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LUNEDI
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Notiziario Marketpress di
Lunedì 10 Giugno 2013 |
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ADOTTATA UNA NUOVA LEGGE DELL’UE PER PROTEGGERE MEGLIO LE VITTIME DELLA VIOLENZA DOMESTICA |
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Lussemburgo - Le vittime di violenza, in particolare della
violenza domestica, potranno presto contare su una protezione valida in tutta
l´Unione europea a seguito dell´adozione del 6 giugno di una proposta della
Commissione europea da parte dei ministri della Giustizia degli Stati membri
dell´Ue. Il nuovo regolamento sull’ordine di protezione a livello dell´Unione
europea consentirà a coloro che hanno subito atti di violenza di far valere,
ovunque si trovino nell’Ue, il provvedimento restrittivo ottenuto nel paese
d´origine. In pratica ciò significa che i provvedimenti restrittivi emessi in
un paese dell´Ue dovranno essere riconosciuti in tutta l´Unione: la protezione
seguirà così la persona nei suoi spostamenti. A beneficiare di questa legge
dell´Unione saranno in particolare le donne: secondo i sondaggi, in Europa
circa una su cinque ha subito violenza fisica almeno una volta nella vita.
“L´ordine di protezione
europeo adottato oggi contribuirà a proteggere le vittime di reato e le vittime
di violenza, ovunque esse vadano in Europa: la protezione viaggerà con il
cittadino. Questo è un esempio eccellente del lavoro che l´Europa svolge in
favore dei suoi cittadini", ha dichiarato la Vicepresidente Viviane
Reding, Commissaria Ue per la Giustizia. “Desidero ringraziare i ministri della
Giustizia e il Parlamento europeo per il loro sostegno nel portare velocemente
a buon fine le proposte della Commissione. Le vittime meritano di essere
trattate con rispetto e di ricevere la protezione di cui hanno bisogno. Ora mi
aspetto dagli Stati membri che diano pratica attuazione in tempi rapidi
all´ordine di protezione europeo e alla direttiva sui diritti delle vittime adottata
l´anno scorso per il bene dei nostri cittadini”.
L´adozione, avvenuta
formalmente oggi, del regolamento del Consiglio sul riconoscimento reciproco
delle misure di protezione in materia civile fa seguito al voto del Parlamento
europeo del 22 maggio (Memo/13/449). La Commissione lo aveva proposto nel
quadro di un pacchetto di misure intese a migliorare i diritti delle vittime
(cfr. Ip/11/585 e Memo/11/310). La direttiva sui diritti delle vittime — che
sancisce i diritti minimi delle vittime di reato ovunque esse si trovino
nell’Unione europea — è già pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione
europea (Ip/12/1200). Entrambi gli strumenti integreranno l’ordine di
protezione europeo del 13 dicembre 2011 che assicura la libera circolazione
delle misure di protezione in materia penale in tutta Europa. Il voto di oggi
rappresenta un importante passo avanti nel cercare di colmare le lacune nella
protezione delle vittime della violenza domestica che vogliono esercitare il
diritto alla libera circolazione nell’Ue.
I prossimi passi: il
regolamento verrà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell´Unione europea (la
raccolta delle leggi vigenti nell´Ue) e si applicherà a decorrere dall´11
gennaio 2015. La Danimarca non vi partecipa.
Contesto
Il 18 maggio 2011, la
Commissione europea ha proposto un pacchetto di misure volte ad assicurare un
livello minimo di diritti, sostegno e protezione alle vittime in tutta l’Ue,
indipendentemente dal luogo di provenienza o di residenza, di cui faceva parte
una proposta di regolamento sul riconoscimento reciproco delle misure di
protezione in materia civile. Questo regolamento garantirà che le vittime di
violenze (come la violenza domestica), pur viaggiando o trasferendosi in un
altro paese dell’Ue, possano continuare ad avvalersi degli ordini di protezione
o di restrizione emessi contro gli autori di tali violenze, e integrerà
l´ordine di protezione europeo adottato il 13 dicembre 2011 in materia penale.
La seconda proposta, quella
di una direttiva sui diritti delle vittime, è stata adottata il 4 ottobre 2012
dal Consiglio dei ministri (Ip/12/1066) dopo essere stata approvata a
larghissima maggioranza dal Parlamento europeo il 12 settembre 2012
(Memo/12/659). La direttiva sancisce diritti minimi per le vittime ovunque esse
si trovino nell’Ue garantendo che:
le vittime siano trattate in
modo rispettoso, e polizia, procuratori e magistrati ricevano la necessaria
formazione per potersene occupare;
le vittime siano informate
dei loro diritti e delle cause che li riguardano in un modo a loro
comprensibile;
sia garantito in ciascuno
Stato membro il sostegno alle vittime;
le vittime possano prendere
parte al procedimento se lo desiderano e siano aiutate ad assistere al
processo;
le vittime vulnerabili come
minori, vittime di stupro o persone disabili – siano identificate e siano
adeguatamente tutelate;
le vittime siano protette
durante la fase delle indagini e quella del procedimento penale.
Gli Stati membri hanno ora
tre anni di tempo per recepire le disposizioni della direttiva nei rispettivi
diritti nazionali.
Ogni anno nell´Ue fino al
15% della popolazione può essere vittima di un reato, un rischio che rimane
invariato, che ci si trovi nel proprio paese o ci si sposti per viaggiare
all’estero. Con circa 1,25 miliardi di viaggi compiuti all’anno per turismo
nell’Unione dagli europei, è inevitabile che alcuni di essi possano essere
vittime di un reato in un altro paese.
Le norme minime in favore
delle vittime sono parte integrante del più ampio obiettivo dell’Unione di
costruire uno spazio europeo di giustizia che consenta ai cittadini, ovunque
essi si trovino, di poter contare su diritti fondamentali garantiti in modo
uniforme e di avere fiducia nel sistema giudiziario.
Per ulteriori informazioni
Commissione europea –
diritti delle vittime
http://ec.Europa.eu/justice/criminal/victims/index_en.htm
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LUNEDÌ 10 GIUGNO A ROMA LA PRESENTAZIONE DI COMPETERE.EU: IL PENSATOIO PER L’INNOVAZIONE SOCIALE E LA CRESCITA SOSTENIBILE |
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Dalle 12 nella sede di Piazza San Salvatore in Lauro l’incontro con i media e il pubblico Elaborare e implementare politiche e pratiche per lo sviluppo sostenibile: nasce con questa mission Competere.eu (www.Competere.eu) il nuovo pensatoio italiano che sarà presentato lunedì 10 Giugno a Roma dalle 12 nella sede di Piazza San Salvatore in Lauro 13. Competere nasce con l’obiettivo di essere di supporto alla politica, alle istituzioni ed al mondo del lavoro nel favorire l’innovazione sociale e dei processi economici e il confronto tra idee. A presentare il nuovo pensatoio saranno il Presidente Pietro Paganini ed il Segretario Generale Roberto Race |
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GARANTE PRIVACY: RELAZIONE ANNUALE |
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Martedì 11 giugno, alle 11,00, presso la Sala della Regina di Palazzo Monte Citorio, l´Autorità Garante per la protezione dei dati personali (composta da Antonello Soro, Augusta Iannini, Giovanna Bianchi Clerici, Licia Califano) presenta la Relazione sull´attività svolta nel 2012. La Relazione illustra i diversi fronti sui quali è stata impegnata l´Autorità nel suo sedicesimo anno di attività, fa il punto sullo stato di attuazione della legislazione sulla privacy e indica le prospettive di azione verso le quali intende muoversi il Garante. La cerimonia avverrà alla presenza della Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, di Ministri e di rappresentanti del Parlamento, delle Istituzioni, del mondo dell´impresa e delle associazioni di categoria |
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NSA E FBI ACCEDONO AI SERVER DI ANCUNE SOCIETÀ INTERNET AMERICANE |
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Tramite
il programma Prism, creato nel 2007, l´Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa)
e l´Fbi possono accedere direttamente ai server di 9 società internet
americane. Estraggono, così, video, audio e foto che consentono loro di seguire
i movimenti delle persone e i loro contatti. Fra le società, cui la Nsa e l´Fbi
hanno accesso, figurano Microsoft, Yahoo!, Google, Facebook, Paltalk, Aol,
Skype, Youtube e Apple |
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BANZAI HA COMPRATO MISTERPRICE, EPLAZA E BOW |
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Banzai ha
acquisito Misterprice, ePlaza e Bow, tre marchi dell´e-commerce italiano,
specializzati nella vendita di consumer electronics, elettrodomestici e
prodotti per la casa e la famiglia. I tre marchi sono così diventati parte di
un sistema integrato di offerta che fa capo ad ePrice, che consolida la sua
leadership nella vendita online di prodotti high-tech, e, insieme a
Saldiprivati, conferma Banzai leader dell´e-commerce italiano per fatturato e
audience
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1 ITALIANO SU 2 VITTIMA CRIMINI WEB |
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Nel corso di
Security Summit, la due giorni sulla sicurezza delle reti e dei sistemi
informatici svoltasi a Roma, è emerso che quasi 1 italiano su 2 è vittima di
crimini commessi online. Il furto di dati e
i ricatti arrivano dal web ,soprattutto
dai social network, e sono in aumento. Secondo il rapporto Clusit 2013,
inoltre, il 40% degli internauti italiani fra gli 11 e i 74 anni sono stati in
qualche modo vittime di minaccia informatica
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AMADEUS: BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ AZIENDALE
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Il documento analizza gli impatti economici, ambientali e sociali delle attività del business Amadeus, così come il suo contributo per aiutare a raggiungere gli obiettivi di . Amadeus Italia, leader nella distribuzione e nella fornitura di tecnologie avanzate per l’industria globale dei viaggi e del turismo, ha pubblicato il Bilancio di Sostenibilità aziendale, un rapporto sulle attività di business della società e le performance del 2012 dal punto di vista della sostenibilità. Il documento, che ha ottenuto dalla Global Reporting Initiative (Gri) il livello A+, analizza gli impatti economici, ambientali e sociali di Amadeus, così come il suo contributo nell’aiutare a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. "Per ogni nostra attività mettiamo al primo posto la sostenibilità. Operiamo nel settore dei viaggi e del turismo, che rappresenta il 9% del Pil mondiale e l´occupazione in tutto il mondo. Considerando il complesso ecosistema di venditori e acquirenti di viaggi, Amadeus si trova in una posizione privilegiata per contribuire alla sostenibilità, sfruttando le capacità tecnologiche di base, le competenze e le relazioni con gli stakeholder", afferma Tomas López Fernebrand, Senior Vice President, General Counsel e Corporate Secretary, Amadeus. L’impegno continuo nella ricerca e sviluppo e una particolare attenzione alla pluralità culturale sono un binomio fondamentale per la strategia di Amadeus. Il contributo alla sostenibilità della travel industry è strettamente legato alle attività sviluppate da Amadeus. L’incremento dei rendimenti, che deriva dalle soluzioni innovative che sono spesso associate al ridotto consumo energetico e di risorse, come dimostrato dalle compagnie aeree, ha migliorato la produttività, l’efficienza operativa e il consumo di carburante grazie alla soluzione di Amadeus Altéa Passenger Services Solution. Dal 2004, Amadeus ha investito circa 2,4 miliardi di Euro nella Ricerca & Sviluppo e nel 2012, il 14% dei ricavi della società sono stati investiti per assicurare soluzioni efficienti in grado di generare valore per il futuro dei viaggi. Insieme agli investimenti in R&s, “le competenze, l’abilità e le buone abitudini dei nostri cittadini insieme a un modello di business vincente, rappresentano i due pilastri chiave di Amadeus”, commenta Svend Leirvaag, Vice President, Industry Affairs, Amadeus. Con più di 11.000 persone provenienti da 110 paesi che parlano 53 lingue, le diversità multietniche rendono Amadeus una società culturalmente ricca. Amadeus ha sviluppato numerosi progetti sia in ambito Corporate Citizenship (138 iniziative in 45 paesi) sia di sostenibilità ambientale globale. Questi includono iniziative come la celebrazione del 25° anniversario di Amadeus con vari progetti comunitari guidati da una rete di volontari provenienti da tutto il mondo. Dal punto di vista ambientale, il data center di Amadeus a Erding (nei pressi di Monaco di Baviera) ha rinnovato la propria certificazione di “impresa a efficienza energetica”, rilasciata dall’organizzazione internazionale Tüv Süd. E’ possibile scaricare l’ultimo report di Amadeus all’indirizzo: http://www.Amadeus.com/msite/corporate_responsibility/annual_reports/2012/en/home.html?press=356 Info: Amadeus - www.It.amadeus.com |
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GIUSTIZIA EUROPEA: DIVIETO DI INGRESSO - OBBLIGATORIO COMUNICARE ALL´INTERESSATO LA MOTIVAZIONE DEL DIVIETO D´INGRESSO, SE CIÒ NON COMPROMETTE SICUREZZA DELLO STATO (SENTENZA C-300/11)
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La sostanza della motivazione di una decisione di divieto d´ingresso nel territorio di uno Stato membro dev’essere comunicata all´interessato. Tuttavia, uno Stato membro può rifiutarsi, nei limiti dello stretto necessario, di comunicare all´interessato la motivazione la cui divulgazione potrebbe compromettere la sicurezza dello Stato I cittadini di uno Stato membro possono fare ingresso e, a determinate condizioni, soggiornare nel territorio degli altri Stati membri. Nondimeno, uno Stato membro può loro negare tale diritto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Nel Regno Unito, le decisioni amministrative di divieto d´ingresso nel territorio nazionale, adottate in base ad informazioni la cui pubblicazione potrebbe ledere la sicurezza nazionale, possono essere impugnate dinanzi alla Special Immigration Appeals Commission (Commissione speciale per i ricorsi in materia di immigrazione, «Siac»). Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Siac, né la persona che abbia contestato una decisione siffatta, né i suoi legali di fiducia hanno accesso alle informazioni su cui la decisione è basata, qualora la loro divulgazione sia contraria all´interesse generale. Tuttavia, in un caso del genere viene designato un avvocato speciale, il quale ha accesso a tali informazioni, al fine di rappresentare gli interessi della persona coinvolta dinanzi alla Siac. L´avvocato speciale non può peraltro comunicare con l´interessato in merito a questioni collegate alla procedura, a partire dal momento in cui gli siano stati notificati elementi alla cui divulgazione si opponga il competente ministro. Tuttavia, egli può chiedere alla Siac di poter procedere a una siffatta comunicazione. Zz possiede la doppia cittadinanza, francese e algerina. È sposato dal 1990 con una cittadina britannica, dalla quale ha avuto otto figli. Dal 1990 al 2005, Zz ha soggiornato legalmente nel Regno Unito. Nell´agosto 2005, dopo avere lasciato il Regno Unito, il Secretary of State ha annullato il suo diritto di soggiorno, in quanto la sua presenza era lesiva del pubblico interesse. Nel settembre 2006, Zz si è recato nel Regno Unito dove questa stessa autorità ha adottato una decisione di divieto d´ingresso nei suoi confronti. Zz ha presentato ricorso avverso la decisione di divieto d´ingresso dinanzi alla Siac. Nel corso di tale procedimento, egli ha potuto discutere con i suoi due avvocati speciali solo in merito ad elementi di prova pubblici. La Siac ha respinto il ricorso e ha pronunciato una decisione detta «secretata», con una motivazione completa, è una decisione detta «pubblica», con una motivazione sommaria, la quale soltanto è stata comunicata a Zz. Dalla «decisione pubblica» si evince che la Siac è convinta, per motivi spiegati nella «decisione secretata», che Zz era implicato in attività della rete del Gruppo islamico armato (Gia) e in alcune attività terroristiche nel 1995 e nel 1996. Zz ha impugnato la decisione della Siac dinanzi alla Court of Appeal (England and Wales) (Corte d´appello del Regno Unito), la quale chiede alla Corte di giustizia entro che limiti la Siac sia obbligata a comunicare all´interessato i motivi di pubblica sicurezza a fondamento di una decisione di divieto d´ingresso. Nella sua odierna sentenza la Corte ricorda anzitutto che, secondo la direttiva 2004/38, una decisione di diniego di ingresso dev’essere notificata all´interessato per iscritto e in condizioni che gli consentano di comprenderne il contenuto e le conseguenze. Inoltre, devono essere resi noti all´interessato i motivi circostanziati completi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che costituiscono il fondamento di una tale decisione, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato. In questa cornice, la Corte precisa che gli Stati membri sono tenuti a prevedere un controllo giurisdizionale effettivo in merito alla fondatezza sia della decisione di diniego di ingresso, sia delle ragioni riguardanti la sicurezza dello Stato, invocate per negare la comunicazione all´interessato della motivazione su cui si fonda tale decisione. Pertanto, da un lato, il giudice incaricato del controllo della legittimità della decisione di diniego di ingresso deve poter conoscere tutti i motivi ed elementi di prova alla base di tale decisione. Dall´altro, un giudice dev’essere incaricato di verificare se le ragioni collegate alla sicurezza dello Stato si oppongano alla divulgazione di questi motivi e di questi elementi di prova. La Corte sottolinea che l´autorità nazionale competente deve fornire la prova che la sicurezza dello Stato possa essere effettivamente compromessa dalla comunicazione della motivazione circostanziata e completa all´interessato. Di conseguenza, non esiste nessuna presunzione di sussistenza e fondatezza delle ragioni invocate da un´autorità nazionale per negare la divulgazione di tale motivazione. Qualora, in un contesto del genere, il giudice concluda che la sicurezza dello Stato non osta alla comunicazione della motivazione circostanziata e completa sulla quale è basata la decisione di diniego di ingresso, esso offre all´autorità nazionale competente la possibilità di comunicare all´interessato la motivazione e gli elementi probatori mancanti. Tuttavia, quando tale autorità non autorizza la loro comunicazione, il giudice procede all´esame della legittimità di una tale decisione sulla base dei soli motivi ed elementi di prova che sono stati comunicati. Viceversa, qualora risulti che la sicurezza dello Stato osta effettivamente alla comunicazione all´interessato di detta motivazione, il controllo giurisdizionale della legittimità della decisione di diniego di ingresso dev´essere effettuato nell´ambito di un procedimento che bilanci adeguatamente le necessità imposte dalla sicurezza dello Stato con quelle del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, limitando nel contempo allo stretto necessario le eventuali ingerenze nell´esercizio di tale diritto. Questa procedura deve garantire, nella misura più ampia possibile, l´osservanza del principio del contraddittorio, al fine di consentire all´interessato di contestare la motivazione sulla quale è fondata la decisione, nonché di presentare osservazioni riguardo agli elementi di prova ad essa pertinenti e, pertanto, di difendersi effettivamente. In particolare, la sostanza della motivazione sulla quale è fondata una decisione di diniego di ingresso dev’essere comunicata all´interessato, dato che la pur necessaria tutela della sicurezza dello Stato non può avere l´effetto di privare detto soggetto del suo diritto di esporre la propria difesa e, pertanto, di vanificare il suo diritto alla tutela giurisdizionale. La Corte rileva parimenti che la ponderazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva con la necessità di garantire la tutela della sicurezza dello Stato interessato non vale ugualmente per gli elementi di prova alla base della motivazione prodotti dinanzi al giudice nazionale competente. Infatti, in taluni casi la divulgazione di tali elementi probatori può compromettere in modo diretto e particolare la sicurezza dello Stato perché può, segnatamente, mettere in pericolo la vita, la salute o la libertà di persone o svelare i metodi di indagine specificamente utilizzati dalle autorità nazionali di sicurezza e in tal modo ostacolare seriamente, se non impedire, il futuro espletamento delle mansioni delle medesime autorità. Infine, la Corte precisa che spetta al giudice del Regno Unito, da un lato, assicurarsi che la sostanza della motivazione a fondamento della decisione sia comunicata all´interessato in una maniera che tenga in debito conto la necessaria segretezza degli elementi di prova e, dall´altro, trarre le conseguenze di un’eventuale trasgressione di detto obbligo di comunicazione. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 4 giugno 201, 3Sentenza nella causa C-300/11, Zz / Secretary of State for the Home Department) |
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GIUSTIZIA EUROPEA: FEAOG - SPESE ESCLUSE DAL FINANZIAMENTO - RITARDO ECCESSIVO DELLA COMMISSIONE (SENTENZA T-267/07) |
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Il regolamento n. 729/70 ha fissato le regole generali applicabili al finanziamento della politica agricola comune (Pac). La sezione «garanzia» del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (Feaog) finanzia, gli interventi destinati a regolarizzare tali mercati, effettuati secondo le norme Ue. La Commissione decide di non ammettere al finanziamento Ue spese che non sono state eseguite in conformità alle norme dell’Unione. Gli Stati membri invece adottano le misure necessarie per accertare se le operazioni del Feaog siano reali e regolari, per prevenire e perseguire le irregolarità e per recuperare le somme perse. In mancanza di un recupero totale le conseguenze finanziarie delle irregolarità o negligenze sono sopportate dall’Unione, salvo quelle risultanti da negligenze imputabili alle amministrazioni degli Stati membri. All’atto della trasmissione dei conti annuali, gli Stati membri comunicano alla Commissione una tabella riepilogativa dei procedimenti avviati, contenente una ripartizione degli importi non ancora recuperati.Qualora il recupero non abbia avuto luogo nel termine di quattro anni dalla data del primo verbale amministrativo o giudiziario, oppure nel termine di otto anni in caso di procedimento giudiziario nazionale, le conseguenze finanziarie sono per il 50% a carico dello Stato membro e per il 50% a carico del bilancio comunitario. Nel 2003 la Commissione ha istituito una «task force “recupero”» composta da funzionari dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) e della Dg «Agricoltura», con i compiti di esaminare i casi di irregolarità comunicati dagli Stati membri, anteriormente al 1° gennaio 1999. Tale task force era chiamata a verificare le attività degli organismi pagatori italiani, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) e il Servizio autonomo interventi nel settore agricolo (Saisa). Dato l’elevato numero di casi di irregolarità (circa 4 200 casi per un importo complessivo pari a Eur 1,2 miliardi), la task force ha deciso di esaminare, in una prima fase, i casi di importo superiore a Eur 500 000. In esito ai lavori della task force, con decisione 2006/678/Ce, la Commissione ha affermato che le autorità italiane non avevano pienamente rispettato l’obbligo di diligenza e che dovevano interamente assumersi gli oneri finanziari per il mancato recupero delle somme indebitamente pagate, per un totale di Eur 310 849 495,98. In un altro gruppo di casi, nei quali il recupero delle somme appariva ancora possibile, la Commissione ha rinviato la propria decisione. Un ricorso introdotto dall’Italia per l’annullamento parziale della decisione 2006/678, nella parte in cui esclude dal finanziamento comunitario e pone a carico dell’Italia le conseguenze finanziarie relative a 105 casi di irregolarità, è stato respinto con sentenza del 12 settembre 2012 (T‑394/06). Con l’ulteriore decisione 2007/327/Ce per l’esercizio finanziario 2006, la Commissione ha posto a carico dell’Italia il 50% dell’onere finanziario derivante dai pagamenti indebiti comunicati da tale Stato e che non erano stati interamente recuperati alla data del 16 ottobre 2006 (i casi di irregolarità di importo superiore a Eur 500 000 e che non avevano potuto essere inclusi nella decisione 2006/678, nonché i casi di importo inferiore che erano stati oggetto di esame da parte della task force). 1) Nel presente ricorso l’Italia contesta innanzitutto la mancata adozione, da parte della Commissione, di una decisione formale con riguardo a sette casi di irregolarità di importo superiore a Eur 500 000: i ritardi ingiustificati della Commissione avrebbero impedito questi venissero chiusi prima della decisione impugnata, con la conseguenza di porre a carico dell’Italia il 50% degli oneri. Il Tribunale ricorda che le decisioni della Commissione in materia di liquidazione dei conti del Feaog sono rese sulla base di una relazione di sintesi nonché di una corrispondenza tra la Commissione e lo Stato membro: la loro motivazione dev’essere considerata sufficiente qualora lo Stato destinatario sia stato strettamente associato alla loro elaborazione e conoscesse i motivi per i quali la Commissione riteneva di non dover imputare al Feaog l’importo controverso. Nel precedente sistema (secondo il regolamento n. 729/70), le conseguenze finanziarie delle irregolarità o negligenze erano sopportate dalla Comunità. Il regolamento n. 1290/2005 ha invece inteso di istituire una procedura che permettesse alla Commissione di tutelare gli interessi del bilancio comunitario. Pertanto, gli importi per i quali il recupero non abbia avuto luogo nel termine di quattro o otto anni dalla data del primo verbale amministrativo o giudiziario sono imputati in parti uguali allo Stato membro e al bilancio comunitario. Ne consegue che la Commissione può imputare allo Stato membro la metà delle somme perdute a causa di irregolarità, oppure non recuperate entro termini ragionevoli, senza dover dimostrare caso per caso che il mancato recupero, o il ritardo nel recupero, degli importi in questione sia dovuto alla negligenza delle autorità nazionali. Il Tribunale respinge quindi il ricorso su questo punto. 2) Sui casi di irregolarità di importo inferiore a Eur 500 000, l’Italia lamenta che la Commissione non ha provveduto a pronunciarsi entro un termine ragionevole sui 25 casi già inclusi in una procedura di liquidazione aperta nel 2001 e per i quali l’Olaf aveva già annunciato l’imputazione al Feaog. Il Tribunale rileva che la normativa vigente non impone alla Commissione un termine preciso per adottare una decisione sull’imputazione delle conseguenze finanziarie nel caso di comunicazione di un’irregolarità dello Stato membro. Tuttavia occorre valutare il carattere ragionevole della durata del procedimento amministrativo e, nell’ipotesi di un superamento del termine ragionevole, stabilire se tale circostanza abbia potuto invalidare la decisione impugnata. I 25 casi di irregolarità sono casi comunicati dal Saisa e facevano parte di una serie di oltre un migliaio di casi di irregolarità comunicati dall’Italia prima del 1995. La Commissione ha adottato la decisione impugnata soltanto il 27 aprile 2007; pertanto, la procedura di liquidazione ad essi relativa è durata, in totale, più di dieci anni. Il Tribunale osserva che, anche volendo tener conto del grande numero di procedimenti di recupero, non si può considerare ragionevole la durata di questo procedimento amministrativo. I 25 casi non necessitavano di un’attività istruttoria da parte della Commissione, né di chiarimenti supplementari da parte dell’Italia. Pertanto, in ordine ad essi, la Commissione non ha osservato un termine ragionevole nello svolgimento del procedimento amministrativo. Per il Tribunale, la violazione del principio del termine ragionevole costituisce un motivo di annullamento parziale della decisione impugnata, nella parte in cui essa ha posto le conseguenze finanziarie dei 25 casi di irregolarità per il 50% a carico dell’Italia+. Per tutte queste ragioni, Il Tribunale dichiara e statuisce: La decisione della Commissione 2007/327/Ce per l’esercizio finanziario 2006, è annullata nella parte in cui pone per il 50% a carico della Repubblica italiana le conseguenze finanziarie del mancato recupero di importi nei casi di irregolarità inferiori a 500.000 Eur (Coprap, Tabacchi Levante, Casearia Sarda, Beca, Soc.coop.super, Vinicola Magna, Eurotrade, C.o.a.s.o. – Italiana Tabacchi, Ionia, Beca, Addeo Fruit, Quaranta, D’apolito, Sibillo, Agrocom, Procaccini, Addeo Fruit, Mediterrane Vini, Oleificio Centro Italia, Procaccini, Soc.coop.super, S.a.v.i.c.t., Agricola S. Giuseppe, Terra D’oro, Toscana Tabacchi). Il ricorso è respinto per il resto. (Sentenza nella causa T‑267/07, Italia/commissione (Feaog – Spese escluse dal finanziamento – Ritardo eccessivo della Commissione) |
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GIUSTIZIA EUROPEA: DIVIETO DI INGRESSO - OBBLIGATORIO COMUNICARE ALL´INTERESSATO LA MOTIVAZIONE DEL DIVIETO D´INGRESSO, SE CIÒ NON COMPROMETTE SICUREZZA DELLO STATO (SENTENZA C-300/11) |
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La sostanza della motivazione di una decisione di divieto d´ingresso nel territorio di uno Stato membro dev’essere comunicata all´interessato. Tuttavia, uno Stato membro può rifiutarsi, nei limiti dello stretto necessario, di comunicare all´interessato la motivazione la cui divulgazione potrebbe compromettere la sicurezza dello Stato. I cittadini di uno Stato membro possono fare ingresso e, a determinate condizioni, soggiornare nel territorio degli altri Stati membri. Nondimeno, uno Stato membro può loro negare tale diritto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Nel Regno Unito, le decisioni amministrative di divieto d´ingresso nel territorio nazionale, adottate in base ad informazioni la cui pubblicazione potrebbe ledere la sicurezza nazionale, possono essere impugnate dinanzi alla Special Immigration Appeals Commission (Commissione speciale per i ricorsi in materia di immigrazione, «Siac»). Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Siac, né la persona che abbia contestato una decisione siffatta, né i suoi legali di fiducia hanno accesso alle informazioni su cui la decisione è basata, qualora la loro divulgazione sia contraria all´interesse generale. Tuttavia, in un caso del genere viene designato un avvocato speciale, il quale ha accesso a tali informazioni, al fine di rappresentare gli interessi della persona coinvolta dinanzi alla Siac. L´avvocato speciale non può peraltro comunicare con l´interessato in merito a questioni collegate alla procedura, a partire dal momento in cui gli siano stati notificati elementi alla cui divulgazione si opponga il competente ministro. Tuttavia, egli può chiedere alla Siac di poter procedere a una siffatta comunicazione. Zz possiede la doppia cittadinanza, francese e algerina. È sposato dal 1990 con una cittadina britannica, dalla quale ha avuto otto figli. Dal 1990 al 2005, Zz ha soggiornato legalmente nel Regno Unito. Nell´agosto 2005, dopo avere lasciato il Regno Unito, il Secretary of State ha annullato il suo diritto di soggiorno, in quanto la sua presenza era lesiva del pubblico interesse. Nel settembre 2006, Zz si è recato nel Regno Unito dove questa stessa autorità ha adottato una decisione di divieto d´ingresso nei suoi confronti. Zz ha presentato ricorso avverso la decisione di divieto d´ingresso dinanzi alla Siac. Nel corso di tale procedimento, egli ha potuto discutere con i suoi due avvocati speciali solo in merito ad elementi di prova pubblici. La Siac ha respinto il ricorso e ha pronunciato una decisione detta «secretata», con una motivazione completa, è una decisione detta «pubblica», con una motivazione sommaria, la quale soltanto è stata comunicata a Zz. Dalla «decisione pubblica» si evince che la Siac è convinta, per motivi spiegati nella «decisione secretata», che Zz era implicato in attività della rete del Gruppo islamico armato (Gia) e in alcune attività terroristiche nel 1995 e nel 1996. Zz ha impugnato la decisione della Siac dinanzi alla Court of Appeal (England and Wales) (Corte d´appello del Regno Unito), la quale chiede alla Corte di giustizia entro che limiti la Siac sia obbligata a comunicare all´interessato i motivi di pubblica sicurezza a fondamento di una decisione di divieto d´ingresso. Nella sua odierna sentenza la Corte ricorda anzitutto che, secondo la direttiva 2004/38[1], una decisione di diniego di ingresso dev’essere notificata all´interessato per iscritto e in condizioni che gli consentano di comprenderne il contenuto e le conseguenze. Inoltre, devono essere resi noti all´interessato i motivi circostanziati completi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che costituiscono il fondamento di una tale decisione, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato. In questa cornice, la Corte precisa che gli Stati membri sono tenuti a prevedere un controllo giurisdizionale effettivo in merito alla fondatezza sia della decisione di diniego di ingresso, sia delle ragioni riguardanti la sicurezza dello Stato, invocate per negare la comunicazione all´interessato della motivazione su cui si fonda tale decisione. Pertanto, da un lato, il giudice incaricato del controllo della legittimità della decisione di diniego di ingresso deve poter conoscere tutti i motivi ed elementi di prova alla base di tale decisione. Dall´altro, un giudice dev’essere incaricato di verificare se le ragioni collegate alla sicurezza dello Stato si oppongano alla divulgazione di questi motivi e di questi elementi di prova. La Corte sottolinea che l´autorità nazionale competente deve fornire la prova che la sicurezza dello Stato possa essere effettivamente compromessa dalla comunicazione della motivazione circostanziata e completa all´interessato. Di conseguenza, non esiste nessuna presunzione di sussistenza e fondatezza delle ragioni invocate da un´autorità nazionale per negare la divulgazione di tale motivazione. Qualora, in un contesto del genere, il giudice concluda che la sicurezza dello Stato non osta alla comunicazione della motivazione circostanziata e completa sulla quale è basata la decisione di diniego di ingresso, esso offre all´autorità nazionale competente la possibilità di comunicare all´interessato la motivazione e gli elementi probatori mancanti. Tuttavia, quando tale autorità non autorizza la loro comunicazione, il giudice procede all´esame della legittimità di una tale decisione sulla base dei soli motivi ed elementi di prova che sono stati comunicati. Viceversa, qualora risulti che la sicurezza dello Stato osta effettivamente alla comunicazione all´interessato di detta motivazione, il controllo giurisdizionale della legittimità della decisione di diniego di ingresso dev´essere effettuato nell´ambito di un procedimento che bilanci adeguatamente le necessità imposte dalla sicurezza dello Stato con quelle del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, limitando nel contempo allo stretto necessario le eventuali ingerenze nell´esercizio di tale diritto. Questa procedura deve garantire, nella misura più ampia possibile, l´osservanza del principio del contraddittorio, al fine di consentire all´interessato di contestare la motivazione sulla quale è fondata la decisione, nonché di presentare osservazioni riguardo agli elementi di prova ad essa pertinenti e, pertanto, di difendersi effettivamente. In particolare, la sostanza della motivazione sulla quale è fondata una decisione di diniego di ingresso dev’essere comunicata all´interessato, dato che la pur necessaria tutela della sicurezza dello Stato non può avere l´effetto di privare detto soggetto del suo diritto di esporre la propria difesa e, pertanto, di vanificare il suo diritto alla tutela giurisdizionale. La Corte rileva parimenti che la ponderazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva con la necessità di garantire la tutela della sicurezza dello Stato interessato non vale ugualmente per gli elementi di prova alla base della motivazione prodotti dinanzi al giudice nazionale competente. Infatti, in taluni casi la divulgazione di tali elementi probatori può compromettere in modo diretto e particolare la sicurezza dello Stato perché può, segnatamente, mettere in pericolo la vita, la salute o la libertà di persone o svelare i metodi di indagine specificamente utilizzati dalle autorità nazionali di sicurezza e in tal modo ostacolare seriamente, se non impedire, il futuro espletamento delle mansioni delle medesime autorità. Infine, la Corte precisa che spetta al giudice del Regno Unito, da un lato, assicurarsi che la sostanza della motivazione a fondamento della decisione sia comunicata all´interessato in una maniera che tenga in debito conto la necessaria segretezza degli elementi di prova e, dall´altro, trarre le conseguenze di un’eventuale trasgressione di detto obbligo di comunicazione. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 4 giugno 2013, Sentenza nella causa C-300/11 Zz / Secretary of State for the Home Department) |
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GIUSTIZIA EUROPEA: ASILO E MINORE NON ACCOMPAGNATO - LO STATO MEMBRO COMPETENTE È QUELLO IN CUI SI TROVA DOPO AVERVI PRESENTATO LA DOMANDA (SENTENZA C-648/11)
LO STATO MEMBRO COMPETENTE PER L’ESAME DELLA DOMANDA
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A tale proposito, nessun familiare del minore deve trovarsi legalmente in un altro Stato membro. Il regolamento «Dublino Ii» enuncia una serie di criteri che consentono di determinare lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata nell’Unione, di modo che sia competente un solo Stato membro. Qualora un cittadino di uno Stato terzo chieda asilo in uno Stato membro diverso da quello individuato dal regolamento come competente, quest’ultimo prevede una procedura di trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro competente. Due minori di nazionalità eritrea (Ma e Bt) e un minore di nazionalità irachena (Da) hanno chiesto asilo nel Regno Unito. Nessun loro familiare si trovava legalmente in un altro Stato membro dell’Unione. Le autorità britanniche hanno constatato che essi avevano già presentato domande di asilo in altri Stati membri, cioè in Italia (Ma e Bt) e nei Paesi Bassi (Da). Pertanto, è stato deciso di trasferire i minori verso tali Stati, dal momento che questi ultimi erano considerati competenti per l’esame delle loro domande d’asilo. Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato, il regolamento prevede che competente per l’esame della domanda sia lo Stato membro nel quale si trova legalmente un suo familiare, purché ciò sia nell’interesse del minore. In mancanza di un familiare, è competente per l’esame della domanda lo Stato membro in cui il minore ha presentato la domanda d’asilo. Il regolamento non precisa se si tratti della prima domanda presentata dal minore in uno Stato membro oppure di quella che egli ha presentato da ultimo in un altro Stato membro. Occorre sottolineare che, prima che si procedesse al trasferimento di Ma e Da, ma dopo il trasferimento di Bt, le autorità britanniche, in applicazione della «clausola di sovranità» prevista dal regolamento, hanno deciso di esaminare esse stesse le domande di asilo (di conseguenza Bt, che era già stato trasferito in Italia, è potuto rientrare nel Regno Unito); in forza di detta clausola, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d’asilo, anche se non gli compete in base ai criteri stabiliti nel regolamento. Tuttavia, la questione da chiarire è se il risultato conseguito in tali tre casi, frutto di una decisione discrezionale del Regno Unito, sia imperativo in forza del regolamento. Nella sua sentenza odierna la Corte dichiara che, qualora un minore non accompagnato, sprovvisto di familiari che si trovino legalmente nel territorio dell’Unione europea, abbia presentato domande di asilo in più di uno Stato membro, è competente ad esaminarle lo Stato membro nel quale il minore si trova dopo avervi presentato una domanda. Tale conclusione deriva dal contesto e dallo scopo del regolamento, volto a garantire l’effettivo accesso all’esame della situazione del rifugiato del richiedente asilo, accordando al contempo particolare attenzione ai minori non accompagnati. Quindi, poiché questi ultimi costituiscono una categoria di persone particolarmente vulnerabili, la procedura di determinazione dello Stato membro competente non dev’essere prolungata più di quanto strettamente necessario, ciò implica che, in linea di principio, essi non siano trasferiti verso un altro Stato membro. Tali considerazioni sono confortate dalla necessità di rispettare i diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea, tra i quali, in particolare, la garanzia che, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore sia considerato preminente. Di conseguenza, nell’interesse dei minori non accompagnati, è necessario non prolungare inutilmente la procedura di determinazione dello Stato membro competente, bensì assicurare loro un rapido accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato. La Corte precisa che una siffatta interpretazione non implica che il minore non accompagnato la cui domanda sia stata respinta nel merito in un primo Stato membro possa poi imporre a un altro Stato membro di esaminare un’altra domanda. Infatti, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile lo status di rifugiato, qualora la domanda sia giudicata irricevibile in quanto il richiedente ha presentato una domanda identica dopo che gli è stata opposta una decisione definitiva.(Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 6 giugno 2013, Sentenza nella causa C-648/11, Ma, Bt, Da / Secretary of State for the Home Department) |
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