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VENERDI

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Notiziario Marketpress di Venerdì 14 Ottobre 2011
MILANO (TRIENNALE) : O’CLOCK. TIME DESIGN, DESIGN TIME, A CURA DI SILVANA ANNICCHIARICO E JAN VAN ROSSEM  
 
Triennale Design Museum presenta O’clock. Time design, design time, a cura di Silvana Annicchiarico e Jan van Rossem e con uno speciale progetto di allestimento di Patricia Urquiola, una grande mostra che nasce con lo scopo di indagare i rapporti fra tempo e design. La mostra è realizzata in partnership con il marchio di alta orologeria Officine Panerai che, in occasione dell’inaugurazione, presenterà un’installazione dedicata al design dei propri orologi. Se l’arte figurativa, il cinema e la fotografia hanno sviluppato una lunga e approfondita riflessione sul tema del tempo, il design si è spesso invece limitato a trattare questo argomento rinchiudendolo entro le categorie della precisione, della misurabilità, della funzionalità. Eppure i rapporti fra tempo e design sono molto più complessi e tali da aprire prospettive sorprendenti sia dal punto di vista estetico che da quello funzionale. Un’ampia selezione di opere site-specific, installazioni, oggetti di design, opere d’arte, video di artisti e designer internazionali cercano di rispondere a domande come: “In che modo misurare il tempo?”, “Come mostrare il tempo che passa?”, “Come vivere in modo esperienziale il tempo?”. Tutti i lavori esposti affrontano temi come il passare del tempo, il tempo in divenire, la deperibilità, in modo talvolta divertente, talvolta poetico, talvolta meditativo e critico. La tendenza apparentemente dominante oggi è la “presentificazione”, cioè un processo per cui la memoria diventa sempre più breve. Ci sono però sempre più forti tendenze che affermano l’inopportunità del ricordo, del passato. E sempre più debole è la capacità di immaginare il futuro. In questo quadro di appiattimento del tempo sul presente l’urgenza della mostra è essere quella di far vedere la multiprospetticità del tempo, il suo incessante lavorio e il suo trascorrere. Info: O’clock - time design, design time a cura di Silvana Annicchiarico e Jan van Rossem con pProgetto di allestimento e grafica di Patricia Urquiola - Triennale di Milano - 11 ottobre 2011 / 8 gennaio 2012 - Catalogo Electa  
   
   
SANGUINETTO (PALAZZO TAIDELLI): LA FONDAZIONE ALDO MORELATO PRESENTA LA MOSTRA “100 PROGETTI PER ARREDARE L’UFFICIO”  
 
La Fondazione Aldo Morelato organizzerà dal 3 dicembre 2011 al 28 febbraio 2012 presso Palazzo Taidelli a Sanguinetto (Verona) una mostra che riunirà in un’unica esposizione i migliori progetti selezionati dalla giuria durante l’edizione 2011 del Concorso “Il Mobile Significante” dal tema“I luoghi del lavoro – Oggetti d’arredo per l’ufficio”. Un’occasione dove sarà possibile vedere in anteprima il prototipo del 1° premio vincitore del Bando: Balocco di Giuseppe Di Serafino (Ap), realizzato dall’azienda Morelato. Il progetto consiste in strutture modulari “aperte” assemblabili a piacere per formare molteplici soluzioni per gli spazi di lavoro. Questi elementi possono essere posizionati a muro (anche ad angolo) e/o come divisori di ambienti, affiancati oppure in versione singola. La particolare struttura presenta due assi che sorreggono i ripiani, uno in verticale e l’altro in obliquo. Sono previsti listelli usati come schienali che tagliano trasversalmente lo spazio tra ogni ripiano e sostegni che stabilizzano l’intera struttura. Il modulo singolo misura L 106 P 38 H 233 cm. Saranno presentati gli altri lavori segnalati dalla giuria che propongono creative interpretazioni di oggetti destinati al mondo dell’ufficio, tra i quali: l’altro premio vincitore ex equo “Giano” di Rocco De Gennaro e Andrea Favoni, i selezionati progetti “Plie” di Claudia Cordaro e Arcangelo Alessio Sollo e “Co.ala” di Valentina Bottaccini, Alessia Binelli e Nadia Turazza e i premi “Scuola Appio Spagnolo” “Yin E Yan” di Giorgio Meneghello e Gloria Strobbe e il sistema “Back & Front” di Maria Bonato e Gianluca Turcato. La valutazione è stata effettuata da un’illustre commissione composta da nomi prestigiosi dell’architettura e del design: Silvana Annichiarico (Direttore del Triennale Design Museum di Milano), Ugo La Pietra (progettista, teorico delle arti applicate e art director della Fondazione Aldo Morelato), Ettore Mocchetti (progettista e Direttore della rivista Ad), Angelo Cortesi (designer), Enrico Morteo (storico e critico di design) e Giorgio Morelato (Presidente della Fondazione Aldo Morelato). L’attività della Fondazione Aldo Morelato si sta consolidando sempre più sia sul territorio nazionale che internazionale. Come ogni anno anche quest’edizione 2011 ha riscosso un ottimo successo testimoniato dai numerosi partecipanti che da ogni parte del mondo hanno inviato centinaia di elaborati. Info: www.fondazionealdomorelato.org  
   
   
MILANO (MATTEO LAMPERTICO - ARTE ANTICA E MODERNA): TANCREDI: NATURA E SPAZIO OPERE DAL 1955 AL 1957 A CURA DI FRANCESCO TEDESCHI  
 
La galleria Matteo Lampertico Arte Antica e Moderna apre la stagione autunnale con un’importante mostra monografica dedicata all’opera di Tancredi, a cura di Francesco Tedeschi, dal titolo Tancredi: natura e spazio. Opere dal 1955 al 1957. Dopo l’antologica di Feltre, la galleria presenta - dal 28 ottobre al 23 dicembre - uno straordinario nucleo di una decina di dipinti che coprono un arco temporale tra il 1955 e il 1957, un periodo estremamente fecondo e significativo per questo artista tragicamente scomparso nel 1964. L’evento prende in considerazione uno dei momenti cruciali dell’attività dell’artista, in cui l’interesse per lo ‘spazio’ - ispirato da Fontana e dal suo “Movimento Spaziale” a cui l’artista aveva aderito nel 1952 – si affianca al profondo interesse per la natura che Tancredi affronta avvalendosi di un linguaggio artistico completamente astratto e sperimentale, dove il colore risulta frantumato in un caleidoscopio di segni per esprimere un’idea di spazio infinito. Nel gruppo delle opere esposte spiccano 4 inediti visibili in Italia per la prima volta, oltre a 3 opere che sono state presentate in anteprima a Feltre; si tratta di un nucleo di ben 7 capolavori tra i protagonisti dell’importante esposizione presentata alla Saidenberg Gallery di New York nel marzo 1958: la prima ed unica mostra realizzata da Tancredi negli Stati Uniti, grazie al fondamentale sostegno di Peggy Guggenheim da lui conosciuta agli inizi degli anni Cinquanta a Venezia. Poche sono le informazioni relative alla mostra di New York – cui seguì la personale alla Hanover Gallery di Londra nell’aprile dello stesso anno - ma molto si è potuto comprendere al ritrovamento di questo nucleo che non è stato menzionato neppure nel catalogo generale dell’artista edito nel 1997 da Dalai Emiliani. I sette dipinti della personale del 1958 di New York ora esposti alla galleria Lampertico sono quindi presentati per la prima volta al pubblico in una galleria privata italiana. Di questo nucleo ricordiamo gli inediti in esposizione: un olio del 1956 (Senza Titolo, cm 120x140) ed un olio del 1957 (cm 100x140) a cui si affiancano due pastelli e tempera su carta, di simili dimensioni (ca. Cm 73x104 cad.) entrambi del 1955. Fra le opere già esposte a Feltre spiccano Giardini a Venezia, un grande olio su tela di quasi due metri realizzato nel 1957, che nell’antologica appena terminata era collocato accanto al dipinto di analoghe dimensioni di proprietà del Brooklyn Museum, ed altre due tele : Senza Titolo del 1955 (olio su tela, cm 120x120) ed Senza titolo (olio su tela, cm 130x160), privo di data ma riconducibile allo stesso periodo. Accanto a questo nucleo straordinario, si raccolgono in mostra altre opere di altrettanta forza e qualità espressiva che, nello spirito di un continuo bisogno di sperimentazione e cambiamento, lo accompagnano alla svolta verso l’Informale del 1958. L’ammirazione della Guggenheim per l’artista lo introdusse nei più importanti ambienti artistici e collezionistici americani ed europei, contribuendo in modo significativo alla diffusione dell’opera e dello stile di Tancredi al di fuori dei confini italiani. Fondamentali furono anche le numerose e mirate donazioni di opere a musei internazionali fatte direttamente dalla collezionista americana. Il confronto - reso possibile da Peggy Guggenheim - con i maestri a lui contemporanei delle avanguardie e dell’espressionismo astratto americano facilita la creazione di una lunga e fortunata serie di opere. “Tancredi, con la sua pittura – commenta l’americana in un testo critico per una mostra dell’artista a Venezia nel 1953 – crea una nuova filosofia poetica per coloro che non posseggono né telescopi né razzi: quanto fortunati noi che abbiamo tali cristallizzazioni da trasportarci […] verso altri mondi.” La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale con testo critico in italiano e inglese di Francesco Tedeschi. Catalogo edito da Silvana Editoriale con testo di Francesco Tedeschi info@matteolampertico.It  www.Matteolampertico.it  
   
   
MILANO (ETHNOARTE, IN VIA SAN GIOVANNI SUL MURO 17): MUKHALINGA – 20 OTTOBRE / 20 NOVEMBRE 2011  
 
Una collezione, unica in Italia per numero e qualità dei pezzi, che diventa mostra dando corpo e contenuti al primo catalogo dedicato a questa corrente d’arte rituale che è tra le più ricche e significative della cultura indiana e che solo da qualche decennio il mondo occidentale ha iniziato ad apprezzare in tutta la sua importanza estetica ed etnografica. I mukhalinga sono delle sculture cave in ottone o bronzo che fungono da copertura al lingam, emblema e simbolo aniconico del dio induista Shiva, che rappresenta il segno del sesso maschile: il fallo. Le circa 70 sculture in mostra, che variano da poco meno di dieci a più di settanta centimetri d’altezza, sono come una teoria polimorfa di raffigurazioni del dio Shiva: La figura di Shiva, dio induista della distruzione ma che integra le tre funzioni della creazione, della difesa e della distruzione, è dunque la protagonista di queste preziose opere d’arte  
   
   
PIACENZA: DUE GRANDI MOSTRE DI STEFANO BRUZZI - "LA POETICA DELLA NEVE", GALLERIA D´ARTE MODERNA RICCI ODDI, DAL 22 OTTOBRE 2011 AL 19 FEBBRAIO 2012 - "UN MACCHIAIOLO TRA PIACENZA E FIRENZE", FONDAZIONE DI PIACENZA E VIGEVANO, DAL 29 OTTOBRE 2011 AL 19 FEBBRAIO 2012  
 
Due mostre parallele per riconfermare a Stefano Bruzzi il ruolo di reale protagonista che, ad un secolo dalla scomparsa, gli spetta nella storia della grande arte italiana dell´Ottocento. Le promuovono, nelle loro sedi, la Galleria d´Arte Moderna Ricci Oddi (22 ottobre 2011 - 19 febbraio 2012) e la Fondazione di Piacenza e Vigevano (29 ottobre 2011 - 19 febbraio 2012), a Piacenza. La prima esposizione è curata da Andrea Baboni, la seconda da Andrea Baboni e Leonardo Bragalini; entrambe sono corredate da un catalogo. Di Bruzzi, l´esposizione allestita nella storica sede piacentina della Fondazione di Piacenza e Vigevano propone una cinquantina di opere, a documentare come egli sia stato - e non a caso lo ricorda il sottotitolo della mostra - "Un macchiaiolo tra Piacenza e Firenze". L´affascinante esposizione proposta dalla Ricci Oddi si sofferma su un genere che l´artista coltivò con passione e che segnò uno dei vertici della sua pittura, "La poetica della neve", i paesaggi innevati dalla luce tersa e cristallina. Stefano Bruzzi (Piacenza, 1835- 1911) visse e operò lungamente a Firenze a stretto contatto con la cerchia dei macchiaioli, condividendo con essi l´anelito verso una nuova pittura di rappresentazione della realtà. Fu artista di fondamentale importanza, particolarmente tra gli anni cinquanta e Sessanta del diciannovesimo secolo, per l´incisivo contributo alla nascita della nuova pittura del vero. Ignorato anche dalla critica più attenta, forse perché visse sempre un poco appartato, Bruzzi sviluppò una poetica della natura tra le più alte del secondo Ottocento italiano, indissolubilmente connessa al paesaggio dell´Appennino piacentino. In questi luoghi l´artista compose un vero e proprio poema pastorale di commovente complessità, nel quale il trascorrere delle stagioni nel silenzio degli spazi larghi e profondi è reso con un sentimento sacrale della natura. In questo scenario uomini e bestie compiono le quotidiane fatiche secondo uno schema antico e apparentemente immutabile. Egli fu in Italia una delle prime personalità che, con grande talento, subito dopo la metà del secolo, diede un contributo sostanziale al nuovo e autonomo modo di porsi dell´artista riguardo al dato reale. Tra le 50 opere esposte in Fondazione, assumono particolare rilievo i dipinti eseguiti tra 1855 e 1880, periodo nel quale Bruzzi può considerarsi tra i principali interpreti della pittura italiana di paesaggio; opere che svelano significative affinità con quanto andavano eseguendo i contemporanei macchiaioli. Sono presentati alcuni capolavori straordinari, come la Mietitura a Le Perteghette, il monumentale Cadon le foglie e il Che c´è?, dipinto notissimo per esser stato divulgato da una incisione che conobbe notevole diffusione; non mancano preziosi inediti come la Veduta del litorale di Nettuno, Pescatorelli, Pascolo a Caselle. Nel paesaggio innevato, soggetto monografico dell´esposizione alla Ricci Oddi, che l´artista esprime una particolare complessità e ricchezza di raggiungimenti stilistici. Dal 1865 ai primi anni Ottanta - arco temporale in cui è compresa la maggior parte delle opere esposte - pastorelli e pecore, contadini e spaccalegna nella fatica del lavoro quotidiano, interpretati nella luce cristallina del paesaggio innevato, assumono valori pittorici e stilistici di profonda suggestione. Il biancore luminoso della neve avvolge ogni cosa intorno e l´abituale scenario appare all´artista come trasfigurato. Gli azzurri, violetti e rosati del manto nevoso si accendono e si spengono con il variare della luce e le sagome di uomini ed animali, protagonisti della scena, assumono un nuovo risalto nelle colorazioni, proiettati contro quei cieli limpidi e profondi dove la luce si riverbera. L´esposizione comprende alcuni capolavori ritrovati: Prime giornate di bel tempo , esposto a Milano, presso la Società per le Belle Arti di Brera nel 1872; il mirabile Spaccalegna, datato 1873; Mulattieri dell´Appennino, in due suggestive versioni databili intorno al 1875; In cammino; Ritorno all´ovile e La mandria sperduta, presentato all´Esposizione Nazionale di Milano nel 1881, giudicato dal "macchiaiolo" Nino Costa come "uno dei migliori quadri dell´esposizione.Per carattere, sentimento intimo, e sincero della natura". In entrambi i casi alle opere più importanti sono affiancati i deliziosi e freschi bozzetti di studio, dipinti dal vero, utilizzati dall´artista per le più vaste composizioni elaborate in studio. Alcuni disegni di pregevole fattura mostreranno la prima ideazione di figure poi riprese nei dipinti. Due mostre, un unico percorso ideale, per ridare a Stefano Bruzzi quella dimensione assolutamente nazionale che gli compete. Informazioni: info@lafondazione.Com  - tel. 0523.311116 (dr. Tiziana Libè) - http://www.lafondazione.com/ - info@riccioddi.It - tel. 0523.320742 - http://www.riccioddi.it/  
   
   
MANTOVA (ALA NAPOLEONICA DI PALAZZO TE): VIRGILIO PROTAGONISTA A PALAZZO TE - ESPOSIZIONE CURATA DA VINCENZO FARINELLA - DAL 16 OTTOBRE 2011 ALL´8 GENNAIO 2012  
 
Forse nessuno scrittore classico ha avuto la notorietà di Virgilio. Celebrato come autore dell´Eneide, delle Bucoliche e delle Georgiche, è stato scelto da Dante come guida nella Divina Commedia, affascinando in ugual misura Petrarca e Boccacio, Ariosto ed Eliot, solo per citare qualche nome. Senza tacere della sua fama di profeta, mago, nume propiziatore, nomea che per secoli si è accresciuta a Napoli, circondando il poeta e la sua tomba di infinite leggende. Secoli dopo, un altro grande, Giacomo Leopardi, volle essere sepolto accanto al nostro nell´area archeologica sopra Piedigrotta, nel frattempo divenuta meta obbligata del Grand Tour. Di Virgilio, a Palazzo Te, vengono indagati soprattutto l´uomo e la sua fama. Dell´uomo si cerca di scoprire il volto, partendo da un documento che per la prima volta esce dal Museo del Bardo di Tunisi: il celeberrimo mosaico rinvenuto nel 1896 negli scavi di Hadrumentum dove Virgilio è ritratto tra due Muse. Da una testimonianza così antica e inarrivabile a un monumento recente: quello che nel 1927 Mantova gli ha dedicato, in mostra con i bozzetti di Giuseppe Menozzi, affiancati da altri progetti ideati da celebri artisti del primo Novecento, tra cui Duilio Cambellotti. Tra l´una e l´altro intercorrono quasi duemila anni, un lungo periodo durante il quale l´interesse intorno a Virgilio non venne mai meno, come documentano in mostra reperti e testimonianze uniche, dalla celebre scultura del Virgilio in cattedra, emblema della Mantova medievale, alla bizzarra iconografia della "testa di Virgilio nella vasca" elaborata in area mantegnesca e ripresa da Giulio Romano nella lunetta affrescata della Loggia delle Muse di Palazzo Te, a una serie di grandi tele sei e settecentesche, che raccontano episodi dell´Eneide e della Divina Commedia che hanno in Virgilio o nei suoi personaggi i loro soggetti. Alcune di queste tele sono poco note, come quelle di Filippo Napoletano e Rutilio Manetti provenienti dagli Uffizi e dalla Pinacoteca Nazionale di Siena, non sono mai state esposte, come il capolavoro inedito raffigurante La morte di Didone di Pietro Testa, o lo spettacolare dipinto rococò di Sebastiano Conca, anch´esso proveniente dagli Uffizi. Poi l´interesse per Virgilio in epoca neoclassica, con il già menzionato Grand Tour al suo sepolcro, qui evocato da una tela preromantica di Hubert Robert, che documenta come la fama del poeta mantovano fosse radicata in tutto il Continente. La fortuna di un personaggio si concretizza anche in molti altri aspetti: dalle monete che ne trasmettono l´effigie, alle medaglie, alle illustrazioni a stampa. Queste ultime, veramente numerose e importanti, diffondono e confermano ciò che è proiettato nell´immaginario delle storie virgiliane. In mostra, alla celeberrima edizione di Strasburgo del 1502, curata dall´umanista Sebastian Brant, qui proposta nella sua prima edizione impreziosita da xilografie acquarellate, viene affiancata l´edizione manierista basata su disegni del Beccafumi di recentissima scoperta. Promossa dal Comune di Mantova, dal Centro Internazionale d´Arte e di Cultura di Palazzo Te, dal Museo Civico di Palazzo Te, dall´Ambasciata d´Italia a Tunisi e dall´Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, e sostenuta dalla Fondazione Banca Agricola Mantovana e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona, la mostra si inserisce nel programma delle Celebrazioni Virgiliane della città di Mantova. Intorno all´esposizione, la Mantova di Virgilio: un itinerario tra i luoghi e le testimonianze virgiliane si irradia da Palazzo Te sino al cuore della città, proponendo un volto turisticamente inedito di Mantova e del suo territorio. In concomitanza, la città offre un altro suo tesoro: la domus di età romana imperiale con mosaici recentemente emersa in Piazza Sordello. Ma tutto l´autunno 2011 di Mantova sarà nel segno di Virgilio: la città diverrà sede di una serie di importanti iniziative e manifestazioni finalizzate a celebrare il massimo poeta della latinità, mantovano per nascita. Un´intensa attività divulgativa, didattica e scientifica rivolta ai mantovani, ai turisti, ad appassionati e curiosi, ai giovani e alle scuole, si articolerà in diversi appuntamenti con l´intento di valorizzare i dieci secoli di tradizione culturale che Mantova ha tessuto sulla figura di Virgilio. Va segnalato che alla mostra a Palazzo Te si affianca il convegno internazionale "Virgilio e l´idea d´Italia", curato dall´Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze, Lettere ed Arti. Uno specifico progetto didattico, modulato sui diversi ordini di scuole e curato dal Servizio Musei Civici di Mantova-assessorato alla Cultura del Comune di Mantova, completa l´ampia proposta espositiva. Informazioni: Centro Internazionale d´Arte e Cultura di Palazzo Te - www.Centropalazzote.it   
   
   
BIENNALE INTERNAZIONALE DI CULTURA VIE DELLA SETA  
 
Sta per partire la prima edizione della Biennale Internazionale Di Cultura Vie Della Seta, con un programma di 11 mostre di grande livello che spaziano dalla storia all’archeologia, dall’arte contemporanea all’attualità. Il primo appuntamento per la stampa è giovedì 20 ottobre alle ore 11.30 presso l´Aula X delle Terme di Diocleziano (ingresso da Viale E. De Nicola 78, fronte Stazione Termini) per la presentazione e visita in anteprima della mostra "a Oriente: città, uomini e dei sulle Vie della Seta", dal 21 ottobre al 26 febbraio 2012 al Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano: sulla traccia di una mappa cinese dell’inizio del Xvi secolo d.C. – esposta per l’occasione in assoluta prima mondiale dopo essere stata rinvenuta e acquistata in Giappone nel 2002 da una società d’asta di Pechino – la mostra mira a rappresentare la ricchezza dei luoghi, delle genti e delle credenze religiose lungo le Vie della Seta. Un viaggio visivo, sonoro ed emotivo che mira a rappresentare la ricchezza dei luoghi, delle genti e delle credenze religiose lungo le Vie della Seta, grazie all’allestimento multimediale di Studio Azzurro e a una selezionata raccolta di 100 importanti manufatti di varia tipologia che raccontano le civiltà del buddhismo, del cristianesimo e dell’Islam tra il Ii secolo a.C. E il Xiv secolo. Alla conferenza stampa intervengono il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini, il Sindaco di Roma Giovanni Alemanno, il Sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Maria Giro e il Presidente della Camera di Commercio di Roma Giancarlo Cremonesi. Seguirà invito stampa Vi aspettiamo poi venerdì 21 ottobre alle ore 18.30 al Museo di Roma in Trastevere (in piazza Sant´egidio 1b) per l´inaugurazione della mostra "Il fascino di Beijing: immagini tra passato e futuro", dal 22 al 28 ottobre 2011 : 100 gigantografie di famosi fotografi illustrano le bellezze, le attrattive e le contraddizioni di una delle città più importanti del mondo: Pechino/beijing. In allegato il comunicato stampa. Foto disponibili su richiesta. Giovedì 27 ottobre alle ore 17.00 vi aspettiamo invece al Chiostro del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano per l´inaugurazione della mostra "Luci cinesi 1981/2011. Reportage di Enrico Rondoni", dal 28 ottobre 2011 al 26 febbraio 2012: un reportage in oltre 100 fotografie a colori e bianco e nero per raccontare il grande balzo in avanti compiuto dalla Repubblica Popolare Cinese in questi ultimi 30 anni. Dal primo viaggio nel 1981 all’ultimo in Tibet nel 2011, l’autore ha documentato i complessi cambiamenti del paese, colti nella vita quotidiana  
   
   
MILANO (BARBARA FRIGERIO CONTEMPORARY ART): MOSTRA DI GIUSEPPE DI PIAZZA “IO NON SONO PADANO”, CHE SI TERRÀ DAL 20 OTTOBRE AL 13 NOVEMBRE 2011  
 
Io non sono padano Fotografie di Giuseppe Di Piazza 20 ottobre – 13 novembre 2011 inaugurazione giovedì 20 ottobre alle ore 18 Milano – Via Fatebenefratelli 13 Orari: da martedì a sabato 10-13 16-19.30 domenica 11-19 Catalogo Della Mostra Con testi critici di: Camilla Baresani Denis Curti Giovanni Gastel Beppe Severgnini Quattro presentatori per la mostra di Giuseppe Di Piazza, il direttore di “Sette” del Corriere della Sera, al suo esordio come fotografo alla Barbara Frigerio Contemporary Art di Milano. “Di Piazza - scrive Giovanni Gastel – “fa sapientemente uso di tutti gli specifici della fotografia: il mosso, la sfocatura, la grana, le tonalità cromatiche, con quella capacità di creare il giusto sommando “errori cercati”, in cui risiede per me l’anima stessa della vera fotografia creativa. Le sue materie, i suoi paesaggi, le sue strutture architettoniche sfumano nel rapimento del visto di sfuggita, dell’intravisto attraverso il vetro di quel treno in corsa che è sempre la nostra esistenza, aiutandoci a capire che, delle nostre vite, l’intravisto è forse l’essenza più vera”. Beppe Severgnini, riferendosi al titolo della mostra – Io non sono padano – nota che “sono spesso gli ospiti - per un giorno, per un anno, per un pezzo di vita - a prestarci gli occhi, e a spiegarci le cose. Ritrarre la pianura padana è difficile, ma i risultati possono essere emozionanti. Una bellezza privata e svelata, per nulla evidente. Ci sono riusciti il reggiano Luigi Ghirri e il lodigiano Valerio Sartorio: ma loro giocavano in casa”. Insomma: “Un bel fegato questo palermitano”. “Tra gli obiettivi di Giuseppe Di Piazza – scrive poi Denis Curti - sembra prevalere il desiderio di cogliere un mutamento. Costruisce un piano dialogico. Mette se stesso in relazione con il paesaggio. Riporta in luce elementi costanti di luoghi spesso dimenticati o trascurati. Approfondisce, appunto, il riflesso dell’inconscio”. “Giuseppe Di Piazza – conclude Camilla Baresani - ha colto in queste foto lo spirito, più ancora che la concretezza, della pianura padana. Un paesaggio che a lui, palermitano, non può che risultare estraneo, come estranei erano per i nostri migranti i gelidi venti furiosi del New England. L’anima padana, che è sempre con una s privativa avanti a sé - spersa, sconfinata, scolorata, stinta -, lui l’ha catturata con una verità che commuove. Potrei avvolgermi in queste foto, farne un lenzuolo, sono sue ma sono mie”. Info: Barbara Frigerio Contemporary Art - Via Fatebenefratelli, 13, 20121, Milano - Tel. 02 36593924 - Orario : da martedì a sabato 10-13 16-19.30 Domenica 11-19 - www.Barbarafrigeriogallery.it  
   
   
MILANO (MUSEO DIOCESANO): NUOVO APPUNTAMENTO CON MUDI CONTEMPORANEA - LA PERSONALE DI GIOVANNI MATTIO - INAUGURAZIONE LUNEDÌ 17 OTTOBRE, ORE 18.00 - DAL 18 OTTOBRE AL 20 NOVEMBRE 2011  
 
Dal 18 ottobre al 20 novembre, al Museo Diocesano di Milano si tiene il nuovo appuntamento di Mudi Contemporanea, con la personale di Giovanni Mattio (Cuneo, 1949), dal titolo Ruah. L’esposizione, curata da Paolo Biscottini, presenta una serie di grandi tele, realizzate nell’ultimo biennio dall’artista piemontese, ma ormai milanese d’adozione (dal 1989 vive e lavora nel capoluogo lombardo), che hanno come soggetto i primi capitoli della Genesi. Maestro riconosciuto della pittura materica, Mattio ha sempre condotto una propria personale ricerca di sperimentazione sui materiali (sabbia, terra, conchiglie sminuzzate, residui della lavorazione del ferro) che spesso ha utilizzato sulle sue tele. La sua ricerca, come quella di chi, partendo da un approccio informale, rimane nell’alveo della figurazione, si muove sui confini della rappresentazione, giungendo a degli esiti in cui il vero protagonista è lo stesso materiale che costituisce la pittura. In questi ultimi lavori, Mattio predilige una superficie lucida su cui far scorrere la narrazione degli eventi biblici. Come scrive Luca Pietro Nicoletti nel saggio in catalogo, “l’artista è arrivato a una raffigurazione allusiva, capace di evocare la storia senza illustrarla. Mattio, in effetti, ha trasformato le vicende bibliche dell’origine del mondo in un incontro di forze magmatiche, senza ricorrere alla personificazione di Dio, la cui presenza è diventata segno, lampo, o puro moto degli elementi”. E ancora, “È la forza degli elementi, in ultima analisi, l’aspetto da cui il pittore deve essere stato maggiormente attratto nel racconto della Genesi: attraverso di essi e la loro forza assoluta e sublime, che sovrasta ogni umano tentativo di contrastarla. Come suggerisce il titolo della mostra, Ruah, è il soffio di Dio, più che la sua presenza, la ragione prima di quel grande rivolgimento, e il soffio è aria che rimanda sincreticamente alla teoria dei quattro elementi”. Accompagna l’esposizione, un catalogo edito dal Museo Diocesano, con testi di Luca Pietro Nicoletti e una conversazione tra Paolo Biscottini e Giovanni Mattio. Giovanni Mattio nasce a Cuneo nel 1949. Conseguita la laurea in lettere classiche presso l’università di Torino (1973), affianca agli studi umanistici un’appassionata ricerca nell’ambito delle arti figurative. Frequenta musei, studi di artisti, accademie, esperimenta le varie tecniche pittoriche e instaura rapporti con la vicina Provenza, in particolare con Nizza, Antibes, Aix en Provence. Dal 1975 espone in ambito regionale e transalpino. Dal 1986 è presente in mostre personali e rassegne in Italia e in Francia. Dal 1989 vive e lavora a Milano. Nel 1992 si colloca il ciclo “telafracta”, dipinti di grandi dimensioni ridotti in frammenti destinati ognuno a una propria storia. Del 1993 sono gli “ilocromi”, dipinti in cui la materia assume una funzione primaria sul piano cromatico,espressivo e culturale. Nello stesso anno inizia il ciclo degli “aquaveli”, dipinti ottenuti con colori ad acqua e veline che danno palpabilità ad una superficie trasparente. Seguono le ceramiche polimateriche “zostracon”, le avventure nel campo dell’incisione. Con il nuovo millennio la ricerca si estende ai volumi e alle forme delle superfici dipinte: nascono le estroflessioni, le introflessioni, i monitor, le losanghe, i petali, i puzzle, le sculture per addizione, le installazioni. Affiorano altri materiali combinati con il colore, in una ricerca via, via, più plastica. Info: Giovanni Mattio. Ruah - Museo Diocesano - Milano, Corso di Porta Ticinese, 95 - 18 ottobre/20 novembre 2011 - inaugurazione lunedì 17 ottobre, ore 18 - ingresso mostra: gratuito - tel. 02.89420019 - info.Biglietteria@museodiocesano.it  - www.Museodiocesano.it    
   
   
GORIZIA (PALAZZO DELLA TORRE): RIVELAZIONI. QUATTRO SECOLI DI CAPOLAVORI - RIUNITE IN UN ARTICOLATO PERCORSO ESPOSITIVO LE GRANDI OPERE DELLA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE ANTICA DI TRIESTE E DELLE COLLEZIONI DELLA FONDAZIONE CARIGO. - 15 OTTOBRE 2011 / 15 GENNAIO 2012  
 
Quattro secoli di capolavori di collezioni pubbliche e private: un percorso organico di opere d’arte tra Cinque e Ottocento nella nuova mostra organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, “Rivelazioni. Quattro secoli di capolavori”, visitabile dal 15 ottobre fino al 15 gennaio 2012 negli spazi espositivi di Palazzo della Torre (via Carducci, 2 - Gorizia). La mostra riunisce le opere acquisite nel tempo dalla Fondazione Carigo, direttamente connesse con le tradizioni artistiche e culturali del territorio, e quelle provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste, aperta a più ampi orizzonti italiani ed europei. Spiccano in mostra la pregevole tavola di Lucas Cranach e una serie di disegni di Canaletto. A cerniera tra le opere provenienti da Trieste e quelle di Gorizia si segnala la splendida Pala del Belvedere di Giovanni Antonio Guardi, prestata dalla Curia Arcivescovile di Gorizia, che raffigura la Madonna del Rosario con il Bambino e i santi Antonio Abate, Domenico, Giovanni Nepomuceno, Sebastiano e Marco. Il progetto nasce dalla volontà comune della Fondazione Carigo e della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia - Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con l’Arcidiocesi di Gorizia. La Mostra “Rivelazioni. Quattro secoli di capolavori” è promossa sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il patrocinio di Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, della Provincia di Gorizia e del Comune di Gorizia. Il comitato scientifico è composto dal Soprintendente Luca Caburlotto, e da Maria Chiara Cadore, Rossella Fabiani e Maddalena Malni Pascoletti. Come sottolinea il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia Franco Obizzi, «A quattro anni dall’inaugurazione della sala espositiva di Palazzo Della Torre che ha visto avvicendarsi ben undici mostre, molto apprezzate dalla critica e dal pubblico, è ora la volta di una rassegna particolare: per la prima volta la Fondazione Carigo espone una parte delle proprie cospicue collezioni, frutto sia delle acquisizioni della Cassa di Risparmio di Gorizia, sia di acquisti recenti. L’intento è quello di far conoscere un patrimonio di opere d’arte inedite, espressione della cultura e della storia del nostro territorio, a fianco di una prestigiosa collezione pubblica, quella della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste, che è a sua volta poco nota, in quanto raramente visibile al pubblico. A coronamento di un’intensa attività espositiva, la mostra “Rivelazioni” vede la Fondazione Carigo in un doppio ruolo: non più soltanto di chi ospita - opere d’arte della Galleria Nazionale di Trieste, della Curia Arcivescovile e di alcuni collezionisti privati ma anche di chi esibisce una parte delle proprie raccolte. L’auspicio è che si tratti della prima tappa di un itinerario che permetterà di far conoscere ed apprezzare un patrimonio straordinario, formatosi nel tempo e connesso strettamente con la storia e - per dir così - con l’anima di Gorizia»  
   
   
ROMA: LA SENSUALITÀ E L´INCANTO AL CHIOSTRO DEL BRAMANTE - GLI ORIENTALISTI DELL´OTTOCENTO ITALIANO  
 
La sensualità e l´incanto al Chiostro del Bramante: gli Orientalisti dell´Ottocento italiano Il Chiostro del Bramante è lieto di presentare una mostra di grande attualità " Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell´Ottocento italiano", a cura di Emanuela Angiuli e Anna Villari, una accurata selezione di circa una ottantina di opere, che raccontano l´Oriente nella pittura dell´Ottocento italiano. Gli echi della spedizione di Napoleone in Egitto, i resoconti di esploratori, faccendieri e ardimentosi avevano infiammato la fantasia del Vecchio Continente. Le cronache di piaceri proibiti, odalische, harem, hammam avevano fatto il resto. Poi c´era la voglia di saperne di più, di scoprire e capire terre geograficamente non tra le più lontane, eppure distanti per cultura, storia, atmosfere. Una malia che stregò molti artisti, alimentata da committenti altrettanto presi dal fascino di un Oriente vicino e, allo stesso tempo, lontanissimo. La mostra dà conto di questa ventata d´Oriente in pittura riconoscendo come punto d´avvio, non unico ma certo particolarmente importante, Francesco Hayez. Il veneziano non si mosse dall´Italia tuttavia si lasciò felicemente contagiare dal vento d´Oriente, dall´esotismo, dall´erotismo che al mondo arabo sembrava connaturato. E che colpisce un altro veneto, Ippolito Caffi, che decide di viverlo di persona in un lungo viaggio tra Costantinopoli, Smirne, Efeso e il Cairo da cui trae opere memorabili e un gusto che connoterà per sempre la sua pittura. Da Parma, prima Alberto Pasini e poi Roberto Guastalla, il "Pellegrino del sole", percorrono carovaniere e città per raccontare questi altri mondi. Il secondo lo fa portandosi dietro, oltre a tavolozza, cavalletto e pennelli anche uno strumento nuovo, la macchina fotografica. Da Firenze parte alla volta dell´Egitto Stefano Ussi che in quel Paese, subito dopo l´apertura del Canale di Suez, lavora per il Pascià prima di trasferirsi in Marocco con l´amico Cesare Biseo, anch´egli proveniente dalla corte del Viceré d´Egitto. Da questo viaggio i due traggono gli spunti per illustrare, magistralmente, "Marocco" di Edmondo De Amicis. Al fascino della scoperta che si fa suggestiva visione di mondi "altri" soggiacciono Federico Faruffini, Eugenio Zampighi, Pompeo Mariani Augusto Valli, Giulio Viotti, Achille Glisenti, Giuseppe Molteni, a conferma della trasversalità e del dilagare in tutta la penisola dell´affascinante pandemia. Al contagio dell´Orientalismo non sfugge certo il Mezzogiorno d´Italia. Ne è testimonianza, a Napoli, Domenico Morelli che, senza mai aver messo piede nei territori d´oltremare, descrive magistralmente velate odalische, figure di arabi, mistiche atmosfere di preghiere a Maometto. Visioni esotiche soffuse di raffinato erotismo si ritrovano anche negli oli scenografici di Vincenzo Marinelli, Fabio Fabbi, del siciliano Ettore Cercone e del pugliese Francesco Netti. Quest´ultimo in particolare, di ritorno da un viaggio in Turchia, si dedicò alla produzione di opere orientaliste di tono intimista, come per esempio Le ricamatrici levantine, venate dallo stesso "garbo mediterraneo", presente nelle odalische di Morelli Il catalogo della mostra è edito da Silvana Editoriale. Info: Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell´Ottocento italiano - Chiostro del Bramante - Via della Pace Roma - 20 ottobre 2011 / 22 gennaio 2012 - Tel 06.68.80.90.35 - info@chiostrodelbramante.It  - www.Chiostrodelbramante.it    
   
   
PISA (PALAZZO BLU): SONO GIÀ 7.000 I BIGLIETTI PRENOTATI PER LA MOSTRA PICASSO  
 
La mostra che Blu | Palazzo d’arte e cultura di Pisa - dal 15 ottobre 2011 al 29 gennaio 2012 -, dedica al genio di Picasso sta già riscuotendo una grande attenzione da parte del pubblico. La vasta aspettativa per l’importante esposizione è testimoniata, in particolare, dalle numerose prenotazioni di gruppi che hanno già superato la quota di 200, per oltre 7000 persone. Picasso. Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso - questo il titolo dell’iniziativa - è la terza grande esposizione del ciclo, avviato nel 2009 dalla Fondazione Palazzo Blu di Pisa, dedicato ai grandi maestri del Novecento, le cui radici culturali affondano sulle sponde del Mediterraneo. Curata da Claudia Beltramo Ceppi, organizzata da Giunti Arte mostre e musei, promossa dalla Fondazione Palazzo Blu, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, il patrocinio dell´Ambasciata di Spagna in Italia e del Comune di Pisa, la mostra presenta 270 opere – tra dipinti, ceramiche, disegni e opere su carta, alcune celebri serie di litografie e acqueforti, libri, tapisserie. Catalogo Gamm Giunti. Info: Picasso. Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso - Pisa, Palazzo Blu (Lungarno Gambacorti 9) - 15 ottobre 2011 / 29 gennaio 2012 – Catalogo Gamm Giunti - tel. 050.916950 - info@impegnoefuturo.It  - www.Impegnoefuturo.it  
   
   
VITO VACCARO A PALERMO, PALAZZO SANT’ELIA. FRA VERISMO E CLASSICISMO: ACCADEMIA E MODERNITA’ NELL’OPERA DI VITO VACCARO  
 
La provincia regionale di Palermo accoglie un’antologica di Vito Vaccaro nella sua città natale dove frequentò l’accademia sotto la guida di Mario Rutelli e dove ricevette i primi riconoscimenti. Si trasferì a Milano nel 1920 entrando a far parte della cerchia degli artisti milanesi e vi operò fino al 1960, anno della sua scomparsa. A Palazzo Sant’elia vengono proposti disegni, bronzi di finezza plastica (”Bimba col cerchio” “L’offerta”) e opere pittoriche (ritratti, figure, nudi, paesaggi, nature morte) che, con pennellate decise e ricchezza di controluce, restituiscono il sentimento e l’atmosfera del momento. Legato alla matrice meridionale del verismo di fine ottocento, Vaccaro ha esposto più volte alla Reale Accademia braidense, alla Biennale di Venezia, all’Esposizione Internazionale di Belle Arti di Roma , alle varie mostre Interprovinciali di Milano e ha realizzato molteplici personali. Vito Vaccaro (Palermo 1887 - Milano 1960) fu pittore e scultore. Studiò all’accademia di Belle Arti di Palermo e fu allievo di Marco Rutelli. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale si stabilì a Milano dove rivelò in pieno le sue capacità e dove entrò a far parte della cerchia degli artisti cittadini. Partecipò all’Esposizione Nazionale della Reale Accademia di Brera 1923 - Milano, alla Seconda Biennale Romana 1924, alla Prima Mostra Marinara 1925 - Roma, alla Xv Mostra Internazionale di Venezia 1926, alla Seconda Mostra del Sindacato Lombardo Fascista 1929 - Milano, alla Ii Biennale Romana 1928. Molteplici furono le personali a Milano. Galleria Vinciana, Galleria Geri, Galleria Bolzani e alle varie gallerie delle province lombarde. I temi pittorici furono molteplici, nature morte, paesaggi, composizioni con figure. Spaziò dalla pittura ad olio all’acquerello e al pastello: ogni lavoro evidenzia l’accuratezza del disegno e la forza del colore che fanno vibrare ora la dolcezza di un bambino, ora l’intensità di un vecchio, ora le luci e le ombre di una natura morta. Tra le opere pittoriche ricordiamo: Balilla - Sosta al porto di Genova - Piroscafo rosso. Tra i pastelli: Ricordi - Mendicante - Vecchia contadina. Tra le sculture: Maternità, Bimbo che ride- La portatrice di uva - Montanaro. Molteplici i monumenti realizzati al cimitero Monumentale di Milano tra cui spicca una stupenda Pietà. Fra le mostre postume sono da ricordare a Bergamo, “I Mostra Artisti Scomparsi” 1963 - “Salone della Consulta”; a Milano 1974 Palazzo del Turismo. Palermo, Palazzo Sant’elia (via Maqueda, 81) 28 ottobre-27 novembre Orario: da martedì a sabato 10.00/18.30 – domenica e festivi 9.30/13.00 Ingresso libero Info: Urp 091-6628290 / 091-6628450 – www.Provincia.palermo.it Catalogo Edizioni Gabriele Mazzotta (www.Mazzotta.it) pagine 120, illustrazioni 112, Euro 25,00 Il volume contiene, il saggio critico di Domenico Montalto (Fra verismo e classicismo. Accademia e modernità nell’opera di Vito Vaccaro), una testimonianza di Marcello Cesa-bianchi (Vito Vaccaro, un artista che ha saputo assimilare ed esprimere i valori della cultura meridionale e di quella milanese.) e un ricordo della figlia Gioietta. Nel volume sono pubblicate a colori e in bianco e nero 25 sculture, 80 dipinti e 60 disegni. Una selezione di queste opere sarà esposta a Palazzo Sant’elia di Palermo dal 28 ottobre 2011. Vaccaro è uno dei maestri del Verismo italiano del tardo Ottocento, nella sua versione meridionalista. L’opera di Vaccaro va infatti interpretata in relazione all’esperienza e alla lezione di artisti del Sud Italia come Filippo Palizzi, Giuseppe De Nittis, Francesco Paolo Michetti, Michele Cammarano, Vincenzo Gemito, che seppero intercettare le epocali novità del moderno tramite una poetica figurativa caratterizzata da un attento studio della realtà e da una ricerca del vero sentita come suggerimento di genere ma anche e soprattutto come scelta etica. Scuola napoletana e Scuola palermitana sono perciò l’ambito ideale in cui Vito, ragazzo irrequieto dal talento chiarissimo (era nato il 15 aprile 1887), comincia la propria formazione intraprendendo quell’avventura artistica che, dopo la parentesi della Prima Guerra mondiale, lo porterà ad affermarsi a Milano, esattamente com’era accaduto alcuni anni prima a un suo illustre conterraneo, lo scrittore Giovanni Verga. Inizialmente il suo interesse è tutto per la scultura: è principalmente l’arte plastica che lo fa subito apprezzare nel milieu artistico palermitano, come attestano fonti, cronache e documenti dell’epoca. Dopo il periodo della Grande guerra, che Vaccaro combatte col grado di tenente sul fronte italiano in Serbia, l’artista si trasferisce a Milano nel 1920, dove prosegue la carriera di scultore e di insegnante, prendendo studio in un ampio locale al piano terra di Via Solferino 28, nel vecchio quartiere di Brera. Inizia qui per lui un lungo periodo critica e professionale. Gli anni Venti sono per lui fecondi di soddisfazioni. Vaccaro frequenta l’ambiente artistico cittadino, conosce i maestri del momento, partecipa a concorsi, espone più volte alla Reale Accademia braidense, alla Famiglia Artistica e in città capitali dell’arte come Venezia, Torino, Roma. Gli Anni Venti e Trenta segnano l’apice di Vaccaro quale artista plastico. Nel 1922, la suddetta opera Bambino che ride, memore dei modi del realismo d’età classica romana, viene citata addirittura da la Revue Moderne Illustrée di Parigi. Giudizio pienamente confermato da varie opere plastiche di quel periodo come Il ghiottone (bronzo, 1920), Innocenza (meraviglioso marmo del 1921), la Portatrice d’uva (bronzo, 1923), Bimba con cerchio (bronzo, 1925), Bambino al mare (gesso dello stesso anno), la dolente Seconda maternità (bronzo, 1926), L’offerta (bronzo, 1928): una ravvicinatissima suite di piccoli capolavori in cui Vaccaro dimostra di maneggiare da padrone – con immagini infantili di somma tenerezza e perfezione, con la cura del modellato e delle superfici – la scultura “di genere”, la lezione “minore” che dall’Ellenismo e dalla tarda antichità giunge fino alla scultura napoletana dell’Ottocento. Notevole è un “trittico” bronzeo di tema zoomorfo (Pecora, Cavallo e Cane), dalle mirabili patine, eseguito fra il 1930 e il 1938, che documenta la predisposizione di Vaccaro per i soggetti “bassi”, non epici. Meno pittoricistiche e più levigate, ma sempre comunque vivide sono alcune figure che confermano Vaccaro quale maestro della fisiognomica e della rappresentazione dei sentimenti: il concentrato e piacente Volto di donna (bronzo del 1920), la Testa di vecchia (gesso del 1921, frontale come un’erma antica), il Pensiero lontano (gesso datato 1925, dove la giovane modella ci appare mesta e assorta), Civetteria (gesso 1930, magistrale e misurato nel ritrarre una ragazza nuda allo specchio). A queste opere, tutt’ora visibili in loco, si affiancano negli anni a seguire varie realizzazioni scultoree di carattere cimiteriale, progettate per il camposanto Monumentale di Milano, vera e propria “città dei morti” che fu anche laboratorio della scultura italiana del Xx secolo. Si tratta di opere in cui Vaccaro denota un’assimilazione libera e originale degli stilemi novecenteschi, dal simbolismo al classicismo Anni ’30, un complesso retaggio culturale evidente nel Cristo bronzeo, in una stupenda figura allegorica femminile (una fanciulla recante una lucerna e raffigurante presumibilmente la fede cristiana), dalla raffinatissima esecuzione, nella monumentale e solenne Pietà eseguita per il sepolcro della famiglia Dal Molin. Il biennio 1925-26 segna presumibilmente l’esordio della stagione pittorica di Vaccaro, il quale – sospinto anche dall’attività didattica di docente – si dedica per tre decenni, praticamente sino alla fine della vita (l’ultima opera datata conosciuta è del 1957, La chiesa di Sant’angelo a Milano) ai filoni tematici propri della tradizione da cavalletto: ritratti, figure, nudi, nature morte, paesaggi e vedute, in special modo di Milano. La produzione di questo periodo a olio e acquerello di Vaccaro consta di quadri di medio o piccolo formato, connotati da una gestualità veloce, sommaria, fluida, vibrante, in una materia a volte magra a volte più corposa ma sempre mirando a restituire l’incanto, l’atmosfera, il sentimento intimo del momento. Nel corso degli anni ’40 compaiono e ricorrono i temi da interno come quali la figura in posa e della natura morta, come in Bimba con fiocco, La lettura, Nudo (reso particolare da un trattamento a piccoli tocchi, quasi alla Seurat), L’arancia sbucciata, l’opulenta Natura morta con mele, Brocca e vaso rosso, Natura morta con fiori. Evidenti affinità d’ambientazione e d’atmosfera presentano Nonna e nipote e Bimba con brocca, entrambi del 1945, una virtuosistica esecuzione che traduce sentimenti di dolce intimità domestica. Tutti soggetti, questi, che seguitano anche nel volgere degli Anni Cinquanta, in pratica nella fase della maturità ultima di Vaccaro, accompagnati però da una preponderante tematica paesaggistica. Innumerevoli sono i dipinti in cui l’artista ritrae la sua amata Milano, fornendo una documentazione che oggi si rivela indispensabile per respirare l’atmosfera meneghina ormai scomparsa, qual era prima della grande trasformazione urbanistica postbellica e degli anni del boom economico. Angoli di una Milano poetica e familiare, a volte brumosa come in Corso Vittorio Emanuele, dove la mole del Duomo, vista attraverso il vaporoso tremolio atmosferico, ricorda emblematicamente le gigantesche cattedrali di Monet e di Ensor.. Altrettanto partecipati sono soggetti quali Il Naviglio (1950), La Martesana all’inizio di Via Melchiorre Gioia (dello stesso anno) e Autunno a Villa Simonetta, tre quadretti caratterizzati dalla maniera rapida, dal mirabile virtuosismo. L’eccezionale personalità di Vaccaro quale vedutista si apprezza in una serie di dipinti en plein air eseguiti sul posto durante le vacanze con la famiglia o le gite fuori porta. Flagrante trittico ligure è formato da quadri come Ombrelloni e vele, Il Porto di Santa Margherita Ligure e La spiaggia di Santa Margherita, realizzati fra il 1951 e il 1957. In questi anni, Vaccaro è ormai un artista noto e affermato, e i suoi lavori sono costosi: nel maggio 1945, una sua opera intitolata La Vergine (un aggraziato profilo muliebre del 1935 fuso in bronzo) presentata in una mostra d’arte sacra all’Angelicum di Milano, viene valutata 4.000 lire, come si evince da una lettera dell’ufficio vendite all’artista. Una militanza artistica e pittorica, quella di Vaccaro, conclamata in ambiente milanese da importanti esposizioni personali, come quella tenutasi nel 1951 presso la Galleria Balzani, fino al declino fisico cominciato nel 1953, quando l’autore (che si spegnerà nel 1960) chiude lo studio rompendo i gessi e distruggendo tutto il materiale inerente la sua storia, salvo i quadri e le opere conservate in famiglia, che formano ora il corpus di questa monografia. A conclusione di questo excursus, possiamo a ragion veduta affermare che questa riscoperta postuma della figura di Vito Vaccaro – artista versatile, gran disegnatore, scultore di certificabili mezzi, squisito colorista – aggiunge una tessera ragguardevole, dovuta e attesa al mosaico dell’arte italiana del Novecento, svelando le qualità umane ed espressive di un protagonista che merita un proprio posto nella gerarchia valoriale del suo tempo. Tratto dal testo in catalogo di Domenico Montalto  
   
   
CULTURA - TORNA ATERDANZA, NONA EDIZIONE, NEI TEATRI DELLA REGIONE. DA PIACENZA A BOLOGNA FINO ALLA ROMAGNA, DAL 15 OTTOBRE FINO ALL´INIZIO DELL´ESTATE. UNA SESSANTINA GLI SPETTACOLI, TRENTA COMPAGNIE IN SCENA  
 
Bologna - Esordisce il 15 ottobre, per proseguire fino all’inizio d’estate, la nuova stagione Aterdanza nei teatri dell’Emilia-romagna. Da Piacenza a Bologna fino alla Romagna, con una diffusione capillare in capoluoghi e centri di provincia, saranno proposti circa sessanta spettacoli con trenta compagnie in scena. Ormai arrivata alla nona edizione, Aterdanza ha promosso e dato lavoro a innumerevoli compagnie, coreografi e danzatori italiani, attivando in tal modo meccanismi artistici e occupazionali. Nonostante gli annunciati tagli per la rete di teatri dell’Emilia-romagna riuniti nel nome della danza, il 2010 e il 2011, ovunque anni di crisi, hanno portato a un incremento dei finanziamenti ministeriali. Che a loro volta hanno dato origine ad un ampliamento delle collaborazioni artistiche, a partire dalla grande novità della stagione entrante: la compartecipazione di Aterdanza e del festival Aperto di Reggio Emilia nell’organizzazione di Off-balance, focus sulla giovane danza contemporanea italiana (15-16 e 22-23 ottobre). Oltre che dell’opportunità di scoprire gli autori e i performers under 35 più interessanti del nostro panorama, si tratta per Aterdanza del primo esperimento di collaborazione artistica con uno dei suoi soci. Dei 13 giovani coreografi presentati alla piattaforma reggiana infatti ben 7 sono sostenuti da Aterdanza. L’impegno in questa vetrina presenta Aterdanza, per la prima volta, con un nuovo ruolo: non più soltanto di appoggio quale erogatore di servizi, ma di partner con cui lavorare in sinergia per nuovi progetti artistici. La stagione è stata presentata oggi a Bologna, nella sede della Regione Emilia-romagna con l´assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti, il presidente dell´Ater Maurizio Roi e il responsabile della programmazione Aterdanza, Roberto De Lellis. L’assessore Mezzetti ha nell’occasione posto l’accento sul ruolo della danza e sull’impegno della Regione in quest’ambito: “Noi vogliamo continuare a sostenere quanto di ricco vi è in questo settore da troppi considerato ancillare anche nell’ambito dello stesso spettacolo – ha dichiarato –, e l’ottimo programma presentato oggi ci dà la misura di quale sia l’apporto e il contributo alla ricchezza di tutti noi, non solo in termini culturali ma anche economici, nonostante si continui a considerare il lavoro dell’artista privo dei diritti attribuiti a tutte le altre categorie, a partire dalle necessarie quanto negate indennità di disoccupazione”. Il programma Novità di pregio questa stagione è l’ingresso nella rete della più blasonata tra le scuole di Ballo italiane: l’Accademia Teatro alla Scala, con i suoi allievi già votati al palcoscenico, che ridà freschezza al repertorio classico e moderno con uno spettacolo a tre titoli: l’atto delle Ombre de La Bayadère di Petipa, Evening Songs di Jirí Kylián e Larmes blanches di Angelin Preljocaj. A guidare le compagnie moderne rappresentative del miglior made in Italy è ancora una volta Aterballetto, che propone un’importante novità di stagione: la nuova produzione Alice nel paese delle meraviglie, firmata dal coreografo emergente Francesco Nappa. La compagnia reggiana presenta anche alcuni classici di Mauro Bigonzetti, coreografie squisitamente musicali quali Come un respiro e Rossini Cards, e riletture di Ballets Russes come Le sacre e Les noces. Tra le giovani realtà importanti della danza italiana tornano compagnie di prestigio, come il torinese Balletto dell’Esperia, con la novità Corpi d’anima, un dittico a doppia firma: Paolo Mohovich e Jacopo Godani. La compagnia è impegnata anche in una serata a tre pezzi che rivisita il grande repertorio del Novecento con La morte del cigno del francese Thierry Malandin, L’après-midi d’un faune di Eugenio Scigliano e I quattro temperamenti di Paolo Mohovich. Altra compagine di pregio, il Balletto di Roma torna a proporre le sue interessanti riletture di temi classici della letteratura o del repertorio ballettistico con il crepuscolare Otello di Fabrizio Monteverde. Mentre il Balletto Teatro di Torino si presenta più che mai vigoroso grazie al coreografo in residenza Matteo Levaggi, che con Le Vergini firma un balletto dall’iconografia suggestiva e affascinante, ispirata all’arte e al cinema. Combina originalmente molteplici tecniche di danza la Spellbound Dance Company, che nell’ultima creazione Le quattro stagioni parte dal ciclo musicale vivaldiano per spingersi alla ricerca di un paesaggio fisico e sonoro. Connotazione fortemente etnica hanno invece le creazioni della Compagnia Mvula Sungani, per le origini africane del suo direttore e coreografo, che in Italia, la mia Africa prende spunto dalla propria biografia di immigrato di seconda generazione. Ha stile ed entusiasmo la compagnia giovanile Junior Balletto di Toscana, che quest’anno porta in scena un classico del balletto, Coppelia, nella rilettura di Fabrizio Monteverde. La migliore danza italiana d’autore è presente nel circuito Aterdanza con la Compagnia Virgilio Sieni, che mette in scena lo stesso coreografo nell’ormai classico Solo Goldberg Improvisation. Sotto l’ala dell’ensemble toscano si presenta la publico la giovane formazione Damasco Corner, composta di ragazzi non vedenti, impegnati con Atlante nel bianco in un lavoro sulla percezione del corpo e del gesto. Ancora danza d’autore con la Compagnia Abbondanza/bertoni, che nella creazione Le fumatrici di pecore inscena un duo femminile fuori dall’ordinario, mentre torna il piccolo “classico” Romanzo d’infanzia, capostipite del teatro-danza per giovanissimi. Sceglie di dedicarsi ad uno spettacolo per l’infanzia anche Giorgio Rossi/sosta Palmizi, che in Scarpe unisce il suo proteiforme talento alle abilità da nouveau cirque del giovane Collettivo 320Chili. Ai ragazzi ma non solo è dedicato il lavoro del Teatro Gioco Vita, che con la compagnia di danza Imperfect Dancers allestisce un Sogno di una notte di mezza estate per corpi e ombre. Tra le tante espressioni della danza italiana non manca il teatro-danza impegnato di Balletto Civile, che con Il sacro della primavera rivisita il balletto originale con lo spirito eversivo della nuova generazione. Femminile il tratto d’autore di Laura Corradi, che per la sua compagnia Ersiliadanza continua la sua personale interpretazione dei classici con Il lago dei cigni. Di tutt’altro tenore le creazioni di un’altra coreografa di spicco della medesima generazione, Monica Casadei, con la Compagnia Artemis Danza, che con Corpo a corpo Traviata inaugura il suo primo capitolo della trilogia verdiana. Lo spirito felliniano e l’esuberanza della coreografa si ritrovano invece ne I Bislacchi, una pièce per tutte le età. Il linguaggio della coreografia contemporanea affiora con Noche tanguera nel tango argentino di Luciano Padovani per la compagnia Naturalis Labor, mentre Que reste-t-il de nos amours è un poetico souvenir della Parigi d’antan. Un’incursione nel teatro di strada è offerta dal talentuoso Fabrizio Favale, che con la sua compagnia Le Supplici costruisce un itinerario artistico per rappresentare una vita eccezionale in Infanzia di San Francesco d’Assisi. Alla scena coreografica di ricerca appartiene invece il duo Sistemi Dinamici Altamente Instabili, che con l’azione performativa site-specific Discontinuo indaga i concetti di spazio e visione. Conferma il proprio talento il giovane duo Zerogrammi, che in Mappugghje amplia la propria visione teatrale partendo da una minuta poetica domestica. Tra i nuovi talenti si è ormai affermata anche Silvia Gribaudi, che con il suo assolo A corpo libero, gioca con ironia e intelligenza sulla propria fisicità “esuberante”. Il cartellone di Aterdanza include anche un genere molto amato dal grande pubblico, la danza acrobatica e ginnica di derivazione statunitense, rappresentata in Italia dall’ensemble Dedalo con Cantica Ii Purgatorio. Non manca la danza più seguita e imitata dalle giovani generazioni, l’hip-hop, rappresentato dalla compagnia Botega, con il mix di stili di street-dance del suo Paracasoscia. Di particolare interesse per Aterdanza resta la scoperta, la valorizzazione e la promozione della giovane coreografia d’autore. Anche questa stagione costituiscono un nucleo forte del calendario i talentuosi nuovi autori affacciatisi di recente alla ribalta e oggi distribuiti nelle interessanti rassegne e piattaforme del circuito di cui si è detto. Della necessaria finestra su una realtà in fermento che apre alla scena italiana del domani, fanno parte giovani artisti che vale la pena citare: il trio Buscarini-bersani-ramponi con Volta, Martina Cortellazzo con The cut tuk show, Marco D’agostin con Viola, Matteo Fantoni con Leoni, il trio Foscarini- D’agostin-nardin con Spic&span, Alessandro Sciarroni con Your girl. Differenti quanto ugualmente eccellenti le due proposte di compagnie straniere entrambe al debutto sui nostri palcoscenici. Dal Regno Unito arriva la crew-fenomeno The Street Sensation, formata da sedici tra i migliori street dancers e breakers al mondo, che nello spettacolo hit Blaze dimostreranno cosa sanno fare. È invece una delle più interessanti nuove compagnie canadesi il Vancouver City Dance Theatre, che in Dreams of Dalì mostra la sua vocazione multimediale con un mix dinamico di danza, teatro, cinema, moda. Tutte le date in programma all’indirizzo http://www.Aterdanza.it/  
   
   
MARSALA (PINACOTECA COMUNALE, CONVENTO DEL CARMINE): UGO ATTARDI, RETROSPETTIVA DI MARSALA A CURA DI SERGIO TROISI - DAL 15 OTTOBRE 2011 AL 15 GENNAIO 2012.  
 
"L´erede selvaggio" è il titolo del romanzo con cui Ugo Attardi, finalista allo Strega, vinse nel 1971 il Premio Viareggio. Quel titolo diventa sottotitolo della grande retrospettiva che l´Ente Mostra di Pittura "Città di Marsala", in collaborazione con l´Archivio Ugo Attardi, propone all´ex Convento del Carmine di Marsala dal 15 ottobre 2011 al 15 gennaio 2012. Curata da Sergio Troisi, si tratta della prima retrospettiva che prende in considerazione tutti gli ambiti della produzione artistica di Attardi: pittura, scultura, grafica e, naturalmente, letteratura e giornalismo. "L´erede selvaggio" racconta dell´infanzia e della formazione siciliana dell´artista, nato in Liguria. Il peso di questa "sicilianità", intesa come eredità, stimolo culturale e impegno sociale, si avverte in tutta la produzione di Attardi, intellettuale e fine artista, che sa attraversare un secolo complesso dell´arte italiana ed europea secondo un proprio originale percorso. Si va dal raro gruppo di dipinti non figurativi della fine degli anni Quaranta, alle ricerche degli anni Cinquanta e oltre. In particolare la mostra ripropone, dopo decenni, opere capitali della sua produzione, come i dipinti monumentali "Crocifissione a Saragozza" (1964-´65) e "Gli assassini". E´ una occasione rara di confrontarsi con opere importanti della storia dell´arte italiana del secondo Novecento che, all´epoca della loro prima apparizione, suscitarono un intenso dibattito critico. Ai dipinti è affiancata una ampia scelta dell´attività grafica di Attardi (disegni e incisioni) e una selezione delle opere scultoree tra cui l´imponente "Cotes o la bellezza dell´Occidente". Ugo Attardi (Sori, Genova, 1923 - Roma, 2006), è stato uno degli artisti più versatili del secondo Novecento italiano. Pittore, scultore, disegnatore di eccezionale talento, Attardi è stato tra i fondatori del gruppo Forma 1, insieme ad altri artisti siciliani quali Carla Accardi, Pietro Consagra e Antonio Sanfilippo. Distaccatosi presto dall´astrazione geometrica del movimento, Attardi aderì alla figurazione sociale propria del clima neorealista per la prima metà degli anni Cinquanta, per poi farsi promotore, dalla metà del decennio in avanti, di una diversa tensione figurativa condotta sulla meditazione dialettica della tradizione moderna e, quindi, centrata sul tema della violenza quale meccanismo pervasivo della società contemporanea. Tra gli artefici, nel 1958, della rivista "Città aperta" (insieme, tra gli altri, a Elio Petri e Carlo Aymonino), Attardi fu ugualmente tra i promotori del gruppo " Il Pro e il Contro" (1961-1964), che intendeva riformulare criticamente le nozioni di realismo e di figurazione alla luce dei nuovi orizzonti del mondo contemporaneo. E´ in questi anni che prende corpo la sua inconfondibile cifra stilistica: una pittura satura di colore e di geometrie, dove la grande lezione dell´espressionismo del Novecento (Dix, Grosz, Beckmann) è attraversata a ritroso con la storia dell´arte passata, da Velasquez e Goya sino a Tiziano. In questa fase Attardi inizia a dedicarsi anche alla grande scultura, privilegiando tra i materiali dapprima il legno con gruppi di grandi dimensioni e poi anche il bronzo. E´ del ´67 l´esordio in scultura con "Donna che cura un bambino ammalato" e il completamento della stesura di "L´erede selvaggio". Negli anni ´70 nascono i grandiosi gruppi scultorei in legno come "Cortese e la bellezza dell´Occidente" e "Il ritorno di Cristobal Colon". Innumerevoli le personali che gli sono state dedicate in Italia ma anche in numerose capitali europee ed americane. Marsala, Convento del Carmine-pinacoteca Civica (Piazza Carmine,1), 15 ottobre 2011 - 15 gennaio 2012 Mostra promossa dall´Ente Mostra di Pittura Contemporanea "Città di Marsala", a cura di Sergio Troisi. Orario: tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19. Chiuso il lunedì Biglietto d´ingresso: euro 3,00. Catalogo Silvana Editoriale Telefono per informazioni: 0923/711631; 0923/713822 fax Sito Internet: www.Pinacotecamarsala.it  e-mail: info@pinacotecamarsala.It  
   
   
L’EGITTO DELL’800 IN MOSTRA AL CASTELLO DI MIRADOLO  
 
Viaggio in Egitto. L´ottocento riscopre la terra dei faraoni è il titolo della bella mostra visitabile fino al 29 gennaio al Castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo. L´esposizione, curata da Silvia Einaudi e organizzata dalla Fondazione Cosso, offre l´opportunità di percorrere un viaggio affascinante da Alessandria d´Egitto alla lontana Nubia, grazie a lettere, appunti, libri, stampe, fotografie, giornali di scavo e documenti originali di viaggiatori, studiosi, fotografi ed archeologi che si avventurarono lungo le sponde del Nilo nel corso dell´Ottocento. I documenti sono in parte inediti e provengono da fondazioni pubbliche e private. Www.fondazionecosso.com    
   
   
PREMIO NAZIONALE PAVONE D’ORO  
 
Saranno premiati domenica 16 ottobre a Pavone Canavese i vincitori del Premio Nazionale Pavone d’oro 2011, Premio Regionale Cultura Popolare e Tradizioni del Piemonte promosso dell’associazione storico culturale “Ij Ruset” . Per la sezione nazionale il premio andrà a Nanni Svampa, interprete storico della canzone lombarda, mentre per la sezione regionale saranno premiati il Museo del Paesaggio Sonoro di Riva presso Chieri e Sergio Berardo, fondatore, cantante e leader del gruppo musicale Lou Dalfin. Allo Storico Carnevale di Ivrea sarà assegnato invece il premio per le manifestazioni, mentre il riconoscimento per il gruppo rappresentativo del folklore e della tradizione piemontese andrà agli Spadonari della Valsusa. Www.comune.pavonecanavese.to.it    
   
   
LUGANO (VILLA CIANI): MOSTRA HAITI. ROBERTO STEPHENSON. FOTOGRAFIE. 2000/2010 - DAL 22 OTTOBRE AL 26 FEBBRAIO  
 
A Lugano la terra trema. Lo fa, per fortuna, solo in fotografia, attraverso 100 opere inedite di Roberto Stephenson: volti, paesaggi fuori dal tempo e surreali architetture segno del tragico terremoto del 2010 sono le tappe di un viaggio estetico e poetico nell´anima del popolo haitiano. Il Lac (Lugano Arte Cultura) presenta dal 22 ottobre 2011 al 26 febbraio 2012 negli spazi di Villa Ciani a Lugano l’esposizione dal titolo Haiti che raccoglie le fotografie, dal 2000 al 2010, di Roberto Stephenson, artista italo-haitiano tra i più importanti e singolari esponenti della fotografia caraibica contemporanea. La mostra, curata da Alessia Borellini e Adriana Mazza, realizzata dal Museo delle Culture di Lugano, nasce dal lavoro di ricerca dell’équipe del Museo svizzero e propone, attraverso 100 immagini, il risultato di un originale processo di rilettura del contesto urbano e paesaggistico e delle condizioni socio-culturali di Haiti, oltrepassando i confini del reportage grazie a un approccio estetico, nel quale si fondono passato, presente e futuro. Dal tragico terremoto del 12 gennaio 2010, l’artista modifica in modo determinante l’intera struttura del suo lavoro e ciò porta le foto della serie “Port-au-prince” – inizialmente pensate come elementi centrali – a essere il punto di partenza di una nuova indagine sull’uomo, capace di rappresentare i crescenti contrasti e le contraddizioni della cultura haitiana. Il percorso espositivo – diviso in cinque sezioni: Volti, Port-au-prince, Terremoto, Tende, Paesaggi – evidenzierà la sua riflessione esistenziale, secondo cui “il fotografo è un cantastorie che vive il presente e lo racconta accettando il potente filtro dell’immaginario”. Dalle gigantografie su tela che rappresentano ritratti di uomini, donne e bambini haitiani, alle opere caratterizzate dalla combinazione e dalla sovrapposizione di immagini eterogenee, artificiali o naturali, Stephenson – al pari di numerosi artisti contemporanei dei Caraibi e dell’America centrale – racconta la realtà attraverso rappresentazioni che assemblano in un insieme organico suggestioni ed elementi spesso appartenenti a piani spazio-temporali diversi, valicando così la presunta oggettività visiva del fotogiornalismo e rielaborando i soggetti sulla base al vissuto soggettivo dell’artista. Una sequenza di scatti realizzati nei giorni immediatamente successivi al terremoto del 2010 rivela la profonda attenzione di Roberto Stephenson per l’interazione tra gli elementi cromatici e le prospettive inusuali, ottenute grazie alla sua esperienza di fotografo di architetture, che trasmettono il senso di sconvolgimento e la fragilità delle cose. Proprio questo tema ritorna, carico di poesia e drammaticità, nella sezione dedicata alle tende, effimeri ma dignitosi ripari del popolo di Haiti dopo la catastrofe naturale. La mostra continuerà con la serie dei Paesaggi, in cui composizione, luci e colori fanno percepire la maestosità delle forze della natura, l’impossibilità dell’uomo di dominarle e l’indefinitezza di una condizione, che sospende le speranze proiettandole nel futuro, e si chiuderà con l’emblematico ritratto di un uomo segnato dal dolore, ma con lo sguardo fiero, il cui volto racchiude la profondità della poetica del fotografo, la sua semplicità e umanità. Haiti, sesto appuntamento del ciclo espositivo Esovisioni del Museo delle Culture, sarà accompagnata da un ricco programma di eventi e attività educative – atelier, visite guidate e visite-conferenza – e da proposte di approfondimento, tra cui un esclusivo incontro con Roberto Stephenson, promosse dal Museo delle Culture in collaborazione con numerosi partner istituzionali. Catalogo Gamm Giunti Note Biografiche Roberto Stephenson nasce a Roma nel 1964, da padre haitiano e madre italiana. Inizia a fotografare da adolescente e dopo gli studi di graphic design e due anni di pratica come assistente fotografo si specializza in fotografia architettonica. Nel frattempo si dedica alla sperimentazione e le sue immagini vengono pubblicate su diverse riviste e libri di architettura. Compie numerosi viaggi e vive in Giordania, Siria, India, Londra e New York fino al 2000, quando si trasferisce ad Haiti. La carriera artistica di Stephenson ha una svolta professionale nel 1997 con la mostra monografica alla Galleria Raccolta, Arte e Multimedia curata da Viviana Gravano con scritti in catalogo di: Achille Bonito Oliva, Pippo Ciorra, Franco Zagari e Alfredo Martini, e nel 1998 con la partecipazione ad una mostra collettiva a Palazzo delle Esposizioni di Roma sul paesaggio urbano dei sobborghi della capitale sempre curata da Achille Bonito Oliva. Successivamente espone a Londra, New York, Ahmedabad, Miami, Port au Prince, Santo Domingo, Oslo, L’avana, Bamako, Parigi, Berlino, San José and Fort-de-france. Nel 2003 pubblica un libro sugli interni delle abitazioni haitiane e un secondo libro, che descrive con uno sguardo intimista i suoi primi tre anni a Haiti. Nel 2009 presenta la prima tappa della sua ricerca artistico- antropologica in una sezione dedicata della mostra alla Triennale di Milano curata dal Museo delle Culture di Lugano dal titolo Fer forgé. Battito di Haiti. Roberto Stephenson sta attualmente lavorando al suo terzo libro sul paesaggio urbano di Port-au-prince. Lugano, settembre 2011 Haiti. Roberto Stephenson. Fotografie. 2000-2010 Lugano, Villa Ciani - 22 Ottobre 2011 / 26 Febbraio 2012 Sede Villa Ciani, Parco Civico (entrata da Corso Elvezia, di fronte al Casinò) Orari martedì – domenica: 10 – 18. Chiuso il lunedì La mostra rimarrà chiusa il 24 e 25 dicembre 2011 e il 1° gennaio 2012 - Catalogo Gamm Giunti. Info: Museo delle Culture - Tel. +41 58 866 69 60 - Fax. +41 58 866 69 69 - info.Mcl@lugano.ch -  www.Mcl.lugano.ch   
   
   
LE GRANDI MOSTRE IN OLANDA  
 
1. Il Museo Marittimo Riapre Con Una Spettacolare Cupola In Vetro Il Museo Marittimo, vera e propria perla nel centro storico di Amsterdam, riaprirà i battenti il 2 ottobre 2011, dopo una ristrutturazione durata 4 anni. Una novità sarà il cortile centrale, dotato di un grandioso tetto a cupola, punto più alto di tutto l’edificio. La struttura è composta da 1200 parti di vetro, tutte di misure diverse, inserite in una cornice metallica. Il tetto misura 34 metri per 34 e pesa 200.000 kg. Grazie a questo tetto di vetro il cortile interno assume la funzione totalmente nuova di punto di aggregazione centrale. Da qui infatti si accederà ai vari percorsi espositivi sui Paesi Bassi e sul forte vincolo che questa terra ha con l’acqua. Il tetto è stato progettato dal lussemburghese Laurent Ney ed è ispirato alle linee presenti sulle vecchie cartine marittime. In tutti gli 826 ‘nodi’ della cornice di acciaio sono state installate delle lucine a led che possono essere messe in funzione anche separatamente una dall’altra. Poiché l’edificio si è assestato durante i secoli, il cortile interno non è più completamente simmetrico e di questo si è dovuto tenere conto anche durante la fase di progettazione del tetto. Per quanto riguarda l’arredamento e l’organizzazione delle mostre, il museo ha collaborato con rinomati designer; l’arredamento è moderno e le collezioni prendono vita grazie a presentazioni interattive. Una delle maggiori attrazioni del Museo Marittimo è poi la fedele ricostruzione della nave Amsterdam, appartenuta alla flotta della Voc, la Compagnia delle Indie Orientali, ormeggiata nelle acque antistanti al museo. Http://www.hetscheepvaartmuseum.nl/  Per ulteriori informazioni per la stampa: Kirsten Ruter: T (020) 52 32 270 kruter@hetscheepvaartmuseum.Nl 2. Abraham Bloemaert, Una Celebrità Dimenticata Del Secolo D’oro Centraal Museum Utrecht, dal 12 Novembre 2011 al 5 Febbraio 2012 La pittura del secolo d’oro olandese comprende molto di più dei più celebri lavori di Rembrandt, Frans Hals e Johannes Vermeer, ed anche molto più di Jan Steen. Dal 12 Novembre 2011 al 5 Febbraio 2012, il Centraal Museum presenterà la prima retrospettiva di una celebrità dimenticata del secolo d’oro: Abraham Bloemaert (1566-1651). Un nome che suonerà ben noto agli esperti: un artista che ha dipinto pale d’altare magnifiche, magistrali per dimensioni e qualità, ma anche dipinti piccolissimi che raffigurano splendide Madonne. Bloemaert è l’artista dei dipinti intimi e mitologici, un virtuoso che traeva ispirazione dal paesaggio. Un manierista, Caravaggista, ma anche classicista e soprattutto un assoluto maestro. Con questa mostra, il Centraal Museum mira a mostrare non solo la grandezza e la versatilità di questo artista, ma anche ad aggiungere in modo definitivo il suo nome al canone della storia artistica olandese. Le opere più belle di Bloemaert -dipinti, disegni e stampe- sono state riunite da diverse collezioni, proprietà di musei privati e chiese di tutto il mondo. Solo in questo modo si può rendere merito alla versatilità di Bloemaert, sia per quanto riguarda i soggetti, che per le dimensioni delle sue opere che per il suo stile. Abraham Bloemaert Abraham Bloemaert (1566-1651) ha dipinto due importanti opere mitologiche e religiose, ma anche importanti opere di genere. Il suo repertorio comprende più di 200 opere, di cui quattordici sono in possesso del Centraal Museum. Il numero dei disegni è stimato a circa 1500, mentre si contano non più di 600 incisioni. Bloemaert ha occupato un posto importante nella la storia dell’arte olandese. Questo “padre della scuola di pittura di Utrecht” ha formato ed istruito moltissimi pittori, tra i quali i Caravaggisti Hendrick ter Brugghen e Gerard van Honthorst e gli Italianisti Jan Both, Cornelis van Poelenburgh e Jan Baptist Weenix. Il grande numero di suoi studenti e seguaci ma anche i suoi numerosi dipinti, disegni e le stampe hanno fatto sì che la pittura di Bloemaert abbia avuto un influsso decisivo nella storia dell’arte. Www.centraalmuseum.nl  Per ulteriori informazioni per la stampa: pers@centraalmuseum.Nl  0031 (0)30 2362311 oppure 0031 (0)30 2362311 3. Top Models Olandesi Del Secolo D’oro Mostra di ritratti di donne del Xvii secolo presso il Rijksmuseum all’aeroporto Schiphol. Fino al 12 dicembre sarà presentata, presso il Rijksmuseum nell’aeroporto Schiphol di Amsterdam, la mostra Dutch Girls. L’esibizione consiste in una piccola collezione di ritratti di nove modelle benestanti e di spicco nel Secolo d’Oro straordinariamente dipinte, tra gli altri, da Frans Hals, Caesar van Everdingen, Isaak Luttichuys e Barholomeus van der Helst. I dipinti dimostrano l’intramontabilità della vanità. Anche nel Xvii secolo le donne e le ragazze provavano ad apparire nel loro aspetto migliore, soprattutto quando venivano immortalate in ritratti. I pittori ritraevano le modelle il più attraenti possibile e, nello stesso momento, cercando di catturare la loro vera personalità. Grande attenzione era data anche nel dipingere i loro lussuosi gioielli e vestiti alla moda. A quel tempo un proprio ritratto era considerato uno status symbol che potevano permettersi di commissionare solo le classi più ricche. Le donne rappresentate in questi dipinti appartenevano quindi a classi sociali elevate in quanto mogli di uomini che ricoprivano alte cariche o perché provenienti da famiglie illustri. In alcuni casi erano le donne stesse ad avere un ruolo di primo piano nella società. Per ulteriori informazioni per la stampa: Rijksmuseum Rijksmuseum Schiphol Group Press and Publicity Dept. Corporate Communications Jacobien Schneider Kathelijne Vermeulen T. +31(0)20 6747330 T. +31(0)20 6012673 pressoffice@rijksmuseum.Nl  press@schiphol.Nl  4. Orange Above All! Souvenirs collegati alla Casa d´Orange-nassau, Paleis Het Loo, Apeldoorn Dall’ 8 ottobre 2011 all’ 8 gennaio 2012 il Paleis Het Loo sarà colorato d’arancione per la mostra Orange Above All! che mostrerà centinaia di souvenirs creati per commemorare i memorabili eventi che coinvolsero la famiglia reale olandese, della Casa d’ Orange-nassau. La collezione comprende principalmente oggetti forniti dall’ Associazione Storica Orange-nassau, dopo averli raggruppati. Paleis Het Loo presenterà una vasta selezione di “souvenirs orange” della Casa d’ Orange-nassau, Casa facente parte della storia del popolo olandese sin dal sedicesimo secolo. Poiché i membri della Casa furono prima stadholders (governanti) e successivamente re e regine, i grandi eventi delle loro vite ebbero anche una rilevanza costituzionale e per secoli sono stati tangibilmente commemorati sotto forma di souvenirs. I souvenirs nel complesso erano oggetti ragionevolmente economici che potevano essere così distribuiti su larga scala. Ne sono esempi le pipe per tabacco, piatti di terracotta decorati o ritratti di reali, tutti oggetti recanti l’anno dell’evento da commemorare. Quando iniziò la produzione industriale di massa nel Xix secolo questi “souvenir orange” iniziarono ad assumere ogni forma e dimensione: dai boccali, bicchieri, bottigliette di profumo e orologi a fazzoletti, sigari e magliette. Il culmine di produzione di questi oggetti fu durante il regno della Regina Emma (1890-1898) e l’insediamento della Regina Beatrice nel 1980 che ha innescato la produzione dei più svariati souvenirs. La collezione di souvenir del Palais Het Loo è composta soprattutto da oggetti collezionati dalla ‘Orange-nassau Historical Society’ e concessi in prestito a lungo termine al Palais Het Loo. Il pezzo più antico della collezione è probabilmente una brocca con le braccia del ‘governante’ Prince Maurits risalente al 1600 circa. Esempi più recenti invece sono alcuni souvenir creati in occasione della nascita delle tre figlie del principe ereditario Willem-alexander e della principessa Máxima. Www.paleishetloo.nl  Per ulteriori informazioni: 0031 (0) 55-5772463 oppure 0031 (0) 55-5772400 5. Mondrian & De Stijl Gemeentemuseum L’aja, dal 17 settembre Dal 17 settembre, il Gemeentemuseum Den Haag, dedica un ala di 750m² alla nuova esposizione permanente Mondrian & De Stijl. Con quasi 300 opere, la collezione di Mondrian al Gemeentemuseum è unica al mondo. Contiene opere di ogni fase della impressionante carriera di questo maestro dell’arte moderna. Non molti artisti hanno avuto così tanto successo costantemente nel corso della loro vita, reinventando se stessi e mantenendo sempre un elevato livello di qualità artistica nelle loro creazioni. L’ampia varietà di opere consente al Gemeentemuseum di presentare al pubblico l’evoluzione artistica di Mondrian, dal realismo all’astrattismo. L’esibizione contiene anche il suo ultimo capolavoro rimasto incompiuto, il Victory Boogie Woogie (1942-1944), un tributo a New York, la città che emana ritmo e vitalità. Gli artisti di De Stijl, movimento che ha giocato un ruolo fondamentale nell’ Avant-garde europea, utilizzavano i colori primari per creare opere d’arte vivaci, brillanti e senza limitazioni. Gemeentemuseum Den Haag ha scelto di incentrare la rinnovata esibizione di De Stijl su questo approccio positivo. L’esibizione permanente di Mondrian & De Stijl al Gemeentemuseum presenta opere di Theo van Doesburg, Vilmos Huszàr, Bart van der Leck, J.j.p. Oud, Gerritrietvedl e Georges Vantongerloo, che insieme a Mondrian, erano i più importanti rappresentanti di De Stijl. L’esposizione è stata realizzata intorno al concetto The House – The Street – The City, da un articolo di Piet Mondrian del 1925, e nella quale confluiscono art, design e architettura. L’innovativa esibizione prevede lo spostamento del livello da micro a macro, partendo dalla dimensione privata di una stanza allargandosi alla strada e alla città, e toccando temi quali la pubblicità, la fotografia, la moda e la società. L’artista Krijn de Koning e l’architetto Anne Holtrop hanno progettato lo spazio della mostra creando una serie di stanze per le varie parti della collezione Mindrian & De Stijl. Nel cuore dell’esibizione, il design porta dentro installazioni geometriche nelle quali lo spazio si restringe via via, mutandosi da una scala umana alla scala dell’opera d’arte stessa. De Koning mostra come i principi di design di De Stijl siano contemporanei. L’esibizione sarà accompagnata dalla pubblicazione The Story of De Stijl / Mondrian to Van Doesburg contenente saggi di Hans Janssen e Michael White, edito da Ludion. Per ulteriori informazioni: Emma van Proosdij 0031 (0)70 3381121 oppure 0031 (0)6 14476327 evproosdij@gemeentemusem.Nl  6. Fashion <3 Art – A Passionate Affair Fino all’ 8 Gennaio 2012, Gemeentemuseum Den Haag I colorati abiti Mondrial di Yves Saint Laurent nel 1965 ed i mini abiti “Op Art” degli anni ‘60 sono vivide illustrazioni della centenaria storia d’amore tra la moda e l’arte. Gli artisti hanno spesso utilizzato l’abbigliamento come metodo per esprimere le loro idee estetiche. Questa nuova esibizione, Fashion <3 Art – A passionate affair, mostrerà come l’abito sia utilizzato dal potere femminile per distinguersi dalla massa e come l’arte sia stata spesso fonte di ispirazione degli stilisti. Ideata da Maarten Spruyt, l’esibizione includerà creazioni Liberty e di vari stilisti come Sonia Delaunay, Schiaparelli, Yves Saint Laurent e Givenchy. Il 19° secolo vide i maggiori cambiamenti del ruolo della moda e del posto dell’arte nella società. La crescente ricchezza e i nuovi assetti sociali hanno gradualmente tramutato la moda e l’arte in modi di espressione dell’ identità e dei gusti personali. Il nuovo “abbigliamento artistico” era prodotto con tessuti sofisticati in colori tenui incontrando le nuove esigenze delle donne moderne. Libertà e movimento erano le prime richieste da soddisfare. Nella creazione estetica di questo nuova tipologia di abbigliamento erano coinvolti artisti come Henry van de Velde e Piet Zwart. Negli anni ’20 la pittura astratta ispirò una varietà di motivi per tessuti creati dalla stilista e artista di successo Sonia Delaunay. I motivi erano regolari e composti da quadrati, linee, cerchi, diagonali e piani colorati. Delaunay creò in tutto oltre 2.000 di questi motivi, circa 200 furono creati appositamente per la casa di moda Metz&co di Amsterdam. La stilista Elsa Schiaparelli, la maggior rivale di Coco Chanel negli anni ’20 e ’30, produceva abiti e cappelli fortemente influenzati dal surrealismo. Lavorò in stretta collaborazione con artisti come Salvador Dalì e Jean Cocteau. 7. Capolavori Al Nai Treasury Le grandi opere della storia dell´architettura dei Paesi Bassi. Il Nai, che ospita una delle maggiori collezioni di architettura al mondo, ha inaugurato il 10 settembre una nuova esposizione permanente dei suoi capolavori contenenti le opere di icone della storia dell´architettura olandese come Cuypers, Dudok, Rietveld and Koolhaas. La nuova galleria Progettato dall´architetto Koolhaas della Oma, il Nai Treasuty sbalordisce come la sua stessa collezione. Uno spazio di 250 m² è stato creato nella profondità delle catacombe, le quali rivelano solo gradualmente le meraviglie architettoniche. Una volta raggiunto il "cuore di vetro", troverete modelli in scala, disegni, bozze e fotografie della ricca collezione del Nai come l´album degli schizzi di viaggio di Berlage dell´Italia intorno al 1900, gli studi di Koolhaas per il Kunsthal ed i modelli della sedia a Zig-zag di Rietveld. Tradizione architettonica olandese Il Nai Treasury è diviso in sei gruppi tematici che rimandano alla tradizione architettonica olandese. Una di queste tipiche tradizioni olandesi sono le "case popolari". La cooperazione unica tra governo, corporazioni di abitazioni private ed architetti porta continuamente a nuove ed inaspettate soluzioni come i complessi residenziali di De Klerk (Scuola di Amsterdam) chiamati anche "i palazzi per i lavoratori". Un´altra tradizione è l´impulso sperimentale degli architetti olandesi che ha condotto più volte alle innovazioni nell´architettura degli ultimi 200 anni, come il famoso esperimento di De Stijl. Www.nai.nl    
   
   
PERUGINO INEDITO A CAMPIONE D´ITALIA, MOSTRA A CURA DI FRANCESCO FEDERICO MANCINI  
 
Dal 15 ottobre 2011 al 15 gennaio 2012 la Galleria civica San Zenone di Campione d´Italia propone "Perugino inedito", mostra curata da Francesco Federico Mancini. L´esposizione di 12 opere del Maestro, che nasce dalla collaborazione tra il Comune di Campione d´Italia, la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici dell´Umbria e l´Università degli Studi di Perugia, è incentrata sulla presentazione di sei opere del Perugino conservate in una collezione privata del Canton Ticino. Quattro delle sei opere, appartenenti alla fase finale dell´attività del Vannucci, sono già state esposte presso la Galleria Nazionale dell´Umbria, in occasione di una recente mostra voluta e sostenuta dalla Fondazione Arte di Perugia. Le rimanenti due, mostrate per la prima volta in questa circostanza, sono invece cronologicamente situabili a immediato ridosso della documentata presenza di Perugino a Venezia (1494-1497). La mostra, concepita per comprendere come si è giunti a riferire questi dipinti alla mano del grande maestro umbro, propone un eloquente confronto con dipinti di sicura autografia conservati presso la Galleria Nazionale dell´Umbria. Ciò consente di entrare nelle complesse dinamiche di uno dei laboratori d´arte più prestigiosi e prolifici del Rinascimento italiano. E´ noto infatti che il Perugino, da grande imprenditore qual era, gestiva con abilità e fermezza una vera e propria "officina". Molti furono gli artisti che lavorarono al suo fianco e che fecero tesoro non solo della sua straordinaria perizia tecnica ma anche della sua incomparabile capacità disegnativa. Lo stesso Raffaello, stando a quanto dice il Vasari, mosse i primi passi nella bottega umbra del Vannucci. Accompagnato da approfondite indagini tecniche e diagnostiche, lo studio delle quattro opere "tarde", raffiguranti San Girolamo, San Nicola di Bari, l´ Angelo Annunziante e una Santa Martire, ha portato alla conclusione che tali dipinti, di piccole dimensioni, ma di grande raffinatezza esecutiva, appartenevano con tutta probabilità allo smembrato (e disperso) tabernacolo del polittico di Sant´agostino a Perugia. Opera di gigantesche proporzioni, il polittico di Sant´agostino, oggi suddiviso tra vari musei, fu realizzato in due distinte e riconoscibili fasi stilistiche, dal 1502 al 1512 la prima, dal 1513 al 1523 la seconda. Il tabernacolo può essere ascritto alla seconda fase, quando il pittore, mettendo in atto una semplificazione coloristica, oltreché disegnativa, raggiunse effetti di morbidezza pittorica sconosciuti al primo periodo e alla fase matura. Un serrato confronto tra le quattro tavolette, alcuni scomparti del polittico di Sant´agostino e altre opere del maestro umbro, cronologicamente situabili nello stesso momento, consente di verificare in mostra l´attendibilità della proposta critica. Diverso è il caso delle restanti due tavole. Raffiguranti la Vergine e Cristo coronato di spine, queste opere hanno tutte le caratteristiche per essere inquadrate nella produzione autografa del Perugino maturo. In origine erano collegate da cerniere, a formare un dittico. Presentano sul verso un rivestimento di pelle stampigliata, che simula la coperta di un libro. Funzionante come altarolo domestico, il dittico, una volta chiuso, poteva essere collocato nello scaffale di una libreria e di certo rappresentava una succosa "curiosità" per il gabinetto di un amateur. Sulla coperta di pelle, che quasi certamente fu realizzata in ambiente fiorentino, si vedono impressi eleganti motivi decorativi che disegnano una doppia riquadratura punzonata con al centro una losanga includente il monogramma cristologico. Se la valva di sinistra del dittico, dove è rappresentata la Vergine, rivela contatti con la figura femminile che si trova all´estrema destra della pala del Perugino realizzata tra il 1502 e il 1503 per il Duomo di Perugia e oggi conservata nel Museo di Caen in Normandia, il Cristo coronato di spine mostra lo sforzo del pittore di entrare in sintonia con il contemporaneo mondo artistico veneziano; in particolare con un´opera di Alvise Vivarini, ai suoi tempi grandemente apprezzata: il Cristo benedicente dipinto per la cimasa dell´altare-reliquario di San Giovanni Elemosinario a San Giovanni in Bragora. Perugino fu in contatto con la città lagunare dal 1494 al 1497. Il doge Agostino Barbarigo avrebbe voluto ingaggiarlo per la decorazione della Sala del Gran Consiglio. Ma l´accordo non fu raggiunto. In compenso l´artista lavorò per la Scuola di San Giovanni Evangelista alla quale consegnò un telero raffigurante I miracoli della Croce Santissima della Scuola di San Giovanni Evangelista in Venezia, andato distrutto in un incendio nel 1587. Perduta quest´opera, null´altro sappiamo del soggiorno veneziano del maestro umbro. E tuttavia il dittico, così intriso di umori veneziani che parlano anche di Jacopo de´Barbari e più in generale del clima che si respira a Venezia dopo le colte lezioni pittoriche di Antonello da Messina e Giovanni Bellini, potrebbe colmare questa lacuna. Forse a Firenze il dittico venne trasformato in "finto libro". E´ naturale chiedersi chi ne fu in antico il fortunato possessore. Non è da escludere che i "due quadri compagni del Perugino", raffiguranti "la Madonna e Giesù", citati in un inventario del 1703, dove vengono elencati i beni posseduti dal dottore e intellettuale fiorentino Cosimo Bordoni, amico di Filippo Baldinucci e medico personale del granduca Cosimo Iii, altro non siano che i due dipinti in questione. A quelle date già separati, avevano perso la caratteristica di dittico ed erano diventati una coppia di quadri da appendere al muro. Il curatore della mostra, Francesco Federico Mancini, è professore ordinario di Storia dell´Arte Moderna presso l´Università degli Studi di Perugia. Esperto di Rinascimento umbro, ha al suo attivo monografie e saggi su Benedetto Bonfigli, Perugino, Pintoricchio, Piermatteo d´Amelia. Ha organizzato, in collaborazione con Vittoria Garibaldi, già Direttrice della Galleria Nazionale dell´Umbria, la grande mostra monografica su Pietro Perugino (2004), e, più recentemente, le rassegne espositive su Berardino Pintoricchio (2008) e Piermatteo d´Amelia (2010). Ha inoltre curato mostre su Gian Domenico Cerrini (2005), sull´Arte dell´Ottocento in Umbria (2006), su Federico Barocci e la pittura della maniera in Umbria (2010). E´ attualmente impegnato, insieme con Vittoria Garibaldi e a Tom Henry, nella preparazione di una rassegna monografica, da tenersi nell´estate del 2012, dedicata a Luca Signorelli. "Perugino inedito", Campione d´Italia, Galleria civica San Zenone (piazzale Maestri Campionesi), 15 ottobre 2011 - 15 gennaio 2012. Mostra promossa dal Comune di Campione d´Italia in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici dell´Umbria, l´Università degli Studi di Perugia, e con il Patrocinio dell´Assessorato alla Cultura della Regione Lombardia, a cura di Francesco Federico Mancini. Orari: martedì- venerdì 10.30-12.30 / 15.00-18.00; sabato-domenica 11.00-18.00. Catalogo edito da: Comune di Campione d´Italia Edizioni Informazioni e prenotazioni: (0039) 031 27 24 63, (0041) 091 641 91 41 (orari d´ufficio); (0041) 079 29 23 207.