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Notiziario Marketpress di Mercoledì 17 Dicembre 2014
INFIAMMAZIONE E CANCRO: UN LEGAME MEDIATO DALLA PROTEINA P53 MUTATA  
 
Trieste, 17 dicembre 2014 - I processi infiammatori fanno parte dell´arsenale di meccanismi che l´organismo ha a disposizione per difendersi dalla varietà di agenti e situazioni che possono arrecare danno alle cellule e ai tessuti. Nel caso dei tumori, però, questa regola, come molte altre, trova ampie eccezioni. Infiammazione e cancro quasi sempre si accompagnano. Da un lato, la presenza di cellule tumorali scatena la risposta infiammatoria che cerca di arginarne la crescita. Dall´altro il contesto infiammatorio getta benzina sul fuoco della malignità, alimentando e potenziando l´aggressività del tumore e la disseminazione delle metastasi. Non a caso, malattie infiammatorie croniche come il morbo di Chron, le epatiti o le infiammazioni dei polmoni dovute all´esposizione all´amianto, oltre a causare danni specifici, mettono il paziente di fronte all´aumentato rischio di sviluppare una malattia tumorale. Anche se l´infiammazione è ormai riconosciuta come uno dei tratti salienti che caratterizzano ogni tipo di cancro, non è ancora del tutto chiara la mappa dei punti in cui processi infiammatori e tumorali si interconnettono e agiscono in concerto. Tantomeno si conosce l´identità di cosa dirige i diversi eventi che portano un meccanismo di difesa come l´infiammazione a diventare uno dei principali alleati del nemico numero uno dell´organismo, il tumore. Il professor Licio Collavin del dipartimento di Scienze della Vita dell´Università di Trieste, e il suo gruppo di ricerca al Laboratorio Nazionale Cib - Area Science Park di Trieste, sulle pagine della prestigiosa rivista scientifica internazionale Molecular Cell, hanno da poco svelato l´identità di uno dei fattori chiave di questa pericolosa alleanza ( www.Sciencedirect.com/science/article/pii/s1097276514007977). Si tratta di una proteina, chiamata p53, ben nota agli scienziati perché è tra quelle che si ritrovano più frequentemente mutate nei tumori (lo è in quasi la metà di tutti i casi di cancro). Collavin e i suoi collaboratori hanno scoperto che le forme mutate di questa proteina, presenti nelle neoplasie, non solo non sono più capaci di svolgere il proprio fondamentale ruolo a guardia dell´integrità del patrimonio genetico delle cellule, ma si comportano attivamente da pericolosi acceleratori della trasformazione e progressione tumorale. In che modo? Facendo sì, fra le altre cose, che le cellule tumorali interpretino i segnali molecolari dell´infiammazione come istruzioni a sviluppare maggiore aggressività. «La proteina p53 mutata che si accumula nelle cellule tumorali - spiega Collavin - è in grado di neutralizzare un importante fattore che controlla i segnali molecolari generati dall´infiammazione. Inattivato questo fattore, le cellule maligne rispondono in modo eccessivo al segnale infiammatorio e cominciano ad esprimere un programma genetico che porta al potenziamento della loro capacità invasiva». Togliere questo effetto della proteina p53 mutata nelle cellule tumorali significa renderle meno reattive agli input infiammatori e, quindi, meno aggressive. Ed è quello che tra le altre cose hanno dimostrato sperimentalmente i ricercatori. La rilevanza della scoperta è enorme, considerato che capacità di invadere l´organismo e metastasi sono strettamente correlate e che le metastasi, e non il tumore primario, sono la principale causa di morte nei pazienti. «Non solo - precisa Collavin - poiché la proteina p53 mutata è un mediatore cruciale nel rapporto tra infiammazione e cancro, a seconda del contesto potrebbe essere sfruttata per spostare l´ago della bilancia e far tornare il sistema immunitario un alleato che favorisca l´eliminazione del tumore durante le terapie. Il nostro studio, quindi, apre la strada a nuove ricerche volte a sviluppare approcci terapeutici mirati, basati sullo stato mutazionale di p53 nei diversi tumori».  
   
   
SANITÀ UMBRIA: G.R. APPROVA LINEE DI INDIRIZZO PER RIQUALIFICAZIONE SERVIZIO DI TRASPORTO ASSISTITO MATERNO E NEONATALE  
 
Perugia, 17 dicembre 2014 - Garantire per ogni parto un livello essenziale ed appropriato di assistenza ostetrica e neonatologica per evitare, in caso di emergenze, conseguenze gravi per la donna e per il neonato: a tal fine la Giunta regionale dell´Umbria, su proposta della presidente Catiuscia Marini, ha approvato le linee di indirizzo operative per il potenziamento del Servizio di trasporto assistito materno (Stam), già garantito dalle singole Aziende dal 2006 nell´ambito della rete dell´emergenza urgenza), e per l´attivazione di un unico servizio regionale di trasporto neonatale (Sten), in base a quanto stabilito dalle linee di indirizzo regionali. La base dell´implementazione dei due servizi è rappresentata dalla sottoscrizione di due protocolli d´intesa siglati rispettivamente tra l´Unità sanitaria locale Umbria 1 e l´Azienda Ospedaliera di Perugia, e tra l´Unità sanitaria locale Umbria 2 e l´Azienda Ospedaliera di Terni. "La Regione Umbria – ha spiegato la presidente Marini – ha messo a punto una serie di azioni volte alla razionalizzazione della rete ospedaliera compresa l´articolazione territoriale dei punti nascita. All´interno del processo di riorganizzazione e riqualificazione della rete perinatale, un aspetto fondamentale risiede nell´attivazione di un trasporto di emergenza neonatale e materno. Quest´ultimo lavoro di riforma relativo alle linee di indirizzo operative per la riqualificazione dello Stam e l´implementazione dello Sten completano l´assetto della rete assistenziale materno-infantile e rappresenta un intervento prioritario in grado di incidere favorevolmente sulla salute pubblica consentendo a tutti i cittadini di avere un adeguato livello di assistenza indipendentemente dalla loro sede di residenza". "Lo Stam, che verrà riqualificato in maniera integrata con i servizi territoriali e ospedalieri per garantire assistenza alla gestante con gravidanza a rischio per patologia materna o fetale o per nascita pretermine – ha aggiunto la presidente - rappresenta uno degli strumenti irrinunciabili per la migliore assistenza alla nascita". Nel caso dell´Umbria il servizio prevede il trasporto assistito dalle strutture ostetriche di I livello (ospedali di Castiglione del Lago, Città di Castello, Branca, Pantalla, Foligno, Spoleto, Orvieto), verso una struttura ostetrica di Ii livello, quindi l´Azienda Ospedaliera di Perugia e di Terni, e solo nel caso in cui sia strettamente necessario, è previsto l´invio della gestante presso un centro extraregionale. Il Servizio di Trasporto Assistito Materno deve essere realizzato sulla base di un collegamento funzionale tra strutture territoriali e strutture di ricovero collegate in rete tra loro e con le reti regionali dell´emergenza – urgenza sanitari territoriale (Servizio 118). Quando possibile, il trasporto materno deve essere programmato e prevedere il collegamento continuo tra struttura inviante e ricevente. "Anche in presenza di una corretta organizzazione assistenziale che preveda il trasferimento della gravidanza a rischio, in Umbria il numero di neonati patologici rappresenta il 10-15 per cento dei neonati vivi, mentre circa il 3 per cento necessita di trasferimento in un centro di livello superiore a quello di nascita – ha detto la presidente - L´obiettivo dello Sten è quello di garantire le migliori e tempestive cure a questa quota di neonati che, non potendo essere adeguatamente assistiti presso il luogo di nascita deve essere trasferita in centri strutturalmente adeguati". Lo Sten provvede al trasferimento del neonato all´interno della rete perinatale regionale e, solo in casi di carenza dei posti letto, o per cure altamente specialistiche, si provvede a trasporti fuori regione. Inoltre il servizio viene attivato anche per trasporto inter-secondario quando non sono disponibili posti letto neonatali per cure speciali o intensive.  
   
   
TUMORI: 1.500 DONNE OGNI ANNO VOGLIONO DIVENTARE MADRI “MA LA TUTELA DELLA FERTILITÀ È UN DIRITTO NEGATO”  
 
Roma, 17 dicembre 2014 - La possibilità di diventare madri dopo il cancro è un diritto ancora negato in Italia. Ogni anno circa 1.500 donne colpite da tumore chiedono ai medici di preservare la fertilità ma i farmaci anti-sterilità sono a totale carico delle pazienti, perché non rientrano tra quelli prescrivibili per questo specifico scopo, nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato la loro sicurezza ed efficacia. È necessario un intervento normativo urgente, come evidenziato dalle associazioni dei pazienti (Favo - Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, Andos - Associazione Nazionale Donne Operate al Seno, Aimac – Associazione Italiana Malati di Cancro, Salute Donna). L’appello è contenuto nel documento inviato al Ministero della Salute e alla Conferenza Stato-regioni e presentato al Convegno “Prevenire la sterilità e conservare la fertilità nelle donne malate di cancro”, che si svolge oggi al Senato (Palazzo Giustiniani). “Ogni anno – spiega l’avv. Elisabetta Iannelli, segretario Favo - 5.000 donne nel nostro Paese devono confrontarsi con un tumore quando ancora potrebbero diventare madri. Per le giovani donne colpite da tumore è fondamentale poter conservare la fertilità per poter aver una chance di maternità dopo le cure oncologiche, che in molti casi mettono a rischio la capacità riproduttiva. Quali sono le risposte del Sistema Sanitario Nazionale? Purtroppo ancora insufficienti. Il costo dei farmaci è a completo carico delle pazienti, i percorsi clinico assistenziali non sono stati ancora definiti, manca del tutto un osservatorio nazionale che si occupi del problema”. Il cancro del seno e i linfomi sono le neoplasie più frequenti nelle donne giovani. Rappresentano il 60% di tutti i tumori nelle under 40 e vengono trattati nella maggior parte dei casi con chemioterapia potenzialmente tossica per la funzione ovarica. “Dai dati della letteratura si evince che tra le 3000 giovani donne italiane a rischio di infertilità a causa della malattia, circa la metà è interessata a preservare la propria fertilità – sottolineano la prof.Ssa Lucia Del Mastro, membro del Consiglio Direttivo Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), e il dott. Fedro Peccatori, direttore dell’Unità di Fertilità e Procreazione dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) -. Le tecniche consolidate per prevenire l’infertilità da chemioterapia sono la raccolta di ovociti prima dei trattamenti chemioterapici e la loro crioconservazione e l’utilizzo di farmaci (analoghi Lhrh) che proteggono le ovaie durante i trattamenti. Queste tecniche possono entrambe essere applicate alla stessa paziente e hanno un tasso di successo relativamente elevato, con possibilità di gravidanza dopo la guarigione tra il 30 e il 50% a seconda dell’età della donna, dei trattamenti chemioterapici ricevuti e del numero di ovociti crioconservati. Studi eseguiti su centinaia di donne dimostrano che le pazienti trattate con analoghi Lhrh durante la chemioterapia hanno un rischio ridotto della metà di rimanere sterili dopo il trattamento, rispetto alle pazienti che hanno ricevuto la sola chemioterapia. D’altra parte il congelamento di almeno 10 ovociti offre il 30% di probabilità di diventare madri”. Il costo complessivo per il trattamento farmacologico con Lhrh delle donne che ne hanno effettivamente bisogno può essere stimato in 77.000 euro/anno per il Servizio sanitario nazionale. Se poi tutte le pazienti candidate alla preservazione della fertilità si sottoponessero alla crioconservazione degli ovociti, la spesa totale complessiva ammonterebbe a circa 1.500.000 euro. “Però – afferma la dott.Ssa Giulia Scaravelli, Responsabile del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita (Istituto Superiore di Sanità) - ancora troppe donne non vengono informate, è determinante la formazione degli operatori e la sorveglianza del fenomeno”. Basterebbe poco per assicurare loro un futuro di maternità oltre la malattia. “Innanzitutto vanno modificate le due Note dell’Agenzia Italiana del Farmaco – continua Elisabetta Iannelli - riconoscendo l’indicazione ‘prevenzione dell’infertilità nelle pazienti oncologiche’ alle gonadotropine necessarie alla stimolazione e raccolta di ovociti (Nota 74) e agli analoghi Lhrh che proteggono la funzione ovarica durante la chemioterapia (Nota 51). Sono trattamenti costosi per cui il medico è costretto, sotto sua responsabilità, a prescriverli attraverso un’interpretazione estensiva delle indicazioni, per evitare che siano pagati dalle pazienti. Una riscrittura delle due Note Aifa consentirebbe a queste pratiche terapeutiche diffuse ed efficaci di uscire dalla semi-clandestinità in cui sono mantenute”. “È necessario implementare percorsi dedicati per la prevenzione della infertilità nelle pazienti oncologiche in tutte le Regioni italiane con prestazioni riconosciute dal Sistema Sanitario Nazionale e attraverso strutture multidisciplinari (istituti oncologici, università, ospedali, strutture territoriali e centri di Procreazione Medicalmente Assistita), che diano vita ad una rete di centri di Oncofertilità in grado di rispondere tempestivamente (entro 24 ore) alle esigenze delle pazienti – sostiene il dott. Cristofaro De Stefano, direttore dell’Unità di Fisiopatologia della riproduzione e sterilità di coppia dell’Ospedale ‘San Giuseppe Moscati’ di Avellino -. Ridare ai malati la speranza di poter riprogettare l’esistenza ‘dopo il cancro’ è motivo di vita e recupero di energie anche ‘durante il cancro’.” Diversamente da quanto accade nell’uomo, nella donna l’utilizzo di alcune tecniche di crioconservazione è associato a un ritardo nell’inizio dei trattamenti antitumorali: da qui l’importanza di avviare le pazienti il più precocemente possibile agli esperti in questo campo. “La creazione di un network – continua Lucia Del Mastro - consentirebbe di definire percorsi dedicati e riconosciuti, oggi esistenti solo in alcune aziende ospedaliere, e di risolvere un altro importante problema, rappresentato dalla difficoltà delle giovani pazienti oncologiche ad accedere al counselling riproduttivo e ad eventuali successive tecniche di crioconservazione. Ad esempio, all’Ospedale San Martino di Genova è attivo un rapporto di collaborazione tra la struttura di oncologia e quella di medicina della riproduzione, per fornire alle giovani pazienti un percorso privilegiato di accesso al counselling riproduttivo e ridurre il più possibile il ritardo nell’inizio dei trattamenti antitumorali. Le donne, durante la prima visita oncologica, vengono informate dagli oncologi medici sui possibili rischi legati alle terapie anticancro, tra cui il rischio di tossicità gonadica e di infertilità, e vengono loro proposte le strategie disponibili per ridurre questa eventualità”. “È il metodo che va cambiato - conclude il dott. Peccatori -. Istituzioni, medici e pazienti devono sedersi a un tavolo comune per definire le priorità sanitarie, valutandone evidenze scientifiche e sostenibilità. Nel caso in questione è in gioco un diritto sancito dalla costituzione, quello alla genitorialità. La richiesta delle giovani pazienti è chiara: lasciateci una speranza di maternità oltre il cancro, così come definito dalle più recenti ricerche scientifiche. La risposta delle Istituzioni dovrebbe essere altrettanto rapida e consequenziale. Il problema esiste, e la soluzione non può essere lasciata solo alla buona volontà dei singoli. Se vogliamo dare significato alla centralità della paziente nel percorso di cura, non possiamo dimenticare l’importanza della prevenzione della infertilità dovuta ai trattamenti oncologici”.  
   
   
CAMPANIA: VIA AL PROGETTO PREVENZIONE TUMORI SENO.  
 
Napoli, 17 dicembre 2014 - Ha preso il via questa mattina, in piazza Trieste e Trento, il progetto per la prevenzione e diagnosi precoce dei tumori alla mammella promosso da Bianca Maria D’angelo, assessore alle Politiche Sociali della Regione Campania, in collaborazione con Francesco D’andrea, professore ordinario di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica della Sun e Massimiliano D’aiuto, dirigente chirurgo oncologo senologo presso il Dipartimento di Senologia dell´Istituto Nazionale dei Tumori Fondazione G.pascale di Napoli. A bordo di camper attrezzati con un ambulatorio mobile, medici specializzati hanno effettuato visite senologiche gratuite. “In Campania – ha detto l’assessore D’angelo - si ammalano ogni anno di cancro al seno circa 3.500 donne di cui un 25% al di sotto dei 40 anni. Il fine dell’iniziativa è quello di avvicinare le donne alla prevenzione unitamente ad una corretta informazione sulla chirurgia plastica ricostruttiva della mammella, in modo da renderle maggiormente consapevoli che una ricostruzione mammaria permette alla donna di mantenere integra la sua femminilità, aiutandola a superare il decorso della malattia. “La prevenzione è di fondamentale importanza per aumentare le percentuali di guarigione. Queste iniziative sono rivolte anche, e soprattutto ad una platea di giovani donne per sensibilizzarle sulla necessità di una diagnosi precoce”, ha concluso.  
   
   
SANITÀ,MARONI: 900.000 EURO PER ACCELERATORE LINEARE OSPEDALE  
 
Sondrio Morbegno/so, 17 dicembre 2014 - "Regione Lombardia è pronta a fare la sua parte e assicura il suo contributo di 900.000 euro per l´acquisto dell´acceleratore lineare che, con l´impegno dell´associazione ´Cancro Primo Aiuto´, sarà posto in funzione presso l´Azienda Ospedaliera Valtellina - Valchiavenna". Il tanto atteso sì da parte di Regione Lombardia è arrivato direttamente dal presidente Roberto Maroni, intervenuto a Morbegno (Sondrio), all´evento organizzato dall´Associazione ´Cancro Primo Aiuto´ presso il nuovo show room del mobilificio Pezzini, il cui titolare è anche il vice presidente della sezione valtellinese della onlus. Attenzione A Territorio Valtellinese - "Il messaggio che porto qui a Morbegno - ha detto il presidente Maroni - è che Regione Lombardia è molto attenta al territorio valtellinese, che ha pochi abitanti rispetto al resto della regione, ma non per questo non è importante, anzi. Quella di Sondrio è l´unica provincia montana e ho chiesto a Ugo Parolo di fare un approfondimento, perché, proprio quest´area, potrebbe diventare la prima provincia autonoma dal punto di vista delle risorse e degli investimenti". A Morbegno Il Primo Pot - "Una sensibilità e una vicinanza che abbiamo già dimostrato - ha proseguito il presidente Maroni - e lo stiamo confermando in campo sanitario. A Morbegno viene realizzato il primo Pot, Presidio ospedaliero territoriale, di tutta la regione. Porteremo la delibera in Giunta il 19 dicembre e assegneremo uno stanziamento significativo: è una sperimentazione, vedremo se qui funziona, noi ci crediamo". Presenti - All´evento di Morbegno sono intervenuti, tra gli altri, oltre al presidente Maroni - che è anche presidente onorario dell´Associazione ´Cancro Primo Aiuto´ - il sottosegretario di Regione Lombardia ai Rapporti Istituzioni regionali, Attuazione del Programma, Politiche per la Montagna, Programmazione negoziata, Macroregione delle Alpi e Quattro motori per l´Europa Ugo Parolo e il vice presidente della Onlus Matteo Salvini. A Cosa Serve La Nuova Macchina - "L´acceleratore lineare è un´apparecchiatura salvavita - ha spiegato la dottoressa Beatrice Stasi, direttrice generale Azienda ospedaliera Valtellina-valchiavenna - e serve a fare radioterapia a malati oncologici, che si sottopongono a cicli di 20-30 sedute. La prestazione dura pochi minuti e, a oggi, è garantita da due macchine, una delle quali non più moderna: per questo l´intero territorio si è mobilitato, aderendo alla raccolta fondi di ´Cancro Primo Aiuto´, ottimo esempio di sussidiarietà. Il fermo macchina per manutenzione o riparazioni crea notevoli disagi ai pazienti che abitano in un territorio montano, in cui, a causa della neve nei mesi invernali, spostarsi diventa davvero difficile". Ad ora, oltre al milione di euro stanziato dalla Provincia di Sondrio, la raccolta promossa dall´Associazione ha come obiettivo di arrivare a 300.000 euro entro il febbraio 2015. I restanti 900.000, indispensabili per l´acquisto dell´apparecchiatura, saranno garantiti da Regione Lombardia. Impegno Regione Per Sanità In Aree Montane - Per il presidente Maroni è stata l´occasione per ricordare come l´attenzione della Giunta regionale per la Valtellina si sia tradotta in fatti concreti: "In campo sanitario - ha sottolineato il presidente - Regione Lombardia ha assicurato 5 milioni di euro al nuovo Pronto Soccorso di Sondrio, per cui è in corso la procedura di appalto, la ristrutturazione del Pronto Soccorso di Chiavenna, il cui cantiere è partito nei giorni scorsi, finanziato con 500.000 euro, il nuovo Centro di dialisi dell´ospedale di Sondalo, il cui inizio lavori è previsto nel gennaio 2015 con finanziamento regionale di 500.000 euro". "Sono buoni investimenti quelli che abbiamo fatto - ha commentato Maroni -, al punto che l´Azienda ospedaliera Valtellina Valchiavenna è finalista nazionale degli ´Oscar di Bilancio´ assegnati alle Ao e ha vinto il primo premio della Regione Lombardia per l´informatizzazione della cartella clinica e per le cure domiciliari". ´Ambulatori Aperti´, Un Successo - "A tutto questo si aggiunge l´operazione ´Ambulatori Aperti´ - ha continuato il presidente Maroni -, che abbiamo avviato in modo sperimentale a maggio e che ci costa 5 milioni di euro al mese, ma la risposta è straordinaria: in poco più di 3 mesi sono arrivate oltre 95.000 prenotazioni di esami, oltre a quelli che si effettuano negli orari tradizionali, e 75.000 prestazioni sono state già effettuate. C´è una risposta di grande efficienza a una forte richiesta: il nostro obiettivo è azzerare le liste d´attesa, speriamo entro l´anno prossimo". Tagli Governo Per 930 Milioni - Costi e servizi che Regione Lombardia vuole garantire nonostante i tagli sui trasferimenti da parte del Governo centrale. "Il Governo sta tagliando - ha ribadito il presidente Maroni - e per la Lombardia la previsione è una riduzione di 930 milioni, 720 dei quali solo per la sanità. Noi ridurremo le altre spese, ma sanità, socio-sanitario e infrastrutture restano le nostre priorità: stiamo facendo un grande sforzo contro tagli ingiustificati, perché la Lombardia è la Regione che spende di meno e spende meglio. Pro capite la spesa di tutto ciò che è pubblico in Lombardia è di 3.600 euro, mentre ci sono altre Regioni che ne spendono 7.000 per fare le stesse cose". Governo Senza Coraggio - "L´ho detto a Renzi - ha concluso il presidente Maroni -: ´taglia prima là dove ci sono gli sprechi, non nelle Regioni virtuose´. Purtroppo questo Governo non ha coraggio".  
   
   
TRENTO: PROGETTO VITA INDIPENDENTE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ  
 
Trento, 17 dicembre 2014 - Supportare la domiciliarità attraverso gli strumenti dell´integrazione socio-sanitaria e sostenere l´autonomia e il progetto di vita delle persone con disabilità. È quanto persegue il disciplinare approvato dalla Giunta provinciale, su proposta dell´assessora alla salute e solidarietà sociale, Donata Borgonovo Re: "L´obiettivo - commenta l´assessora - è quello di sperimentare un nuovo modello di intervento per l´inclusione nell´ambiente sociale e nella vita di comunità delle persone con disabilità, per favorirne un ruolo attivo". Il progetto, il cui costo totale è di 92.000 euro, viene finanziato per l´80% dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e per il 20% dalla Provincia autonoma di Trento. La sperimentazione di un modello di intervento in materia di vita indipendente si inserisce in una prospettiva più ampia di sostegno alla domiciliarità e contrasto all’istituzionalizzazione, e vuole riconoscere alla persona un ruolo attivo nelle scelte della sua vita e della propria assistenza. L’intervento è rivolto a persone disabili in condizione di non autosufficienza, intesa come limitazione nello svolgere autonomamente le normali attività relative alla cura del proprio corpo e alla mobilità, ma che opportunamente sostenute possono condurre una vita autonoma favorendone l’autodeterminazione, il miglioramento della qualità di vita, la permanenza nella propria casa e nell’ambiente sociale di riferimento. L’avvio di questa sperimentazione si inserisce in un percorso di promozione della vita indipendente già attivo in provincia di Trento e parte da una proposta inviata al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dal Dipartimento Salute e solidarietà sociale e dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari. La proposta, che ha ricevuto positiva valutazione, è stata finanziata dal Ministero con l´obiettivo di avviare un nuovo modello di intervento a favore della vita indipendente. Destinatarie dell´intervento sono le persone adulte di età compresa fra i 18 e i 64 anni a cui è stata riconosciuta un´invalidità civile al 100%. Il progetto individualizzato viene costruito dall´Azienda sanitaria attraverso l´ U.v.m. (Unità Valutativa Multidimensionale) del Distretto sanitario territorialmente competente, con il coinvolgimento dei diretti interessati. L’obiettivo non vuole avere natura assistenziale bensì quello di favorire il più possibile l´indipendenza della persona disabile e la sua partecipazione alla vita di comunità intesa come attività lavorativa, di studio e di tempo libero. Una delle principali novità consiste proprio nell’applicazione sperimentale di un modello di valutazione che trova le basi in alcuni domini dello strumento dell’Icf (International Classification of Functioning, Disability and Health - Classificazione internazionale del Funzionamento, delle Disabilità e della Salute) elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dalla portata innovativa e multidisciplinare. La misura dell’intervento sarà quantificata in relazione all’indicatore Icef che considera la condizione economico patrimoniale del nucleo familiare. L’utilizzo di questi due strumenti, rispetto ai progetti di vita indipendente attualmente in essere, permetterà di misurare in maniera oggettiva i bisogni e le reali necessità delle persone disabili richiedenti, rispondendo in maniera più equa e sostenibile. L’auspicio è quello di implementare ulteriormente strumenti di intervento in linea con il Programma nazionale di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità e la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.  
   
   
INTESA REGIONE FVG-UNIVERSITÀ PER AZIENDE OSPEDALIERE  
 
Padriciano, 17 dicembre 2014 - Una pre-intesa per migliorare i rapporti e creare le necessarie sinergie tra la Regione e le Università degli studi di Trieste e Udine è stata siglata ieri all´Area Science Park di Padriciano (Trieste). "Si tratta - ha commentato l´assessore alla Salute del Friuli Venezia Giulia, Maria Sandra Telesca, a margine dell´accordo sottoscritto anche dai rettori dei due atenei, Maurizio Fermeglia e Alberto Felice De Toni - di un documento molto importante in quanto anticipa il protocollo tra la Regione e le due università che, una volta ratificato, istituirà le nuove aziende ospedaliero-universitarie considerate parte integrante della riforma sanitaria regionale". La pre-intesa, che ha come obiettivo garantire una migliore integrazione tra didattica, ricerca e l´assistenza, "definisce - ha spiegato Telesca - le modalità di lavoro e, soprattutto, una tempistica più stretta rispetto a quanto ci consente la legge di riforma del servizio sanitario regionale". "Se la riforma prevede che entro due anni dovremmo chiudere il protocollo e far nascere le due aziende sanitarie universitarie, con questo documento - ha sottolineato l´assessore - la Regione si impegna ad adottare il protocollo entro il 30 settembre del 2015 e ad attivare le nuove aziende dal primo gennaio 2016".  
   
   
LOMBARDIA: QUALITÀ DELLA SALUTE E LIBERTÀ DI SCELTA  
 
 Rho/mi, 17 dicembre 2014 - "43 anni fa c´erano due centri di emodinamica in Lombardia: uno all´Ospedale Niguarda e l´altro in quello di Varese. La lungimiranza di chi nel 1971 ha voluto che proprio da Rho partisse il terzo centro di emodinamica, mi riferisco al prof. Binda che allora era il presidente dei Cardiologi della provincia di Milano, è confermata dalla realtà dei fatti. Rileggendo i dati relativi al crescente numero di pazienti che negli ultimi tre anni hanno usufruito di questo servizio, ci si rende conto della grande attenzione riservata ai bisogni del malato". Con queste parole il vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia Mario Mantovani ha dato il via, alla seconda sala di emodinamica, dotata di strumentazioni tecnologiche digitali d´avanguardia e in servizio tutti i giorni 24 ore su 24, attiva presso il Presidio ospedaliero di Rho. Un´inaugurazione Storica - "Mi era stato riferito che si trattava di una piccola inaugurazione - ha commentato l´assessore -, invece mi rendo conto che l´avvio di questa seconda struttura per la emodinamica cardiovascolare rappresenta un momento storico". Il nuovo centro è infatti dotato di una moderna apparecchiatura angiografica digitale che consentirà di mantenere alto il prestigio dell´Ospedale di Rho nell´ambito dell´interventistica cardiovascolare. Da circa 20 anni il Presidio ospedaliero di Rho non effettua solo procedure diagnostiche, ma anche terapeutiche, che consistono in angioplastiche coronariche e soprattutto nel trattamento dell´infarto miocardico acuto di pazienti provenienti dalla rete del 118. Un Aumento Esponenziale - Negli ultimi anni l´emodinamica di Rho ha visto crescere in modo esponenziale le proprie attività. "Basti pensare - ha evidenziato l´assessore Mantovani - che dal 2012 a oggi le coronarografie sono passate da 833 a 1174 e le angioplastiche coronariche totali da 412 a 523". Inoltre è stato reso noto che, considerata la vicinanza dell´ospedale alla zona della Fiera, sono iniziati da qualche giorno anche lavori di adeguamento del Pronto Soccorso, il cui termine è previsto entro la fine di aprile 2015, in vista appunto di Expo e di un prevedibile notevole incremento nell´afflusso di pazienti. L´assessore alla Salute, confermando la centralità dell´Ospedale rodense, ha ricordato che dal marzo dello scorso anno ad oggi Regione Lombardia ha stanziato per la struttura sanitaria di Rho quasi 16.000.000 di euro. Preoccupazione Per I Tagli - L´assessore Mario Mantovani, preceduto nel suo intervento dai consiglieri regionali Marco Tizzoni e Carlo Borghetti, ha parlato sia delle preoccupazioni sorte in merito alla scelta del Governo di Roma di tagliare fondi destinati alla sanità Lombarda, sia della riforma: "Stiamo lavorando sull´aggiornamento della riforma sanitaria. Siamo pronti. Io chiederò due cose: prima di tutto la qualità della salute. E poi la libertà di scegliere il medico, l´ospedale o l´ambulatorio dove andare a farsi curare. Questi sono due elementi essenziali che, se salvaguardati, garantiscono appieno il diritto alla salute sancito dalla Costituzione".  
   
   
SCHEMA DI ACCORDO PER IL CENTRO DI PROTONTERAPIA DI TRENTO  
 
Trento, 17 dicembre 2014 - Su indicazione della assessora alla salute e solidarietà sociale Donata Borgonovo Re, la Giunta provinciale ha approvato lo schema di Accordo tra la Provincia autonoma di Trento e la Regione del Veneto per l’attività del Centro di Protonterapia di Trento. L´accordo, che rappresenta il risultato dell’attività istruttoria fra i tecnici degli assessorati del Trentino e del Veneto, nonché dell´Azienda provinciale per i servizi sanitari, definisce le modalità per la remunerazione nonché i criteri clinici e le condizioni di accesso alle prestazioni di protonterapia da parte dei pazienti veneti. L´accordo con la regione Veneto è un´importante opportunità per ingrandire il bacino di utenza potenziale - ha chiarito la assessora Donata Borgonovo Re - a garanzia anche di una scala ottimale di organizzazione per l´attività di protonterapia, inevitabilmente superiore all´ambito provinciale. Il raggiungimento del target minimo di pazienti è infatti, nella fase iniziale, una condizione operativa indispensabile per il centro di Trento". La protonterapia è un trattamento radiante di precisione effettuato con particelle pesanti (protoni) e rivolto a pazienti affetti da patologie tumorali. Visto l´impegno tecnologico ed economico che comporta un centro di protonterapia, il bersaglio principale è rappresentato da neoplasie complesse e di difficile irradiazione, o usualmente poco rispondenti con le tecniche tradizionali, oppure dove il risparmio dei tessuti sani circostanti, particolarmente delicati, sia di vitale importanza. Il perfezionamento del modello organizzativo del centro, in considerazione della sua elevata complessità, necessita di continuo trattamento dei pazienti, in questo senso l´accordo approvato oggi dalla Giunta provinciale risulta strategico. L’accordo, di durata biennale, avrà decorrenza con il 1° gennaio 2015. La assessora alla salute e solidarietà sociale Donata Borgonovo Re è stata delegata alla sua sottoscrizione; per gli aspetti operativi la competenza è demandata al Centro di Protonterapia ed all’Istituto Oncologico Veneto (Iov) di Padova.  
   
   
OGGI - MANIFESTAZIONE DEI LABORATORI ANALISI SOTTO LA REGIONE LAZIO  
 
Roma 17 dicembre 2014 - I laboratori di analisi al di sotto delle 200.000 prestazioni rivendicano l’accreditamento e la contrattualizzazione delle loro strutture, l’autonomia gestionale e l’esecuzione delle analisi, salvaguardando 2mila posti di lavoro nel settore e 5-6 mila nell’indotto. Ursap Federlazio e Federbiologi chiedono alla Regione Lazio di esaminare la loro proposta di una “rete-contratto” che eviterebbe, in un momento così delicato dell’economia regionale, ulteriori aggravi sulla collettività a favore di pochi soggetti, soprattutto esteri, nei quali si concentrerebbe tutto il budget della Regione. Un nuovo oligopolio, questa volta della provetta! E tutto ciò anche a danno dei cittadini che perderanno un servizio professionale sul territorio, che sarà composto da soli punti prelievo. Ursap Federlazio e Federbiolobi hanno trasmesso una proposta alla Regione Lazio per la realizzazione di una rete-contratto tra i laboratori che salverebbe l’accreditamento e l’autonomia contrattuale e garantirebbe il mantenimento dei posti di lavoro.  
   
   
SPORT OLIMPIADI - PIGLIARU: REGIONE SARDEGNA PRONTA A FARE LA SUA PARTE  
 
 Cagliari, 17 Dicembre 2014 - "La scelta della Sardegna come una delle sedi di gara sarebbe un valore aggiunto per la candidatura dell´Italia alle Olimpiadi del 2024. Con le sue potenzialità la nostra isola ha tutti i numeri per essere un centro di eventi sportivi e mediatici di rilevanza internazionale. Da parte nostra abbiamo ben chiara l´importanza di questa opportunità, che accenderebbe sulla Sardegna i riflettori di tutto il mondo. Siamo pronti a metterci in gioco e fare la nostra parte per sostenere questo percorso e prepararci al meglio." Così il presidente Francesco Pigliaru, dopo la notizia della candidatura dell´Italia alle Olimpiadi 2024.  
   
   
SPORT, COLLABORAZIONE REGIONE TOSCANA-CONI PER POTENZIARNE LA DIFFUSIONE  
 
Firenze 17 dicembre 2014 – Accordo di collaborazione tra Regione e Coni toscano per sviluppare varie azioni destinate a diffondere la pratica sportiva a tutti i livelli. L´hanno firmato a Palazzo Strozzi Sacrati la vicepresidente Stefania Saccardi ed il presidente del Comitato regionale toscano del Coni Salvatore Sanzo. "La collaborazione con il Coni – ha spiegato Stefania Saccardi – si arricchisce di un altro importante atto attraverso il quale uniamo il patrimonio di competenze e professionalità di entrambi gli enti per potenziare la diffusione della pratica sportiva, motoria e ricreativa a tutti i livelli. Considerato il carattere trasversale dello sport, insieme al Coni vorremmo realizzare tutta una serie di progetti che abbiano come elemento in comune il potenziamento delle politiche educative, formative e culturali legate ad esso con l´obiettivo di prevenire e superare il disagio sociale e favorire lo sviluppo economico. Diventa perciò basilare cercare di coinvolgere il più alto numero di persone, a partire dai giovani". L´accordo prevede lo sviluppo di tutta una serie di progetti, con particolare attenzione a: sviluppo di politiche sociali per mezzo dello sport; promozione dell´attività sportiva e motorio ricreativa a livello scolastico; analisi e verifica sull´impiantistica sportiva toscana ed evidenziando le situazioni che necessitano azioni di riqualificazione, ristrutturazione e l´eventuale necessità di realizzazione di strutture e impianti sportivi e motorio ricreativi; raccolta di informazioni su spazi, impianti e attrezzature; organizzazione annuale di almeno due momenti formativi per gli operatori; corretta applicazione della normativa e dei livelli di sicurezza (dotazione ed utilizzo di defibrillatori negli impianti); collaborazione all´attrazione e promozione di eventi sportivi di rilevanza nazionale ed internazionale; sviluppo e realizzazione di specifici corsi di formazione per figure professionali e per tecnici. I progetti presentati saranno valutati ed approvati dalla Regione che provvederà successivamente a mettere a disposizione le risorse necessarie per la realizzazione. Sempre la Regione effettuerà verifiche periodiche dei progetti stessi oltre ad una verifica finale. Infine il Coni collaborerà insieme alla Regione all´organizzazione del Pegaso per lo sport e alla raccolta, presso società e associazioni sportive, dei dati utili per individuare i soggetti meritevoli di ricevere il riconoscimento. Per la realizzazione dell´accordo la Regione mette a disposizione 100 mila euro.