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Notiziario Marketpress di Lunedì 07 Marzo 2005
Web e diritto per le nuove tecnologie
PRIVACY: PROROGA DEI TERMINI PER LE NUOVE MISURE DI SICUREZZA  
 
La Legge 1 marzo 2005, n. 26, che ha convertito in legge, con modificazioni, il Decreto legge 30 dicembre 2004, n. 314, recante proroga di termini, ha aggiunto alla testo originario l'art. 6-bis, che, relativamente all'art. 180 del Codice in materia di protezione dei dati personali proroga al 31 dicembre 2005 il termine per l'adozione delle misure minime di sicurezza cosiddette "nuove" (quelle, cioè, non previste dalla normativa previgente) tra le quali vi è anche la redazione del Dps, il documento programmatico sulla sicurezza. E’ invece prorogato al 31 marzo 2006 il termine per adottare le misure di sicurezza quando si dispone di strumenti elettronici che, per obiettive ragioni tecniche, non consentono in tutto o in parte l'immediata applicazione delle misure minime. La proroga riguarda solo le "nuove" misure di sicurezza vale a dire quelle previste per la prima volta con il Codice privacy e non contenute nella Legge n. 675/96 e nel D.p.r. N. 318/99. In particolare, chi era tenuto ad adottare il D.p.s. (Documento Programmatico sulla Sicurezza) con la precedente normativa rimane ancora obbligato alla redazione di questo documento. Pur se possiamo, forse, comprendere la proroga se ci sono difficoltà tecniche ed economiche ad adeguare i sistemi operativi obsoleti, non riusciamo, invece, a comprendere questa ulteriore proroga per la redazione del D.p.s.  
   
   
AGEVOLAZIONI PER L'INNOVAZIONE  
 
La Regione Lombardia la Provincia di Milano e la Cciaa di Milano hanno stanziato 2.000.000 di euro per sostenere progetti innovativi di sviluppo aziendale tramite contributi a fondo perso. Beneficiari dell’intervento sono le micro, piccole e medie imprese costituite da oltre 12 mesi la data di presentazione della domanda di agevolazione, che hanno unità operativa in provincia di Milano e operano nei settori biotecnologie non alimentari, design, moda, nuovi materiali, information and communication technology. Sono ammissibili i progetti di investimento con caratteristiche innovative nelle scelte e soluzioni progettuali. Sono ammissibili le seguenti spese: costi per servizi di consulenza tecnologica e per l’acquisizione di consulenze specialistiche e servizi forniti da consulenti esterni (compresi i contratti di progetto) per la realizzazione del progetto, nel limite del 20% del costo totale del progetto, contratti di collaborazione con università e centri di ricerca, costo del personale dipendente dedicato al progetto nei limiti del 20% del costo totale del progetto (comprovato sulla base dei cedolini), impianti generali e spese di ristrutturazione dei locali aziendali nel limite del 20% del costo totale del progetto, macchinari, attrezzature e beni strumentali strettamente pertinenti alla realizzazione del progetto, brevetti per un importo massimo del 20% del costo totale del progetto, infrastrutture di reti e collegamenti comprensivi delle spese di software e hardware, azioni di marketing e comunicazione relative al progetto nei limiti del 10% del costo totale del progetto. Sono ammissibili gli acquisti effettuati in via ordinaria o attraverso strumenti di locazione finanziaria (leasing). Nel caso di locazione finanziaria sono ammissibili solo le spese per le rate del leasing quietanzate nel periodo di durata del progetto. Sono ammissibili solo le spese sostenute a partire dal 1° luglio 2004 e fino ad un anno successivo alla comunicazione di assegnazione dell’agevolazione. L’agevolazione è un contributo a fondo perso pari al 50% delle spese riconosciute ammissibili. Il contributo massimo concesso per ogni progetto aziendale non potrà superare la somma di 50.000 euro. Le imprese devono presentare domanda di prenotazione delle risorse alla Camera di Commercio di Milano dal 18 febbraio al 19 aprile 2005.  
   
   
DISABILI: REGOLAMENTO ATTUATIVO DELLA LEGGE PER L'ACCESSIBILITÀ DEI DISABILI ALLE NUOVE TECNOLOGIE INFORMATICHE  
 
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 25 febbraio 2005, ha approvato, in via definitiva, il regolamento di attuazione della cosiddetta "Legge Stanca" per favorire l'accessibilità delle persone disabili alle nuove tecnologie informatiche. Il regolamento, elaborato con il contributo delle associazioni maggiormente rappresentative delle persone diversamente abili e di quelle competenti in materia di accessibilità e dei produttori di hardware e software, recepisce le linee guida dell'Unione europea e le normative internazionalmente riconosciute ed è stato. "Il Governo ha posto un nuovo tassello al processo di abbattimento delle barriere digitali evitando che le nuove tecnologie informatiche determinino forme di emarginazione, forse ancora più pericolose di quelle tradizionali, mentre punta a promuoverne l'uso come fattore abilitante e di superamento delle disabilità e delle esclusioni, oltre che di miglioramento della qualità della vita", ha detto Lucio Stanca, Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, ricordando che "il Regolamento varato oggi costituisce una tappa fondamentale nel percorso virtuoso intrapreso con l'approvazione della specifica legge, nel dicembre 2003, "Anno Europeo del Disabile'", e che si concluderà con la prossima emanazione delle 'Linee guida' con i requisiti tecnici ed i diversi livelli per l'accessibilità, in corso di predisposizione". Il provvedimento, in particolare, obbliga le pubbliche amministrazioni, per i contratti di realizzazione o modifica dei loro siti internet, ad adeguarli entro 12 mesi alle nuove norme sull'accessibilità, pena la nullità dei contratti. Le disposizioni riguardano i soggetti pubblici ed anche quelli privati. Verificato il livello di accessibilità dei loro siti web, il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie rilascerà infatti un "logo" di certificazione, una sorta di bollino, attestante il livello di rispondenza dei siti ai requisiti richiesti, che sarà un marchio distintivo nella rete.  
   
   
DISABILI: IL BOLLINO BLU PER I SITI ACCESSIBILI DAI DISABILI  
 
Verificato il livello di accessibilità dei siti web, il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie rilascerà un logo sull'accessibilità dei siti, una sorta di bollino, che certifica il livello di rispondenza dei siti ai requisiti richiesti, che sarà un marchio distintivo nella rete. I punti essenziali del regolamento attuativo della legge per l'accessibilità dei disabili alle nuove tecnologie informatiche, che si compone di 9 articoli, sono il concetto di accessibilità (capacità dei sistemi informatici di poter erogare servizi fruibili anche per i soggetti che necessitano, a motivo della propria disabilità, di tecnologie assistite), tecnologie assistite (soluzioni tecnologiche che consentono al disabile di accedere ai servizi erogati dai sistemi informatici), verifica tecnica dell'accessibilità (operata da esperti iscritti ad un elenco gestito dal Cnipa), verifica soggettiva (effettuata con l'intervento del soggetto destinatario, anche disabile, sulla scorta di valutazioni empiriche). L'attestato viene concesso in caso di verifica positiva, dai valutatori privati iscritti all'elenco gestito dal Cnipa, che ha l'incarico di svolgere ispezioni e controlli verso i privati, consistenti nella verifica del mantenimento dei requisiti di accessibilità dei siti e dei servizi. Le pubbliche amministrazioni, invece, provvedono in modo autonomo a valutare l'accessibilità dei propri siti.  
   
   
AUSTRALIA: NUOVE DISPOSIZIONI IN TEMA DI PEDOPORNOGRAFIA  
 
In questa settimana, in Australia, è entrata in vigore una legge che obbliga gli internet service provider e gli internet content hosts a fare rapporto alla polizia ogni volta che ci si imbatte in materiale pedopornografico. Secondo il Ministro della Giustizia, Chris Ellison, lo scopo è quello di ridurre, se non eliminare, il fenomeno della pedopornografia in rete. La legge prevede, per chi non comunica notizie relative a materiale pedopornografico reperibile in rete, la sanzione di 11.000 dollari, se singoli, e di 55.000 dollari, se aziende. La legge prevede, per chi trasmette, accede o rende disponibile materiale pedopornografico, la reclusione fino a dieci anni  
   
   
UE: NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RICONOSCIMENTO DELLE DECISIONI RELATIVE AL DIRITTO DI FAMIGLIA  
 
A partire dallo scorso 1° marzo, in tutti gli Stati membri, ad eccezione della Danimarca, è in vigore il regolamento n. 2201/03, noto anche come “il nuovo regolamento Bruxelles Ii”, che riguarda le decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale per le azioni proposte dopo il 1° marzo 2005. Il provvedimento abroga e sostituisce il regolamento (Ce) n. 1347/00 del Consiglio, noto come “il regolamento Bruxelles Ii”. Con il riconoscimento in tutta l’Unione europea delle decisioni giudiziarie in materia di responsabilità genitoriale si crea uno spazio giudiziario comune nel settore del diritto di famiglia: i minori, ora, possono avere rapporti regolari con entrambi i loro genitori dopo una separazione, anche se vivono in Stati membri diversi. Il nuovo regolamento rafforza i principi sanciti nella Convenzione dell’Aia del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, imponendo obblighi più rigorosi per assicurare il ritorno del minore: i tribunali dello Stato membro, nel quale è stato portato il minore sottratto, possono, ora, ordinare sempre il ritorno del minore nello Stato membro d’origine, se il minore può essere protetto in tale Stato. Il tribunale deve pronunciare la propria decisione entro sei settimane. Il minore ed il genitore estraneo alla sottrazione possono essere sentiti. Al tribunale dello Stato membro di origine spetta la decisione ultima in merito all’eventuale ritorno del minore e la sua decisione viene riconosciuta ed eseguita nell’altro Stato membro senza procedura di “exequatur, senza, cioè, che sia necessaria una dichiarazione di esecutività, che sarà soppressa anche per le decisioni relative al diritto di visita, che saranno direttamente riconosciute ed esecutive in un altro Stato membro in virtù delle nuove disposizioni. Il regolamento crea un sistema di cooperazione tra le autorità centrali degli Stati membri, che debbono facilitare le comunicazioni tra i tribunali e gli accordi tra genitori grazie alla mediazione o ad altri mezzi. Secondo Franco Frattini, Commissario per la giustizia, la libertà e la sicurezza e Vicepresidente della Commissione, “questo regolamento è una tappa fondamentale nella creazione di uno spazio giudiziario comune nel settore del diritto di famiglia e rappresenta un passo avanti importante nel quadro della politica europea per la protezione e la promozione dei diritti dei minori.” “Le nuove disposizioni relative alle sottrazioni di minori garantiranno che i minori rapiti rientrino rapidamente nel loro Stato membro d’origine. Questo regolamento rafforzerà inoltre il diritto fondamentale del minore a mantenere rapporti regolari con entrambi i genitori, consentendo la libera circolazione tra Stati membri delle decisioni giudiziarie relative al diritto di visita”.  
   
   
LA RIASSEGNAZIONE DEI NOMI A DOMINIO.IT  
 
La procedura di riassegnazione dei nomi a dominio, l’indirizzo virtuale su internet, è lo strumento che permette di prevenire e combattere i fenomeni di "accaparramento" (cybersquatting) dei nomi a dominio. Tale procedura può essere avviata solo dal legittimo titolare di diritti su un determinato nome per ottenere la riassegnazione dei nomi a dominio che sono stati registrati in malafede da chi non ne aveva il diritto. La procedura di riassegnazione dei nomi a dominio ".It" è gestita da persone giuridiche pubbliche o private, od enti professionali aventi sede nell'Unione Europea e dotati di determinati requisiti (Enti Conduttori) e sono disciplinate dalle regole di naming, dalle norme contenute nel documento "Procedura di Riassegnazione di nome a dominio" e dalle disposizioni di attuazione predisposte dall'Ente Conduttore. Il ricorso alla procedura amministrativa di riassegnazione consente al ricorrente notevoli risparmi rispetto al ricorso ad un giudizio ordinario o arbitrale: il costo minimo della procedura è di 400 euro, a carico del ricorrente a prescindere dall'esito del procedimento.  
   
   
LA PROCEDURA DI RASSEGNAZIONE DEI NOMI A DOMINIO.IT  
 
Il ricorrente, nel momento in cui avvia la procedura con un ricorso, sceglie l’ente conduttore. Nel ricorso, presentato in forma cartacea ed elettronica, il ricorrente afferma la sussistenza di predeterminate condizioni, la legittimità ad agire (titolarità di un marchio o di un nome/cognome), la mancanza di diritti che possano legittimare la titolarità del nome a dominio in capo alla controparte e la malafede con cui la registrazione di tale dominio è stata richiesta. Le principali circostanze alla cui prova le regole fanno conseguire una presunzione di mala fede in capo al resistente sono quelle che inducano a ritenere che il nome a dominio sia stato registrato con lo scopo primario di vendere il nome a dominio al ricorrente o a un suo concorrente, che tale nome a dominio sia utilizzato per attività in concorrenza, in particolare di tipo confusorio, con quella del ricorrente e che il nome a dominio sia stato registrato dal resistente con lo scopo primario di danneggiare gli affari di un concorrente o usurparne il nome. Il resistente deve a sua volta provare alcune circostanze preindividuate, dimostrando l’esistenza delle quali viene dato ingresso ad una presunzione che il resistente stesso abbia titolo al nome a dominio contestato con la conseguenza che nella concorrenza di più diritti sullo stesso nome a dominio viene preferito quello di chi per primo lo ha registrato. Una tale situazione si verifica quando il resistente provi di aver usato in buona fede il nome a dominio prima della contestazione, quando il resistente stesso provi di essere conosciuto, con il nome corrispondente al nome a dominio registrato, anche se non ne abbia registrato il relativo marchio, o quando il ricorrente stia facendo un legittimo uso non commerciale del nome a dominio, oppure commerciale senza l'intento di sviare la clientela del ricorrente o di violarne il marchio registrato. Una volta istaurata la procedura, la decisione è normalmente prevista entro un paio di mesi ed è immediatamente esecutiva nella parte in cui, eventualmente, dispone la riassegnazione. L'esecuzione di un eventuale decisione favorevole al ricorrente viene sospesa solo qualora, entro 15 giorni dalla comunicazione della decisione venga adito, da parte del resistente, un giudice ordinario per l'instaurazione di una causa avente ad oggetto il nome a dominio. Con l'introduzione della procedura di riassegnazione dei nomi a dominio si è certamente coperto un vuoto normativo importante dal momento che la rapidità del mezzo internet mal si conciliava con la cronica lentezza del giudizio ordinario. Tale strumento amministrativo, rapido ed economico ha avuto una notevole diffusione dal 2000 ad oggi, dimostrando di potersi atteggiare a valido strumento di risoluzione delle dispute alternativo al giudizio ordinario.  
   
   
NOMI A DOMINIO ''.EU'': LE PROSPETTIVE PER LE IMPRESE  
 
A seguito della sottoscrizione, avvenuta lo scorso 13 ottobre 2004, dell’accordo tra Eurid (futuro gestore di domini .Eu) e la Commissione Europea, quest’ultima ha, di recente, pubblicato le disposizioni di attuazione per l’istituzione del nome a dominio .Eu. Il regolamento comunitario prevede una fase iniziale di quattro mesi, denominata “sunrise period”, in cui la registrazione di nomi a dominio, prima che inizi la registrazione generale del dominio .Eu, potrà essere richiesta solo da coloro che sono già titolari di diritti, stabiliti dal diritto nazionale o comunitario. Questo periodo di quattro mesi sarà articolato in due fasi, ciascuna di due mesi. Nella prima fase la possibilità di chiedere la registrazione può essere esercitata solamente dai titolari o dai licenziatari di marchi nazionali o comunitari registrati nonché dai titolari di indicazioni geografiche o di nomi di organismi pubblici. Nella seconda fase la registrazione potrà essere richiesta da parte di tutti i suddetti soggetti e in più da qualsiasi altro titolare di diritti anteriori (marchi di fatto, ragioni sociali, cognomi, ecc.). Completati i primi quattro mesi la registrazione di un nome a dominio .Eu potrà essere richiesta dalla persona fisica, residente nella comunità europea, dall’impresa con sede legale o amministrativa o sede principale di affari nella comunità europea, dalle organizzazioni stabilite nel territorio della comunità europea, fatta salva l’applicazione della normativa nazionale. Il nome a dominio .Eu, che risulti simile o identico ad un nome oggetto di un diritto di esclusiva (es.: marchio registrato, indicazione geografiche, ragioni sociali, ecc.), potrà essere revocato, mediante procedura giudiziaria o stragiudiziale, se il nome a dominio .Eu risulta registrato e/o usato in malafede oppure· registrato da un non avente diritto sul nome.  
   
   
CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: UN CITTADINO NON PUÒ INVOCARE DINANZI AD UN GIUDICE NAZIONALE L’INCOMPATIBILITÀ DI UNA NORMATIVA COMUNITARIA CON TALUNE REGOLE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO  
 
La Corte di giustizia, con la sentenza pronunciata il 1° marzo 2005 nella causa C-377/02, Léon Van Parys Nv/belgisch Interventie- en Restitutiebureau, ha affermato che un cittadino non può invocare dinanzi ad un giudice nazionale l’incompatibilità di una normativa comunitaria con talune regole dell’organizzazione mondiale del commercio. La circostanza che l'organo di mediazione dell'Omc abbia constatato un'incompatibilità del genere non vale a rimettere in causa tale principio, tenuto conto del potere discrezionale di cui dispone la Comunità per porvi rimedio. La società Leon Van Parys Nv, stabilita in Belgio, importa da più di venti anni nella Comunità europea banane provenienti dall’Ecuador. Negli anni 1998 e 1999 le autorità belghe competenti (Belgisch Interventie- en Restitutiebureau) le hanno rifiutato titoli d’importazione per i quantitativi totali domandati, sul fondamento di regolamenti comunitari che disciplinano l’importazione di banane nella Comunità europea. La Van Parys ha contestato tali decisioni dinanzi al Consiglio di Stato belga con l'argomento che i regolamenti comunitari (Regolamento (Ce) n. 404/93, come modificato, e regolamenti nn. 2362/98, 2806/98, 102/99 e 608/99) violano talune regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc). L'organo di mediazione dell'Omc ha infatti dichiarato la normativa comunitaria incompatibile con le regole dell'Omc. Adita dal Consiglio di Stato belga, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha verificato anzitutto se gli accordi Omc possano essere invocati dai soggetti dell'ordinamento comunitario che contestino la validità di una normativa comunitaria. La Corte rileva che gli accordi Omc non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali essa controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie. Solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’Omc, ovvero nel caso in cui l’atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi Omc, spetta alla Corte controllare la legittimità dell’atto comunitario controverso alla luce delle regole dell’Omc. Ebbene, nella fattispecie, la Comunità non ha inteso assumere un obbligo particolare nell'ambito dell'Omc tale che il giudice comunitario controlli la legittimità delle disposizioni comunitarie alla luce delle regole dell'Omc controverse. Né i regolamenti in questione rinviano espressamente a precise disposizioni degli accordi Omc. In primo luogo, la Corte osserva che, pur dinanzi ad una decisione dell'organo di mediazione che constata l'incompatibilità di misure adottate da un membro con le regole dell'Omc, il sistema di risoluzione delle controversie nell'ambito di tale Organizzazione riserva sempre un ruolo importante ai negoziati tra le parti. Ciò considerato, ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto comunitario alle regole dell'Omc incombe direttamente al giudice comunitario equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi della Comunità della possibilità, offerta dalle stesse regole dell'Omc in materia di risoluzione delle controversie, di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate. La Corte constata che nella fattispecie la Comunità ha raggiunto un accordo con gli Stati Uniti d'America e con la Repubblica dell'Ecuador. In secondo luogo, la Corte sottolinea la necessità di non privare gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità medesima. Alcune di esse, fra cui le più importanti, non annoverano gli accordi Omc tra le norme alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali verificano la legittimità del loro diritto interno. Tale assenza di reciprocità rischierebbe di condurre ad uno squilibrio nell'applicazione delle regole dell'Omc. Ne discende che, in linea di principio, un cittadino non può invocare dinanzi ad un giudice di uno Stato membro l'incompatibilità di una normativa comunitaria con talune regole dell'Omc, sebbene tale incompatibilità sia stata dichiarata dall'organo di mediazione di detta Organizzazione.