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LUNEDI

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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Marzo 2007
INTERNET: ALLONTANATO DA CASA PERCHÈ DIPENDENTE DAL WEB  
 
Un 35enne, abitante in un paese in provincia di Milano, piombato in una pesantissima sindrome di "dipendenza da internet", ha trascurato la moglie e la figlia di dieci anni al punto che le stesse si sono rivolte al giudice per violazione degli obblighi di assistenza familiare e per maltrattamenti. Il giudice, accertati i due reati ha condannato l’uomo all´allontanamento da casa per sei mesi, vietandogli anche di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla moglie e dalla figlia. A partire dal 2000 l´uomo, membro delle forze dell´ordine, aveva cominciato a farsi assorbire dal web, stando davanti al computer anche 10 - 12 ore al giorno. Con la cuffia in testa e il microfono, trascorreva gran parte del giorno e della notte attaccato al monitor videogiocando. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, Giulia Turri, ha così accolto la richiesta del pm Marco Ghezzi ed ha emesso la suddetta particolare misura cautelare. . .  
   
   
TELEVISIONE: VIETATA TRASMISSIONE DI PROGRAMMI CHE NUOCCIONO ALLO SVILUPPO PSICHICO-MORALE DEI MINORI  
 
La seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 5749/07, ha accolto il ricorso dell´Autorità Garante delle Comunicazioni che si era opposta all´annullamento, da parte del Tribunale di Milano, della sanzione di 10 mila euro inflitta a Rete A per avere mandato in onda "trasmissioni in ore notturne di spot che promozionavano l´uso di linee telefoniche erotiche contenenti scene di natura pornografica". Il Tribunale aveva annullato la sanzione sulla base del fatto che il giudice non aveva applicato la norma specifica per la pubblicità, ma quella più generale che vieta la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico e morale dei minori. La Corte non condividendo tale posizione ha sottolineato che era stato giustamente contestato l´illecito in base all´articolo che tutela lo sviluppo psichico dei minori. L’art. 15 della Legge n. 223/90 stabilisce che "è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuite o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità". I giudici della Cassazione hanno anche scritto nella loro sentenza che "in tema di disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato la trasmissione di spot pubblicitari contenenti scene pornografiche integra l´illecito amministrativo" previsto dalla legge in questione "non sussistendo tra tale norma e quella dettata in materia di pubblicità dall´art. 8 della stessa legge il rapporto di specialità stabilito dall´art. 9 della legge 689 del ´91 nel caso in cui uno stesso fatto è punito da una pluralità di disposizioni" visto che "le norme in questione prevedono distinte ed autonome ipotesi di illecito". .  
   
   
DIRITTO D’AUTORE: VIACOM CHIEDE A GOOGLE UN MILIARDO DI DOLLARI  
 
Viacom, multinazionale dell´intrattenimento che annovera tra le aziende controllate Mtv, Paramount e Dreamworks, ha fatto causa a Google per la presunta violazione del copyright da parte di Youtube, il sito di video acquistato dal motore di ricerca. La richiesta di danni è di oltre 1 miliardo di dollari. Secondo l’accusa Youtube avrebbe trasmesso tramite il proprio sito web oltre 160 mila filmati non autorizzati, visti oltre un miliardo e mezzo di volte. Le due società hanno tentato, senza risultato, di trovare un accordo stragiudiziale. Google nega che Youtube abbia violato il copyright e comunica di non aver ricevuto ancora nessuna citazione in giudizio. .  
   
   
DIRITTO D’AUTORE: SENTENZA DELLA CORTE D´APPELLO DI NAPOLI PER FALSI CD  
 
I giudici della quinta sezione della Corte d´Appello di Napoli che hanno accolto il ricorso delle parti civili costituite in giudizio contro otto imputati, accusati di aver fatto parte di un´organizzazione dedita alla contraffazione e distribuzione di grandi quantità di Cd abusivi, masterizzati senza autorizzazione. Contro gli imputati si sono costituiti la S. I. A. E. , l’Universal Music, l’Emi, Warner Music, Cgd East-west Italia, Bmg Ricordi, Nuova Fonit Cetra, Sony Music Entertainment e Fimi. La sentenza della Corte d´Appello di Napoli è stata pronunciata a seguito di un’indagine del 2000 con la quale la Guardia di Finanza e la Polizia avevano ricostruito l´operato di un’organizzazione malavitosa. L´attività di spaccio avveniva anche con la tutela del clan Contini, che riceveva una parte dei profitti per assicurare al gruppo la possibilità di lavorare indisturbato. .  
   
   
PRIVACY: LE PRESCRIZIONI AI DATORI DI LAVORO PER L’UTILIZZO DI INTERNET ED E-MAIL  
 
Il Garante della Privacy prescrive ai datori di lavoro privati e pubblici, ai sensi dell´art. 154, comma 1, lett. C), del Codice, di adottare le misure necessarie a garanzia dei lavoratori subordinati in merito alle modalità di utilizzo della posta elettronica e della rete internet da parte dei lavoratori, indicando chiaramente le modalità di uso degli strumenti messi a disposizione e se, in che misura e con quali modalità vengano effettuati controlli. Il documento del garante indica, ai datori di lavoro, le seguenti linee guida a garanzia dei lavoratori: adozione e pubblicizzazione di un disciplinare interno (punto 3. 2. ); adozione di misure di tipo organizzativo (punto 5. 2. ) per procedere ad un´attenta valutazione dell´impatto sui diritti dei lavoratori, per individuare preventivamente. Anche per tipologie, a quali lavoratori è accordato l´utilizzo della posta elettronica e dell´accesso a internet, per individuare l’ubicazione delle postazioni di lavoro per ridurre il rischio di impieghi abusivi, per adottare misure di tipo tecnologico rispetto alla "navigazione" in internet (individuazione di categorie di siti considerati correlati o non correlati con la prestazione lavorativa; configurazione di sistemi o utilizzo di filtri che prevengano determinate operazioni; trattamento di dati in forma anonima o tale da precludere l´immediata identificazione degli utenti mediante opportune aggregazioni; eventuale conservazione di dati per il tempo strettamente limitato al perseguimento di finalità organizzative, produttive e di sicurezza; graduazione dei controlli) e all´utilizzo della posta elettronica (messa a disposizione di indirizzi di posta elettronica condivisi tra più lavoratori, eventualmente affiancandoli a quelli individuali; eventuale attribuzione al lavoratore di un diverso indirizzo destinato ad uso privato; messa a disposizione di ciascun lavoratore, con modalità di agevole esecuzione, di apposite funzionalità di sistema che consentano di inviare automaticamente, in caso di assenze programmate, messaggi di risposta che contengano le "coordinate" di altro soggetto o altre utili modalità di contatto dell´istituzione presso la quale opera il lavoratore assente), per consentire che, qualora si debba conoscere il contenuto dei messaggi di posta elettronica in caso di assenza improvvisa o prolungata e per improrogabili necessità legate all´attività lavorativa, l´interessato sia messo in grado di delegare un altro lavoratore a verificare il contenuto di messaggi e a inoltrare al titolare del trattamento quelli ritenuti rilevanti per lo svolgimento dell´attività lavorativa (di tale attività dovrebbe essere redatto apposito verbale e informato il lavoratore interessato alla prima occasione utile); inserzione nei messaggi di un avvertimento ai destinatari nel quale sia dichiarata l´eventuale natura non personale del messaggio e sia specificato se le risposte potranno essere conosciute nell´organizzazione di appartenenza del mittente; graduazione dei controlli. Il Garante della privacy vieta ai datori di lavoro, privati e pubblici, ai sensi dell´art. 154, comma 1, lett. D), del Codice, di effettuare trattamenti di dati personali mediante sistemi hardware e software finalizzati al controllo a distanza di lavoratori, svolti in particolare mediante: la lettura e la registrazione sistematica dei messaggi di posta elettronica ovvero dei relativi dati esteriori, al di là di quanto tecnicamente necessario per svolgere il servizio e-mail; la riproduzione e l´eventuale memorizzazione sistematica delle pagine web visualizzate dal lavoratore; la lettura e la registrazione dei caratteri inseriti tramite la tastiera o analogo dispositivo; l´analisi occulta di computer portatili affidati in uso; individua, ai sensi dell´art. 24, comma 1, lett. G), del Codice, nei termini di cui in motivazione (punto 7), i casi nei quali il trattamento dei dati personali di natura non sensibile possono essere effettuati per perseguire un legittimo interesse del datore di lavoro anche senza il consenso degli interessati. .  
   
   
PRIVACY: PROGRAMMI CHE CONSENTONO CONTROLLI "INDIRETTI" SULL’USO DI INTERNET ED EMAIL DA PARTE DEI LAVORATORI  
 
Il datore di lavoro, utilizzando sistemi informativi per esigenze produttive o organizzative (ad es. , per rilevare anomalie o per manutenzioni) o, comunque, quando gli stessi si rivelano necessari per la sicurezza sul lavoro, può avvalersi legittimamente, nel rispetto dello Statuto dei lavoratori (art. 4, comma 2), di sistemi che consentono indirettamente un controllo a distanza (c. D. Controllo preterintenzionale) e determinano un trattamento di dati personali riferiti o riferibili ai lavoratori. Ciò, anche in presenza di attività di controllo discontinue. Il trattamento di dati che ne consegue può risultare lecito. Resta ferma la necessità di rispettare le procedure di informazione e di consultazione di lavoratori e sindacati in relazione all´introduzione o alla modifica di sistemi automatizzati per la raccolta e l´utilizzazione dei dati, nonché in caso di introduzione o di modificazione di procedimenti tecnici destinati a controllare i movimenti o la produttività dei lavoratori. In applicazione del menzionato principio di necessità il datore di lavoro è chiamato a promuovere ogni opportuna misura, organizzativa e tecnologica volta a prevenire il rischio di utilizzi impropri (da preferire rispetto all´adozione di misure "repressive") e, comunque, a "minimizzare" l´uso di dati riferibili ai lavoratori (artt. 3, 11, comma 1, lett. D) e 22, commi 3 e 5, del Codice; aut. Gen. Al trattamento dei dati sensibili n. 1/2005, punto 4). Dal punto di vista organizzativo è quindi opportuno che: si valuti attentamente l´impatto sui diritti dei lavoratori (prima dell´installazione di apparecchiature suscettibili di consentire il controllo a distanza e dell´eventuale trattamento); si individui preventivamente (anche per tipologie) a quali lavoratori è accordato l´utilizzo della posta elettronica e l´accesso a Internet; si determini quale ubicazione è riservata alle postazioni di lavoro per ridurre il rischio di un loro impiego abusivo. Il datore di lavoro ha inoltre l´onere di adottare tutte le misure tecnologiche volte a minimizzare l´uso di dati identificativi (c. D. Privacy enhancing technologies–Pets ). Le misure possono essere differenziate a seconda della tecnologia impiegata (ad es. , posta elettronica o navigazione in Internet). Il datore di lavoro, per ridurre il rischio di usi impropri della "navigazione" in Internet (consistenti in attività non correlate alla prestazione lavorativa quali la visione di siti non pertinenti, l´upload o il download di file, l´uso di servizi di rete con finalità ludiche o estranee all´attività), deve adottare opportune misure che possono, così, prevenire controlli successivi sul lavoratore. Tali controlli, leciti o meno a seconda dei casi, possono determinare il trattamento di informazioni personali, anche non pertinenti o idonei a rivelare convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, lo stato di salute o la vita sessuale (art. 8 l. N. 300/1970; artt. 26 e 113 del Codice; Provv. 2 febbraio 2006). In particolare, il datore di lavoro può adottare una o più delle seguenti misure opportune, tenendo conto delle peculiarità proprie di ciascuna organizzazione produttiva e dei diversi profili professionali: individuazione di categorie di siti considerati correlati o meno con la prestazione lavorativa; configurazione di sistemi o utilizzo di filtri che prevengano determinate operazioni – reputate inconferenti con l´attività lavorativa – quali l´upload o l´accesso a determinati siti (inseriti in una sorta di black list) e/o il download di file o software aventi particolari caratteristiche (dimensionali o di tipologia di dato); trattamento di dati in forma anonima o tale da precludere l´immediata identificazione di utenti mediante loro opportune aggregazioni (ad es. , con riguardo ai file di log riferiti al traffico web, su base collettiva o per gruppi sufficientemente ampi di lavoratori); eventuale conservazione nel tempo dei dati strettamente limitata al perseguimento di finalità organizzative, produttive e di sicurezza. Il contenuto dei messaggi di posta elettronica – come pure i dati esteriori delle comunicazioni e i file allegati – riguardano forme di corrispondenza assistite da garanzie di segretezza tutelate anche costituzionalmente, la cui ratio risiede nel proteggere il nucleo essenziale della dignità umana e il pieno sviluppo della personalità nelle formazioni sociali; un´ulteriore protezione deriva dalle norme penali a tutela dell´inviolabilità dei segreti (artt. 2 e 15 Cost. ; Corte cost. 17 luglio 1998, n. 281 e 11 marzo 1993, n. 81; art. 616, quarto comma, c. P. ; art. 49 Codice dell´amministrazione digitale). Tuttavia, con specifico riferimento all´impiego della posta elettronica nel contesto lavorativo e in ragione della veste esteriore attribuita all´indirizzo di posta elettronica nei singoli casi, può risultare dubbio se il lavoratore, in qualità di destinatario o mittente, utilizzi la posta elettronica operando quale espressione dell´organizzazione datoriale o ne faccia un uso personale pur operando in una struttura lavorativa. La mancata esplicitazione di una policy al riguardo può determinare anche una legittima aspettativa del lavoratore, o di terzi, di confidenzialità rispetto ad alcune forme di comunicazione. Tali incertezze si riverberano sulla qualificazione, in termini di liceità, del comportamento del datore di lavoro che intenda apprendere il contenuto di messaggi inviati all´indirizzo di posta elettronica usato dal lavoratore (posta "in entrata") o di quelli inviati da quest´ultimo (posta "in uscita"). É quindi particolarmente opportuno che si adottino accorgimenti anche per prevenire eventuali trattamenti in violazione dei principi di pertinenza e non eccedenza. Si tratta di soluzioni che possono risultare utili per contemperare le esigenze di ordinato svolgimento dell´attività lavorativa con la prevenzione di inutili intrusioni nella sfera personale dei lavoratori, nonché violazioni della disciplina sull´eventuale segretezza della corrispondenza. In questo quadro è opportuno che: il datore di lavoro renda disponibili indirizzi di posta elettronica condivisi tra più lavoratori (ad esempio, info@ente. It, ufficiovendite@ente. It, ufficioreclami@società. Com, urp@ente. It, etc. ), eventualmente affiancandoli a quelli individuali (ad esempio, m. Rossi@ente. It, rossi@società. Com, mario. Rossi@società. It); il datore di lavoro valuti la possibilità di attribuire al lavoratore un diverso indirizzo destinato ad uso privato del lavoratore; il datore di lavoro metta a disposizione di ciascun lavoratore apposite funzionalità di sistema, di agevole utilizzo, che consentano di inviare automaticamente, in caso di assenze (ad es. , per ferie o attività di lavoro fuori sede), messaggi di risposta contenenti le "coordinate" (anche elettroniche o telefoniche) di un altro soggetto o altre utili modalità di contatto della struttura. É parimenti opportuno prescrivere ai lavoratori di avvalersi di tali modalità, prevenendo così l´apertura della posta elettronica. In caso di eventuali assenze non programmate (ad es. , per malattia), qualora il lavoratore non possa attivare la procedura descritta (anche avvalendosi di servizi webmail), il titolare del trattamento, perdurando l´assenza oltre un determinato limite temporale, potrebbe disporre lecitamente, sempre che sia necessario e mediante personale appositamente incaricato (ad es. , l´amministratore di sistema oppure, se presente, un incaricato aziendale per la protezione dei dati), l´attivazione di un analogo accorgimento, avvertendo gli interessati; in previsione della possibilità che, in caso di assenza improvvisa o prolungata e per improrogabili necessità legate all´attività lavorativa, si debba conoscere il contenuto dei messaggi di posta elettronica, l´interessato sia messo in grado di delegare un altro lavoratore (fiduciario) a verificare il contenuto di messaggi e a inoltrare al titolare del trattamento quelli ritenuti rilevanti per lo svolgimento dell´attività lavorativa. A cura del titolare del trattamento, di tale attività dovrebbe essere redatto apposito verbale e informato il lavoratore interessato alla prima occasione utile; i messaggi di posta elettronica contengano un avvertimento ai destinatari nel quale sia dichiarata l´eventuale natura non personale dei messaggi stessi, precisando se le risposte potranno essere conosciute nell´organizzazione di appartenenza del mittente e con eventuale rinvio alla predetta policy datoriale. .  
   
   
PRIVACY: INFORMATIVA SULL’USO DI INTERNET E DI EMAIL (ART. 13 DEL CODICE)  
 
All´onere del datore di lavoro di prefigurare e pubblicizzare una policy interna rispetto al corretto uso dei mezzi e agli eventuali controlli, si affianca il dovere di informare comunque gli interessati ai sensi dell´art. 13 del Codice. Rispetto a eventuali controlli gli interessati hanno infatti il diritto di essere informati preventivamente, e in modo chiaro, sui trattamenti di dati che possono riguardarli. Le finalità da indicare possono essere connesse a specifiche esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro, quando comportano un trattamento lecito di dati (art. 4, secondo comma, l. N. 300/70 ); possono anche riguardare l´esercizio di un diritto in sede giudiziaria. Devono essere tra l´altro indicate le principali caratteristiche dei trattamenti, nonché il soggetto o l´unità organizzativa ai quali i lavoratori possono rivolgersi per esercitare i propri diritti. .  
   
   
PRIVACY: TUTELA DELLA SFERA SESSUALE DEL CITTADINO  
 
In relazione alla vicenda oggetto dell´inchiesta di Potenza, ´Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha adottato il 15 marzo 2007 un provvedimento con il quale vieta "con effetto immediato" a tutti gli organi di informazione di diffondere notizie quando si riferiscano a fatti e condotte private che non hanno interesse pubblico, riguardino notizie, dettagli e circostanze eccedenti rispetto all´essenzialità dell´informazione ed attengano a particolari della vita privata delle persone diffusi in violazione della tutela della loro sfera sessuale. Il Garante sottolinea che la violazione di tale provvedimento, che è stato pubblicato venerdì 16 marzo nella Gazzetta ufficiale, costituisce reato punito con la reclusione da tre mesi a due anni ed è fonte di responsabilità per una eventuale richiesta di risarcimento danni. Il Garante provvederà, infine, a denunciare alla autorità giudiziaria competente ogni singola violazione che venisse rilevata. Il provvedimento si è reso necessario perché pur nel quadro di vicende per le quali è configurabile un interesse pubblico alla conoscenza anche dettagliata di fatti, "sono state diffuse alcune informazioni e notizie, anche non estratte da trascrizioni di intercettazioni, che hanno oltrepassato i limiti del diritto di cronaca e violato i diritti e la dignità delle persone interessate, a prescindere dalla veridicità di quanto diffuso". .  
   
   
RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE: POSIZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO  
 
Il Parlamento europeo ha sollecita maggiore impegno nel campo della responsabilità sociale delle imprese (Rsi). Pur non chiedendo una normativa vincolante, i deputati hanno sottolineato i limiti di un approccio esclusivamente volontario e chiedono di promuovere la partecipazione delle piccole e medie imprese alla Rsi. Nel chiedere un meccanismo di difesa per le vittime di illeciti da parte delle imprese, hanno raccomandao anche di rafforzare le responsabilità dei dirigenti delle aziende con più di 1. 000 dipendenti. Adottando la relazione di Richard Howitt (Pse, Uk), il Parlamento si dice convinto che il potenziamento delle responsabilità sociale e ambientale delle imprese, collegato al principio della responsabilità imprenditoriale, «rappresenta un elemento essenziale del modello sociale europeo e della strategia europea per lo sviluppo sostenibile» ed è «la risposta alle sfide sociali della globalizzazione economica». Apprezza quindi la comunicazione della Commissione che imprime nuovo slancio al dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese, anche se esprime qualche perplessità quanto alla trasparenza e all´equilibrio della consultazione svolta prima della pubblicazione. Il Parlamento, inoltre, riconosce anzitutto la definizione formulata dalla Commissione secondo cui la “responsabilità sociale delle imprese” (Rsi) consiste nell´integrazione volontaria di considerazioni ambientali e sociali nelle operazioni di impresa, al di là delle prescrizioni legali e degli obblighi contrattuali. D´altra parte, osservando che tra i diversi gruppi interessati rimane aperto il dibattito su una definizione appropriata della Rsi, ritiene che attualmente è possibile che talune imprese pretendano di sostenere la responsabilità sociale, mentre nel contempo «violano leggi locali o internazionali». Ma i deputati precisano comunque che le politiche in materia di Rsi dovrebbero essere portate avanti valutando i pro e i contro, «non in sostituzione di una regolamentazione appropriata in altri campi, né come un approccio subdolo all´introduzione di tale legislazione». Nel riconoscere peraltro che molte imprese effettuano già un intenso e crescente sforzo per ottemperare alla propria responsabilità sociale, il Parlamento rileva infatti che un metodo universale che cerchi di imporre alle imprese un unico modello di comportamento «sia inopportuno e non porterà ad una loro adesione significativa alla Rsi». D´altra parte, il Parlamento osserva che la varietà di iniziative volontarie in materia «rappresenti un ostacolo per molte imprese che adottano politiche sulla Rsi, nonché «un disincentivo per le imprese a perseguire azioni più credibili o politiche più ambiziose». Anche se riconosce che tale varietà fornisce alle imprese «ulteriore ispirazione». La credibilità delle iniziative volontarie in materia di Rsi, per il Parlamento, continua inoltre a dipendere «dall´impegno a incorporare le norme e i principi vigenti e concordati a livello internazionale e da un approccio pluralistico», nonché dall´attuazione di un monitoraggio e di una verifica indipendenti. La Commissione è quindi invitata a divulgare le buone prassi, risultato di iniziative volontarie in materia di Rsi, prendendo in considerazione la creazione di una lista di criteri che le imprese devono rispettare se attuano responsabilità sociale. Secondo i deputati, peraltro, è giunta l´ora in cui l´accento sia spostato dai "processi" ai "risultati", «con un conseguente contributo misurabile e trasparente da parte delle imprese alla lotta contro l´esclusione sociale e il degrado ambientale in Europa e nel mondo». Occorre poi porre l´accento sullo sviluppo della società civile, e in particolare sulla consapevolezza dei consumatori circa una produzione responsabile, in modo da promuovere la responsabilità sociale. La Rsi deve inoltre affrontare nuovi ambiti come l´apprendimento lungo tutto l´arco della vita, l´organizzazione del lavoro, le pari opportunità, l´inclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e l´etica, così da fungere da strumento supplementare per la gestione del cambiamento industriale e delle ristrutturazioni. Per i deputati un approccio «serio» alle Rsi da parte delle imprese può contribuire ad aumentare l’occupazione, a migliorare le condizioni di lavoro, a garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e a promuovere la ricerca e lo sviluppo di innovazioni tecnologiche. Per tale ragione apprezzano l´obiettivo della Comunicazione di legare la Rsi agli obiettivi economici, sociali e ambientali dell´agenda di Lisbona. Sostengono, inoltre, il principio della "competitività responsabile" quale parte integrante del programma della Commissione a favore dell´innovazione e della competitività. Riconoscono poi che la Rsi «è un motore importante per le imprese» e chiedono l´integrazione di politiche sociali (come il rispetto per i diritti dei lavoratori, una politica salariale equa, il rifiuto della discriminazione, la formazione permanente, ecc. ) e questioni ambientali incentrate sulla promozione dello sviluppo sostenibile. Lo scopo dovrebbe essere di sostenere sia nuovi prodotti e processi attraverso le politiche dell´Ue in materia di innovazione e scambi commerciali sia l´elaborazione di strategie settoriali, subregionali e urbane per la competitività. Il Parlamento, d´altra parte, rileva la contraddizione tra le strategie competitive per l´approvvigionamento delle imprese che mirano a migliorare costantemente flessibilità e costi e gli impegni volontari a livello di Rsi, volti ad evitare lo sfruttamento nei rapporti di lavoro e a promuovere relazioni stabili con i fornitori. Suggerisce poi che le valutazioni e il controllo delle imprese europee riconosciute responsabili «si estendano anche alle loro attività e a quelle dei loro sub-contraenti al di fuori dell’Unione europea». La Commissione è anche sollecitata a far sì che le imprese transnazionali con sede nell´Ue e dotate di impianti di produzione in paesi terzi rispettino e promuovano attivamente i patti sociali e ambientali nonché gli accordi internazionali. Nel riconoscere poi gli attuali limiti del settore della Rsi in relazione alla misurazione del comportamento imprenditoriale e della revisione e certificazione sociale delle imprese, i deputati raccomandano alla Commissione di rafforzare le responsabilità dei dirigenti delle aziende con più di 1. 000 dipendenti, al fine di includere l´impegno per i dirigenti stessi di minimizzare l´eventuale impatto dannoso, dal punto di vista sociale ed ambientale, delle attività d´impresa. Ribadiscono inoltre il sostegno al programma di ecogestione e audit dell´Ue, in particolare il relativo obbligo di verifica esterna nonché l´obbligo per gli Stati membri di promuovere il programma e ritengono che vi siano spazi per sviluppare programmi analoghi in materia di tutela dei diritti del lavoro, sociali e umani. D´altra parte, la Commissione dovrebbe promuovere la partecipazione delle piccole e medie imprese alla Rsi, in collaborazione con organismi intermediari, che offrono un sostegno specifico alla partecipazione di cooperative/imprese dell´economia sociale, attraverso le loro associazioni specifiche. Dovrebbe inoltre condurre un approfondito studio a livello europeo sulle varie modalità con cui le Pmi possono partecipare alla Rsi e sugli incentivi esistenti ai fini dell’adozione di principi Rsi su base volontaria individuale. Il Parlamento chiede inoltre alla Commissione di attuare un meccanismo che consenta alle vittime, compresi i cittadini di paesi terzi, di ottenere giustizia contro imprese europee dinanzi ai tribunali nazionali degli Stati membri. In proposito, apprezza il sostegno finanziario diretto della Commissione alle iniziative in materia di Rsi, in particolare per assistere le vittime potenziali in caso di presunti illeciti, «compresi gli omicidi colposi provocati da imprese». Incoraggia inoltre la Commissione a sviluppare, in particolare, meccanismi atti a garantire che le comunità danneggiate dalle imprese europee abbiano diritto a un processo equo e accessibile. Raccomanda poi che sia presa in considerazione la nomina di un ombudsman dell´Ue per la Rsi che svolga indagini indipendenti su questioni relative alla Rsi su richiesta di imprese o di qualsiasi gruppo di soggetti interessati. Il Parlamento, inoltre, sostiene il codice di buona pratica dell´Alleanza internazionale per l´accreditamento e l´etichettatura sociale e ambientale «quale esempio saliente della promozione tra le attuali iniziative di etichettatura, in alternativa alla creazione di nuove etichette sociali a livello nazionale ed europeo». Tuttavia, accogliendo un emendamento del Pse e del Ppe/de, ha soppresso il paragrafo che invitava l´Ue a adottare uno standard europeo per l´etichettatura dei prodotti in merito all´osservanza dei diritti umani e dei diritti fondamentali dei lavoratori. Attira infatti l´attenzione sui costi considerevoli registrati dalle imprese per adeguarsi ai diversi e numerosi requisiti e disposizioni nazionali e sottolinea che la definizione di meccanismi di controllo volti alla supervisione dell´etichettatura sociale è onerosa, segnatamente per i piccoli paesi. Nel compiacersi della tendenza emersa negli ultimi anni che vede grandi imprese pubblicare volontariamente relazioni sugli aspetti sociali e ambientali, i deputati rilevano tuttavia che il numero di tali relazioni «è ormai statico», mentre «solo una minoranza applica standard e principi accettati a livello internazionale e riferisce in merito all´intera catena di approvvigionamento dell´impresa o ricorre a monitoraggi e verifiche indipendenti». Ricordano quindi alla Commissione l´invito del Parlamento a presentare una proposta volta a introdurre requisiti in materia di informazioni sociali e ambientali nella direttiva sui conti annuali di taluni tipi di società. Reputano inoltre importante sensibilizzare maggiormente circa le disposizioni al riguardo nel quadro della raccomandazione della Commissione del 2001 sulla divulgazione ambientale, della direttiva del 2003 sulla modernizzazione contabile e della direttiva del 2003 sui prospetti finanziari. Auspicano quindi una loro trasposizione «tempestiva» in tutti gli Stati membri e chiedono che vengano effettuati studi sulla loro effettiva attuazione. Per i deputati, inoltre, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero compiere maggiori sforzi a livello nazionale, regionale e locale per avvalersi delle opportunità offerte dalla revisione delle direttive sugli appalti pubblici del 2004 per sostenere la Rsi. Andrebbero quindi promosse clausole sociali e ambientali tra i potenziali fornitori, riconoscendo al contempo la necessità di evitare di gravare le piccole e medie imprese di oneri amministrativi aggiuntivi che potrebbero dissuaderle dal partecipare a gare d´appalto e per escludere, se necessario, le imprese, anche in caso di corruzione. La Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo dovrebbero poi applicare severi criteri sociali ed ambientali a tutti i prestiti e finanziamenti erogati a imprese private. Ricordano poi che qualsiasi garanzia di credito all´esportazione deve essere conforme ai criteri ambientali e sociali più rigorosi e non essere utilizzata per progetti contrari agli obiettivi politici concordati dall´Ue. Nel prendere atto della decisione della Commissione di istituire un´alleanza europea in materia di responsabilità sociale delle imprese, la relazione incoraggia tutte le imprese europee e quelle operanti in Europa a aderire a tale iniziativa e a contribuire al rafforzamento dell´alleanza. Infine, il Parlamento invita gli Stati membri e la Commissione a sostenere e a promuovere il rispetto delle norme fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) in quanto componente della responsabilità sociale delle imprese, ovunque esse esercitino le loro attività. Ritiene poi che la dimensione internazionale della Rsi dovrebbe stimolare l´elaborazione di linee guida atte a promuovere lo sviluppo di politiche analoghe in tutto il mondo. Incoraggia quindi l´ulteriore sviluppo di iniziative internazionali per la completa trasparenza delle entrate da parte delle imprese europee in merito alle loro attività nei paesi terzi, «affinché esse rispettino integralmente i diritti umani nelle loro operazioni in zone di conflitto e al fine di respingere le attività di lobby, compresi gli accordi con i paesi ospiti elaborati dalle imprese per compromettere o evadere gli obblighi regolamentari vigenti in tali paesi». . . . .  
   
   
POSIZIONE DOMINANTE: CONFERMATA LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, CON CUI È STATO RESPINTO IL RICORSO CONTRO LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE DI INFLIGGERE UN´AMMENDA DI 6,8 MILIONI DI EURO ALLA BRITISH AIRWAYS  
 
A seguito di una denuncia depositata dalla Virgin Atlantic Airways, in merito agli accordi conclusi tra la British Airways (Ba) e talune agenzie di viaggi circa la commissione ed altri incentivi finanziari per la vendita di biglietti della Ba, la Commissione ha avviato un procedimento di indagine e la relativa istruttoria. La Ba ha adottato allora un nuovo sistema di premi di produzione applicabile a partire dal 1998. Tuttavia, la Virgin ha presentato alla Commissione una seconda denuncia contro tale nuovo sistema di incentivi economici. Con decisione 14 luglio 1999, la Commissione ha condannato gli accordi ed i sistemi di incentivi attuati dalla Ba, in quanto costituivano un abuso della posizione dominante da essa detenuta sul mercato britannico dei servizi di agenzia di viaggi aerei e le ha inflitto un´ammenda di 6,8 milioni di euro. Secondo la Commissione, i sistemi di premi di produzione avevano l´effetto di indurre le agenzie di viaggi britanniche a mantenere o ad aumentare le loro vendite di biglietti della Ba, privilegiandole rispetto a quelle delle compagnie aeree concorrenti. Nel dicembre 2003, il Tribunale di primo grado ha respinto il ricorso di annullamento proposto dalla Ba contro tale decisione (causa T-219/99, British Airways, v. Cs n. 116/03). La Ba ha allora impugnato tale sentenza dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee. Il 15 marzo con la sentenza pronunciata nella causa C-95/04 P la Corte ha dichiarato l´impugnazione parzialmente irricevibile e parzialmente infondata. La Corte ricorda che, nell´ambito di un´impugnazione, non spetta ad essa sostituire la propria valutazione dei dati del mercato e della situazione concorrenziale a quella del Tribunale. Il ricorso di impugnazione dev´essere limitato alle questioni di diritto. La valutazione dei fatti non costituisce una questione di diritto soggetta al controllo della Corte. Di conseguenza, le censure con cui la Ba pone nuovamente in discussione la valutazione dei fatti e dei mezzi di prova, effettuata dal Tribunale, sono irricevibili. Per il resto, la Corte conferma che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto respingendo il ricorso della Ba. La sentenza del Tribunale è pertanto confermata. . .