Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 







MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web




 


LUNEDI

PAGINA 1 PAGINA 2 PAGINA 3 PAGINA 4 PAGINA 5 PAGINA 6 WEB E DIRITTO PER LE NUOVE TECNOLOGIE
Notiziario Marketpress di Lunedì 22 Ottobre 2012
ITALIANO E LINGUE EUROPEE A RISCHIO DI ESTINZIONE DIGITALE  
 
Due terzi degli idiomi dell’Ue potrebbero scomparire dalla rete, dove domina l’inglese. Lo rivela un’indagine dell’Ilc-cnr nell’ambito della ricerca Meta-net a cui hanno lavorato più di 200 esperti. L’italiano, come la maggioranza delle lingue europee, rischia di scomparire da Internet, anche se la sua presenza in rete è tutt’altro che marginale. A dirlo è il rapporto ‘La lingua italiana nell’era digitale’ dell’Istituto di linguistica computazionale del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ilc-cnr), parte della ricerca Meta-net cui hanno lavorato più di 200 esperti. “La percentuale di pagine web in italiano a livello mondiale è raddoppiata passando dall’1,5% nel 1998 al 3,05% nel 2005”, spiega Nicoletta Calzolari dell’Ilc-cnr. “È stato stimato che nel 2004 in tutto il mondo ci fossero 30,4 milioni di parlanti italiani online. Al di fuori dei confini dell’Unione Europea, parlano italiano 520.000 americani, 200.000 svizzeri e 100.000 australiani. Il numero di navigatori italiani negli ultimi cinque anni è però rimasto stabile, contrariamente il numero di quelli dei paesi in via di sviluppo aumenta notevolmente, cosicché la proporzione di coloro che parlano la nostra lingua subirà una forte diminuzione e potremmo andare incontro a un rischio di sotto-rappresentazione, specialmente in confronto all’inglese”. Secondo i dati raccolti dai ricercatori, la penetrazione del web in Italia si attesta al 51,7%, con 30 milioni di internauti (circa il 6,3% di quelli dell’Ue) su 58 milioni di cittadini: la loro crescita è stata del 127,5% tra il 2000 e il 2010. Se questo è il quadro per la nostra lingua, possiamo immaginare quale sia per quelle che hanno un numero di parlanti molto inferiore. “Il dato è preoccupante”, prosegue Claudia Soria dell’Ilc-cnr, “perché dal momento che le tecnologie linguistiche usate in Internet si basano su approcci statistici, se i dati messi a disposizione in una lingua sono pochi, si innesta un circolo vizioso: pochi dati, tecnologie di bassa qualità, ulteriore limitazione dell’uso di quella lingua”. Lo studio condotto dall’Istituto Cnr e dalla Fondazione Bruno Kessler (Bernardo Magnini e Manuela Speranza) fa parte della ricerca Meta-net cui hanno lavorato più di 200 esperti e documentata in 30 volumi della Collana di libri bianchi di Meta-net (disponibile a stampa da Springer e online all’indirizzo http://www.Meta-net.eu/whitepapers ): “21 lingue su 30 analizzate si collocano al livello più basso, con un supporto digitale ‘debole o assente’ in almeno una delle aree tecnologiche prese in esame (correttori ortografici e grammaticali, assistenti personali interattivi su smartphones, sistemi di traduzione automatica, motori di ricerca, etc.)”, spiega Soria. “L’islandese, il lituano, il lettone e il maltese ottengono questo voto per tutte le aree. Anche basco, bulgaro, catalano, greco, ungherese e polacco, con ‘supporto frammentario’, si collocano tra le lingue ad alto rischio. All’estremo opposto si trova l’inglese, seguito da olandese, francese, tedesco, italiano e spagnolo, con ‘supporto modesto’. Nessuna lingua, però, ottiene ‘supporto eccellente’”. “Sono risultati allarmanti”, conclude Hans Uszkoreit, coordinatore di Meta-net. “La maggior parte delle lingue europee non dispone di risorse sufficienti e alcune sono quasi completamente ignorate. Molte di esse non hanno futuro”  
   
   
VARESE: GLOCAL NEWS - IL PRIMO FESTIVAL DEL GIORNALISMO ON LINE ITALIANO  
 
Dal 15 al 17 novembre si tiene a Varese "Glocal News", una tre giorni di giornalismo locale e globale. "Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio" affermava Tolstoj e Internet oggi lo interpreta a perfezione. A ospitare l´iniziativa, che vedrà alternarsi in un programma molto nutrito professionisti dell´informazione e della comunicazione, workshop, confronti, spettacoli e un interessante esperimento di laboratorio di giornalismo digitale (Bloglab), è la città di Varese dove, 15 anni fa, è cominciata l´avventura di Varesenews.it, il primo quotidiano esclusivamente on line in Italia con 52.370 visitatori unici al giorno (dati Audiweb del 31 luglio 2012). «Sono 15 anni che lavoriamo su Internet, che percorriamo tracce con un progetto nella testa e nel cuore, che navighiamo dentro questa rete -sottolinea il direttore di Varesenews.it, Marco Giovannelli, organizzatore del festival-. La nostra idea e il progetto che ne è seguito era quella di allargare la partecipazione dei cittadini, di informare sulle cose di casa loro ma non solo. Siamo solo all´inizio di un´avventura, ma è anche venuto il momento di una riflessione su un fenomeno, il giornalismo on line, che non si può più considerare figlio di un dio minore nel panorama informativo nazionale. Ed ecco il perché di questo festival». Il festival si svilupperà attraverso una quarantina di momenti diversi: incontri per "addetti ai lavori" aperti anche al pubblico, alcuni di taglio teorico, otto workshop, alcuni matching con aziende del settore, laboratori rivolti agli studenti, due spettacoli e diverse occasioni conviviali in diverse location varesine. Il quartier generale sarà nei locali della centrale Camera di Commercio e poi al teatrino Santuccio, nella sala civica Montanari e a Villa Ponti. Ad animare la tre giorni un centinaio di relatori, altrettante testate giornalistiche nazionali e locali. All´interno del festival si terrà anche un incontro dei giornalisti aderenti a Ona Italia. È prevista la presenza di oltre di 300 giornalisti. Ad aprire "Glocal news", giovedì 15 novembre alle 15.00 nella sala Campiotti della Camera di Commercio di Varese, sarà una conversazione con il sociologo Aldo Bonomi e il direttore artistico di Expo 2015 Davide Rampello condotto da Luca De Biase (Il Sole 24 Ore) sul tema "Internet è glocal: comunità locali e interessi globali. Qual è lo stato dell´arte dopo venti anni?". Fra gli altri appuntamenti del programma (www.Glocal12.it/programma), venerdì 16 novembre alle 9.00 l´incontro con Daniele Manca (vicedirettore Corriere della sera), Giuseppe Smorto (responsabile di Repubblica.it), Marco Bardazzi (Digital Editor La Stampa) sul tema "Dalla carta al web ai social, Come cambia il rapporto con le comunità dei lettori?"; lo stesso giorno alle 14.30 Incontro con i direttori del Post, L´inkiesta e Lettera43. A concludere il programma delle giornate di giovedì e venerdì saranno rispettivamente il filosofo Franco Bolelli e il comico Alessandro Bergonzoni. Tra gli altri speaker da ricordare il presidente dell´ordine dei giornalisti della Lombardia Letizia Gonzales, Luca Viscardi direttore artistico di Radio Numberone, Simona Panseri direttore Comunicazione di Google Italia. Nel festival rientra anche l´assemblea annuale di Anso (Associazione nazionale stampa on line) che si terrà nel pomeriggio di sabato 17 nell´auditorium del Centro Operativo Europeo di Whirlpool a Comerio. Chiuderà Glocal News, alle 18.00 nella sede della Camera di Commercio, la premiazione di Bloglab (http://www.glocal12.it/ )  
   
   
ITC: I DATI SULL’ANDAMENTO DEL MERCATO NEI PRIMI SEI MESI DELL’ANNO  
 
Nel Global Digital Market crescono le componenti collegate a Internet: cloud +41,6%, tablet +78,5%, smartphone +30%, ma non compensano la crisi dei comparti tradizionali: Pc e server a -7,1%, servizi -3,3%, software -0,6%. Rallenta la discesa delleTlc: -1,3% per la decisa inversione di infrastrutture + 2,2% e terminali +4,4% Angelucci: senza investire in innovazione non c’è via d’uscita alla crisi. La parte più dinamica del Paese sta già puntando sull’uso di Internet in movimento. Ora occorrono nuove applicazioni e servizi on line. E’ cruciale che il decreto sviluppo 2.0 diventi presto legge: da qui potrà partire un nuovo grande ciclo di investimenti in Ict che farà da volano all’intera economia. Fondamentale garantire percorsi facilitati di accesso al credito per le imprese che vogliono innovare. No ai tagli lineari della Pa sugli investimenti in It. Roma-milano, 15/10/2012 -“Nel primo semestre del 2012 il mercato dell’Information Technology ha subito, dopo la perdita del 2011 (-1,7%), un’ulteriore contrazione, pari a -3,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ questo un risultato allarmante che aggrava i contorni della recessione. Rinunciare a investire in innovazione, come molte imprese sono costrette a fare oggi, anche loro malgrado, significa soprattutto rinunciare a crescere in competitività, efficienza e produttività, contribuendo ad avvitare verso il basso la spirale della crisi economica. In questo quadro di estrema difficoltà, la seconda parte dell’anno non può che essere all’insegna del peggioramento: secondo le nostre stime, infatti, il mercato It sconterà una riduzione aggiuntiva chiudendo il 2012 a – 4,4%. Qualora nei prossimi mesi le condizioni di scenario rimanessero tali, tutti i segnali indicano che anche l’anno prossimo continuerà a essere un periodo di grande sofferenza per l’industria It, compromettendo ulteriormente le possibilità di ripresa della nostra economia” così ha esordito Paolo Angelucci, presidente di Assinform, l’associazione italiana dell’Information Technology, nel presentare oggi i dati sull’andamento del settore Ict nel primo semestre dell’anno nel corso della conferenza stampa a cui ha preso parte anche Giancarlo Capitani, ad di Netconsulting, partner nell’elaborazione del Rapporto Assinform.d’altro canto i risultati registrati dall’It dei primi sei mesi dell’anno autorizzano il pessimismo, con le componenti tradizionali tutte in netta discesa rispetto al biennio precedente: l’hardware a -7,1% (il trend del 1° semestre 2011 sullo stesso periodo del 2010 era stato di -4.0%), software –0,6% (+0,3% nel 2011/2010), assistenza tecnica a 6,8% (-3,6%) servizi a -3,3% (-1,2%). In attenuazione, invece, il calo del mercato delle Tlc, che chiude il primo semestre 2012 con -1,3% (-2,7% nel 2011/2010), trend dovuto alla ripresa degli investimenti nelle infrastrutture di rete + 2,2% (-3,3%) e nei sistemi e terminali + 4,4% spinti soprattutto dagli smartphone, che continuano a crescere a doppia cifra segnando + 30% .“Le difficoltà dell’It – ha spiegato Angelucci – sono anche il riflesso dei cambiamenti tecnologici che, sulla spinta dell’esplosione del web, stanno trasformando profondamente profilo e dinamica del settore, ampliandone i confini e penalizzando gli assetti tradizionali. Per questo abbiamo sentito la necessità di rileggere e reinterpretare il settore come Global Digital Market, metodo analitico capace di cogliere gli effetti della convergenza sempre più spinta fra It e Tlc” . Sotto questa nuovo lente, si rileva che nei primi sei mesi dell’anno, al netto calo dei Pc e server si è contrapposto non solo il + 78,5% di crescita del mercato tablet, ma anche l’affermarsi dell’It della nuvola, il cloud computing aumentato del 41.6 %. Allo stesso tempo i nuovi modi di fruizione della tecnologia spingono la crescita del segmento dei contenuti digitali e della pubblicità on line al ritmo del + 4,1%. Se il trend dei Servizi informatici e del software continua a scendere, emerge invece la dinamica positiva (+3,0%) delle applicazioni innovative sui temi della mobilità, della protezione ambientale, della sicurezza sociale e welfare. “Ma attenzione – ha sottolineato il presidente di Assinform – il processo di radicamento in Italia dell’innovazione digitale con l’emersione del Global Digital Market, è frenato non solo dalla crisi e dai tagli lineari che finiscono per penalizzare anche una spesa strategica come quella in innovazione, ma dalle resistenze al cambiamento e alla modernizzazione che persistono nella pubblica amministrazione,risultando in un trend ancora troppo lento per riuscire a compensare le difficoltà delle componenti tradizionali e troppo debole per colmare il gap digitale italiano. “Per invertire il trend negativo e aprire il Paese alle opportunità dell’economia digitale occorre una cura shock che, in realtà, è già nelle potenzialità del pacchetto di misure sull’Agenda digitale varato dal Governo con il recente decreto legge Crescita2.0 - ha continuato Angelucci secondo cui i prossimi mesi sono cruciali. E’ importantissimo, quindi, che tali misure diventino legge al più presto ,senza cedimenti rispetto allo spirito e agli obiettivi innovativi del provvedimento. E’ necessario, infatti, stabilizzare le condizioni quadro, per far partire un nuovo importante ciclo di investimenti in Ict, di cui già si vedono i segnali per le infrastrutture Tlc, che potrà fare da volano per la crescita dell’intera economia. Non solo, ma dalla rapida attuazione dell’Agenda digitale dipende la valorizzazione del fenomeno più rilevante messo in luce dal Global Digital Market, relativo al fatto che oggi la parte connessa del paese si sta decisamente infrastrutturando sulla dimensione mobile, puntando cioè sulle componenti tecnologiche che consentono la fruizione di Internet in movimento. La straordinaria diffusione in Italia di tablet, smartphone, cloud deve trovare un’importante finalizzazione nello sviluppo di nuove applicazioni e servizi on line, in grado di assicurare una maggior dinamicità e flessibilità degli assetti organizzativi della società e dell’economia. Si tratta di un’occasione di cambiamento profondo che abbiamo a portata di mano e che non può essere persa . “In questo scenario difficile, ma non privo di potenziali vie d’uscita, anche le imprese sono chiamate a fare la loro parte - ha concluso Paolo Angelucci - Nella prospettiva di una nuova domanda che chiede all’Ict di essere ancora più trasversale, più penetrante, più capace di dare soluzione ai problemi strutturali del Paese, il settore deve essere pronto a mettere in campo più innovazione, più best practices, più capacità di intervento. In questa chiave è fondamentale garantire l’accesso al credito alle imprese che vogliono investire in innovazione. Puntare sul modello di crescita 2.0 vuol dire anche abbattere il credit crunch per l’innovazione, stabilendo percorsi facilitati agli inventimenti in nuove tecnologie. Sensibilizzare il governo e gli istituti di credito su questa necessità costituirà un impegno prioritario di Assinform nei prossimi mesi, affinchè possa diventare protagonista delle nuove sfide  
   
   
STARTUP: 50% INVESTIMENTI IN ICT, 29 FINANZIATE NEI PRIMI 9 MESI 2012 |- NASCE POLIHUB - OSSERVATORI POLITECNICO DI MILANO  
 
Sembra finalmente emergere una nuova consapevolezza della centralità delle startup per il futuro del nostro paese che fa guardare con ottimismo al prossimo decennio. Complice una forte spinta politica voluta da questo Governo e la miriade di nuove iniziative a supporto dell’intero settore. Numeri che fanno ben sperare, sebbene l’offerta italiana di finanziamenti presenti ancora non poche criticità: secondo l’Osservatorio startup della School of Management del Politecnico di Milano, al suo primo anno di attività, in Italia sono poco più di una ventina gli investitori istituzionali realmente attivi nel finanziamento delle startup, a cui si aggiungono un’altra decina di incubatori privati che, oltre a investire nelle startup (anche se mediamente meno dei primi), forniscono loro risorse e servizi a valore aggiunto di varia natura (spazio, mentorship). A questi si affiancano una trentina di incubatori universitari (di cui una dozzina quelli particolarmente attivi) che tuttavia non investono tipicamente risorse finanziarie nelle start-up ma forniscono loro servizi (dagli spazi attrezzati al trasferimento tecnologico dall’università). Infine troviamo un centinaio di investitori “informali”, tra business angel e family office (di cui una decina i più attivi). In questo scenario si colloca la nascita di Poli Hub - startup district & accelerator, iniziativa voluta dalla Fondazione Politecnico di Milano e rivolta alle start-up italiane particolarmente innovative: a disposizione degli aspiranti imprenditori nuovi spazi appositamente realizzati, configurabili e scalabili in base alle singole esigenze e dotati delle più moderne facility e un ricco programma di formazione ed empowerment. Obiettivo primario favorire i processi di cross-fertilizzazione tra le diverse start-up attraverso la condivisione di esperienze e know-how. L’hub farà infatti da ponte tra le startup ospitate e le competenze specialistiche di tutti i dipartimenti del Politecnico di Milano, ma anche con le altre Università italiane con l’obiettivo di facilitare il contatto tra le start-up e le grandi imprese e agevolare così relazioni commerciali, partnership e operazioni di exit (*maggiori dettagli nell’approfondimento a fine comunicato). “È un salto di qualità importante nella valorizzazione della ricerca e dell’innovazione tramite la creazione di giovani imprese tecnologiche – ha dichiarato Giampio Bracchi, Presidente di Fondazione Politecnico di Milano –. Con Poli Hub la Fondazione, sulla scorta delle esperienze di Londra e Berlino, punta a creare in zona Bovisa un distretto tecnologico, in contatto con i nuovi dipartimenti e laboratori dell’ateneo milanese e con le attività di tutoraggio e di formazione imprenditoriale dell’Acceleratore di imprese. L’obiettivo, per noi ambizioso ma concreto, è quello di arrivare a 150 start up incubate con la compresenza di aziende che hanno già raccolto capitali da venture capital e business angel e, dato fondamentale, con la sinergia attiva delle reciproche esperienze”. Se infatti in Europa i paesi più evoluti dal punto di vista della nuova imprenditorialità sono Uk, Francia, a cui si affiancano quelli del Nord (Svezia, Finlandia, Danimarca, ecc.), Svizzera e Germania, l’Italia si mostra ancora molto indietro sia per numero di imprese innovative che nascono ogni anno, sia per ammontare di investimenti nelle stesse. Con Stati Uniti e Israele in testa, in Italia si investe in startup un settimo rispetto alla Francia, un quinto rispetto alla Germania e al Regno Unito e la metà rispetto ai paesi del nord (Svezia, Finlandia e Norvegia) con Pil molto inferiori a quello italiano. A farla da padrone l’Ict, con un peso di circa il 50% sul totale (negli Stati Uniti si arriva al 60%), settore su cui si sono concentrate le analisi dell’Osservatorio e che rilevano i seguenti dati: nel 2011 le operazioni di investimento in startup Ict in Italia sono state 44 (il 41%, è stato fatto da incubatori, il 39% da Venture Capital) per circa 27 milioni di euro. I primi 9 mesi del 2012 hanno confermato questo trend: 29 operazioni per circa 20 milioni di euro. Quasi il 50% delle operazioni fatte sono relative al comparto Mobile (20 investimenti su 44 nel 2011 e 13 investimenti su 29 nei primi 9 mesi del 2012), mercato nel quale l´Italia ricopre una posizione di leadership a livello internazionale (con una penetrazione degli smartphone e della banda larga mobile molto elevata). In sintesi, il comparto Ict – e Mobile in particolare – dimostra una dinamicità estremamente interessante e la presenza di alcuni casi virtuosi che stanno registrando una forte attenzione a livello internazionale. Le startup, infatti, contribuiscono alla crescita economica di un paese sia in maniera diretta che attraverso l’innovazione con la quale contribuiscono al miglioramento della produttività, dell’innovatività e della competitività delle imprese tradizionali, potenziandone le performance. “Ma per riuscire ad avviare il nostro paese inerziale nella direzione giusta, occorre creare un ecosistema in grado di generare un circolo virtuoso tra le sue diverse componenti: sistema formativo/universitario, sistema di comunicazione/media, sistema finanziario, sistema politico – afferma Andrea Rangone, Coordinatore degli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano - Intanto, senza pretendere di fornire soluzioni semplici a problemi complessi, penso si possa cominciare dalla creazione di distretti di startup, cioè concentrazioni territoriali di nuove imprese che consentano di creare quelle dinamiche di cross-fertilizzazione, contaminazione culturale e scambio di conoscenze che sono state alla base del successo dei nostri distretti industriali e, quindi, del nostro boom economico del secolo scorso”. Sulla base di una critica trasposizione di alcune ricerche internazionali, l’Osservatorio sulle startup del Politecnico di Milano stima che se venissero immessi nelle nuove imprese 300 milioni di euro per investimenti seed si potrebbe avere, entro un decennio, un impatto sul Pil di circa 3 miliardi di euro (pari allo 0,2% circa). Cosa è Poli-hub La Fondazione Politecnico di Milano ha avviato una nuova e importante iniziativa rivolta alle start-up italiane particolarmente innovative, mettendo a disposizione degli aspiranti imprenditori nuovi spazi appositamente realizzati, configurabili e scalabili in base alle singole esigenze e dotati delle più moderne facility, e un ricco programma di formazione ed empowerment. L’obiettivo del Poli Hub è di favorire i processi di cross-fertilizzazione tra le diverse startup attraverso la condivisione di esperienze e know-how. Potranno accedervi di diritto tutte le nuove aziende che hanno già ricevuto finanziamenti da Venture Capitalist, Business Angel, Incubatori, mentre per le altre è previsto un processo di selezione da parte dei docenti del Politecnico. Il cuore di Polihub sarà la ricca offerta di seminari, testimonianze e workshop che animeranno quotidianamente l’Hub. Sono infatti previsti: seminari focalizzati sui temi chiave per una startup (business model design, marketing online, gestione delle risorse umane, economics & finance, product development, ecc.); incontri con imprenditori di successo e top manager di aziende operanti in settori hi-tech e nel panorama del Venture Capital italiano e internazionale; workshop e laboratori di brainstorming sui comparti hi-tech più innovativi. L’hub farà da ponte tra le startup ospitate e le competenze specialistiche di tutti i dipartimenti del Politecnico di Milano, ma anche con le altre Università italiane. Inoltre, con l’obiettivo di facilitare il contatto tra le startup e le grandi imprese e agevolare così relazioni commerciali, partnership e operazioni di exit, l’Hub sta stringendo accordi privilegiati con le principali aziende operanti nei diversi settori hi-tech (Telco, Media company, It vendor, Energy, Utility, ecc.). L’hub metterà a disposizione anche servizi a valore aggiunto quali servizi informatici (infrastructure/platform/software as a service), servizi amministrativi e legali, servizi di comunicazione e Public Relation. Info: www.Osservatori.net    
   
   
FIRENZE - MEDIAZIONE-CONCILIAZIONE TELEMATICA, FORMAZIONE GRATUITA  
 
La Camera di Commercio di Firenze ha avviato ed anche concluso una prima sperimentazione sull´invio telematico delle procedure di mediazione da parte degli studi professionali di Firenze. La mediazione telematica, attraverso l’utilizzo di sistemi informatici che garantiscono la riservatezza nel flusso dei dati, permette l’avvio delle procedure di mediazione, la consultazione dei relativi dati e documenti e la gestione degli incontri on line. Il servizio, previsto dal regolamento dall’organismo di mediazione della Camera di Firenze risponde a quanto il Decreto legislativo n. 28/2010 richiede in materia di mediazione telematica. Ciò è possibile tramite l’accesso al sito www.Conciliacamera.it  I professionisti che assistono le parti in mediazione potranno, accedendo al portale direttamente dal proprio studio, inviare le pratiche all´Organismo e ricevere tutte le comunicazioni e gli aggiornamenti relativi alle stesse consultando una banca dati propria all´interno dello stesso gestionale. Ovviamente tutto questo sarà consentito tramite l´utilizzo di user-id e password riservate, che garantiscono la non accessibilità dei dati a soggetti esterni. Il Servizio di conciliazione ha organizzato, per coloro che invieranno l’adesione all’iniziativa, una prima sessione formativa specifica e gratuita a cura dell’Ente camerale. La formazione della durata di due ore consisterà nella simulazione dell’attivazione telematica di una procedura di mediazione e chiarimenti sugli incontri on line. La formazione si è tenuta il 18 ottobre 2012 nell’auditorium di Metropoli (Palazzo Logge del Grano a Firenze – Iv piano, ingresso dal Registro Imprese) in tre diverse sessioni, con inizio alle ore 9,00, alle 11,15 e alle 14,00. Sono stati ammessi fino a 90 partecipanti  
   
   
ODCEC DI MILANO: I RISULTATI DEL DIBATTITO SUL RUOLO DEI PROFESSIONISTI  
 
Economia ed etica sono compatibili? Questa domanda ha animato in particolare la tavola rotonda del convegno "Economia, finanza, informazione ed etica degli affari: ruoli per il professionista" promosso dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano, che lunedì scorso ha messo a confronto importanti esponenti delle istituzioni, del mondo accademico e delle professioni. L’avvocato Umberto Ambrosoli ha sottolineato come il concetto di etica corrisponda a quello della responsabilità che ciascun operatore detiene verso il sistema cui appartiene e di come sia necessario tener conto di questa responsabilità nell’esercizio delle proprie funzioni; i professionisti sono parte del sistema e non possono essere antitetici ad esso. Filippo Annunziata, dell’Università Bocconi, ha evidenziato come la disciplina sugli abusi di mercato sia la concretizzazione normativa dell’etica: l’insider trader è considerato riprovevole non solo perché turba il modello ideale di mercato, ma perché viola le leggi fondamentali dell’etica e dell’economia. Secondo Gherardo Colombo, ex magistrato, il problema più che le regole riguarda i comportamenti, in questa fase di smarrimento complessivo del nostro paese. Le regole ci sono, e formano una “Grundnorm” (norma fondamentale) come la Costituzione, ma i comportamenti seguono un´altra Grundnorm, che non sta scritta nella Costituzione. Infine Colombo ha osservato come ci sia una "forte distanza tra i valori dell´Europa e quelli dell´Italia". Francesca Pasinelli, direttore generale di Telethon, ha rilevato come per le organizzazioni non profit la terzietà del giudizio sul programma da finanziare sia elemento fondamentale per una corretta applicazione della mission. Alessandro Solidoro infine, presidente dell’Odcec di Milano, ha affermato che la riforma del sanzionamento disciplinare degli iscritti a ordini professionali - che passa dalla competenza degli organi amministrativi di questi ultimi a quella di appositi consigli di disciplina - è vista con favore dall´Ordine dei dottori commercialisti. Secondo Solidoro rientra tra i compiti degli “organismi intermedi´´ giudicare ´´sulle violazioni di norme di deontologia professionale´´. Queste ultime ´´non costituiscono necessariamente una violazione dell´ordinamento ma comportamenti lesivi nei confronti della comunità cui si appartiene. Si può essere cittadini ideali ma pessimi professionisti”. Ha auspicato inoltre l’introduzione di semplificazioni che rendano più facilmente perseguibili i comportamenti etici: chi li mette in atto non deve essere considerato un eroe ma una persona comune. Castellani  
   
   
FISCOPIÙ.IT, IL NUOVO PORTALE DI RIFERIMENTO PER IL MONDO DEI PROFESSIONISTI E DEI CONSULENTI  
 
Con un innovativo motore di ricerca per aree tematiche, Fiscopiù.it di Giuffrè Editore rivoluziona il mondo di commercialisti e aziende, garantendo la soluzione a qualunque problema con un aggiornamento tempestivo e costante ad un prezzo competitivo. Abbiamo deciso di entrare nel mercato dei professionisti fiscali e contabili forti del buon percepito del marchio Giuffrè presso Commercialisti, Revisori Contabili e Direttori Amministrativi, (come risulta da una ricerca ad hoc commissionata alla Doxa Marketing Advice) che ci attribuiscono serietà, specializzazione, competenza e grande affidabilità. - A spiega l’Ing. Antonio Giuffrè, Direttore Generale della casa editrice - Con http://www.fiscopiu.it/  offriamo un prodotto unico sul mercato, realizzato ad hoc per soddisfare tutte le esigenze dei professionisti e dei consulenti del settore. Coerentemente con la nostra storia, fatta di ricerca e sviluppo di soluzioni innovative, abbiamo concepito un nuovo motore di ricerca che rivoluzionerà il modo di lavorare e che rende http://www.fiscopiu.it/  il nuovo punto di riferimento di commercialisti e responsabili amministrativi d’azienda, il nucleo fondante di un vero e proprio sistema integrato Giuffrè che prevede un’offerta completa e multicanale con sinergie di sistema tra Web, Banca Dati, Volumi e Formazione sia in aula che in modalità e-learning. Caratteristica principale di Fiscopiù.it è l’innovativa modalità di ricerca “La Bussola” che consente, ad esempio, di trovare la soluzione mirata a qualsiasi domanda specifica, posta al commercialista da un cliente. Grazie, infatti, alla ricerca per voci e problemi, viene immediatamente configurata una home page ad hoc con tutto quello che riguarda quella specifica area. Ogni volta è come avere a disposizione un portale “su misura” dove orientarsi facilmente su normative, aggiornamenti, interpretazioni, novità, grazie anche all’impiego di autorevoli consulenti in materia fiscale che, con mini interventi video, illustrano e spiegano tutto ciò che serve per operare in quello specifico ambito. Fiscopiù.it offre una navigazione semplice e funzionale, per essere realmente completo, innovativo e tempestivo: news, scadenzario, circolari per i clienti, rassegna stampa quotidiana, guida agli adempimenti, video multimediali, casi e quesiti. Una panoramica esaustiva e di facile consultazione, come hanno già dimostrato i focus group di commercialisti e revisori contabili che hanno testato ed apprezzato il prodotto in anteprima. Il portale www.Fiscopiù.it può essere utilizzato gratuitamente per un periodo di prova di 15 giorni, in modalità full access. Basta solo registrarsi sul sito e ricevere la conferma della password di prova. Info: http://www.fiscopiu.it/   
   
   
VENDITE ONLINE: ANTITRUST CONDANNA EMG PER PRATICA COMMERCIALE SCORRETTA  
 
L´antitrust, a seguito di una denuncia dell´Aduc, ha condannato la società Emg srl - che vende i suoi prodotti, oltre che sul proprio sito web, anche su www.Marygame.it , www.Nanolandia.net  e www.Bltelefonia.net  - a 200.000, 00 euro di sanzione per pratica commerciale scorretta. Secondo l´Antitrust, il provvedimento è stato formulato perché questa azienda non solo ha fornito ai consumatori informazioni non veritiere in merito alla disponibilità dei prodotti ed ai tempi di consegna ed indicazioni non corrette in merito al contenuto di taluni diritti loro attribuiti dalla normativa vigente, ma ha anche opposto ostacoli all´esercizio di diritti contrattuali da parte dei consumatori ed ha prospettato la promozione di azioni legali manifestamente infondate nei confronti dei consumatori insoddisfatti che avevano pubblicato feedback negativi si Internet. L´intero provvedimento è stato pubblicato sul bollettino dell´Antitrust (www.Agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/3346-39-12.html )  
   
   
BOOM DI E-SHOP IN ITALIA, RADDOPPIATI I SITI APERTI NEL 2012 RISPETTO ALL’ANNO SCORSO  
 
Secondo alcune statistiche il numero di e-shop continua a raddoppiare di anno in anno. Basti pensare che ogni mese nel solo 2011 in Italia sono stati aperti circa 800 nuovi negozi online anche se al contempo alcune centinaia vengono contemporaneamente chiusi ogni mese. I settori più in auge tra i nuovi e-shop sono quelli che non conoscono, o solo in minima parte, la crisi ed in particolare elettronica, abbigliamento, profumi e libri. La tendenza principale, nel Nostro Paese in cui non manca l’arte di arrangiarsi, è quella di creare boutique elettroniche di piccole dimensioni che costituiscano una sorta di lavoro part - time, una fonte aggiuntiva di reddito rispetto a quello principale, solitamente da lavoro dipendente. Ma proprio lo scarso tempo da dedicare è anche la principale causa per cui molti ne vengono aperti ma anche tanti vengono chiusi. Per quanto concerne i dati aggregati a livello europeo, quello dell’e-commerce è uno dei settori in più rapida espansione se si pensa che nel 2008 il mercato valeva 121 miliardi di Euro, e che è arrivato a toccare i 171,9 miliardi nel 2011 segnando un + 42% un po’ meno delle previsioni che avevano azzardato il superamento di 200 miliardi di Euro l’anno scorso forse per una naturale contrazione determinata dalla crisi. Anche nel 2010 le vendite on line hanno sfiorato quasi il 20 % in più rispetto all’anno precedente (+ 19,4%) arrivando a rappresentare il 5,9% delle vendite al dettaglio sul totale di quelle effettuate nel Vecchio Continente. Cifre da capogiro e che riguardano sempre più la generalità dei consumatori europei, rileva Giovanni D’agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, che auspica un perfezionamento della regolamentazione che ha visto negli anni una serie di provvedimenti di livello europeo già attuati nei paesi membri (si pensi al Codice del Consumo in Italia che ha fatto seguito a diverse direttive) ma anche un maggior controllo del mercato on line che sta divenendo la nuova frontiera per piccole e grandi frodi che vedono il coinvolgimento di una criminalità cyber organizzata che ha puntato gli occhi per i grandi ricavi che si possono ottenere. È questo, conclude D’agata, il settore che richiede più di tutti la nascita di un’unica polizia europea per le indagini e l’accertamento degli specifici reati che vengono effettuati  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: UNO STATO MEMBRO NON PUÒ ESIGERE D’UFFICIO L’APPOSIZI​ONE DELLA MARCATURA CE (SENTENZA C-385/10, ELENCA SRL/MINISTERO DELL’INTERNO)  
 
L’elenca importa e distribuisce sul mercato italiano guaine termoindurenti gonfiabili per camini e canne fumarie, prodotte in Ungheria, che consentono di risanare vecchi camini e vecchie canne fumarie senza effettuare opere murarie. Tale tecnologia è stata introdotta su vari mercati europei, soprattutto su quello italiano, in alternativa ai sistemi tradizionali precedentemente utilizzati (canne fumarie esterne, in acciaio inox o ceramica, o tubi rigidi all’interno degli edifici).Secondo l’Elenca, la circolare 4853/2009 del Ministero dell’Interno, basata sul decreto legislativo n. 152/2006, viola i principi sulla libera circolazione delle merci e dei servizi, in quanto subordina la commercializzazione di un prodotto proveniente da un altro Stato membro Ue (l’Ungheria) ad un requisito tecnico, ossia l’apposizione della marcatura Ce. A questo non è possibile ottemperare, in quanto non esiste allo stato una corrispondente norma armonizzata e di fatto la possibilità di importazione e distribuzione è impedita. Il Consiglio di Stato, ritenendo che la circolare impugnata pregiudica la situazione giuridica della società, chiede alla Corte di giustizia se la direttiva 89/106 sui prodotti da costruzione tolleri prescrizioni nazionali che subordinano d’ufficio la commercializzazione di prodotti da costruzione provenienti da un altro Stato membro, all’apposizione della marcatura Ce.la Corte ricorda innanzitutto che lo scopo principale della direttiva 89/106 è l’eliminazione degli ostacoli agli scambi, mediante l’introduzione di condizioni che consentano ai prodotti da costruzione di essere liberamente commercializzati all’interno dell’Unione. A tal fine, la direttiva precisa i requisiti essenziali che i prodotti da costruzione devono soddisfare, requisiti attuati da norme armonizzate e da norme nazionali di trasposizione, da benestare tecnici europei.Constata quindi che le guaine gonfiabili per camini e canne fumarie sono «prodotti da costruzione» e non sono oggetto né di una norma armonizzata o di un benestare tecnico europeo, né di una specifica tecnica nazionale riconosciuta a livello dell’Unione.la direttiva dispone che gli Stati membri autorizzano l’immissione di un tale prodotto sul mercato nel loro territorio se tale prodotto soddisfa prescrizioni nazionali conformi al Trattato, fintantoché le specifiche tecniche europee non dispongano altrimenti.Ne deriva che uno Stato membro non può esigere d’ufficio l’apposizione della marcatura Ce.il giudice del rinvio chiede se il Trattato tolleri prescrizioni nazionali che subordinano d’ufficio la commercializzazione di prodotti da costruzione provenienti da un altro Stato membro, alla marcatura Ce.nella fattispecie, la marcatura Ce, prevista dalle prescrizioni italiane è applicabile senza distinzione e vieta la commercializzazione in Italia dei prodotti da costruzione controversi, commercializzati legalmente in altri Stati membri.La Corte considera che tale divieto ha un effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione e costituisce, pertanto, un ostacolo alla libera circolazione.Il governo italiano ha fatto valere che la normativa italiana è giustificata dall’obiettivo di tutela della pubblica sicurezza, della salute e della vita delle persone, in quanto è diretta a garantire che prodotti del tipo di cui trattasi soddisfino i requisiti di sicurezza richiesti. La Corte riconosce che, in assenza di norme armonizzatrici, spetta agli Stati membri decidere del livello a cui intendono garantire la tutela della salute e della vita delle persone e della necessità di controllare i prodotti interessati al momento del loro uso. Tuttavia constata che una normativa che vieta in maniera automatica ed assoluta la commercializzazione nel territorio nazionale di prodotti legalmente commercializzati in altri Stati membri, perché detti prodotti non recano la marcatura Ce, non è compatibile con il requisito di proporzionalità posto dal diritto dell’Unione. Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara che la direttiva 89/106/Cee sui prodotti da costruzione osta a prescrizioni nazionali che subordinano d’ufficio la commercializzazione di prodotti da costruzione, quali quelli di cui trattasi nel procedimento principale, provenienti da un altro Stato membro, all’apposizione della marcatura Ce  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: UN PRODOTTO LATTIERO-CASEARIO CHE NON PUÒ ESSERE QUALIFICATO COME BURRO NON PUÒ ESSERE COMMERCIALIZZATO CON LA DENOMINAZIONE «POMAZáNKOVÉ MáSLO» (BURRO DA SPALMARE)  
 
La Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi che le derivano dal diritto dell’Unione per aver autorizzato la commercializzazione di tale prodotto con siffatta denominazione . Ai sensi del regolamento «unico Ocm», soltanto i prodotti con un tenore minimo di grassi lattieri dell’80%, ma inferiore al 90%, e tenori massimi di acqua del 16% e di estratto secco non grasso del 2% possono essere commercializzati con la denominazione «burro». Tuttavia, tale norma non si applica alle denominazioni di prodotti la cui esatta natura risulta chiaramente dall’uso tradizionale e/o la cui denominazione è chiaramente utilizzata per descrivere una qualità caratteristica del prodotto. I prodotti che beneficiano di tale deroga figurano in un elenco redatto dalla Commissione. Il «pomazánkové máslo» è un prodotto simile al burro, utilizzato come crema da spalmare oltre che come componente per la produzione di altri prodotti alimentari. Con un tenore minimo in peso di grassi del 31%, un tenore minimo di estratto secco del 42% e un tenore di acqua che può raggiungere il 58%, tale prodotto non soddisfa i requisiti imposti dal regolamento per essere commercializzato con la denominazione di vendita «burro». Tuttavia, la normativa ceca ne autorizza la commercializzazione con la denominazione «pomazánkové máslo». Ritenendo che la Repubblica ceca, nel consentire la commercializzazione con la denominazione «pomazánkové máslo» di un prodotto lattiero-caseario che non può essere qualificato come burro, fosse venuta meno ai propri obblighi derivanti dal regolamento, la Commissione ha adito la Corte di giustizia con un ricorso per inadempimento nei confronti di tale Stato membro. Con l’odierna sentenza la Corte dichiara, anzitutto, che il «pomazánkové máslo» non presenta le caratteristiche previste dal regolamento per poter essere commercializzato con la denominazione «burro». La Corte osserva, inoltre, che tale prodotto non è iscritto nell’elenco dei prodotti che possono beneficiare di una deroga e che consente loro di non essere soggetti alle restrizioni del regolamento in materia di denominazioni. La Corte esamina l’argomento della Repubblica ceca secondo il quale i prodotti la cui esatta natura risulta chiaramente dall’uso tradizionale e/o la cui denominazione è chiaramente utilizzata per descrivere una qualità caratteristica del prodotto godrebbero automaticamente di tale deroga, senza che siano necessarie l’iscrizione di detti prodotti nell’elenco e pertanto la previa autorizzazione della Commissione. La Corte respinge tale argomento ricordando che il regolamento autorizza espressamente la Commissione a redigere l’elenco completo dei prodotti che, sulla base degli elenchi trasmessi dagli Stati membri, possono beneficiare della deroga, e statuisce che per fruire di tale deroga è richiesta quindi una previa decisione della Commissione. Pertanto, la Corte dichiara che la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi definiti dal regolamento, per aver autorizzato la commercializzazione con la denominazione di vendita «pomazánkové máslo» di un prodotto lattiero-caseario che non poteva essere qualificato come burro. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 18 ottobre 2012, Sentenza nella causa C-37/11, Commissione / Repubblica ceca  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LE PRATICHE AGGRESSIVE DEL PROFESSIONISTA CHE DANNO AL CONSUMATORE LA FALSA IMPRESSIONE DI AVER GIÀ VINTO UN PREMIO, QUANDO INVECE DEVE SOSTENERE UN COSTO PER RICEVERLO, SONO VIETATE  
 
Tali pratiche sono vietate anche se il costo imposto al consumatore è irrisorio rispetto al valore del premio e anche se esso non procura al professionista alcun vantaggio. Il diritto dell’Unione mira a tutelare gli interessi economici dei consumatori vietando le pratiche commerciali sleali delle imprese nei loro confronti. Esso vieta in particolare alle imprese di dare la falsa impressione che il consumatore abbia già vinto, vincerà, o vincerà compiendo una determinata azione, un premio o altra ricompensa, mentre in effetti qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore. Le parti in causa sono, da un lato, cinque imprese britanniche specializzate nella spedizione di invii pubblicitari e diverse persone che hanno lavorato presso tali imprese e, dall’altro, l’Office of Fair Trading (Oft, Autorità per la correttezza nel commercio), incaricato di vigilare, nel Regno Unito, sull’applicazione della disciplina posta a protezione dei consumatori, in particolare per quanto riguarda le pratiche utilizzate dai professionisti. L’oft ha imposto a tali professionisti di interrompere le loro pratiche consistenti nell’invio di lettere indirizzate individualmente, tagliandi tipo «gratta e vinci» e altri inserti contenuti in giornali e periodici, con cui il consumatore era informato del fatto di aver ottenuto un premio o una ricompensa, il cui valore poteva essere notevole o soltanto simbolico. Il consumatore aveva diverse opzioni per scoprire il suo premio ed ottenere un numero per la richiesta: chiamare un numero di telefono a tariffa maggiorata, oppure utilizzare un servizio Sms, oppure ancora ottenere le informazioni via posta ordinaria (a quest’ultimo metodo era dato minore rilievo). Il consumatore era informato del costo per minuto e della durata massima della chiamata, ma ignorava che l´impresa all´origine della pubblicità percepiva una certa somma sul costo della chiamata. A titolo di esempio, talune promozioni offrivano crociere nel Mediterraneo. Al fine di ricevere il premio, il consumatore doveva pagare in particolare l’assicurazione e un supplemento per ottenere una cabina a uno o due letti, oltre a sostenere, durante il viaggio, le spese per alimenti e bevande, nonché le tasse portuali. In tal modo, due coppie di due persone avrebbero dovuto sborsare Gbp 399 a persona per partecipare alla crociera. Come chiarito dai professionisti nelle osservazioni che hanno presentato dinanzi alla Corte di giustizia, per loro è importante disporre di banche dati aggiornate dei partecipanti potenzialmente interessati a rispondere alle promozioni che offrono premi, in quanto tali dati possono essere utilizzati per proporre ai consumatori altri prodotti o essere ceduti ad altre imprese che intendono proporre i loro prodotti. Alla Corte viene chiesto di pronunciarsi sulla compatibilità di tali pratiche con il diritto dell’Unione, e più in particolare di chiarire se un professionista possa imporre un costo, ancorché irrisorio, ad un consumatore al quale è stato comunicato di aver vinto un premio. Nella sua odierna sentenza, la Corte afferma che il diritto dell’Unione vieta le pratiche aggressive che danno al consumatore l’impressione di aver già vinto un premio, mentre in effetti, per ottenere informazioni sulla natura del premio o per adempiere a quanto necessario per entrarne in possesso, egli deve versare del denaro o sostenere un determinato costo. La Corte precisa che tali pratiche sono vietate anche se il costo imposto al consumatore è, rispetto al valore del premio, irrisorio (come ad esempio quello di un francobollo) o non procura al professionista alcun vantaggio. Peraltro, tali pratiche aggressive sono vietate anche qualora le azioni volte a reclamare il premio possano essere realizzate attraverso diversi metodi proposti al consumatore e uno di tali metodi sia gratuito. La Corte risponde infine che i giudici nazionali devono valutare le informazioni fornite ai consumatori ai quali tali pratiche sono dirette, tenendo conto della loro chiarezza e della loro comprensibilità. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 18 ottobre 2012, Sentenza nella causa C-428/11, Purely creative e a. / Office of Fair Trading)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL DIRITTO DELL’UNIONE OSTA ALLA «STABILIZZAZIONE» DEI LAVORATORI DEL SETTORE PUBBLICO IN SERVIZIO A TEMPO DETERMINATO, EFFETTUATA SENZA TENER CONTO DELL’ANZIANITÀ ACQUISITA  
 
La durata determinata del contratto non costituisce una «ragione oggettiva» idonea a giustificare l´esclusione dell´anzianità. Varie lavoratrici dipendenti – tra cui la sig.Ra Valenza – impiegate presso l’Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) nell´ambito di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, hanno ottenuto da tale autorità un contratto a tempo indeterminato con collocamento in ruolo. Tale procedura cosiddetta di «stabilizzazione» dei dipendenti del settore pubblico, prevista da una normativa italiana specifica, conferisce lo status di dipendente di ruolo al lavoratore che soddisfi determinati requisiti riguardanti la durata del suo rapporto di lavoro e la procedura di selezione seguita per la sua assunzione. La sua retribuzione iniziale viene fissata senza riconoscimento dell´anzianità acquisita in servizio nell´ambito dei contratti a tempo determinato. L’agcm ha negato alle suddette dipendenti il riconoscimento dei periodi di servizio compiuti in precedenza presso questa medesima autorità pubblica nell´ambito dei contratti a tempo determinato. Di conseguenza, le dipendenti hanno contestato tale diniego. Il Consiglio di Stato (Italia) chiede alla Corte di giustizia se l´accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato osti alla citata normativa italiana. Nella sua sentenza pronunciata in data odierna, la Corte ricorda anzitutto che il principio di non discriminazione enunciato dall´accordo quadro stabilisce che i lavoratori a tempo determinato non devono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto che lavorano a tempo determinato, salvo che ragioni oggettive giustifichino un trattamento differente. Il fatto di aver acquisito lo status di lavoratore a tempo indeterminato non esclude la possibilità di avvalersi di detto principio, il quale è dunque applicabile nel caso di specie. La Corte procede poi ad un raffronto tra la situazione dei lavoratori a tempo determinato e quella dei lavoratori a tempo indeterminato. Al riguardo, rileva che – secondo i chiarimenti forniti dallo stesso governo italiano – la ragion d´essere della normativa nazionale è appunto quella di valorizzare l´esperienza acquisita presso il datore di lavoro. La Corte precisa che spetta al giudice che ha effettuato il rinvio alla Corte di giustizia stabilire se le dipendenti, allorché esercitavano le loro funzioni nell´ambito di un contratto a tempo determinato, si trovassero in una situazione comparabile a quella dei dipendenti di ruolo assunti a tempo indeterminato. Infatti, la natura delle funzioni esercitate da dette dipendenti nell´ambito di contratti di lavoro a tempo determinato e la qualità dell´esperienza da esse acquisita a tale titolo costituiscono criteri che consentono di verificare se esse si trovino in una situazione comparabile a quella dei dipendenti di ruolo. Ad ogni modo, il fatto che esse, a differenza dei dipendenti di ruolo, non abbiano superato il concorso pubblico per l´accesso agli impieghi della pubblica amministrazione non implica che esse si trovino in una situazione differente, dal momento che le condizioni fissate dal legislatore nazionale mirano appunto a consentire la stabilizzazione dei soli lavoratori a tempo determinato la cui situazione può essere assimilata a quella dei dipendenti di ruolo. Nell´ipotesi in cui le funzioni esercitate presso l’Agcm nell´ambito di contratti a tempo determinato corrispondessero quelle di un dipendente di ruolo della categoria corrispondente, occorre allora verificare se esista una ragione oggettiva che giustifichi il difetto assoluto di considerazione dell´anzianità acquisita nell´ambito dei contratti a tempo determinato. Dunque, la Corte ricorda che può esistere una ragione oggettiva che giustifica una differenza di trattamento, in un contesto particolare e in presenza di elementi precisi e concreti, risultanti dalla natura particolare delle mansioni. La disparità di trattamento deve fondarsi su criteri oggettivi e trasparenti, i quali consentano di verificare che essa risponde ad un reale bisogno ed è idonea e necessaria al conseguimento dell´obiettivo perseguito. Ad ogni modo, il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto periodi di servizio sul fondamento di un contratto a tempo determinato non configura una ragione oggettiva siffatta. Infatti, ammettere che la semplice natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente per giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe della loro sostanza gli obiettivi del diritto dell’Unione e finirebbe per perpetuare il mantenimento di una situazione sfavorevole per i lavoratori a tempo determinato. La Corte riconosce che gli Stati membri godono di un margine di discrezionalità nell´organizzazione delle loro amministrazioni e nella disciplina delle condizioni di accesso al pubblico impiego. Tuttavia, l´applicazione dei criteri stabiliti dagli Stati membri deve essere effettuata in modo trasparente e deve poter essere controllata, al fine di impedire qualsiasi trattamento sfavorevole dei lavoratori a tempo determinato, sulla sola base della durata dei contratti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza professionale. Pertanto, talune differenze relative all´assunzione dei lavoratori impiegati a tempo determinato nell´ambito di procedure di «stabilizzazione» rispetto ai dipendenti di ruolo assunti al termine di un concorso pubblico, nonché attinenti alle qualifiche richieste e alla natura delle mansioni di cui essi devono assumersi la responsabilità, potrebbero in linea di principio giustificare una differenza di trattamento quanto alle loro condizioni di lavoro. Potrebbe dunque essere giustificato un trattamento differenziato che tenga conto delle esigenze oggettive attinenti all´impiego che la procedura di assunzione mira a ricoprire e che sono estranee alla durata determinata del rapporto di lavoro. L´obiettivo, fatto valere dal governo italiano, di evitare discriminazioni alla rovescia nei confronti dei dipendenti di ruolo assunti mediante concorso pubblico potrebbe costituire una «ragione oggettiva». Per contro, la Corte giudica che la normativa italiana è sproporzionata nella misura in cui esclude totalmente la presa in considerazione di tutti i periodi di servizio compiuti nell´ambito di contratti a tempo determinato al fine di determinare l´anzianità al momento dell´assunzione a tempo indeterminato e, dunque, la retribuzione. Infatti, una simile esclusione totale e assoluta si fonda sull´idea erronea che la durata indeterminata del rapporto di lavoro di taluni agenti pubblici giustifichi di per sé una differenza di trattamento rispetto agli agenti pubblici assunti a tempo determinato, svuotando così della loro sostanza gli obiettivi della direttiva e dell´accordo quadro. Spetta al giudice del rinvio verificare se sussistano «ragioni oggettive» che giustificano tale differenza di trattamento. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 18 ottobre 2012, Sentenza nelle cause riunite da C-302/11 a C-305/11, Rosanna Valenza e a. / Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA SLOVACCHIA NON HA VIOLATO IL DIRITTO DELL’UNIONE RIFIUTANDO L’INGRESSO NEL PROPRIO TERRITORIO AL PRESIDENTE DELL’UNGHERIA  
 
La circostanza che un cittadino dell’Unione ricopra le funzioni di capo di Stato è idonea a giustificare una limitazione, fondata sul diritto internazionale, all’esercizio del diritto di libera circolazione. Su invito di un’associazione con sede in Slovacchia, il sig. László Sólyom, Presidente dell’Ungheria, si sarebbe dovuto recare il 21 agosto 2009 nella città slovacca di Komárno per partecipare alla cerimonia di inaugurazione di una statua di Santo Stefano. In effetti, il 20 agosto è un giorno di festa nazionale in Ungheria, in commemorazione di Santo Stefano, fondatore e primo re dello Stato ungherese. Peraltro, il 21 agosto è una data considerata delicata in Slovacchia, in quanto il 21 agosto 1968 le forze armate di cinque paesi del patto di Varsavia, tra cui le truppe ungheresi, hanno invaso la Repubblica socialista cecoslovacca. In esito a diversi scambi diplomatici tra le ambasciate di questi due Stati membri relativamente alla progettata visita del Presidente dell´Ungheria, il 21 agosto 2009 il Ministero degli Affari Esteri slovacco ha infine trasmesso una nota verbale all´ambasciatore di Ungheria presso la Repubblica slovacca nella quale faceva divieto al Presidente ungherese di entrare in territorio slovacco. Per giustificare tale divieto, in detta nota si invocava, in particolare, la direttiva 2004/38 sulla libertà di circolazione all’interno dell’Unione europea. Il Presidente Sólyom, informato del contenuto della nota mentre era in viaggio verso la Slovacchia, dava atto alla frontiera di averla ricevuta e rinunciava ad entrare in territorio slovacco. Ritenendo che l’ingresso del suo Presidente in territorio slovacco non potesse essere rifiutato sulla base della predetta direttiva, l’Ungheria ha chiesto alla Commissione di proporre dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso per inadempimento contro la Slovacchia. La Commissione ha tuttavia ritenuto che il diritto dell’Unione non fosse applicabile alle visite effettuate dal capo di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro e che, pertanto, non sussistesse l’asserito inadempimento. L’ungheria ha allora deciso di proporre dinanzi alla Corte, di propria iniziativa, un ricorso per inadempimento contro la Slovacchia, come consentito dal Trattato. La Commissione è intervenuta nel procedimento a sostegno della Slovacchia. Nella sua sentenza odierna la Corte constata che il sig. Sólyom, in quanto cittadino ungherese, gode dello status di cittadino dell’Unione, il che gli conferisce il diritto di circolare e soggiornare nel territorio degli Stati membri. La Corte ricorda tuttavia che il diritto dell’Unione deve essere interpretato alla luce delle pertinenti norme del diritto internazionale, in quanto tale diritto è parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione e vincola quindi le istituzioni europee. In detto contesto, la Corte rileva che, in base alle norme consuetudinarie di diritto internazionale generale e alle norme risultanti dalle convenzioni multilaterali, un capo di Stato gode, nelle relazioni internazionali, di uno status speciale che comporta privilegi e immunità. La presenza quindi di un capo di Stato nel territorio di un altro Stato impone a quest´ultimo l´obbligo di garantire la protezione della persona che riveste detta funzione, e ciò indipendentemente dal titolo a cui il suo soggiorno sia effettuato. Lo status di capo di Stato presenta quindi una specificità, derivante dal fatto di essere regolato dal diritto internazionale, con la conseguenza che i comportamenti di tale capo di Stato sul piano internazionale, ad esempio la sua presenza all´estero, rientrano nell´ambito di tale diritto, e in particolare del diritto delle relazioni diplomatiche. Siffatta specificità è idonea a distinguere la persona che gode di tale status da tutti gli altri cittadini dell’Unione, cosicché all´ingresso di detta persona nel territorio di un altro Stato membro non si applicano le stesse condizioni che sono applicabili agli altri cittadini. Ne consegue che la circostanza che un cittadino dell’Unione ricopra le funzioni di capo di Stato è idonea a giustificare una limitazione, fondata sul diritto internazionale, all´esercizio del diritto di circolazione che il diritto dell’Unione gli conferisce. La Corte dichiara quindi che il diritto dell’Unione non imponeva alla Slovacchia di garantire l´ingresso nel suo territorio al Presidente dell’Ungheria. Del pari, benché la Slovacchia abbia invocato erroneamente la direttiva 2004/38 quale fondamento normativo per rifiutare l’ingresso nel suo territorio al Presidente ungherese, tale circostanza non è tuttavia costitutiva di un abuso di diritto ai sensi della giurisprudenza della Corte. Pertanto, la Corte respinge integralmente il ricorso dell’Ungheria. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 16 ottobre 2012, Sentenza nella causa C-364/10, Ungheria / Slovacchia)