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LUNEDI

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Notiziario Marketpress di Lunedì 18 Maggio 2015
INAUGURATO IERI A RICCIONE IL CONGRESSO ICAR 2015:FARI PUNTATI SU HIV, EPATITE ED EBOLA  
 
Riccione, 18 maggio 2015 - Il Congresso - Hiv ed epatiti, infezioni e nuove terapie al centro della Vii Conferenza italiana su Aids e retrovirus (Icar), che si è aperta ieri mattina a Riccione, presso il Palazzo dei Congressi. L´evento pone all´attenzione della comunità scientifica la necessità di individuare percorsi di diagnosi e cura dell´infezione da Hiv che si basino sulle interazioni tra ricerca di base, ricerca diagnostico-clinica ed esigenze delle persone sieropositive. Tra le tematiche di questa edizione ci sono la medicina di genere, declinata non solo al femminile, e la resistenza naturale all´infezione da Hiv, nonché alla comprensione di nuove strategie di eradicazione. La struttura portante di Icar 2015 è data dai contributi dei giovani ricercatori italiani e stranieri, che nelle diverse sessioni presenteranno principalmente lavori originali. Infatti, tra le novità di questa edizione vi è anche l’apertura alla sottomissione di abstract da parte di ricercatori internazionali. Non è certo l’unica novità, infatti: “Quest´anno, per la prima volta, abbiamo deciso di organizzarlo con l´Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, ponendo l´accento non soltanto sull´Hiv ma anche sull´Epatite – spiega una dei tre presidenti del Congresso Prof.ssa Cristina Mussini, Professore Associato di Malattie Infettive e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali, Università di Modena e Reggio Emilia - Se la prima è completamente gestita da infettivologi, la seconda coinvolge anche gastroenterologi ed epatologi. Mission Del Congresso - “La necessità di individuare percorsi di diagnosi e cura dell’Hiv che siano fondati sulle interazioni tra ricerca di base, ricerca diagnostico-clinica ed esigenze delle persone sieropositive è la mission della Conferenza Icar” - spiegano i presidenti del Congresso Cristina Mussini, Laura Sighinolfi e Andrea Cossarizza - impegnata quest’anno anche in una nuova sfida di carattere terapeutico-assistenziale come quella rappresentata dalle recenti opportunità di cura per le epatiti virali, ambito in cui l’esperienza già acquisita nel campo dell’infezione da Hiv può offrire un solido supporto. Se da un lato, infatti, i risultati ottenuti finora nella cura dell’Hiv grazie alla disponibilità dei farmaci antiretrovirali, insieme alle competenze acquisite nella gestione e nella personalizzazione del percorso assistenziale, inducono a ricercare nuove strategie di cura e target di intervento innovativi, sul fronte delle epatiti virali la nuova sfida terapeutica è oggi sicuramente rappresentata dalla recente e straordinaria opportunità di cura in molti pazienti con epatite cronica C. Infatti, grazie alla disponibilità dei nuovi farmaci antivirali, in questi soggetti è oggi possibile ottenere la completa eradicazione del virus”. Epatite C - Sono state presentate negli ultimi giorni le nuove linee guida europee per la cura dell´Epatite C: massima attenzione sulla questione della sostenibilità e sull´arrivo di nuovi ulteriori farmaci. Ma ancora più importante è stato il richiamo su come i pazienti con coinfezione Hiv ed Epatite, sebbene il trattamento abbia probabilità di risposta identiche a quelle del paziente monoinfetto, abbiano una evoluzione di malattia molto più rapida rispetto a quello monoinfetto e debbano pertanto avere un accesso prioritario alla terapia. In base a questo dato, confermato da altre ricerche della letteratura scientifica, le associazioni dei malati e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali richiamano l´attenzione dell´Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e del Ministero affinchè i pazienti coinfetti possano essere considerati categoria prioritaria per il trattamento dell´epatite C. “Alcuni pazienti, quelli con un grado di fibrosi lieve/moderato al momento sono esclusi dal trattamento – spiega il Prof. Massimo Andreoni- e per i pazienti co-infetti è più preoccupante, in quanto l’evoluzione della malattia è più rapida. Il numero dei pazienti non trattati è difficile da stabilire, perché possono essere curati soltanto pazienti in fase avanzata di malattia. Ma si parla di diverse migliaia, sicuramente più di 10mila, mentre possiamo stimare i pazienti co-infetti nel numero di 25mila. In un criterio di sostenibilità della spesa quella dell´Aifa è una scelta logica, ma chiediamo ugualmente di trovare nuovi fondi per supportare anche questi pazienti che, se non trattati bene, possono incorrere in un´evoluzione preoccupante della malattia”. Hiv - L´infezione Hiv ha più di trent´anni, ma negli ultimi tempi ci sono stati dei cambiamenti epidemiologici sostanziali. Se prima l´infezione era soprattutto legata alla tossicodipendenza, oggi si trasmette quasi esclusivamente con i rapporti sessuali. Secondo gli ultimi dati dell´Istituto Superiore di Sanità, le nuove diagnosi in Italia sono state 3608. Di queste l´84% sono a trasmissione sessuale: è per questo che gli specialisti della Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, chiedono attenzione costante, tutto l´anno. In Italia le fasce d´età colpite sono tutte quelle sessualmente attive, ma sopratutto quelle tra i 30 e i 39 anni. “C´è una preoccupante quota di infezioni tra i 25 e i 29 anni – chiarisce una delle presidenti del Congresso, la dott.Ssa Laura Sighinolfi responsabile della struttura semplice per la gestione Infezione da Hiv della Azienda Ospedaliero-universitaria di Ferrara - Questi sono nati quando l´infezione era già nota, ed una corretta informazione durante l´adolescenza avrebbe potuto evitare il contagio. E´ per questo che bisogna puntare ulteriormente alla comunicazione e la prevenzione, soprattutto per le nuove generazioni. Almeno la metà delle persone a cui viene Azienda Ospedaliero-universitaria di Ferrara - Questi sono nati quando l´infezione era già nota, e si sarebbero potute salvare se si fosse fatta corretta informazione durante l´adolescenza. E´ per questo che bisogna puntare ulteriormente alla comunicazione e la prevenzione, soprattutto per le nuove generazioni. Almeno la metà delle persone a cui viene diagnosticata avviene con infezione avanzata. Ancora oggi il test viene fatto solo quando c´è un´indicazione clinica, cioè quando iniziano a manifestarsi i primi sintomi: accade per il 40% della popolazione italiana”. Il Ruolo Della Ricerca Italiana - “L´italia è stata per molti anni ai primissimi posti nel campo della ricerca sull´Hiv/aids – dichiara il Prof. Andrea Cossarizza, Professore Ordinario Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, e altro Presidente del Congresso Icar - sia in termini di qualità dei progetti portati avanti, sia come quantità e livello delle pubblicazioni scientifiche. I risultati ottenuti negli anni passati sono ancora più rilevanti di quanto sembri, considerando la scarsità di risorse che erano destinate a questo importantissimo settore. Da troppi anni però non ci sono più finanziamenti istituzionali, ed il Programma Nazionale Aids, che ha permesso l´identificazione di numerosi meccanismi d´azione del virus e di diversi meccanismi immunologici di grande importanza per la protezione dell´ospite, nonché lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche, è stato chiuso. Questo ha drasticamente ridotto le possibilità dei ricercatori di base di portare avanti i loro progetti - e ne ha costretti molti ad emigrare.” L’impegno Dell’emilia Romagna - Rimini E La Provincia - “La provincia di Rimini non è stata scelta a caso per organizzare il Convegno, infatti, è quella che ha un´incidenza maggiore – aggiunge la dott,ssa Laura Sighinolfi, infettivologia, Azienda Ospedaliero-universitaria di Ferrara, e altro presidente del Congresso - in fatto di nuovi casi, non soltanto a livello regionale ma anche a livello nazionale. In Emilia Romagna ogni anno ci sono circa 400 nuovi casi, nel periodo 2006-2013 si è avuta una media regionale di 8,7 nuovi casi ogni 100mila abitanti, superiore rispetto a quella nazionale. La zona di Rimini con 11 casi per 100mila abitanti si attesta su valori piuttosto elevati”.  
   
   
EBOLA, PROCEDURE RIGOROSAMENTE SEGUITE DAGLI OPERATORI DEL 118 IN CONFINAMENTO VOLONTARIO. NESSUN RISCHIO PER LA POPOLAZIONE  
 
Cagliari, 18 Maggio 2015 - L´assessorato della Sanità esprime rammarico e disappunto per la pubblicazione di fotografie sul trasferimento del paziente ammalato di ebola, assicura che si tratta di un episodio isolato e garantisce che le procedure per il trasferimento del cooperante sardo sono state rigorosamente seguite e rispettate. I medici e gli infermieri del 118, personale che aveva effettuato un apposito corso di preparazione per vestizione e svestizione, hanno seguito tutte le procedure previste e richieste dai protocolli nazionali. Il personale del 118 ha effettuato il trasporto indossando tutti i dispositivi di protezione individuale, assistendo il paziente come richiesto alla situazione clinica. Il paziente è stato accompagnato all´Istituto di Malattie Infettive di Sassari e ricoverato seguendo un percorso dedicato fino alla camera di degenza, senza passare attraverso il Pronto Soccorso. Non c’è, dunque, alcun pericolo per la popolazione. Successivamente è stata eseguita la procedura di svestizione in un apposito locale e sotto la sorveglianza di un quarto operatore che ha controllato la procedura seguendo una rigorosa check list. Tutti gli indumenti indossati sono stati raccolti in appositi contenitori e immediatamente distrutti. L´autoambulanza è stata disinfettata. Nonostante il pieno rispetto della procedura, per ulteriore precauzione, è stato consigliato agli operatori di usare misure di "confinamento" volontario, con monitoraggio della temperatura.  
   
   
DIABETE: L’INSULINA DEGLUDEC CONFERMA LE ATTESE “SUL CAMPO”  
 
Genova, 18 maggio 2015 – L’insulina degludec (Tresiba) di nuova generazione conferma le importanti attese che diabetologi e persone con diabete avevano riposto in essa. Potrebbe essere questa la sintesi di quanto emerso dalla sessione “Soluzioni innovative e attuali risposte ai bisogni della terapia insulinica”, organizzata da Novo Nordisk, al Xx congresso nazionale dell’Associazione Medici Diabetologi (Amd), svoltosi a Genova. Durante i lavori sono stati presentati i risultati preliminari, “dal campo”, sull’impiego del nuovo analogo dell’insulina basale a lunga durata d’azione disponibile in Italia da alcuni mesi. Nel corso degli studi registrativi, volti ad ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio, l’insulina degludec si era mostrata efficace, nel trattamento del diabete di tipo 1 e 2, nell’abbassare i valori della glicemia - la quantità di zuccheri nel sangue caratteristica della malattia - nel ridurre la comparsa di ipoglicemia, soprattutto quelle notturne, e nel diminuire il dosaggio di insulina necessaria alla cura. I principali risultati nel confronto diretto con l’insulina glargine, avevano infatti messo in evidenza minor rischio di ipoglicemie notturne1 – in media meno 43% nel diabete tipo 22; meno 25% nel tipo 13 – e riduzione del dosaggio dell’insulina4 – in media meno 12% nelle persone con diabete tipo 1 in trattamento “basal bolus”, cioè tre somministrazioni di insulina ai pasti più una copertura notturna con insulina basale; meno 10% nelle persone con diabete tipo 2 cui venisse somministrata insulina per la prima volta. "L´insulina degludec, come si evidenzia negli studi registrativi, non solo migliora il controllo metabolico e riduce il rischio di ipoglicemia notturna, ma permette in molti pazienti di ridurre le unità di insulina da somministrare. Questi aspetti positivi sono confermati dalle nostre valutazioni effettuate nella pratica clinica quotidiana nelle persone con diabete che oggi sono curate con il farmaco, tanto in Italia quanto in altri paesi. Avere a disposizione una insulina con maggior durata d´azione, a rilascio graduale e costante e più flessibile nell´orario di somministrazione, ci consente di raggiungere obiettivi glicemici più ambiziosi in sicurezza" ha detto Paola Ponzani, Dirigente medico Ssd endocrinologia, diabetologia e malattie metaboliche, Asl 3 Genovese, presentando i risultati ottenuti dall´analisi di circa 200 persone con diabete trattate con degludec in questi mesi. L’insulina degludec, messa a punto grazie a sofisticate tecniche di ingegneria molecolare, è caratterizzata da durata d’azione superiore alle 42 ore e con un effetto metabolico distribuito uniformemente nel corso della giornata. Il suo particolare meccanismo d’azione, che si traduce in un deposito sottocutaneo, con un lento e costante rilascio di principio attivo, consente una ridotta variabilità di assorbimento e assicura un profilo glicemico più stabile con importante riduzione del rischio di ipoglicemia. Inoltre, consente grande flessibilità negli orari di somministrazione, rendendo possibile adattare la somministrazione giornaliera secondo le necessità di vita di tutti giorni5.  
   
   
INQUINAMENTO DA PFAS IN VENETO: PARTE IL MONITORAGGIO BIOLOGICO SULLE PERSONE PREVISTO DAL PIANO COORDINATO E FINANZIATO DALLA REGIONE. 600 COINVOLTI, RESIDENTI IN 14 COMUNI.  
 
 Venezia, 18 maggio 2015 - E’ partito, con i contatti telefonici da parte delle Ullss alle persone interessate ad aderire volontariamente, lo studio di monitoraggio biologico sulla popolazione residente nelle aree del Veneto interessate dall’inquinamento delle acque da sostanze perfluoro alchiliche (Pfas), per valutare l’esposizione pregressa delle persone. Lo studio, del costo di circa 450 mila euro, è interamente coordinato e finanziato dalla Regione del Veneto, di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità. “Seguiamo con attenzione quotidiana questa situazione fin dall’estate 2013 quando si palesò – dice l’Assessore regionale alla Sanità – e, dopo aver messo tempestivamente in atto tutte le misure urgenti possibili, passiamo ora a questo studio sulle persone, molto significativo e richiesto un po’ da tutti. La presenza di un contaminante – precisa l’Assessore – non è automaticamente associata ad un effetto sulla salute, ma il biomonitoraggio umano è uno strumento efficacissimo per valutare l’esposizione a inquinanti ambientali, misurando la loro concentrazione nei liquidi e nei tessuti del corpo umano, e rilevando la dose interna, cioè l’esposizione complessiva a un certo inquinante. I dati raccolti serviranno per valutare su basi scientifiche il rischio tossicologico per la salute umana”. La metodologia seguita nel disegno dello studio è definita a “cerchi concentrici” si parte dalla zona a maggiore impatto e sulla base dei risultati si procederà ad estendere lo studio alle altre aree interessate dal problema. Nell’effettuare la selezione si è tenuto conto anche della storia pregressa delle aree in esame, a causa della persistenza ambientale e delle capacità di bioaccumulo dei Pfas. Per poter avere un elemento di confronto sono stati selezionati anche Comuni del territorio regionale simili per caratteristiche, ma dove non è stata evidenziata una contaminazione da Pfas. Lo studio prevede la raccolta e l’analisi di campioni biologici (sangue) nei gruppi di individui che accettano di aderire allo studio. I Comuni interessati dallo studio di biomonitoraggio sono: per l’area di impatto (che riguarda persone esposte): Montecchio Maggiore, Lonigo, Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego; per l’area di controllo (persone non esposte per ottenere i necessari confronti): Mozzecane, Dueville, Carmignano, Fontaniva, Loreggia, Resana, Treviso. Per la popolazione generale verranno scelti 480 soggetti, 240 residenti nei Comuni selezionati come aree con più elevata presenza di Pfas nelle acque e 240 residenti in Comuni a presumibile esposizione di fondo. In ogni area verranno arruolati 120 soggetti per sesso, 40 per ognuna delle classi di età: 20-29, 30-39, 40-49. I soggetti campionati devono avere una residenza nel territorio di almeno 10 anni. Nei Comuni, con presenza di Pfas nelle acque, verranno arruolati anche 120 agricoltori, allevatori o piscicoltori residenti in 20-30 aziende. Per questi ultimi, l’uso di acque per irrigazione o abbeveramento del bestiame, nonché il consumo di alimenti autoprodotti potrebbe aver portato a un’esposizione aggiuntiva a Pfas. Al momento del prelievo del campione ematico sarà consegnato ad ogni soggetto materiale informativo riguardante lo studio (modulo di consenso informato (in cui è descritto il progetto e le sue finalità), informativa a tutela della riservatezza dei dati personali). Al soggetto verrà chiesto di sottoscrivere il modulo di consenso informato e di compilare tramite intervista un questionario che ha lo scopo di raccogliere le informazioni utili all’interpretazione del dato di biomonitoraggio e che contiene domande su stili di vita e abitudini alimentari. Le informazioni personali raccolte nell’ambito dello studio e i campioni di sangue verranno identificati solo da un codice, senza alcun riferimento al soggetto. I dati verranno raccolti ed archiviati in modo adeguato e saranno utilizzati solo da personale autorizzato, esclusivamente per gli scopi di questo studio. I risultati delle determinazioni analitiche relative ai campioni di sangue dei singoli soggetti non consentiranno di definire (o predire) il rischio individuale di specifiche patologie, ma potranno essere utilizzati nel loro insieme per identificare specifiche fonti espositive rilevanti in diversi gruppi di popolazione e confrontare l’esposizione della popolazione in aree di ‘impatto’ rispetto ad altre zone non esposte. Lo studio ha carattere esplorativo, e come tale non può fornire una caratterizzazione esaustiva dell’esposizione della popolazione a Pfas, ma può sicuramente individuare situazioni ad elevata criticità espositiva. Sulla base dei risultati ottenuti in questo primo studio si potrà valutare se e come procedere con eventuali ulteriori accertamenti su altri campioni di popolazione al fine di garantire progressivamente la sorveglianza e la tutela della salute.  
   
   
GIUNTA VENETA RATIFICA ACCORDO PER MEDICINE DI GRUPPO. ASSESSORE SANITA’: “REALIZZATO CARDINE RIFORMA PSSR. BRAVI MEDICI ANCORA PIU’ VICINI ALLA GENTE”  
 
Venezia, 16 maggio 2015 - La Giunta regionale, nella sua seduta del 15 maggio su proposta dell’Assessore alla Sanità, ha ratificato l’Accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali della medicina generale convenzionata per la realizzazione su tutto il territorio delle Medicine di Gruppo Integrate. L’accordo definisce tra l’altro il contratto di esercizio tipo, prevede forme transitorie a termine per una graduale estensione del modello su tutto il territorio, fissa in 25 milioni l’anno per 4 anni (2015-2018) l’investimento regionale necessario a realizzare l’intera rete. “Siamo di fronte – ha sottolineato con soddisfazione l’Assessore – alla realizzazione di uno degli aspetti fondanti della riforma sanitaria che abbiamo delineato, e stiamo attuando, con il nuovo Piano Sociosanitario Regionale: valorizzare e potenziare la medicina sul territorio e i bravi professionisti che la esercitano; avvicinare i servizi ai cittadini e ampliare al massimo la loro fascia di erogabilità; creare un rete di prima diagnosi e cura sul territorio, che potrà evitare numerosi accessi impropri ai Pronto Soccorso, consentendo un risparmio di risorse sempre importante, perché si tratta di soldi della gente”. “Si tratta di fondi del servizio sanitario Regionale pubblico investiti molto bene – fa notare l’Assessore – anche perché, contrariamente a quanto asserito da qualche polemica, non vanno a implementare il trattamento economico dei medici, ma a creare una vera e propria start up sanitaria contribuendo ai non secondari costi della riorganizzazione”. Nel modello veneto, le Medicine di Gruppo Integrate sono team multiprofessionali, costituiti da Medici e Pediatri di Famiglia, Specialisti, Medici della Continuità Assistenziale, Infermieri, Collaboratori di Studio e Assistenti Sociali. Le Medicine di gruppo devono garantire agli assistiti una maggiore accessibilità assicurando l’apertura H12 7 giorni su 7 con la presenza dei Medici di famiglia nella sede di riferimento, e strutturando un’integrazione effettiva con la Continuità Assistenziale per garantire una efficace copertura H24.  
   
   
LOMBARDIA: UN ARTICOLO DELLA RIFORMA SANITARIA DEDICARLO AL VOLONTARIATO  
 
 Assago/mi, 18 maggio 2015 - "Il mondo del volontariato va sostenuto e incoraggiato. Quello che la vostra associazione ha potuto fare per l´Ospedale Niguarda è stato possibile solo perché credete fino in fondo nella vostra missione. Io, come assessore regionale alla Salute di Regione Lombardia, sto insistendo affinché un articolo della riforma della Sanità che stiamo affrontando riguardi esclusivamente il volontariato nella nostra regione. Una risorsa preziosa, una vera ricchezza che incontro in ogni ospedale in cui mi reco e che non possiamo permetterci di perdere". Queste le parole con cui il vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia Mario Mantovani ha salutato tutti i presenti alla cena di beneficenza ´Eccellenza, ricerca, innovazione e formazione: il paziente al centro´ organizzata ad Assago ieri sera dalla dottoressa Enrica Morra, presidente e fondatrice dell´Associazione Malattie del Sangue onlus dell´A.o. Di Niguarda di Milano, dal 2001 Direttore del Dipartimento Oncologico dell´A.o. Niguarda e dal 2013 componente del Comitato Esecutivo del Niguarda Cancer Center. In Aiuto Per Gli Altri - L´associazione, attiva da 15 anni, ha raccolto e reinvestito a favore della Struttura Complessa di Ematologia dell´Ospedale Niguarda fondi per oltre 5 milioni di euro, destinati al sostegno di programmi di assistenza e cura mirati all´eccellenza della terapia del paziente ematologico con l´obiettivo finale della guarigione e della migliore qualità della vita; ma anche al supporto di progetti di ricerca clinica e biologica finalizzati all´utilizzo di farmaci innovativi e alla comprensione dei meccanismi patologici delle malattie del sangue. Non certo in secondo piano è l´impegno che l´Associazione rivolge verso i futuri ematologi, in quanto Ams copre i costi per la partecipazione di alcuni giovani medici alla Scuola di Specialità in Ematologia. L´impegno Di Regione Lombardia - Il vice presidente e assessore Mantovani ha ricordato anche l´attenzione rivolta dalla Giunta Regionale verso "il lavoro dell´associazione e della dottoressa Enrica Morra che con la sua équipe ha ricevuto riconoscimenti da Regione Lombardia fin dal 2008, quando è stato approvato il progetto ´Realizzazione della Rete Ematologica Lombarda (Rel)´. Proprio con una delibera dello scorso 14 maggio, inoltre, - ha detto Mario Mantovani - la Giunta ha approvato l´avvio alla Fase 2 della Rete Ematologia Lombarda, dando mandato all´Ao Ospedale Niguarda di assicurare il supporto operativo e gestionale al coordinamento delle attività del Comitato Esecutivo, stanziando a suo favore un importo complessivo di 50.000 euro". "Un altro riconoscimento al grande lavoro della dottoressa Morra, già premiata nel 2008 con la ´Rosa Camuna´ - ha concluso il vice presidente e assessore alla Salute Mario mantovani - e che recentemente ha ricevuto anche il premio ´Donna 2015´".  
   
   
SALUTE: REGOLE PER CENTRI RIFERIMENTO REGIONALE FVG  
 
Trieste, 18 maggio 2015 - La Giunta regionale, su proposta dell´assessore alla Salute Maria Sandra Telesca, ha approvato i criteri e le modalità per individuare i Centri di riferimento e specializzazione regionale, sulla base della riforma della sanità. I Centri di riferimento sono strutture del Servizio sanitario regionale alle quali vengono affidati compiti particolari, e sono di quattro tipi: di riferimento clinico, di supporto alla programmazione regionale, di supporto alla elaborazione di linee guida o di percorsi assistenziali, di osservatorio regionale. La decisione di oggi nasce dall´esigenza di definire regole uniformi e di indicare i criteri per individuare i Centri e per la loro valutazione. Si precisa inoltre che sia i Centri che il loro personale svolgeranno i compiti assegnati, comunque per un tempo determinato, senza finanziamenti aggiuntivi e maggiorazioni retributive. Le domande per la conferma dei Centri o per la candidatura dovranno essere presentate entro il 31 ottobre 2015.