ma soprattutto – fatto questo di grande interesse per alcune fasce di pazienti in modo particolare – non si associano al rischio di ipoglicemia”. “L’ipoglicemia – aggiunge il professor Enzo Bonora, presidente eletto della Sid - è un problema frequente quando la terapia del diabete è condotta con farmaci della classe delle sulfoniluree e con la repaglinide. Un problema che può essere tanto serio da causare la morte, come evidenziato anche in una recente ricerca condotta in Italia dal prof. Marchesini e presentata in occasione del convegno Easd di Barcellona”. Da notare che le ipoglicemie condizionano psicologicamente il paziente che, dopo averne sviluppata una, vive con la paura dell’ipoglicemia. “Evitare le ipoglicemie – conclude Bonora - è diventato un obiettivo importante per chi cura i diabetici tanto quanto correggere l’iperglicemia”. “Nei confronti di queste terapie innovative – prosegue Del Prato – nel nostro Paese l’agenzia regolatoria del farmaco (Aifa) in un primo momento ha istituito un piano terapeutico compilabile dagli specialisti solo attraverso la registrazione ad un registro online istituito dal Ministero della Salute, seguito poi dalla compilazione di un pianto terapeutico cartaceo, ma solo per alcuni di questi farmaci. Poi, poco prima dell’estate, a sorpresa e tra lo sconcerto delle società scientifiche, che non ne erano state minimamente informate, ha avviato una revisione, in senso assai restrittivo, dei criteri di prescrivibilità e di rimborsabilità. Questi criteri, più che restrittivi, sono di fatto limitativi nelle possibilità di questi farmaci in un ampio numero di pazienti, che invece avrebbero potuto goderne i benefici. Una limitazione che peraltro non ha eguali negli altri Paesi europei, dove in molti casi questi farmaci vengono prescritti anche dai medici di famiglia”. Di fronte a questa presa di posizione la Società Italiana di Diabetologia (Sid), l’Associazione Medici Diabetologi (Amd), unitamente a Diabete Italia che raggruppa sia le società scientifiche che le Associazioni dei pazienti, avevano manifestato una forte e decisa protesta, soprattutto chiedendo che le società scientifiche e le rappresentanze delle associazioni dei pazienti venissero almeno ascoltate da Aifa, prima di porre in essere conclusioni o direttive. Questa vibrata protesta aveva generato tutta una serie di reazioni anche da parte di altre associazioni, ampiamente riprese dalla stampa, quando finalmente, anche sull’onda di due interrogazioni Parlamentati (da parte delle senatrici Maria Rizzotti del Pdl e Venera Padua del Pd), all’inizio di Giugno l’Aifa ha deciso di convocare Sid, Amd e Diabete Italia. “In questa audizione – ricorda il professor Del Prato – sono state presentate le nostre istanze e le nostre critiche, in risposta alle quali l’Aifa ci ha chiesto di formulare ipotesi alternative di prescrivibilità e rimborsabilità in tempi brevi, attraverso la redazione di un documento tecnico”. Nell’arco di una decina di giorni, le Società scientifiche hanno approntato e presentato questo documento. Senza mai ricevere un riscontro di alcun tipo. Nemmeno una nota di avvenuta ricezione. “Per questo, a distanza di circa un mese è stata inviata ad Aifa una nota nella quale chiedevamo conferma della ricezione del documento e ribadivamo la disponibilità ad una piena collaborazione delle Società scientifiche, al fine di trovare delle indicazioni eque e rispettose dei principi di giustizia economica e sociale. Ma anche a fronte di questa richiesta, c’è stato solo il silenzio”. Poco prima della pausa estiva, a fine luglio, Aifa ha preparato un’ulteriore proposta di indicazioni di prescrivibilità delle terapie incretiniche, dalla quale risulta soltanto un minimo passo indietro rispetto a quella che era la proposta iniziale, solo vagamente in linea con le proposte presentate dalle Società scientifiche; le modifiche riguardano soprattutto la possibilità di prescrivere questi farmaci, laddove l’ipoglicemia dovesse rappresentare un particolare problema e un particolare rischio. “In pratica – commenta il presidente della Sid – quello che poteva essere un confronto rispettoso delle parti, di fatto si è tradotto semplicemente sull’accondiscendere ad un contatto, che non ha poi dato particolari frutti”. Ad ulteriore ‘scorno’ il sottosegretario alla Salute Paolo Fadda ha risposto alle due interrogazioni parlamentari sostenendo tra l’altro che “gli esponenti delle società scientifiche impegnate nella cura del diabete, nonché le organizzazioni dei pazienti (l’Associazione medici diabetologi - Amd, la Società italiana di diabetologia-Sid Onlus e l’Associazione Diabete Italia), sono state coinvolte dall’Agenzia” (come visto il coinvolgimento si è esaurito in un unico incontro senza alcun dibattito e confronto nel merito della proposta avanzata congiuntamente da Sid, Amd e Diabete Italia) e viene ribadita “la necessità di revisionare il Piano Terapeutico dei farmaci incretino-mimetici, al fine di ottimizzarne la prescrizione nel territorio nazionale, deriva dalle valutazioni effettuate sui Registri di monitoraggio Aifa e dall’esigenza di valutare, con la dovuta cautela, i rischi/benefici connessi a questo tipo di terapia, alla luce delle recenti evidenze scientifiche che ne sottolineano i potenziali rilevanti effetti collaterali nel lungo periodo” quando, come visto, anche questo è stato confutato dalle società scientifiche internazionali (Ada e Easd) e dall’Ema. “Sicuramente presenteremo la nostra posizione su queste indicazioni e ribadiremo che restiamo a disposizione di tutti quegli enti e organi per i quali possiamo fornire una consulenza o un parere esperto – conclude Stefano Del Prato – visto che ogni giorno lavoriamo sul campo all’assistenza delle persone con diabete, ma anche curiamo gli aspetti conoscitivi e culturali relativi alla malattia e per questo riteniamo di poter fornire dei pareri esperti”. |
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ITALIA, PAESE CHE TOGLIE L’IMU A TUTTI, TRANNE CHE ALLE UNIVERSITÀ SIAMO UNA DELLE GRANDI POTENZE ECONOMICHE DEL MONDO MA CONTINUIAMO A PENALIZZARE QUELLO CHE DOVREMMO AVERE DI PIÙ CARO: IL FUTURO NOSTRO E DEI GIOVANI |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - Un Paese altamente industrializzato si caratterizza non solo per il Pil ma anche per quanto produce in ambito di ricerca e naturalmente per quanto facilita lo sviluppo e la stessa ricerca. Il nostro Paese è da questo punto di vista in una posizione un po’ particolare. Se si valuta l’investimento in ricerca e sviluppo come percentuale del Pil, l’Italia investe praticamente la metà degli altri Paesi europei. Un investimento risicato, sia da parte delle istituzioni pubbliche che dell’industria privata, che si traduce in un minor numero di addetti alla ricerca. Secondo dati del 2009, l’Italia ha una media di 4,2-4,3 persone dedicate alla ricerca per ogni 1.000 persone impiegate, rispetto alle 9 degli Usa e alle 7 della media europea. Quindi l’Italia non solo non investe nel campo della ricerca ma ha anche un numero decisamente basso di ricercatori. “Nonostante tutto ciò stiamo vivendo appieno il ‘paradosso della ricerca italiana’ – afferma il professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia e vice-presidente dell’Easd – a fronte di queste difficoltà oggettive, finora la produzione scientifica italiana è stata di ottimo livello. Secondo una valutazione del 2010, la quantità di prodotti di ricerca generati in Italia pone il nostro Paese all’ottavo posto nel ranking mondiale, e valutando questi prodotti in termini del loro impatto, la nostra produzione sale addirittura al settimo posto”. Il motivo di questo paradosso non è completamente chiaro. Di certo abbiamo affinato la capacità di sfruttare al meglio le poche risorse a disposizione. Ma va anche detto che questa posizione sarà difficile da mantenere nel prossimo futuro. Nel 2009, l’investimento sui progetti di ricerca di interesse nazionale (i cosiddetti Prin) era dell’ordine dei 105 milioni di euro. Nel 2010 e nel 2011 è stato fatto un unico bando, inglobando gli investimenti di due anni, con un finanziamento complessivo di circa 82-83 milioni di euro; infine nell’ultimo bando, quello del 2012, la quota totale dell’investimento è stata pari a 38 milioni di euro, cioè il 65% in meno rispetto al 2009. Andando a valutare e a ‘normalizzare’ i dati della ricerca in funzione del numero degli abitanti, l’ottava posizione generale del’Italia nel ranking mondiale scivola al 19° posto. Se rapportata al numero dei suoi abitanti, cioè, l’Italia produce abbastanza poco. E questo perché la ricerca in questo Paese di cervelli in fuga continua ad essere oggetto di scarse attenzioni. Quando non attivamente penalizzata. L’ultimo esempio viene dalla recente discussione sull’Imu. Mentre ci sono state tutta una serie di facilitazioni sulla tassazione delle abitazioni e degli edifici ad uso pubblico e ad uso privato, per tutta una serie di condizioni, le uniche strutture che non hanno avuto alcuna facilitazione sono state le università e gli enti di ricerca, che continueranno a contribuire in modo significativo, pagando quote di Imu importanti – L’università di Pisa pagherà oltre 400 mila euro, come anche quella di Padova, mentre la Federico Ii di Napoli 530 mila, e 298 mila l’ateneo di Bologna, come ha di recente ricordato Gian Antonio Stella in un articolo sul Corriere della Sera – che verranno naturalmente sottratte alla capacità di fare ricerca, innovazione e sviluppo. “Sid è stata fondata quasi 50 anni fa (il cinquantenario cade nel 2014) – aggiunge il professor Enzo Bonora, presidente eletto della Sid – e da allora ha stimolato la ricerca in campo di diabete e fatto crescere due generazioni di ricercatori che si sono fatti valere molto nel panorama internazionale. I ricercatori dell’area Sid nel corso degli ultimi 12 anno (2001-2012) hanno prodotto solo in tema di diabete, escludendo altri filono di ricerca, più di 3000 lavori scientifici, la maggior parte dei quali su riviste di grande prestigio internazionale”. “Questo fenomeno – continua il prof. Bonora – è un buon esempio di quello che potrebbe essere definito come l’Italian Paradox: pochi soldi per la ricerca ma grandi risultati nella ricerca”. La Società Italiana di Diabetologia in questi anni ha contribuito finanziando progetti di ricerca ed erogando borse di studio per ricercatori all’estero. Dal 2007 al 2013, Sid ha investito in ricerca 2.295.000 euro, producendo 27 pubblicazioni su riviste importanti, quali Diabetologia, Jcem, Diabetic Medicine, Atherosclerosis, per un impact factor totale di 156. I campi della ricerca nei quali ci siamo maggiormente impegnati sono stati: diabete autoimmune a lenta evoluzione, la caratterizzazione degli stati pre-diabetici per individuare meglio le persone a rischio e quindi esercitare una migliore prevenzione, lo studio sull’evoluzione nel nostro Paese della nefropatia diabetica e delle complicanze più gravi, che maggiormente incidono anche sulla qualità di vita della persona con diabete. |
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MA LE INCRETINE SONO DAVVERO SICURE? SI, SECONDO LE AGENZIE REGOLATORIE INTERNAZIONALI E LE EVIDENZE SCIENTIFICHE |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - Uno degli argomenti sostenuti da Aifa relativamente alle restrizioni all’impiego delle terapie basate sulle incretine era legato ai dubbi ancora presenti sulla sicurezza. Dubbi che negli scorsi mesi erano stati rinfocolati da un paio di pubblicazioni: la prima, un’investigazione di tipo giornalistico pubblicata sul British Medical Journal a firma di Deborah Cohen (Bmj 2013;346:f3680 doi: 10.1136/bmj.F3680 – 10 Giugno 2013); l’altra, un lavoro scientifico pubblicato sul numero di Luglio di Diabetes Care (pp. 2118-2125), a prima firma Peter C. Butler dell’Università della California di Los Angeles. Entrambi gli articoli sottolineavano i potenziali rischi di queste terapie, in particolare di pancreatite e di neoplasia endocrina a livello del pancreas. “Ovviamente – sottolinea il professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia – la comunità scientifica e le agenzie regolatorie internazionali hanno prestato la massima attenzione a questo tipo di segnalazioni. Questi lavori, pur essendo stati molto criticati dal punto di vista della metodologia scientifica (come dal contraddittorio pubblicato su Diabetes Care – pp. 2126-2131 – a firma di uno dei maggiori esperti al mondo di incretine, il prof. Michael A. Nauck del Centro Diabetologico di Bad Lauterberg in Germania), hanno innescato una serie di rivalutazioni da parte delle agenzie regolatorie”. Il 27 giugno scorso, in un comunicato congiunto Easd, Ada, Idf viene ribadito che “al momento non ci sono evidenze sufficienti d un indurre una revisione delle attuali raccomandazioni di trattamento relative a questi farmaci”. Veniva raccomandato che nessun paziente sospendesse la terapia di sua iniziativa e che medici e pazienti valutassero insieme la possibilità di proseguire o di modificare il trattamento sulla base della sua efficacia o della comparsa di effetti indesiderati. Il 26 luglio scorso sono stati resi pubblici i risultati di un’analisi retrospettiva di tutti i dati disponibili per le terapie basate sulle incretine, realizzata dall’Ema: “il Chmp (Committee for Medicinal Products for Human Use) dell’Ema ha finalizzato una revisione delle terapie anti-diabetiche basate sul Glp-1. Il Comitato ha concluso che, sulla base dei dati attualmente disponibili, non si confermano le preoccupazioni di recente sollevate, circa un aumentato rischio di eventi avversi a livello del pancreas da parte di questi farmaci”. La sicurezza delle terapie basate sulle incretine è stata ulteriormente rinforzata dal risultato di due studi sulla safety cardiovascolare, il Savor-timi 53 e l’Examine, presentati in occasione dell’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc) ad Amsterdam. “Sono due grandi trial di intervento – spiega il professor Stefano Del Prato, che ha partecipato anche nel board del Savor – che hanno utilizzato due inibitori del Dpp-4, la saxagliptina (Savor) e l’alogliptina (Examine), per valutarne la sicurezza cardiovascolare; questi studi hanno naturalmente registrato anche tutti i casi di pancreatite o neoplasie. I risultati sono molto chiari: in nessuno dei due studi (per un totale di circa 16 mila soggetti valutati) è stata evidenziata una differenza in termini di rischio di pancreatite o di neoplasia in generale (e del pancreas in particolare) tra i pazienti trattati con questi farmaci. Anche il dato osservazionale, dunque, sembrerebbe in linea con l’analisi retrospettiva dei dati condotta dall’Agenzia Europea del Farmaco. I due trial, nati per verificare la sicurezza cardiovascolare, hanno inoltre dimostrato una sostanziale neutralità, cioè una sicurezza a livello cardiovascolare. Nello studio Examine (alogliptin) tra l’altro, erano stati reclutati pazienti con un evento cardiovascolare estremamente recente. L’unico dato che dovrà essere ancora oggetto di ulteriore valutazione è che nello studio Savor (saxagliptina) sarebbe stato osservato un piccolo numero di casi di insufficienza cardiaca, in eccesso rispetto al gruppo di controllo, ma senza che questa condizione provocasse alcun caso in più di ospedalizzazione o un aumentato rischio di mortalità”. In conclusione i dati di sicurezza su questa nuova categoria di farmaci sono oggi molto più solidi – anche alla luce di quando definito dall’Ema – e forniscono una sostanziale indicazione di sicurezza anche per quanto riguarda il rischio cardiovascolare. Un aspetto, quest’ultimo, che verrà ulteriormente esplorato e valutato nei prossimi mesi da altri studi sulla safety cardiovascolare attualmente in corso, quali lo studio Leader (liraglutide), il Carolina (linagliptin) e il Tecos (sitagliptin). Particolarmente attesi a fine 2014 i risultati di quest’ultimo studio, attualmente in corso e coinvolgente 16 mila soggetti, seguiti per 4 anni. |
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IL VERO VOLTO DELL’IPOGLICEMIA CAUSA DI MOLTI INCIDENTI STRADALI E DI UN NUMERO NON TRASCURABILE DI DECESSI, DENTRO E FUORI L’OSPEDALE. SUL BANCO DEGLI IMPUTATI INSULINA E SULFANILUREE |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - Gli episodi di ipoglicemia possono essere causa di gravi conseguenze per le persone affette da diabete, che possono arrivare in molti casi anche alla morte; i costi dell’ipoglicemia rappresentano inoltre una voce di spesa importante per il Ssn. Sono le conclusioni alle quali giunge uno studio del Simeu (Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza) condotto dal professor Giulio Marchesini e colleghi dell’Unità di Malattie Metaboliche e Dietologia Clinica dell’Università di Bologna e del Dipartimento di emergenza dell’Ospedale ‘Giovanbattista Morgagni’ di Forlì. I ricercatori sono andati ad esplorare le conseguenze dell’ipoglicemia in un contesto di vita reale. Presentati in occasione del congresso dell’Easd i risultati ad interim di un’analisi retrospettiva sull’accesso a 38 dipartimenti di emergenza italiani , generato da 2.889 episodi di ipoglicemia, in un arco temporale di 18 mesi (gennaio 2011-giugno 2012). Dopo aver escluso i casi di ipoglicemia riconducibili ad altre condizioni (es. Cachessia neoplastica o condizioni terminali), sono stati individuati 2.675 episodi di ipoglicemia occorsi in persone con diabete mellito (età media 71 anni, 51% maschi; glicemia media relativa all’episodio di ipoglicemia inferiore a 44 mg/dl). I trattamenti in atto al momento della crisi ipoglicemica erano: insulina (64%, da sola o in associazione ad altri trattamenti nel 32% dei casi); tra i farmaci orali: metformina (55%), sulfaniluree (62%), repaglinide (15%), pioglitazone (2%), agonisti del Glp-1 (1%), inibitori del Dpp-4 (2%), acarbose (4%). In definitiva, in oltre l’80% dei casi di ipoglicemia osservati, i pazienti erano in trattamento o con sulfaniluree o con repaglinide. Tra le sulfaniluree, quella più frequentemente associata agli episodi di ipoglicemia è risultata essere la glibenclamide (61%), seguita dalla glimepiride (22%) e dalla gliclazide (14%); fanalino di coda gliquidone e glipizide (1%). 234 casi di ipoglicemia (157 dei quali indotti da insulina) erano associati a qualche tipo di trauma, 39 ad incidenti stradali (di questi 25 indotti da insulina). In un caso di su due, l’ipoglicemia era stata trattata dal paziente stesso prima dell’arrivo in ospedale, ma nel 51% era stato necessario l’intervento del personale d’Emergenza. Presso il Dipartimento d’Emergenza, l’ipoglicemia è stata trattata in un caso di 5 attraverso la somministrazione di glucosio per bocca, in un caso su 3 attraverso infusioni endovenose di glucosio e mediante la somministrazione di glucagone per iniezione intramuscolare nel 2% dei casi. Un caso su 5 di quelli arrivati in Ps, veniva trattenuto in osservazione per meno di 24 ore, il 7% rifiutava il ricovero, il 31% veniva ricoverato in una divisione di medicina (la degenza durava una media di 8 giorni). Tra i ricoverati per ipoglicemia, sono stati registrati 77 decessi (il 9% del totale dei ricoveri). 6 pazienti sono deceduti presso il Dipartimento d’Emergenza. “Questo studio – commenta il professor Enzo Bonora, presidente eletto della Sid – è assai rilevante per le discussioni in corso sulla opportunità o meno di trasferire pazienti dalla terapia con sulfoniluree o repaglinide alla terapia con incretine non tanto per un problema di efficacia (che è sostanzialmente identica o poco differente per i vari anti-diabetici orali) ma per un problema di sicurezza. Le incretine non causano ipoglicemie mentre le sulfoniluree e repaglinide lo fanno. E le ipoglicemie possono causare incidenti, traumi e anche la morte, come dimostrato da questo studio. La recente revisione della rimborsabilità delle incretine operata da Aifa impedirebbe questo trasferimento da una modalità terapeutica potenzialmente pericolosa all’altra più sicura”. Op 188: Retrospective analysis of the burden of drug-induced hypoglycaemia in diabetes (Simeu study) |
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LA DIETA ANTI-DIABETE: SEMAFORO VERDE PER ORTAGGI, VERDURE, YOGURT E THE, DISCO ROSSO PER INSACCATI E CARNI ROSSE. LA PASTA MEGLIO DEL PANE, POCO ALCOL E BOCCIATURA SENZA APPELLO PER SOFT DRINK |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - Possiamo prevenire l’insorgenza del diabete attraverso il cibo? È una delle domande alle quali cercherà di dare una risposta “Interact”, uno studio osservazionale di tipo prospettico che coinvolge oltre 24mila persone in otto nazioni europee. L’obiettivo è studiare come fattori genetici e stile di vita (in particolare dieta e attività fisica) interagiscano tra loro nello sviluppo del diabete tipo 2. I partecipanti all’ Interact fanno parte di una coorte di oltre 350 mila persone coinvolte nello studio Epic (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), un progetto finanziato dalla Comunità Europea in corso in 10 nazioni europee. Abbiamo chiesto alla dottoressa Rosalba Giacco, Primo Ricercatore presso l’Unità di Nutrizione Umana e Metabolismo dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione Cnr di Avellino e Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Diabetologia (Sid) di commentare per noi alcuni dei risultati dell’Interact oggetto anche di una presentazione all’Easd di Barcellona e di illustrarci lo stato dell’arte delle conoscenze in tema di prevenzione del diabete attraverso la dieta. “Prima di parlare della qualità della ‘dieta’ e degli alimenti – esordisce la dottoressa Giacco – è molto importante sottolineare l’importanza di non esagerare nel consumo di calorie; ciò significa, ad esempio, preferire alimenti a basso contenuto calorico, rispetto a quelli ad alta densità di calorie. Nessun alimento va demonizzato, ma di certo quelli più energetici vanno assunti con molta moderazione. La dieta ha una grande importanza nella prevenzione del diabete, che non è affidata ad un singolo alimento, ma alla costruzione di un pattern alimentare corretto; e la dieta mediterranea resta ancora il modello di maggior successo”. Frutta e verdura: devono fare la parte del leone nella dieta. Da preferire, secondo i risultati di uno studio della ‘famiglia’ Interact, vegetali a foglia verde (es. Spinaci, cardi, indivia, etc.) e ortaggi quali quelli a radice (es. Carote, radicchio, barbabietole, etc.). Si alla dieta a ‘chilometro zero’, che varia naturalmente a seconda della stagione. “In primavera-estate, portiamo a tavola zucchine, melanzane, peperoni e carciofi – consiglia la dottoressa Giacco - in autunno-inverno, cavoli, broccoli e funghi. Questi alimenti sono ricchi di fibre che danno un senso di sazietà, rallentano la digestione e l’assorbimento degli zuccheri, riducendo in questo modo i picchi di glicemia dopo i pasti; stessa cosa per i grassi: le fibre legano i grassi e ne riducono l’assorbimento. Infine, frutta e verdura sono una fonte importante di vitamine, sali minerali e sostanze anti-ossidanti, come i composti polifenolici che riducono l’infiammazione e migliorano la sensibilità all’insulina”. Carboidrati: questo nome indica una famiglia di sostanze molto eterogenea. Tra i carboidrati complessi il più comune è l’amido, componente della farina di frumento, a sua volta declinabile in pane o pasta, ma contenuto anche nelle patate e nei legumi. L’amido, a seconda del tipo di alimento nel quale è contenuto, ha una diversa capacità di influenzare i livelli di glicemia dopo un pasto e quindi la risposta insulinica. Questo permette di dividere i cibi in due categorie: a basso o ad elevato indice glicemico. Nella dieta, vanno preferiti quelli che non provocano grandi escursioni glicemiche quali legumi e pasta (alimenti a basso indice glicemico); da limitare invece quelli ad elevato indice glicemico, quali pane e pizza. Un ‘trucco per abbassare l’indice glicemico dei cibi (ad es. Il pane e i cereali da prima colazione) è quello di addizionarli con beta-glucano o glucomannani, fibre idrosolubili viscose. In alternativa, si può cercare un forno che faccia il pane come quello della nonna, cioè con la fermentazione acida. In questo tipo di panificazione si utilizza il lievito madre (lievito acido o ‘criscito’) che, abbassando il pH del pane, rende l’amido più resistente all’idrolisi, cioè alla digestione. Un effetto simile si ottiene utilizzando starter batterici (in genere batteri lattici) per prodotti da forno lievitati. Carne: la carne, in particolare carne rossa e insaccati, aumentano il rischio di diabete. Per questo è bene consumarla con grande parsimonia, portandola a tavola non più di 2-3 volte la settimana. La carne rossa è ricca di grassi ‘nascosti’, evidenti invece negli insaccati che contengono anche grandi quantità di sale. Gli insaccati in particolare sono alimenti che favoriscono non solo l’insorgenza di diabete ma anche di altri importanti fattori di rischio quali l’ipertensione e l’ipercolesterolemia. Da consumare, dunque, sporadicamente. Meglio, invece, le carni bianche (pollo, tacchino, coniglio). Prosciutto e bresaola sono considerati alla stessa stregua della ‘carne rossa’; da consumare quindi con moderazione. Pesce: gli studi condotti finora non concordano sull’ effetto protettivo del pesce nei confronti del diabete; il pesce tuttavia rimane un alimento utile per la salute, in quanto ricco di acidi grassi omega-3, importanti perché consentono di tenere a bada i livelli di lipoproteine ricche in trigliceridi (Vldl) nel sangue ed hanno un effetto protettivo nei confronti delle aritmie cardiache. I pesci ‘grassi’ e il pesce azzurro hanno un elevato contenuto di omega-3. Latte e latticini: semaforo verde per questi alimenti nella prevenzione del diabete? Lo studio Interact non trova che il consumo di prodotti derivati dal latte riduce il rischio di diabete, ma osserva che un più alto consumo di derivati del latte fermentato (es. Yogurt e formaggi freschi fermentati) sembra essere efficace nella prevenzione del diabete. E non solo. I prodotti fermentati ripopolano l’intestino di batteri lattici che svolgono un’azione benefica per la salute, riducendo, ad esempio, il livello di sostanze tossiche in circolo e migliorando la sensibilità all’insulina. Pertanto, essi possono, in tal modo, contribuire alla prevenzione del diabete. Il latte è una bevanda-alimento importante, che gli adulti dovrebbero preferibilmente consumare in forma ‘parzialmente scremato’. Ricco di calcio e vitamina D è un prezioso alleato contro l’osteoporosi e sembra rappresentare anche uno scudo protettivo nei confronti di diabete e malattie cardiovascolari. Ottimo per la colazione del mattino nell’abbinata con i cereali integrali o con una fetta di pane integrale. Uova: alimento ad elevato valore biologico, contenente proteine ricche di aminoacidi essenziali. Ma è anche una fonte importante di colesterolo. Da consumare dunque con moderazione: non più di 1-2 volte a settimana. Bisogna, infine, fare attenzione alle fonti nascoste: cibi preconfezionati, sughi, merendine, che andrebbero comunque evitati. Bibite e soft drink: sono un problema soprattutto nei ragazzi. Calorie rapidamente trangugiate che fanno lievitare l’ago della bilancia e conferiscono un aumentato rischio di sviluppare il diabete. Uno studio di recente pubblicazione ha evidenziato che consumare un soft drink zuccherato al giorno fa aumentare il rischio di diabete del 20%. A conti fatti, l’acqua resta la bevanda ideale: non siamo fatti di aranciata o cola. Tè e caffè: i consumatori abituali di quantità moderate di caffè e tè sono protetti, rispetto ai non consumatori, dal rischio di contrarre il diabete di tipo 2. Tuttavia queste bevande vanno consumate in quantità ragionevoli per evitare gli effetti indesiderati della caffeina, quali l´aumento della pressione arteriosa e l´insonnia. La protezione nei confronti del diabete sembra dipendere dall’azione antiossidante ed antinfiammatoria della componente polifenolica di cui queste bevande sono particolarmente ricche. Alcol: in piccole quantità, pari a 10-20 grammi al giorno (l’equivalente di 1-2 bicchieri di vino) può ridurre un po’ il rischio di malattie cardiovascolari e di diabete. Ma attenzione, l’alcol è anche una fonte di calorie. Da vietare assolutamente ai ragazzi e alle donne in gravidanza, oltre ovviamente a chi è affetto da alcune patologie (es. Epatopatie o ictus emorragico). Intanto mangiamoci sopra: una ricetta … Presidenziale! Minestra di favette e cicoriella al peperoncino di Stefano Del Prato. Dosi per 4 persone: ● Fave secche 250 gr; ● Catalogna un mazzetto; ● Scalogno 20 gr; ● Aglio ½ spicchio; ● Speck 40 gr; ● Spinaci 40 gr; ● Basilico un mazzetto; ● Prezzemolo 20 gr; ● Brodo vegetale 1,2 l; ● Peperoncino qb; ● Olio d’oliva 60 gr. La sera precedente mettere a bagno le fave secche. Tritare scalogno e aglio, soffriggere in casseruola con poco olio, unire lo speck a dadini e aggiungere le fave scolate, il basilico e il prezzemolo. Bagnare con il brodo e cuocere per circa 1 ora. Qualche minuto prima della fine della cottura, aggiungere gli spinaci. Passare il tutto al frullatore, quindi filtrare e insaporire con sale e pepe. Conservare al caldo. Nel frattempo pulire la catalogna eliminando le parti più bianche , scottarla in abbondante acqua salata, strizzarla e tritarla grossolanamente. Saltare in padella con poco olio e aglio in camicia. Versare la minestra in fondina. Aggiungere della catalogna condire con peperoncino e finire con un filo di olio 150 Kcal – 20 gr fibre. |
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DIABETE. I COSTI SONO ALLE STELLE PER COMPLICANZE E COMORBIDITÀ, NON PER FARMACI O VISITE MEDICHE. LA FOTOGRAFIA DEI DIABETICI ITALIANI DALL´OSSERVATORIO ‘ARNO DIABETE’: IN ANTEPRIMA ASSOLUTA I DATI DEL 2012 |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - La spesa sostenuta dal Ssn per il diabete mellito è in costante ascesa in ragione del sempre maggiore numero di soggetti affetti per il dilagare del sovrappeso e dell’obesità, dell´inizio sempre più precoce del diabete tipo 2 (la varietà più comune e che un tempo era appannaggio soprattutto dell´età avanzata), della vita fortunatamente sempre più lunga dei diabetici, grazie alle migliorate cure, del sempre maggiore e ampiamente giustificato ricorso al sistema sanitario per esami, visite, terapie, e quant’altro. Tuttavia questa spesa dipende in minima parte dalla terapia dell´iperglicemia, la caratteristica peculiare del diabete, o dalle viste periodiche dei diabetici presso i centri diabetologici per ottimizzare la cura ma va attribuita soprattutto alle complicanze croniche e alle comorbidità. E’ giunto il momento di superare il concetto che le complicanze del diabete interessano occhi (retinopatia), reni (nefropatia), nervi (neuropatia) e vasi sanguigni (infarto, ictus, arteriopatia agli arti inferiori). In realtà il diabete si associa ad un rischio aumentato di sviluppare qualsiasi malattia, da quelle infettive ai tumori, dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva alle patologie del tratto digerente, dalle malattie osteoarticolari a quelle cutanee. Questo accade perché tutte le cellule, tutti i tessuti e tutti gli organi del corpo umano soffrono in presenza di iperglicemia. I diabetici, inoltre, hanno spesso ipertensione e aumento dei lipidi plasmatici (colesterolo e/o trigliceridi) e questo amplifica la sofferenza di molti organi e tessuti. Complicanze e comorbidità (in realtà dovrebbero essere definite ‘altre complicanze’ della malattia più che comorbidità) generano una spesa immane per il Ssn. Una spesa che, oltretutto, è largamente sottostimata. I dati dell´osservatorio Arno Diabete 2012 lo mostrano in maniera chiara e incontrovertibile per la grande numerosità dei casi e le fonti solide delle informazioni, fonti affrancate da ogni tipo di soggettività nel giudizio. L´osservatorio Arno Diabete, frutto di un partenariato fra Cineca e Società Italiana di Diabetologia (Sid) si basa sull´osservazione dei flussi sanitari di una trentina di Asl dislocate in tutta la penisola. In totale il report del 2012, che sarà pubblicato in versione completa nelle prossime settimane e di cui alcuni dati vengono qui presentati in anteprima, è basato sui dati sanitari (ricoveri ospedalieri, prestazioni specialistiche, uso di farmaci, ecc.) di oltre 11 milioni di italiani. Parlare di un campione è quindi assai riduttivo: si tratta di quasi un italiano su 5, cioè dell´Italia. Quanti sono. Fra questi 11 milioni di cittadini di tutte le età ben 688.136 risultavano essere diabetici nel 2012 in quanto assumevano farmaci anti-diabetici e/o avevano un’esenzione ticket per diabete e/o avevano avuto un codice relativo al diabete nella scheda di dimissione di un ricovero ospedaliero. La prevalenza del diabete era quindi del 6.2%, un valore del 70% superiore rispetto a quello rilevato con lo stesso metodo nello stesso Osservatorio Arno nel 1997 e del 140% più alto rispetto a quello osservato in vari studi epidemiologici italiani condotti a metà degli anni ottanta. Questo dato, estrapolato all´intera Italia, indica che nel nostro Paese in questo momento vivono non meno di 3.750.000 diabetici. La stima è prudente perché non considera i diabetici che non hanno ricevuto alcuna cura o prestazione dal Ssn, non hanno richiesto un’esenzione per malattia e non sono mai stati ricoverati nel 2012 o, se lo sono stati, il diabete non era menzionato nella loro scheda di dimissione ospedaliera. Inoltre, si stima che in Italia esista un diabetico non diagnosticato ogni 2-3 diabetici noti. Il numero di diabetici italiani dovrebbe essere quindi non inferiore a 5 milioni. Da vari studi epidemiologici sappiamo che dal 90 al 95% dei casi di diabete consistono in diabete tipo 2. Età. Considerando solo i diabetici noti e tracciati dal Ssn perché ne hanno usufruito nel 2012, i dati di Arno mostrano che il 65% di loro ha un´età pari o superiore a 65 anni e 1 su 5 ha età superiore a 80 anni. Meno del 3% dei diabetici ha un´età inferiore a 35 anni. In questi casi si tratta prevalentemente di diabete tipo 1, la varietà per la quale la terapia insulinica è assolutamente necessaria per la sopravvivenza. Trattamento. Nell´83% dei casi i diabetici dell’Osservatorio Arno sono trattati con uno o più farmaci per controllare l´iperglicemia e in questo caso si tratta di metformina, da sola o in combinazione con altri farmaci, nel 75% dei casi, coerentemente con le attuali linee guida che considerano questo farmaco il primo da usare per trattare il diabete tipo 2. La terapia antidiabetica consiste in insulina in quasi il 30% dei casi (in gran parte diabetici tipo 2 in fase avanzata di malattia). Da notare che i farmaci orali che sono associati al rischio di causare ipoglicemia (sulfoniluree e glinidi) sono ancora largamente utilizzati (45% dei casi) nonostante le linee guida li sconsiglino in molte circostanze, soprattutto nell´anziano e nel soggetto fragile con comorbidità. I farmaci alternativi alle sulfoniluree e alle glinidi proposti in questi ultimi 10 anni con varie motivazioni cliniche, fra cui l’assente rischio di ipoglicemia, sono usati solo dal 3%, 5% e 9% dei soggetti, rispettivamente per acarbosio, glitazoni e incretine (orali oppure iniettabili). La spesa per i farmaci anti-diabetici nel 2012 è stata di € 178 per paziente e rappresenta il 7% della spesa totale per la gestione del diabete e il 23% della spesa per farmaci. Valutando i farmaci nel loro complesso, colpisce il fatto che quasi tutti i diabetici (93%) assumano un farmaco rimborsato dal Ssn e che il numero medio di confezioni di farmaci che vengono prescritte ogni anno ad un diabetico italiano sia più che doppio rispetto a quelle prescritte ad un non diabetico (68 contro 32 confezioni). Fra le 10 classi di farmaci più frequentemente prescritti sono da menzionare quella dei farmaci per il sistema cardiovascolare (soprattutto anti-ipertensivi), consumati dal 72% dei diabetici (+43% rispetto ai non diabetici di pari sesso ed età), degli antibiotici (+50%), dei farmaci per la dislipidemia (+153%), degli antiaggreganti come l´Aspirina (+93%), degli antitrombotici (+45%). E’ di rimarcare che quasi tutti i farmaci, anche quelli non menzionati in precedenza, sono prescritti in misura maggiore nei diabetici rispetto ai non diabetici. Non sorprendentemente, quindi, la spesa per i farmaci (inclusi gli anti-diabetici) è più che doppia (+119%) nei diabetici rispetto ai non diabetici (€ 770 contro € 351 nel 2012). Questa spesa (solo per il 23% attribuibile ai farmaci anti-diabetici) rappresenta il 31% della spesa complessiva per il diabete nel 2012. Visite e esami. I diabetici ricevono molte più prescrizioni di esami di laboratorio e strumentali e visite mediche rispetto ai non diabetici (una media di 32.6 per anno rispetto a 18.7). In tale ambito, tuttavia, è preoccupante notare che nel 2012 circa il 25% dei diabetici non ha fatto alcun esame di laboratorio e il 28% non ha fatto alcuna visita specialistica (diabetologica, oculistica, ecc.). Numeri che documentano un follow up non ottimale. D’altro canto una pubblicazione recente basata sui dati dell’Osservatorio Arno Diabete 2010 aveva mostrato che esami che dovrebbero essere eseguiti almeno una volta all’anno come la creatinina e la albuminuria erano state prescritte solo nel 59% e nel 27% dei casi, rispettivamente, e che valutazioni che dovrebbero avere una frequenza almeno biennale, come Ecg e visita oculista, erano state prescritte solo nel 25% e nell’11% dei casi, rispettivamente. La spesa per queste prescrizioni resta comunque del 56% superiore nel diabetico rispetto al non diabetico (€ 377 contro € 241 nel 2012). Questa spesa rappresenta il 15% della spesa complessiva per il diabete nell’anno 2012. Ospedalizzazione. I tassi di ospedalizzazione sono circa doppi nel diabetico che nel soggetto non diabetico (333 contro 172 per mille persone anno) e i ricoveri nei diabetici durano di più (in media 10.7 contro 9.0 giorni) e vengono valorizzati/pagati di più (in media € 3975 contro € 3762). Rispetto ai non diabetici le persone con diabete sono più frequentemente ricoverati in più di una circostanza all’anno (1.6 contro 1.4 volte). Il rischio di ospedalizzazione è aumentato nel diabetico rispetto al non diabetico di pari sesso ed età per quasi tutte le cause: scompenso cardiaco +263%, malattie polmonari esclusa la polmonite +259%, infarto del miocardio +172%, polmonite + 170%, frattura del femore +47%, colelitiasi +31%). Da notare che in un anno circa 5 diabetici su 100 vengono ricoverati per malattie cardiovascolari (circa 1.5 su 100 fra i non diabetici) e che circa il 20% dei ricoveri nei diabetici è legato ad una malattia cardiovascolare (circa il 10% nei non diabetici). Anche la spesa per ricoveri è quindi decisamente più alta nei diabetici nel loro complesso (includendo cioè anche i non ricoverati): € 1364 nei diabetici contro € 670 nei non diabetici (+104%). Questa somma rappresentava il 54% della spesa complessiva per il diabete nel 2012. Spesa. La spesa complessiva per il Ssn per ogni diabetico è stata nel 2012 di € 2511 contro € 1262 nel non diabetico (+98%). Questa somma, tuttavia, sottostima largamente la spesa reale perché è costruita usando le tariffe delle visite ambulatoriali e degli esami di laboratorio e strumentali e non i costi reali che spesso sono superiori. Una visita diabetologica di controllo viene valorizzata € 14 ma una visita presso un centro diabetologico costa in realtà al Ssn circa il doppio. Notevole è poi il differenziale fra valorizzazione con il sistema Drg e costo reale dei ricoveri (la maggiore voce di spesa). Infatti, considerando il costo medio per ogni giornata di degenza in ospedale in Italia (€ 750) e la degenza media di 10.7 giorni registrata in Arno Diabete 2012, il costo reale medio di un ricovero in un diabetico non è € 3975 come calcolato in base alla tariffa Drg ma piuttosto € 8025 (circa il doppio) e il costo per ricoveri nel diabete sale da € 1364 a € 2752. Con questo aggiustamento, il totale della spesa per ogni diabetico diventa € 3899 e la ripartizione della spesa annua per la gestione di una persona con diabete risulta così composta: ricoveri € 2752 (71%), farmaci per le complicanze e le comorbidità € 599 (15%), farmaci anti-diabetici € 171 (4%), esami di laboratorio, strumentali e visite specialistiche € 377 (10%). A quest’ultima voce le visite diabetologiche, anche se valorizzate al costo reale e non tariffario, concorrono per non più dell’1%. Questo significa che ben il 95% della spesa di gestione del diabete non è legata ai farmaci anti-diabetici o alle visite diabetologiche ma alle complicanze e alle comorbidità, vere e proprie complicanze nella maggior parte dei casi. L’estrapolazione di questi dati all’intero Paese, dove i diabetici sono circa 3.750.000, permette di stabilire che la spesa per la gestione del diabete sostenuta dal Ssn consta ogni anno di più di 12 miliardi di euro, pari a circa l’11% del Fondo del Servizio Sanitario Nazionale. Una spesa quasi completamente legata alle complicanze. Nel prossimo futuro si dovrà affrontare questa emergenza sanitaria ed economica in maniera efficace se non si vorrà far “saltare il banco della sanità” per la cura del diabete. |
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RIACE: NON SOLO STATUE DI BRONZO, MA RICERCA DI ECCELLENZA IN DIABETOLOGIA UNO STUDIO DELLA SID CHE RAPPRESENTA IL BENCHMARK ITALIANO PER CAPIRE LO STATO DELLE COMPLICANZE CRONICHE DEL DIABETE |
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Barcellona, 25 settembre 2013 - Anche al congresso Easd di Barcellona, rappresentata dal dottor Giuseppe Penno e dalla dottoressa Anna Solini, entrambi dell’Università di Pisa e che presenteranno a nome di molti colleghi, la Sid sarà presente con due comunicazioni orali riguardante risultati dello studio Riace. Un nome che evoca i bronzi ritrovati 40 anni fa al largo della Calabria ma che è anche l’acronimo di un grande studio multicentrico della Sid (Renal Insufficiency and Cardiovascular Events). E’ uno studio che, come Nirad, Genfiev e Mindit, gli altri grandi studi condotti dalla Sid negli ultimi dieci anni, incarna la ricerca di eccellenza condotta della società. In questo caso all’Easd Giuseppe Penno presenterà dati riguardanti l’associazione fra i trigliceridi plasmatici e l’insufficienza renale cronica e quindi il ruolo della dislipidemia aterogena in questa temibile complicanza del diabete. Anna Solini riferirà invece che il 15% dei diabetici tipo 2 richiedono 3 o più farmaci per controllare (e a volte senza successo) l’ipertensione e che questa condizione (ipertensione resistente) si associa ad alterazioni della funzione renale e a retinopatia. “Lo studio Riace – commenta il professor Enzo Bonora, presidente eletto della Sid e membro dello Steering Committee di Riace – è basato sulla valutazione dapprima trasversale e proprio in questo periodo longitudinale di 15 mila diabetici tipo 2, ben caratterizzati per una lunga serie di variabili cliniche, nei quali sono state valutate in dettaglio e con approccio standardizzato le complicanze croniche della malattia. Lo studio, coordinato dal professor Giuseppe Pugliese di Roma, ha già prodotto una dozzina di pubblicazioni di elevato impatto e che costituiscono un benchmark nella comprensione delle complicanze croniche del diabete in Italia in quanto si tratta di una casistica con dati completi e senza lacune”. I dati, ancora una volta testimoniano il fatto che la rete diabetologica italiana, nata all’inizio degli anni settanta e fortemente ampliata e sviluppata negli anni ottanta e novanta, ha portato a conseguire in Italia risultati sulle complicanze del diabete migliori rispetto a quelli ottenuti in altre realtà europee e nord-americane. “Nei diabetici italiani – sottolinea il professor Bonora – retinopatia, nefropatia, neuropatia, piede diabetico, malattie cardiovascolari nei diabetici, pur se presenti, lo sono con prevalenza ed incidenza inferiori a quella di altri paesi simili al nostro. Questo non deve però indurre ad abbassare la guardia perché le complicanze sono comunque presenti, spesso già dal momento della diagnosi della malattia (che ancora avviene con anni di ritardo), e sono talora invalidanti (cecità, dialisi, amputazione, infarto, ictus) o fatali. Inoltre, le complicanze croniche, come dimostrato dall’analisi dei dati amministrativi nell’ambito di Arno Diabete, per inciso un’altra grande iniziativa della Sid, rappresentano il 95% della spesa attribuibile al diabete”. I risultati delle varie pubblicazioni dello studio Riace documentano che nei diabetici italiani (età media 67 anni, durata media di malattia 10 anni) il 23% ha avuto un evento cardiovascolare maggiore (infarto, ictus, intervento di rivascolarizzazione, ulcera al piede, amputazione), il 22% ha una retinopatia (che nella metà dei casi è avanzata), il 27% ha una albuminuria (in un quinto dei casi conclamata), il 19% ha una insufficienza renale moderata-severa (filtrato glomerulare <60 ml/min). “E’ interessante notare – conclude il professor Bonora – che solo una piccola parte dei diabetici non ha nessuna di queste complicanze e che molti ne hanno più di una. Inoltre i diabetici hanno spesso altre malattie che vanno considerate ulteriori complicanze del diabete, in quanto nel diabetico compaiono più spesso che nel soggetto senza la malattia, come dimostrato da Arno Diabete”. “Lo studio Riace è un’ulteriore prova della vivacità culturale dei diabetologi italiani e dello sforzo che la Società Italiana di Diabetologia – commenta il professor Stefano Del Prato, presidente della Sid – continua a operare per sostenere la ricerca in questo settore così critico e importante. La presentazione di questi risultati al Congresso Annuale Easd fa da corollario alla presentazione di altri lavori condotti da membri della nostra Società, riconfermandone la posizione di preminenza bella ribalta scientifica internazionale”. Op 222: Resistant hypertension: clinical correlates and association with complications in subjects with type 2 diabetes. Op 225: Association of hypertriglyceridemia with complications in subjects with type 2 diabetes. |
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DIABETE: A RISCHIO IL SISTEMA VIRTUOSO DI CURA ITALIANO A MENO DI 12 MESI DALLA MESSA A PUNTO DEL TANTO ATTESO PIANO NAZIONALE PER LA MALATTIA DIABETICA, PER LO PIÙ INATTUATI I BUONI PROPOSITI E GLI OBIETTIVI STABILITI - A RISCHIO LA BUONA SANITÀ - AIFA E REGIONI DALLA PARTE DEI “CATTIVI” |
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Barcellona, 25 settembre 2013 – “Stupore e sconcerto, sono queste le emozioni che suscitano gli ultimi fatti riguardanti la malattia diabetica in Italia”, sono le parole con le quali Salvatore Caputo, diabetologo, Presidente di Diabete Italia, l’organizzazione che raggruppa le società scientifiche diabetologiche e della medicina generale, le associazioni di volontariato e degli operatori sanitari in diabetologia, ha aperto l’annuale incontro con la stampa italiana in occasione del 49° Congresso della European Association for the Study of Diabetes (Easd), in svolgimento a Barcellona, Spagna. All’inizio del 2013, infatti, tutto il mondo diabetologico italiano - medici e persone con diabete, associazioni e istituzioni - avevano salutato con soddisfazione l’emanazione, a distanza di 25 anni dalla storica legge 115 a tutela dei diritti delle persone con diabete, il Piano nazionale per la malattia diabetica, pubblicato in Gazzetta ufficiale. “Sembrava aver avuto inizio una nuova era – ha detto Caputo – il Piano fu subito recepito e fatto proprio da numerose Regioni, quali Veneto, Basilicata, Lazio, Sicilia, Umbria; i rapporti con il Ministero della salute, tanto con i Ministri succedutisi negli ultimi anni, quanto con i tecnici come la dr.Ssa Paola Pisanti, coordinatrice della Commissione nazionale diabete, erano e sono ottimi; le prospettive di una piena collaborazione tra le parti per affrontare quella che i numeri definiscono una vera e propria emergenza sanitaria anche nel nostro Paese, brillanti.” Il diabete colpisce in Italia oltre 3 milioni di persone; la malattia è sempre più diffusa, riguarda il 5,5% della popolazione; era ‘solo’ il 3,4% nel 1993, con una crescita, ad oggi inarrestabile, del 60% in 20 anni; costa ogni anno ben oltre i 10 miliardi di euro al sistema sanitario e oltre metà della spesa è legata a ricoveri ospedalieri per cattivo controllo della malattia. “Poi le prime disillusioni: a dispetto del principio di piena collaborazione e coinvolgimento previsto dagli estensori del Piano nazionale, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha avviato una procedura per limitare pesantemente la rimborsabilità da parte del Ssn dei farmaci della classe delle incretine, con modalità discutibili, e nella non osservanza delle più comuni evidenze scientifiche e linee guida; poco dopo, Regioni come il Veneto e le Marche, in totale assenza di una strategia organica a livello nazionale, pianificano il ridimensionamento delle strutture specialistiche diabetologiche; per non parlare delle misure che si stanno cercando di mettere in atto, sempre al di fuori di ogni organicità, per risparmiare sulla spesa sanitaria dei presidi per l’autocontrollo della glicemia, che rischiano di non garantire appropriatezza, né qualità, né probabilmente economicità,” ha aggiunto Caputo. L’italia è certamente all’avanguardia nella cura e nell’assistenza per le persone con diabete. Lo certifica l’Associazione Medici Diabetologi (Amd) con la raccolta di dati effettuata annualmente in 320 Centri di diabetologia - il 50% di quelli presenti sul territorio nazionale - distribuiti in tutte le regioni italiane, su 550.000 persone - circa il 20% degli Italiani con diabete. L’analisi effettuata dal Rapporto Annali Amd 2012, nel periodo di 8 anni dal 2004 al 2011, dice che la qualità delle cure prestate nei centri di diabetologia nel nostro Paese è in progressivo e continuo miglioramento. “In questo periodo, lo score Q (Q per qualità) - un ‘indice oggettivo che valuta l’efficienza delle cure e dell’assistenza prestate, e conseguentemente l’efficacia nel prevenire le complicanze tipiche del diabete, dall’infarto, all’ictus, ai disturbi della vascolarizzazione, alla mortalità - è cresciuto dal 21,4 al 24,7 per quanto riguarda la cura del diabete tipo 2, e da 22,5 a 25 per il tipo 1”, ha spiegato Antonio Ceriello, Presidente Amd, che ha ricordato come il valore del Rapporto Annali Amd è testimoniato dai 18 indicatori – tra quelli valutati negli Annali – “che sono stati sostanzialmente adottati dall’International Diabetes Federation (Idf), e pubblicati nelle Linee giuda Idf 2012, per giudicare in maniera omogenea, nel mondo, gli obiettivi di cura del diabete.” “Questa buona sanità rischia però di essere messa a repentaglio da quanto sta accadendo”, ha denunciato Ceriello. “Amd rappresenta i medici diabetologi che operano nelle strutture diabetologiche del Servizio sanitario nazionale e chiaramente non può assistere impassibile al loro smantellamento. Forse è ancora più grave che organismi regolatori come l’Aifa impostino le loro valutazioni sui farmaci ispirandole più a criteri finanziari che clinico-scientifici, e utilizzino strumentalmente, per sostenere le loro tesi, dati criticati e criticabili, come quelli che all’inizio dell’estate hanno suscitato il polverone, poi smentito dai fatti oltre che dalla European Medicine Agency (Ema), circa la supposta cancerogenicità delle incretine”, ha detto ancora Ceriello, rincarando la dose nei confronti dell’Aifa: “Rimane da chiedersi perché l´Aifa abbia voluto usare notizie che potrei definire scandalistiche come bandiera della possibile mancanza di sicurezza delle incretine, quando sarebbe stato invece importante dare un proprio contributo alla chiarezza, usando i dati dell’indagine voluta proprio dall´agenzia per valutare e garantire la sicurezza di questi farmaci. Dati che peraltro nessuno conosce e che inducono a chiedersi se siano davvero disponibili e utilizzabili”, ha concluso. “La Società Italiana di Diabetologia - ha dichiarato il suo Presidente, Stefano Del Prato – guarda con incredulità alla decisione di Aifa di non volere instaurare un rapporto dialettico con le Società scientifiche. Anche in questo Congresso Easd i ricercatori Italiani occupano posizioni di rilievo e di rispetto scientifico, a quanto pare non sufficienti perché possano fornire un parere esperto alla nostra Agenzia del farmaco; rimane poi da capire quali ‘esperti siano stati interpellati da Aifa, visto che le Società Scientifiche sono state snobbate. La diatriba sulla sicurezza dei farmaci incretinici, diviene poi ancora più debole alla luce dei risultati degli studi Savor (nel quale è stata impiegata saxagliptin) ed Examine (con l’uso di alogliptin), i cui risultati sono discussi in questo congresso. In questi studi randomizzati e controllati, coinvolgenti circa 22.000 persone con diabete, i due farmaci non hanno mostrato segni di aumento del rischio di pancreatite, di neoplasia o di mortalità cardiovascolare. Ci farebbe veramente piacere, soprattutto perché sarebbe utile a instaurare quel confronto rispettoso dei rispettivi ruoli, che questi, e tutti i dati che anche in futuro si renderanno disponibili, potessero essere oggetto di una serena e scientificamente corretta discussione tra responsabili di Aifa e rappresentanti delle Società scientifiche. La nostra disponibilità l’abbiamo già dichiarata. Non possiamo che riconfermarla." |
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TUMORI, IN VENETO OGNI ANNO 31.570 NUOVI CASI GLI ONCOLOGI: “PREOCCUPATI PER I TAGLI, SERVONO PIÙ RISORSE” |
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Verona, 25 settembre 2013 – Ogni anno in Veneto 31.568 persone sono colpite da tumore (17.576 uomini e 13.992 donne). Le percentuali di guarigione sono aumentate sensibilmente negli ultimi decenni, grazie ai programmi di screening e a terapie sempre più efficaci. Il 52% degli uomini e il 61% delle donne infatti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Ma secondo il 61% degli oncologi i tagli alla sanità nella Regione dovuti alla spending review rischiano di compromettere la qualità delle cure per questi pazienti. Il 98% degli specialisti utilizza farmaci biotecnologici, efficaci contro un grande numero di neoplasie, e il 73% dà una definizione corretta dei biosimilari, prodotti simili ma non uguali ai più complessi originali biotech. E per il 64% la prossima introduzione dei biosimilari di anticorpi monoclonali può favorire il contenimento dei costi, anche se il 36% sostiene sia più utile cercare margini di risparmio in altre voci di spesa. Il tema della sicurezza per i pazienti resta centrale. Per il 55% infatti le maggiori criticità legate all’uso dei biosimilari derivano dal fatto che possono funzionare in maniera diversa rispetto all’originatore, per il 27% avere un diverso grado di immunogenicità e per il 18% scatenare allergie. Per questo è necessario prestare particolare attenzione al tema dell’estensione d’uso per altre indicazioni diverse da quelle indicate dal dossier registrativo, che potrebbe risultare inadeguata specie per molecole quali gli anticorpi monoclonali. Ogni nuova indicazione terapeutica dovrebbe essere sottoposta ad iter registrativo specifico. Il 73% ritiene inoltre che la decisione sulla sostituibilità fra biosimilare e originator debba essere di esclusiva competenza dell’oncologo. I dati emergono dal sondaggio condotto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) fra i soci del Veneto e presentato nel seminario “Biosimilari da anticorpi monoclonali in oncologia. La sicurezza del paziente prima di tutto”, che si svolge oggi a Verona all’Ospedale Maggiore Borgo Trento. È il sesto di un tour nazionale che prevede nove incontri regionali promossi dall’Aiom con il patrocinio della Sifo (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera) e della Sif (Società Italiana di Farmacologia). All’indagine, che si è conclusa lo scorso agosto, ha risposto circa il 45% di tutti gli oncologi che operano in Regione. “I biosimilari (attualmente sono quattro le molecole in commercio) sono entrati nella pratica clinica, in particolare le eritropoietine, i fattori di crescita granulocitari e gli ormoni della crescita – spiega la prof.Ssa Stefania Gori, tesoriere nazionale Aiom -. Ma nei prossimi anni saranno disponibili anche i biosimilari di anticorpi monoclonali, farmaci utilizzati nel trattamento di varie forme tumorali, nelle quali hanno determinato vantaggi anche in sopravvivenza. Per migliorare il livello di conoscenza degli specialisti abbiamo organizzato corsi itineranti in 9 Regioni. E con il questionario abbiamo voluto cogliere il livello di conoscenza degli oncologi del Veneto sul tema, per capire quali siano i dubbi e le problematiche legate all’introduzione di questi prodotti. È emerso che una notevole percentuale conosce l’esatta definizione di biosimilare, superiore alla media nazionale (pari al 24%). I biosimilari rappresentano un’opportunità per contenere la spesa farmaceutica nazionale e per liberare risorse per favorire l’accesso alle terapie innovative, ma sono fondamentali sia un controllo scientifico costante sia scelte dettate dall’appropriatezza terapeutica.” Per il 67% degli oncologi veneti i biosimilari di anticorpi monoclonali sono più complessi di quelli oggi disponibili, richiedono processi di vigilanza più accurati e appositi registri e studi clinici con endpoint validati. “È comprensibile la preoccupazione degli specialisti per le conseguenze della spending review – afferma la prof.Ssa Annamaria Molino, coordinatore regionale Aiom Veneto -. Va però ricordato che la Regione Veneto ha abolito il Prontuario regionale, su richiesta dell’Aiom e di direttori delle Oncologie, per non limitare le nostre possibilità di prescrizione e non creare discrepanze tra Regioni. L’aiom è stata tra le prime società scientifiche ad approfondire il tema dei biosimilari. È prioritario continuare le iniziative di comunicazione per far sì che gli specialisti italiani abbiano maggiori mezzi conoscitivi per poter giudicare questi prodotti. Infatti promuovere informazione e cultura sui biosimilari di anticorpi monoclonali rappresenta l’azione più importante che una società scientifica come l’Aiom deve intraprendere su un argomento così delicato, come sottolineato dal 58% degli intervistati. E per il 18% è essenziale collaborare con le Istituzioni per regolamentare il settore e per il 12% creare tavoli di lavoro con altre società scientifiche”. È identica la percentuale (27%) di coloro che si dicono a favore o contrari al fatto che i biosimilari, nei pazienti mai trattati prima, se disponibili a un prezzo inferiore rispetto all’originatore, debbano essere preferiti. L’aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), nel recente Position Paper del 13 maggio 2013, chiarisce che biologici e biosimilari non possono essere considerati alla stregua dei prodotti equivalenti, escludendone quindi la sostituibilità automatica. Proprio perché i biosimilari sono simili, ma non identici agli originatori, l’Aifa ha deciso di non includerli nelle liste di trasparenza, che consentono la sostituibilità automatica tra prodotti equivalenti. Di conseguenza, la scelta di trattamento con il biologico di riferimento o con un biosimilare rimane una decisione clinica affidata allo specialista prescrittore. Ma manca ancora nel nostro Paese una legislazione ‘ad hoc’ che recepisca le linee guida dell’Ema, l’agenzia europea per i medicinali. “Non tutti i biologici – sottolinea la dott.Ssa Francesca Venturini, membro del Direttivo Sifo - sono reali candidati per la produzione del biosimilare. Il dossier di registrazione, pur facendo riferimento all’originator, deve riportare studi comparativi preclinici e clinici per dimostrare un profilo sovrapponibile per qualità, sicurezza, efficacia. Il programma di ricerca e sviluppo è volto a dimostrare la ‘biosimilarità’ intesa come comparabilità tra un biosimilare ed il suo prodotto di riferimento (attraverso ‘l’esercizio di comparabilità’). I biosimilari inoltre sono sottoposti a monitoraggio intensivo Aifa per 5 anni dalla commercializzazione, rientrano cioè fra i medicinali sottoposti a monitoraggio addizionale. Posto che la scelta del trattamento con un farmaco biologico o un biosimilare rimane una decisione clinica affidata al medico prescrittore, i biosimilari costituiscono un’opzione terapeutica di minor costo e di pari efficacia a disposizione dei curanti, da utilizzare nel rispetto delle vigenti autorizzazioni degli enti regolatori e delle indicazioni riportate in scheda tecnica. I biosimilari sono da preferire principalmente nei pazienti naive, rappresentando un’opportunità importante che consente di liberare risorse da destinare ai nuovi farmaci innovativi.” La Regione Veneto (nel parere espresso dalla Commissione per il Prontuario Terapeutico Ospedaliero in data 11.11.2010) ha stabilito che nei pazienti che hanno iniziato un trattamento con un dato farmaco “si ammette la non sostituibilità; pertanto su richiesta specifica del clinico, viene riconosciuta l’opzione di mantenere invariata la terapia”. Inoltre si sottolinea che il medico, se non ritiene di poter utilizzare il biosimilare sui pazienti mai trattati prima, “è tenuto, contestualmente alla prescrizione, a produrre alla Asl specifica relazione da cui siano rilevabili le motivazioni della scelta”. “È importante – continua la prof.Ssa Molino – che la Regione aggiorni le linee guida in riferimento ai biosimilari di anticorpi monoclonali che presentano un livello maggiore di complessità rispetto alla prima generazione di questi medicinali”. “I farmaci biologici – conclude il prof. Giuseppe Toffoli, farmacologo al Cro di Aviano - sono spesso autorizzati per più indicazioni terapeutiche. L’estrapolazione delle indicazioni è stata riconosciuta dall’Ema, che afferma che nel caso in cui l’originatore sia autorizzato per più di una indicazione, l’efficacia e la sicurezza del biosimilare devono essere confermate o, se necessario, dimostrate separatamente per ogni singola indicazione”. |
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PRESENTATI AL 49° CONGRESSO EASD I RISULTATI DELL’ANALISI COMBINATA DI QUATTRO TRIAL DI FASE III. |
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Ingelheim, Germania e Indianapolis, Indiana, Usa, 25 settembre 2013 - Boehringer Ingelheim e Eli Lilly and Company hanno annunciato ieri i risultati di una nuova analisi combinata dei dati di efficacia di quattro trial di Fase Iii che mostrano che il trattamento con empagliflozin*, il farmaco sperimentale inibitore del co-trasportatore sodio glucosio tipo 2 (Sglt-2), ha migliorato i parametri glicemici, il peso corporeo e i valori di pressione arteriosa in pazienti adulti con Diabete di Tipo 2.1 I risultati dell’analisi combinata sono stati presentati al 49° Congresso Annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (Easd). “La gestione del Diabete di Tipo 2 in soggetti con un elevato rischio cardiovascolare presenta maggiori complessità per il medico ” ha dichiarato John E. Gerich, M.d. Professore di Medicina e Fisiologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Rochester. “I risultati di questa analisi combinata mostrano che empagliflozin* è stato associato a riduzione dell’ipertensione e modesto calo di peso corporeo, oltre ad aver migliorato i parametri glicemici, aspetti importanti per chi soffre di Diabete di Tipo 2”. L’analisi combinata dei quattro studi di Fase Iii ha riguardato i dati di efficacia rilevati in 2.477 pazienti trattati con empagliflozin* (10mg o 25mg) per 24 settimane, sia in monoterapia che associato a metformina, metformina e sulfanilurea, o pioglitazone con o senza metformina. La presentazione in questione ha riguardato solo i risultati dell’analisi combinata dei dati di efficacia. I risultati dell’analisi combinata sui dati di sicurezza sono stati oggetto di una presentazione separata.2 Alla settimana 24, nei pazienti a cui è stato somministrato empagliflozin* 10mg o 25mg è stato rilevato quanto segue:1 • Riduzione significativa rispetto al basale dei valori di emoglobina glicata (Hba1c), rispettivamente di 0,70% e di 0,76% rispetto a 0,08% con placebo; • Perdita di peso rispetto al basale rispettivamente di 2,05kg e 2,25kg rispetto a 0,24kg con placebo; • Riduzione della pressione sistolica rispettivamente di 3,9mmHg e 4,3mmHg, e della pressione diastolica di 1,8mmHg e 2,0mmH, contro una riduzione di 0,5mmHg per la pressione sistolica e di 0,6mmHg per la pressione diastolica nei pazienti trattati con placebo; • Variazione rispetto al basale del colesterolo Ldl rispettivamente di +3,1mg/dL e +3,9mg/dL contro +0,8mg/dL con placebo; • Variazione rispetto al basale del colesterolo Hdl di +2,7mg/dL per entrambi i dosaggi di empagliflozin* contro 0,0mg/dL con placebo; • Variazione rispetto al basale dei trigliceridi rispettivamente di -9,7mg/dL e -1,8mg/dL contro +2,7mg/dL con placebo. “I risultati presentati oggi ci incoraggiano ad andare avanti con gli studi sull’efficacia e sulla sicurezza cardiovascolare di empagliflozin*, una potenziale nuova opzione terapeutica per chi soffre di Diabete di Tipo 2” ha dichiarato il Professor Klaus Dugi, Senior Vice President Medicine di Boehringer Ingelheim. Oltre all’analisi combinata sui dati di efficacia, all’ Eads 2013, Boehringer Ingelheim e Lilly hanno anche presentato il disegno dello studio sugli esiti cardiovascolari con empagliflozin*. L’effetto di lungo termine del trattamento con empagliflozin*, in termini di eventi cardiovascolari, è oggetto di studio in un trial sugli esiti cardiovascolari in pazienti con Diabete di Tipo 2. Lo studio, della durata di circa quattro anni, condotto su più di 7.000 pazienti con Diabete di Tipo 2 a elevato rischio cardiovascolare, in oltre 620 centri in 42 Paesi, valuta gli effetti sulla morbilità e sulla mortalità cardiovascolare del trattamento di lungo termine con empagliflozin* rispetto a placebo.3 L’endpoint primario è il tempo intercorso sino al primo fra i seguenti eventi: decesso per cause cardiovascolari, infarto miocardico (attacco cardiaco) non fatale o ictus non fatale. Inoltre lo studio valuta la capacità ipoglicemizzante a lungo termine del farmaco sperimentale, le variazioni di peso corporeo, l’incidenza di ipoglicemia e altri parametri di sicurezza. Il reclutamento dei pazienti nello studio, denominato Empa-reg Outcome, è terminato ad aprile 2013 e il completamento dello studio è previsto nel 2018. Il programma di studi clinici di Fase Iii su empagliflozin* Empagliflozin* viene studiato in pazienti adulti con Diabete di Tipo 2 nell’ambito di un programma di studi clinici di Fase Iii, che ha arruolato oltre 14.500 pazienti. Il programma comprende più di 10 studi clinici multinazionali. Il Diabete - Si stima che 371 milioni di persone nel mondo soffrano di diabete di tipo 1 e 2.4 Il diabete di tipo 2 è il più diffuso con una percentuale stimata del 90% di tutti i casi di diabete. 5 Il diabete è una condizione cronica che insorge quando l’organismo non è più in grado di produrre o utilizzare in maniera adeguata l’ormone insulina.6 |
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DATI PRESENTATI ALL’EASD CONFERMANO IL PROFILO DI SICUREZZA DI LINAGLIPTIN IN UNA VASTA GAMMA DI PAZIENTI ADULTI CON DIABETE DI TIPO 2 |
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Ingelheim, Germania e Indianapolis, Indiana, Usa, 25 settembre 2013 - Boehringer Ingelheim e Eli Lilly and Company hanno annunciato ieri che i risultati di due diverse analisi combinate di studi clinici confermano precedenti osservazioni e mostrano che l’inibitore della dipeptidilpeptidasi-4 (Dpp-4) linagliptin è stato ben tollerato in una vasta gamma di pazienti adulti con Diabete di Tipo 2. Questi dati sono stati presentati al 49° Congresso Annuale dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (Easd). Risultati generali di sicurezza I risultati di un’esaustiva analisi combinata sui dati di sicurezza riscontrati in 22 studi clinici su linagliptin, per un totale di 7.400 pazienti con diabete di tipo 2 (di cui 4.810 hanno ricevuto linagliptin e 2.590 placebo), mostrano, tra l’altro, quanto segue: • Linagliptin è stato ben tollerato, in generale e in tutte le fasce d’età studiate, con una bassa incidenza di eventi ipoglicemici; • In un’analisi esplorativa, i casi di ipoglicemia sono stati complessivamente minori con linagliptin, rispetto a placebo (11,5% contro 14 %, p=0,0021); • L’incidenza complessiva di eventi avversi o eventi avversi gravi è stata simile per linagliptin e placebo (rispettivamente, eventi avversi: 56,5% contro 61,2%; eventi avversi seri: 4,8% contro 6,3%); • L’incidenza di eventi avversi con linagliptin è rimasta simile a quella con placebo, indipendentemente dalla fascia d’età (≤65 anni, 65-74 anni, ≥75 anni). “La tollerabilità di un farmaco è un aspetto importante nella scelta di una terapia appropriata per i pazienti con Diabete di Tipo 2, in quanto ci sono controindicazioni o terapie che richiedono aggiustamenti di dosaggio per la gestione della malattia” ha affermato il Prof. Nikolaus Marx, Professore di Medicina e Cardiologia della Clinica Universitaria di Aachen, Germania. “I risultati presentati oggi confermano il profilo di sicurezza di linagliptin”. Sicurezza renale negli anziani I risultati di un’analisi combinata a posteriori di dati rilevati in sette studi clinici, che ha riguardato 1.293 pazienti con diabete di tipo 2 di età pari o superiore a 65 anni, hanno indicato che: • Linagliptin è stato ben tollerato e clinicamente efficace nella popolazione anziana con ogni grado di funzionalità renale, da normale a grave compromissione dell’organo; • La funzionalità renale complessiva non è stata significativamente alterata, alla settimana 24 rispetto al basale, dalla terapia con linagliptin rispetto a placebo; • I pazienti che hanno assunto linagliptin hanno ottenuto una riduzione rispetto al basale dell’emoglobina glicata (Hba1c) di -0,6 % e della glicemia plasmatica a digiuno di −0,8 mmol/L (entrambi i valori corretti per placebo); • L’incidenza complessiva di eventi avversi è stata simile con linagliptin e placebo (rispettivamente 71,3 % contro 72,8 %); • L’incidenza di ipoglicemia, così come definita dallo sperimentatore, è stata comparabile nei pazienti che hanno ricevuto linagliptin o placebo (21,3 % contro 24,7 %), e la maggior parte degli eventi ipoglicemici si è verificata in trial che hanno compreso come terapia di background una sulfanilurea o insulina basale; • Le percentuali di eventi avversi a livello renale o del tratto urinario sono state rispettivamente 5,5 % e 4,3 % con linagliptin e con placebo. “I risultati di queste analisi vanno ad aggiungersi alle evidenze già consolidate che dimostrano che linagliptin è un farmaco ben tollerato da una vasta gamma di pazienti con Diabete di Tipo 2” ha dichiarato il Professor Klaus Dugi, Corporate Senior Vice President Medicine di Boehringer Ingelheim. “Questo dovrebbe dare ulteriore tranquillità ai medici nell’impiego di linagliptin per trattare diversi tipi di pazienti”. La Food and Drug Administration (Fda) statunitense, l’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) e diverse altre autorità regolatorie nel mondo hanno approvato linagliptin per il trattamento di adulti con Diabete di Tipo 2 in monoterapia o in associazione a metformina, metformina + sulfanilurea, e come terapia aggiuntiva a insulina. Linagliptin non richiede alcun aggiustamento di dosaggio, indipendentemente dalla funzionalità renale o compromissione epatica. , Linagliptin Linagliptin (5 mg) è commercializzato in Europa con il nome di Trajenta (linagliptin) e negli Stati Uniti con il nome di Tradjenta (linagliptin) come compressa da assumere una volta al giorno, insieme alla dieta e all’esercizio fisico, per migliorare il controllo della glicemia negli adulti con diabete di tipo 2. Linagliptin non deve essere utilizzato nei pazienti con diabete di tipo 1 o per il trattamento della chetoacidosi diabetica (incremento di chetoni nel sangue o nell’urina).3,4 |
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DISABILI, MARONI: 10 MILIONI PER LE PROVINCE DELLA LOMBARDIA |
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Milano, 25 settembre 2013 - "Attraverso questo Protocollo d´intesa tra Regione Lombardia e Unione Province Lombarde diamo 10 milioni di euro al sistema delle Province, per sostenere le spese per il trasporto delle persone con disabilità nelle strutture scolastiche. Siamo la prima Regione d´Italia a compiere un simile intervento". Lo ha spiegato il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, in occasione della firma del Protocollo d´intesa tra Regione Lombardia e Unione Province Lombarde (Upl) sulle misure a favore delle persone con disabilità presso le istituzioni scolastiche. "Oggi - ha proseguito il presidente - abbiamo letto sui giornali che la Provincia di Ragusa ha dovuto sospendere questo servizio, mentre noi, con questo intervento, ne evitiamo il blocco e risolviamo un problema con grande tempestività e concretezza, come siamo abituati a fare". Intervento Per Sostenere I Più Deboli - "Firmiamo questo protocollo d´intesa - ha sottolineato Maroni -, per risolvere un problema che si trascinava da tempo: a chi tocca sostenere le spese per il trasporto delle persone con disabilità nelle strutture scolastiche. Un tema che è stato oggetto di confronto in questi mesi, anche con ricorsi in sede giurisdizionale. Noi abbiamo deciso di agire, perché l´interpretazione delle leggi non portasse a un danno per le persone più deboli, per cui siamo intervenuti trovando le risorse, cioè 10 milioni di euro, per assicurare il servizio da qui a fine anno e nella legge Finanziaria metteremo le risorse per il 2014, per consentire alle Province di affrontare questo problema". Da Regione Esempio Di Sussidiarietà Verticale - "Questi 10 milioni - ha precisato il presidente - sono una cifra importante in un momento come questo e sono risorse aggiuntive, che non sottraiamo ad altri servizi, ad altri interventi in ambito sociale e per questo ringrazio l´assessore Massimo Garavaglia per l´ottimo lavoro svolto. Siamo intervenuti in virtù del principio di sussidiarietà verticale, che ispira l´azione della Regione nei confronti degli altri Enti locali, andando a risolvere un problema che le Province in questa fase di caos normativo non potevano affrontare". Intervento Che Garantisce Servizio Per Tutto 2013 - "Con questo protocollo abbiamo risolto il problema del sostegno economico al trasporto per i disabili nelle strutture scolastiche solo per il 2013. Questi 10 milioni - ha chiarito l´assessore all´Economia, Bilancio e Crescita Massimo Garavaglia - consentono alle Province lombarde di risolvere il problema per quest´anno, poi nella redazione della legge di Bilancio troveremo le soluzioni idonee per l´anno prossimo. Ci siamo attivati, perché quando c´è un problema in Lombardia ci adoperiamo per trovare delle soluzioni e qui avevamo un problema enorme, generato dalle ultime modifiche normative operate sulle Province e, pur trattandosi di un problema creato da altri, attraverso questi interventi normativi, non potevamo certo lasciarlo irrisolto: oggi leggiamo sui giornali che la Provincia di Ragusa lascia a piedi i disabili, noi invece questo problema lo abbiamo affrontato e risolto". Centralità Delle Persone Nell´azione Del Governo Regionale - Soddisfatta per la soluzione tempestivamente trovata a questo grave problema anche l´assessore all´Istruzione, Formazione e Lavoro Valentina Aprea, che ha tenuto a ringraziare il presidente Maroni e l´assessore Garavaglia prima di aggiungere: "Si tratta di una soluzione ´una tantum´, in attesa che il quadro istituzionale e normativo si faccia più chiaro. Non potevamo non farci carico di questo problema e con questo intervento confermiamo l´attenzione per la centralità delle persone e, in particolare, per le persone più deboli o svantaggiate. Si è trattato di una risposta straordinaria a una situazione straordinaria, che conferma l´attenzione della Regione verso tutti i cittadini". Regione Garantisce Scuola A 6.000 Studenti - "Grazie all´intervento di Regione Lombardia - è stato il commento di Massimo Sertori, presidente della Provincia di Sondrio e dell´Upl - gli oltre 6.000 studenti lombardi interessati potranno continuare a frequentare la scuola. A nome di tutte le Province lombarde ringrazio il presidente Maroni e la sua Giunta per la sensibilità e la responsabilità dimostrate pur in un contesto economicamente difficile come quello attuale. Ancora una volta il modello lombardo si rivela quello vincente". "Si tratta - ha aggiunto Sertori - di una misura straordinaria e urgente, cui Regione Lombardia e l´Unione delle Province Lombarde sono state costrette a ricorrere, per porre rimedio al danno creato dall´ottusità di un Governo centrale, che, dopo aver messo in atto una campagna demagogica di demonizzazione di tutte le Province, senza alcuna distinzione tra quelle virtuose e quelle sprecone, ne ha tagliato indistintamente le risorse penalizzando in tal modo i cittadini. Si tratta di tagli irresponsabili, non alle Province, bensì ai servizi essenziali fino ad oggi erogati dalle Province ai cittadini". |
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FESTIVAL DELLA SALUTE, TOSCANA: OCCASIONE PER FARE IL PUNTO SUL SISTEMA SANITARIO |
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Firenze, 25 settembre 2013 - "Un´occasione per discutere di salute a 360 gradi e fare il punto sulla salute dei toscani e del nostro sistema sanitario". Così l´assessore al diritto alla salute Luigi Marroni ha presentato stamani la sesta edizione del Festival della Salute, che si terrà dal 26 al 29 settembre a Pietrasanta. Alla conferenza stampa, con l´assessore Marroni hanno preso parte Paolo Amabile, amministratore unico di Goodlink srl (che organizza il Festival), Brunero Baldacchini, direttore generale della Asl 12 di Viareggio, Domenico Lombardi, sindaco di Pietrasanta, e Michele Pecchioli, direttore creativo Aria Advertising e autore del progetto "Ferma il bastardo", contro la violenza sulle donne. "Il Festival della Salute è un evento ormai tradizionale, che volentieri ospitiamo nella nostra regione - ha detto ancora l´assessore Marroni - Una formula innovativa, con iniziative aperte a tutti e non riservate solo agli addetti ai lavori, con tanti eventi per le scuole e la possibilità di interagire tra cittadini e operatori. Il nostro sistema sanitario - ha aggiunto Marroni rispondendo alle domande dei giornalisti - si colloca nella fascia più alta in Italia, con esiti molto buoni. Stiamo procedendo nella riforma, stiamo investendo tantissimo sull´assistenza territoriale, le case della salute, le cure primarie, i piccoli ospedali". Paolo Amabile, direttore del Festival, ha dato qualche numero sulla manifestazione: "I 4 giorni del Festival vedranno convegni, talk show, spettacoli, mostre, attività sportive. 70 incontri, oltre 200 relatori, personalità del mondo della cultura e dello spettacolo. Oltre 4.000 studenti, 80 associazioni di volontariato, con 2.500 volontari. Il Festival sarà centrato sul tema della prevenzione, e si parlerà di sanità pubblica, alimentazione, diabete, sport, salute della terza età. I cittadini potranno fare gratuitamente 20 tipi di screening: l´anno scorso sono stati oltre 20.000 i cittadini che ne hanno usufruito". Brunero Baldacchini ha sottolineato "l´impegno della Asl 12 della Versilia, a fianco del Comune di Pietrasanta, nel sostenere questa manifestazione, che ha il grande pregio di parlare dei temi della salute con un linguaggio comprensibile a tutti". E il sindaco di Pietrasanta Domenico Lombardi ha ricordato il "momento importante di dibattito sulla sanità, in Versilia, ma anche a livello regionale e nazionale". Tra le tante iniziative, domenica 29 ce ne sarà anche una sulla violenza sulle donne, con la partecipazione delle attrici Catherine Spaak, Lunetta Savino e Lucrezia Lante della Rovere. "Lavoro da anni con le donne - ha detto Michele Pecchioli - e ritengo che chiunque lavora con le donne abbia il dovere di fare qualcosa contro la violenza sulle donne. La campagna "Ferma il bastardo" è stata divulgata in tutta Italia e ha avuto oltre 100.000 contatti su internet". Http://www.goodlink.it/notizia-festivaldellasalute/109/la-sesta-edizione-del-festival-della-salute-2629-settembre |
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TOSCANA - CAPO VERDE, SIGLATO UN ACCORDO PER LA FORMAZIONE SANITARIA |
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Firenze, 25 settembre 2013 - Un accordo tra il Centro di Salute Globale della Regione Toscana e la Fondazione Donana di Capo Verde, per consentire a medici e operatori sanitari del servizio sanitario pubblico di Capo Verde di svolgere un periodo di formazione nelle aziende sanitarie toscane. E´ stato firmato ieri pomeriggio a Villa La Quiete, a Firenze. La Fondazione Donana si occupa di promozione della cittadinanza e solidarietà sociale. Per la Regione, l´accordo è stato firmato da Maria José Caldés, direttore del Centro di Salute Globale, e da Ana Maria Fonseca Hopffer Almada, presidente della Fondazione Donana, alla presenza dell´assessore al diritto alla salute Luigi Marroni. Le attività previste dall´accordo saranno totalmente a carico della Fondazione, senza alcun peso economico per la Regione Toscana. L´accordo prevede i seguenti ambiti prioritari: formazione e scambi di personale, eventuale donazione di attrezzature sanitarie dismesse, scambio di buone pratiche. La formazione verterà su queste specializzazioni: neonatologia, pediatria, ortopedia, radiodiagnositca, anestesia, chirurgia, ginecologia/ostetricia. "Secondo l´Organizzazione Mondiale della Sanità - informa Maria José Caldés - la situazione sanitaria a Capo Verde è migliore rispetto alla media africana, tuttavia la sfida principale è lo sviluppo delle risorse umane". "La firma di questo accordo - osserva l´assessore Marroni - rappresenta un ulteriore passo della nostra Regione verso il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, in particolare ridurre la mortalità infantile e migliorare la salute materna". L´obiettivo principale è, infatti, il rafforzamento del sistema sanitario pubblico di Capo Verde, in termini di qualità delle cure, con un particolare focus sull´assistenza materna, neonatale e infantile, favorendo soprattutto l´assistenza prenatale, l´assistenza al parto con personale preparato e l´accesso a cure ostetriche di emergenza, l´assistenza post-natale e nella prima infanzia. "La stipula di accordi di questo tipo è una costante storica dell´attività di cooperazione sanitaria internazionale della nostra Regione - sottolinea Maria José Caldés - Infatti gli ambiti di azione prioritari negli interventi di cooperazione sanitaria sono la formazione e il rafforzamento dei sistemi sanitari pubblici". Il Centro di Salute Globale, istituito con una delibera di giunta del 15 ottobre 2012, coordina tutte le attività di cooperazione sanitaria internazionale della Regione Toscana. Il Centro afferisce organizzativamente all´Azienda ospedaliero universitaria Meyer, che per la Regione Toscana gestisce gli interventi di cooperazione sanitaria internazionale, e che parteciperà all´attuazione dell´accordo per quanto concerne la formazione in ambito pediatrico e neonatologico. |
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V CONGRESSO NAZIONALE RICERCA E FORMAZIONE APPLICATA ALLE SCIENZE MOTORIE E SPORTIVE |
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Pavia, 25 settembre 2013 - Nei giorni dal 27 al 29 settembre 2013 si terrà presso il Polo Didattico Campus Acquae, il V Congresso Nazionale della Sismes “Ricerca e formazione applicata alle Scienze Motorie e Sportive”. Si tratta di un evento scientifico e culturale di grande rilievo per il mondo della ricerca scientifica applicata allo sport e all’esercizio fisico che radunerà a Pavia circa 300 delegati in rappresentanza di oltre 35 atenei. Il Congresso sarà anche arricchito dalla presenza di importanti relatori stranieri e rappresenterà un momento di alto confronto sulle prospettive della ricerca italiana in un settore che raccoglie una sempre più ampia attenzione per l’impatto su larghi settori della società civile e del mondo della formazione accademica. |
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MILANO, “IL VOLTO DEL ‘900. DA MATISSE A BACON”: A PALAZZO REALE 80 CAPOLAVORI DAL CENTRE POMPIDOU IN PROGRAMMA A PALAZZO REALE DAL 25 SETTEMBRE AL 9 FEBBRAIO 2014 |
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Milano, 25 settembre 2013 - Dal 25 settembre al 9 febbraio 2014 apre a Palazzo Reale di Milano, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, la mostra ‘Il volto del ’900. Da Matisse a Bacon. Capolavori del Centre Pompidou’, a cura di Jean-michel Bouhours, conservatore del Centre Pompidou di Parigi. La mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano - Cultura, Palazzo Reale, Mondomostre e Skira editore in collaborazione con il Musée National d’Art Moderne - Centre Pompidou di Parigi, e presenta oltre ottanta straordinari ritratti e autoritratti, capolavori assoluti di artisti celebri come Matisse, Bonnard, Modigliani, Magritte, Music, Suzanne Valadon, Maurice de Vlaminck, Severini, Bacon, Delaunay, Brancusi, Julio Gonzalez, Derain, Max Ernst, Mirò, Léger, Adami, De Chirico, Picasso, Giacometti, Dubuffet, Fautrier, Baselitz, Marquet, Tamara de Lempicka, Kupka, Dufy, Masson, Max Beckmann, Juan Gris, autori di opere magistrali, spesso mai esposte in Italia, di eccezionale qualità pittorica e artistica, che entrano a pieno titolo nella storia dell’evoluzione del genere ritratto avvenuta nel corso del Novecento. La selezione di opere provenienti dal Centre Pompidou di Parigi esposte nelle sale del piano nobile di Palazzo Reale racconta, attraverso una serie di capolavori della pittura e scultura del Xx secolo, un periodo fondamentale per l’evoluzione del concetto stesso di ritratto e autoritratto, messo in discussione e trasformato dai più celebri maestri dell’epoca in seguito ai grandi cambiamenti della società e all’evoluzione degli strumenti di rappresentazione della realtà. “Nella nostra società, invasa dalle immagini e spesso travolta dalla loro rapida caducità, è importante, oltre che affascinante, poter riflettere sui nuovi significati che la rappresentazione della figura umana ha acquisito nel corso del Novecento – ha commentato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno. Il grande choc dell´avvento della fotografia, infatti, ha prodotto nel secolo scorso un nuovo modo di rappresentare il volto umano, provocando un potente fluire di originalità creativa nelle opere di ritratto, che sono diventate al tempo stesso più complesse e più libere perché svincolate dalle committenze e dalle esigenze di documentazione e celebrazione. Questa mostra ci offre la straordinaria opportunità di comprendere questo percorso”. “L’invenzione della psicoanalisi, la negazione dell’individuo operata dai totalitarismi, la distruzione dell’identità nei campi di sterminio nazisti, la diffusione della fotografia messa a servizio della burocrazia per il riconoscimento delle persone (per esempio con le foto d’identità), l’invasione dell’Io da parte di uno pseudo-immaginario collettivo creato dai media: a questo contesto sociale – scrive il curatore della mostra Jean-michel Bouhours – occorre aggiungere il ruolo dell’arte, la spinta all’astrazione, la perdita del soggetto nell’ideale collettivo delle avanguardie: tutto sembra concorrere all’idea dell’arrivo di un mondo senza più volti.” E nonostante questo, “cresce all’epoca una sorta di frenesia a farsi fare il ritratto, come – scrive ancora Bouhours – per far entrare se stessi in una vertigine di ubiquità e di istantaneità dettate dai media contemporanei: l’immagine della propria immagine si è imposta”. Dopo la prima rivoluzione moderna rappresentata dai ritratti umanistici di Dürer, Van Eyck o Frans Hals, dopo lo spartiacque dell’Impressionismo che pretende autonomia per il pittore, l’artista moderno pratica il ritratto andando al di là dello scopo di illustrare il modello, passando attraverso il soggetto per trovare il suo “Sé interiore” e le sue personali intenzioni artistiche. Al tempo stesso, l’artista libera se stesso dai vincoli che fino a quel periodo erano connaturati al ritratto, fissati dai committenti, che erano soliti aspettarsi non soltanto un dipinto lusinghiero ma anche di essere visti in una certa posizione sociale, grazie ad alcuni simboli attentamente codificati. Le sette sezioni della mostra non sono ordinate per cronologia, ma per assonanze sul modo di trattare la figura umana da parte dei vari artisti: 1. I misteri dell’anima; 2. Autoritratti; 3. Il volto alla prova del Formalismo; 4. Volti in sogno. Surrealismo; 5. Caos e disordine, o l’impossibile permanenza dell’essere; 6. Dopo la fotografia; 7. La disintegrazione del soggetto. |
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