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Notiziario Marketpress di Giovedì 15 Gennaio 2015
COMMENTO DEL PRESIDENTE UE JEAN-CLAUDE JUNCKER ALL´ANNUNCIO DELLE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE NAPOLITANO  
 
Bruxelles, 15 gennaio 2015 - "Il mio caro amico Giorgio Napolitano è un´àncora di stabilità, una presenza solida e rassicurante, e un grande europeo. Nel corso della sua carriera politica e dei suoi nove anni come Presidente ha affrontato ogni tempesta con equilibrio e dedicato la sua vita all´Italia e all´Europa. Sono sicuro che la storia riconoscerà il suo grande contributo all´Italia e all´ideale europeo."  
   
   
PARLAMENTO EUROPEO: SCHULZ SULLE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO  
 
Strasburgo, 15 gennaio 2015 - "Le dimissioni di Giorgio Napolitano oggi, alla fine della Presidenza del Consiglio italiana, sono un forte simbolo della sua incrollabile europeismo. Nel corso della sua carriera politica, e ancor più durante la sua presidenza, il Presidente Napolitano ha garantito la stabilità, la responsabilità e la guida in Italia e in Europa. La sua azienda mano nel bel mezzo della crisi della zona euro e la sua decisione di accettare un secondo mandato presidenziale di superare la situazione di stallo in un Parlamento diviso, sono solo due esempi della sua leadership e altruismo. L´europa è stata una fonte costante di attenzione e di riflessione per il presidente Napolitano. Durante la crisi ha lucidamente diagnosticato problemi sociali ed economici dell´Europa e offerto soluzioni ragionevoli per rilanciare la crescita e il progetto europeo nel suo insieme. E ´stato anche uno dei più forti promotori di un´Europa politica. Il suo discorso al Parlamento europeo il 4 febbraio 2014 rimane un punto culminante della precedente legislatura e uno degli interventi più lungimiranti sul futuro di un´Europa sempre pronunciate in plenaria di Strasburgo. Il Presidente Napolitano si dimette oggi, ma la sua eredità sarà eterna, in Italia e in Europa ".  
   
   
LA CORTE SI PRONUNCIA SUL PROGETTO DI ACCORDO SULL’ADESIONE DELL’UNIONE EUROPEA ALLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI E INDIVIDUA ALCUNI PROBLEMI DI COMPATIBILITÀ CON IL DIRITTO DELL’UNIONE  
 
Lussemburgo, 15 gennaio 2014 - La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («Cedu») è un accordo internazionale multilaterale concluso in seno al Consiglio d’Europa . Essa è entrata in vigore il 3 settembre 1953. Tutti i membri del Consiglio d’Europa sono Parti contraenti di tale convenzione. In un suo parere del 1996 la Corte aveva già affermato che, allo stato del diritto comunitario vigente a quell’epoca, la Comunità europea non era competente ad aderire alla Cedu. Dopo di allora, il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione hanno proclamato, nel 2000, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla quale il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, ha conferito il medesimo valore giuridico dei Trattati. Il Trattato di Lisbona ha altresì modificato l’articolo 6 del Trattato Ue, il quale ora prevede, da un lato, che i diritti fondamentali, quali garantiti dalla Cedu e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e, dall’altro, che l’Unione aderisce alla Cedu . Tuttavia, a quest’ultimo proposito, il Protocollo n. 8 dispone che l’accordo di adesione deve soddisfare talune condizioni intese in particolare a garantire che siano preservate le caratteristiche specifiche dell’Unione e del diritto dell’Unione e che l’adesione dell’Unione non incida né sulle sue competenze né sulle attribuzioni delle sue istituzioni. A seguito di una raccomandazione della Commissione, il Consiglio ha adottato, il 4 giugno 2010, una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati relativi a un accordo di adesione. La Commissione è stata designata quale negoziatore. Il 5 aprile 2013 i negoziati si sono concretizzati in un accordo sui progetti di strumenti d’adesione. In tale contesto la Commissione si è rivolta, in data 4 luglio 2013, alla Corte di giustizia per ottenere il suo parere in merito alla compatibilità del progetto di accordo con il diritto dell’Unione, conformemente all’articolo 218, paragrafo 11, Tfue . Nel suo parere pronunciato in data odierna, la Corte, dopo aver ricordato che il problema della mancanza di una base giuridica per l’adesione dell’Unione alla Cedu è stato risolto dal Trattato di Lisbona, sottolinea che, poiché l’Unione non può essere considerata uno Stato, l’adesione deve tenere in considerazione le caratteristiche particolari dell’Unione medesima, ciò che è per l’appunto quanto imposto dalle condizioni che gli stessi Trattati hanno stabilito per l’adesione. Precisato ciò, la Corte osserva anzitutto che, in virtù dell’adesione, la Cedu, al pari di qualsiasi altro accordo internazionale concluso dall’Unione, vincolerebbe le istituzioni di quest’ultima e gli Stati membri e formerebbe dunque parte integrante del diritto dell’Unione. L’unione sarebbe sottoposta, al pari di qualsiasi altra Parte contraente, ad un controllo esterno avente ad oggetto il rispetto dei diritti e delle libertà previsti dalla Cedu. L’unione e le sue istituzioni sarebbero dunque assoggettate ai meccanismi di controllo previsti da tale convenzione e, in particolare, alle decisioni e alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo («Corte Edu»). La Corte constata che è certo inerente alla nozione stessa di controllo esterno il fatto che, da un lato, l’interpretazione della Cedu fornita dalla Corte Edu vincolerebbe l’Unione e tutte le sue istituzioni e che, dall’altro lato, l’interpretazione data dalla Corte di giustizia di un diritto riconosciuto da detta convenzione non vincolerebbe la Corte Edu. Tuttavia, essa precisa che ciò non può valere per quanto riguarda l’interpretazione che la Corte stessa dà del diritto dell’Unione e, in particolare, della Carta. A questo proposito, la Corte sottolinea che, poiché la Cedu riserva alle Parti contraenti la facoltà di prevedere standard di tutela più elevati di quelli garantiti dalla Cedu stessa, occorre assicurare un coordinamento tra la Cedu e la Carta. Infatti, qualora i diritti riconosciuti dalla Carta corrispondano a diritti garantiti dalla Cedu, occorre che la facoltà concessa dalla Cedu agli Stati membri resti limitata a quanto è necessario per evitare di compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta, nonché il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione. La Corte constata che il progetto di accordo non prevede alcuna disposizione intesa ad assicurare tale coordinamento. La Corte considera che l’approccio adottato nel progetto di accordo, consistente nell’equiparare l’Unione ad uno Stato e nel riservare ad essa un ruolo del tutto identico a quello di qualsiasi altra Parte contraente, contravviene proprio alla natura intrinseca dell’Unione. Tale approccio non tiene conto del fatto che gli Stati membri hanno accettato che i loro reciproci rapporti, sulle materie oggetto del trasferimento di competenze all’Unione, fossero disciplinati dal diritto di quest’ultima, con esclusione di qualsiasi altro diritto. Imponendo di considerare l’Unione e gli Stati membri come Parti contraenti non soltanto nei loro rapporti con le Parti che non sono Stati membri dell’Unione, ma anche nei loro reciproci rapporti, la Cedu esigerebbe da ciascuno Stato membro la verifica del rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, ancorché il diritto dell’Unione imponga la fiducia reciproca tra tali Stati membri. Date tali circostanze, l’adesione può compromettere l’equilibrio sul quale l’Unione si fonda, nonché l’autonomia del diritto dell’Unione. Orbene, l’accordo nulla dispone per prevenire un’evoluzione in tal senso. La Corte rileva che il Protocollo n. 16 della Cedu, firmato il 2 ottobre 2013, autorizza le più alte giurisdizioni degli Stati membri a rivolgere alla Corte Edu domande di pareri consultivi in merito a questioni di principio sull’interpretazione o applicazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Cedu o dai suoi protocolli. Dato che, in caso di adesione, la Cedu formerebbe parte integrante del diritto dell’Unione, il meccanismo istituito dal protocollo potrebbe pregiudicare l’autonomia e l’efficacia della procedura di rinvio pregiudiziale prevista dal Trattato Fue, segnatamente quando i diritti garantiti dalla Carta corrispondano ai diritti riconosciuti dalla Cedu. Infatti, non è escluso che una domanda di parere consultivo proposta ai sensi del Protocollo n. 16 da un giudice nazionale possa dare avvio alla procedura cosiddetta di «previo coinvolgimento» della Corte , creando così un rischio di elusione della procedura di rinvio pregiudiziale. Il progetto di accordo nulla dispone riguardo all’articolazione tra i due meccanismi. La Corte ricorda poi che il Trattato Fue stabilisce che gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia sull’interpretazione e l’applicazione dei Trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti da questi ultimi . Di conseguenza, qualora venga in discussione il diritto dell’Unione, la Corte è competente in via esclusiva a conoscere di qualsiasi controversia tra gli Stati membri nonché tra questi ultimi e l’Unione in merito al rispetto della Cedu. Il fatto che, in base al progetto di accordo, le procedure dinanzi alla Corte non debbano essere considerate come modalità di composizione delle controversie alle quali le Parti contraenti hanno rinunciato ai sensi della Cedu non può essere sufficiente per preservare la competenza esclusiva della Corte. Infatti, il progetto di accordo lascia persistere la possibilità che l’Unione o gli Stati membri sottopongano alla Corte Edu una domanda avente ad oggetto un’asserita violazione della Cedu ad opera di uno Stato membro o dell’Unione correlata con il diritto dell’Unione. L’esistenza stessa di una simile possibilità pregiudica le prescrizioni dettate dal Trattato Fue. Date tali circostanze, il progetto di accordo potrebbe essere compatibile con il Trattato Fue soltanto nel caso in cui la competenza della Corte Edu fosse esplicitamente esclusa per le controversie che oppongono gli Stati membri tra loro ovvero gli Stati membri e l’Unione in merito all’applicazione della Cedu nel quadro del diritto dell’Unione. Inoltre, nel progetto di accordo, il meccanismo del convenuto aggiunto ha come finalità di assicurarsi che i ricorsi proposti dinanzi alla Corte Edu da Stati non membri, nonché i ricorsi individuali, vengano indirizzati correttamente, a seconda dei casi, contro gli Stati membri e/o contro l’Unione. Il progetto di accordo prevede che una Parte contraente divenga convenuto aggiunto o accettando un invito in tal senso rivoltole dalla Corte Edu o per decisione di tale Corte a seguito di una richiesta della stessa Parte contraente. Quando l’Unione o gli Stati membri chiedono di intervenire quali convenuti aggiunti in una causa dinanzi alla Corte Edu, devono provare che i presupposti per la loro partecipazione al procedimento sono soddisfatti e la Corte Edu statuisce su tale richiesta con riferimento alla plausibilità degli argomenti forniti. Mediante tale controllo, la Corte Edu sarebbe indotta a valutare le norme del diritto dell’Unione che disciplinano la ripartizione delle competenze tra quest’ultima e i suoi Stati membri, nonché i criteri di imputazione degli atti o delle omissioni di questi ultimi. A questo proposito, la Corte Edu potrebbe adottare una decisione definitiva che si imporrebbe sia agli Stati membri sia all’Unione. Permettere alla Corte Edu di adottare una decisione siffatta rischierebbe di pregiudicare la ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri. Del pari, la Corte si pronuncia sulla procedura di previo coinvolgimento della Corte stessa . Essa rileva in primo luogo che, a tal fine, il quesito se la Corte si sia già pronunciata su una questione di diritto identica a quella oggetto del procedimento dinanzi alla Corte Edu può essere risolto soltanto dall’istituzione competente dell’Unione, là dove la decisione di tale istituzione deve vincolare la Corte Edu. Infatti, permettere alla Corte Edu di statuire su una questione siffatta equivarrebbe ad attribuirle una competenza ad interpretare la giurisprudenza della Corte. Di conseguenza, tale procedura dovrebbe essere configurata in modo tale che, in qualsiasi causa pendente dinanzi alla Corte Edu, venga trasmessa un’informazione completa e sistematica all’Unione, affinché l’istituzione competente venga messa in condizione di valutare se la Corte si sia già pronunciata sulla questione di cui trattasi e, in caso negativo, di ottenere l’attuazione di detta procedura. In secondo luogo, la Corte osserva che il progetto di accordo esclude la possibilità di adire la Corte affinché questa si pronunci su una questione di interpretazione del diritto derivato mediante detta procedura. Una simile limitazione della portata di tale procedura alle sole questioni di validità pregiudica le competenze dell’Unione e le attribuzioni della Corte. Infine, la Corte analizza le caratteristiche specifiche del diritto dell’Unione riguardo al controllo giurisdizionale in materia di politica estera e di sicurezza comune («Pesc»). Sottolinea che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, taluni atti adottati nell’ambito della Pesc sfuggono al controllo giurisdizionale della Corte. Una simile situazione inerisce alla configurazione delle competenze della Corte prevista dai Trattati e, in quanto tale, non può giustificarsi se non in virtù del solo diritto dell’Unione. Tuttavia, per effetto dell’adesione nei termini contemplati dal progetto di accordo, la Corte Edu sarebbe legittimata a pronunciarsi sulla conformità alla Cedu di determinati atti, azioni od omissioni posti in essere nell’ambito della Pesc, e in particolare di quelli per i quali la Corte non ha competenza a verificare la loro legittimità in rapporto ai diritti fondamentali. Una simile situazione equivarrebbe ad affidare, per quanto riguarda il rispetto dei diritti garantiti dalla Cedu, il controllo giurisdizionale esclusivo degli atti, delle azioni o delle omissioni dell’Unione sopra citati ad un organo esterno all’Unione. Di conseguenza, il progetto di accordo lede le caratteristiche specifiche del diritto dell’Unione riguardo al controllo giurisdizionale degli atti, delle azioni o delle omissioni dell’Unione nel settore della Pesc. Alla luce dei problemi individuati, la Corte conclude che il progetto di accordo sull’adesione dell’Unione europea alla Cedu non è compatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione.  
   
   
PROVINCE TOSCANE, ROSSI: "A REGIONE COMPETENZE DIRETTE SU FORMAZIONE, AGRICOLTURA E AMBIENTE. LUNEDÌ IN GIUNTA LA NUOVA LEGGE"  
 
 Firenze 15 gennaio 2015 – Riorganizzazione delle province: la Regione ha già pronta la sua proposta di legge. Andrà lunedì prossimo all´approvazione della giunta e disegna un riassetto di competenze unico a livello nazionale, con una Regione impegnata direttamente nel governo del territorio. Lo ha detto oggi il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e ne ha spiegato i capisaldi ai giornalisti, affiancato dall´assessore Vittorio Bugli che ha partecipato agli incontri preparatori e lavorato al testo della legge. "La nuova legge – ha spiegato il presidente Rossi – è basata su tre principi cardine: sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, ovvero non sovrapposizione delle competenze. In base al principio di sussidiarietà – ha continuato – deve essere fatto a livello locale ciò che più è utile e conveniente, ma in base al principio di adeguatezza non tutto va fatto a livello locale, per evitare il rischio di localismi. In base al principio di differenziazione – ha aggiunto – si eviteranno duplicati e sovrapposizioni." Saranno tre le grandi aree di competenze, oggi gestite dalle Province, che ritorneranno in capo alla Regione. "La prima – ha spiegato Rossi – è quella che attiene alla formazione a cui si ricollega anche il lavoro. La formazione che oggi è svolta al 50% dalle Province e al 50% dalla Regione, sarà tutta regionale, mentre per quanto riguarda i centri per l´impiego – ha aggiunto – noi pensiamo ad una agenzia nazionale con declinazioni regionali." "La seconda area di competenze riguarda l´agricoltura, la caccia e la pesca – ha spiegato ancora il presidente – mentre la terza riguarda l´ambiente. Questo significa che avremo un Genio Civile regionale, che sarà presente sui territori, e che sarà competente per la progettazione, la manutenzione, la polizia idraulica." Un esempio di applicazione diretta della nuova normativa sarà quello di Carrara dopo la recente alluvione. A completare il riassetto organizzativo Rossi ha aggiunto che è in itinere un accordo con il Comune di Firenze per la ripartizione dei compiti con la città metropolitana. Quanto al personale delle province il presidente ha spiegato l´iter che seguirà l´approvazione del riassetto organizzativo. "Dopo l´approvazione in Consiglio regionale – ha detto Rossi - comincerà la discussione, che comprenderà le forze sociali e sindacali, per riassorbire parte del personale delle province dichiarato in esubero dal Governo con la legge di stabilità. Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è quello di non lasciare nessuno per strada, per questo chiederemo anche agli Enti Locali e agli organi dello Stato di farsi carico della questione." Attualmente in Toscana risultano circa 4 mila 400 dipendenti in carico alle province, e circa il 50%, ovvero circa 2mila e 200 sono stati dichiarati "esuberi" dallo Stato. Dopo l´approvazione della nuova legge il percorso di riassorbimento del personale, che in base alla legge Del Rio non dovrà comportare aumenti di spesa, si concluderà in 3 mesi. "Fino ad allora – ha detto Rossi – gli stipendi del personale delle province saranno garantiti, perchè la Regione continuerà a trasferire i fondi relativi alle materie delegate. Dunque – ha sottolineato – se qualcuno continua a dire che non vi sono fondi per pagare gli stipendi – ha ribadito – questo non dipende dalla Regione, ma dai tagli dello Stato o da problemi dei bilanci provinciali." Sempre in tema di personale il presidente ha ricordato che la Regione ha avviato un piano di riorganizzazione che prevede l´applicazione delle norme antecedenti alla Fornero e pensionerà circa 250 dipendenti. Analogamente si sta procedendo con le Asl. "Andreamo avanti in questa direzione anche per il personale delle province che ne abbia i requisiti e in questo senso sono stati invitati a lavorare già da oggi anche i presidenti delle province stesse." Infine un´interrogativo al Governo. "La Regione – ha scandito Rossi – con le Asl e il sistema degli enti locali si stanno riorganizzando, come mai nella riorganizzazione non vengono coinvolti anche gli apparati periferici dello Stato? Siamo sicuri che a livello di apparati periferici dello Stato non ci sia nullla dove sia necessario intervenire per razionalizzare e risparmiare sulla spesa pubblica?"  
   
   
L´AQUILA CAPOLUOGO: D´ALFONSO ILLUSTRA DDLR  
 
L´aquila, 15 gennaio 2015 - "I segnali di stagnazione dell´economia regionale risalenti alla fine degli anni novanta, sommati alle devastanti problematiche emerse con l´attuale crisi economica e agli effetti del terremoto del 2009, rappresentano la motivazione che hanno ispirato la necessità di produrre una nuova legge regionale con la quale ridefinire il ruolo della città dell´Aquila Capoluogo di Regione". Lo ha detto il Presidente della Regione, Luciano D´alfonso, illustrando ieri mattina in conferenza stampa i contenuti del disegno di legge regionale con cui, ha detto, "si individuano anche gli strumenti per la realizzazione di politiche di valorizzazione delle peculiarità del territorio aquilano, capaci anche di dare impulso allo sviluppo dell’ intera Regione". Alla presentazione del provvedimento, erano presenti il Sindaco dell´Aquila, Massimo Cialente e il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, firmatario del Ddlr. Pietrucci: "Con questo provvedimento si tende a rendere concreto l´interesse regionale per l´assolvimento, da parte della città dell´Aquila, del ruolo di Capoluogo dell´Abruzzo, selezionando alcuni assi strategici di intervento ritenuti capaci di creare nuove attività produttive, sfruttando in primo luogo le potenzialità turistiche e le condizioni naturalistico-ambientali che il territorio presenta". E´ stato spiegato che con la legge regionale la Regione Abruzzo intende innescare un processo che porti la città dell´Aquila ad essere il polo amministrativo istituzionale della Regione, anche mediante l´attribuzione, da realizzarsi con successive leggi regionali, al Comune dell´Aquila di funzioni amministrative in materie di competenza legislativa regionale. E´ prevista, infatti, la possibilità di attribuire al Comune dell´Aquila fondi regionali da destinare all´esercizio delle funzioni amministrative, nonché all´assolvimento degli oneri derivanti dal ruolo e dalla funzione di capoluogo. Inoltre, la legge prevede la creazione di uno strumento di coordinamento dell´azione degli enti coinvolti - la Conferenza per L´aquila Capoluogo - attribuendole un ruolo di impulso politico e amministrativo. Alla Conferenza partecipano gli assessori della Regione Abruzzo e del Comune dell´Aquila competenti per le questioni oggetto dei lavori di ogni singola seduta. Considerata la particolare natura e conformazione della città dell´Aquila e del suo territorio, la Conferenza promuove iniziative volte a favorire l´insediamento nella città dell´Aquila o nel suo territorio di strutture formative di protezione civile. Altresì, la Conferenza promuove e favorisce la realizzazione di interventi migliorativi della capacità strutturale di gestione e prevenzione del rischio derivante da situazioni di criticità, ponendo particolare attenzione alla tutela delle categorie sociali particolarmente esposte. La Conferenza promuove iniziative di coordinamento fra gli operatori turistici abruzzesi, allo scopo di sviluppare un sistema di cooperazione fra i territori montani e quelli costieri che migliori la promozione turistica complessiva della Regione e rafforzi la coesione sociale e la crescita economica della Regione medesima. Vengono anche definiti i settori territoriali di intervento: con l´espressione "Città dell´Aquila" si intende il sistema intercomunale composto, oltre che dal Comune capoluogo, anche dai comuni di Barete, Barisciano, Fossa, Lucoli, Ocre, Pizzoli, Scoppito, Tornimparte e Poggio Picenze; con l´espressione "sistema territoriale dell´Aquila" si intende l´area del comprensorio aquilano. Agli oneri derivanti dalle disposizioni della legge regionale si provvede mediante l´assegnazione dello 0,5% del gettito derivante dal bollo auto. Considerato l´elevato valore del patrimonio architettonico, culturale e artistico della città e del territorio dell´Aquila, la Conferenza promuove tutte le attività necessarie al recupero, alla conservazione e alla promozione dei beni culturali. La Conferenza avvia attività di ascolto delle associazioni culturali e sportive presenti nella città dell´Aquila e nel territorio, allo scopo di programmare interventi settoriali finalizzati ad aumentare l´incidenza sociale delle attività svolte da tali associazioni. Considerati gli effetti favorevoli per l´identità culturale e turistica della regione che possono derivare da un´adeguata promozione dell´evento, la legge riconosce alla Perdonanza Celestiniana il valore di patrimonio dell´intera collettività abruzzese e impegna la Conferenza a favorire la massima valorizzazione dell´esperienza della Perdonanza celestiniana, occupandosi di organizzare annualmente un Festival delle Religioni e delle Fedi che coinvolgano i siti del Cammino celestiniano. La Regione Abruzzo, infine, allo scopo di garantire all´Aquila e a quelli del territorio una dotazione di organico adeguata rispetto agli oneri derivanti dalla legge, può incaricare o dare in uso a questi figure professionali del proprio organico di appartenenza. In particolare, la Regione Abruzzo assegna per specifici progetti al Comune dell´Aquila il personale necessario al funzionamento della Conferenza e della Consulta dei Sindaci.  
   
   
BASILICATA: RIDUZIONE VITALIZI, PRESENTATA PROPOSTA DI LEGGE PREVISTI I PARAMETRI COMUNI A TUTTE LE REGIONI FISSATI DALLA CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE REGIONALI.  
 
Potenza, 15 gennaio 2015 - Innalzamento a 65 anni dell’età anagrafica e almeno 5 anni di mandato svolto per la corresponsione del vitalizio (analogamente a 14 gennaio 2015 - quanto previsto per i regolamenti parlamentari), contributo di solidarietà sui vitalizi (calcolato in modo progressivo con tre aliquote) per il quinquennio 2015/2020 (in ragione dei criteri di temporaneità, ragionevolezza e proporzionalità invocati di recente dalla Consulta) nell’ottica della riduzione e razionalizzazione dei costi; ulteriore riduzione del vitalizio, nello stesso periodo, nel caso in cui il beneficiario sia titolare di altro vitalizio per aver ricoperto la carica di parlamentare nazionale o europeo: sono questi i principali contenuti di una proposta di modifica della legge regionale n. 38/2002 che i componenti dell’Ufficio di Presidenza (il presidente Lacorazza, i vicepresidenti Mollica e Galante, i consiglieri segretari Castelluccio e Polese) hanno formalizzato ieri. Obiettivo della proposta di legge è quello di uniformare i vitalizi attualmente erogati agli ex consiglieri ai parametri comuni a tutte le Regioni che la Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative ha fissato nel mese di ottobre e che alcuni Consigli regionali hanno già approvato. La nuova disciplina non riguarda gli attuali consiglieri regionali (in Basilicata il vitalizio è stato abolito dal 2013) ma solo quanti percepiscono già il vitalizio o hanno maturato i requisiti per riceverlo a partire dalle precedenti legislature. Gli importi dei vitalizi sono già stati ridotti negli ultimi anni, in conseguenza della riduzione delle indennità dei consiglieri regionali a cui sono parametrati. “È materia spinosa e complessa quella dei ´diritti acquisiti´ – afferma il presidente dell’Assemblea Piero Lacorazza -, così come il ricorso al Tar su un analogo provvedimento degli ex consiglieri regionali della Lombardia evidenzia in queste ore. È una vicenda particolare che vive sul crinale tra diritto e segnali che i cittadini chiedono alla politica. In questa incertezza la richiesta di un contributo di solidarietà, di scopo, per alcune iniziative culturali ed istituzionali promosse dal Consiglio potrebbe essere un bel segnale anche per promuovere la rivitalizzazione dell’associazione degli ex consiglieri ed iniziative di ricerca, di studio e di promozione dell´identità dei lucani”. In questo senso, come annunciato lunedì scorso nella conferenza stampa dell’Ufficio di Presidenza, Lacorazza conferma oggi l’intenzione di utilizzare i circa 600 mila euro che, in caso di approvazione della proposta di legge, scaturiranno dall’ulteriore taglio dei vitalizi nei prossimi cinque anni “per sostenere iniziative culturali quali ad esempio una rivista che contribuisca a riaprire il dibattito su Mezzogiorno interno e cultura e la creazione di un archivio degli scrittori lucani teso a riscoprire pubblicazioni e storie poco conosciute per ampliare la memoria collettiva della comunità regionale”. Per questo Lacorazza chiederà al presidente dell’associazione degli ex consiglieri Gabriele Di Mauro “di partecipare a queste iniziative non solo per attingere al bagaglio di esperienza di chi ha partecipato alla costruzione della Regione Basilicata, ma anche per il contributo di qualità che l’associazione può dare alla riflessione culturale e politica tanto nella riscrittura delle regole quanto nel progetto #Lucani2019 che individua in Matera la ‘locomotiva’ a cui agganciare gli altri 130 vagoni dei Comuni lucani per dare un senso alle radici e alla storia, rinnovare le regole, costruire il futuro”.  
   
   
MARCHE: RIAPERTI I TERMINI PER L’ISCRIZIONE NELL’ELENCO DELLE ASSOCIAZIONI GIOVANILI  
 
Ancona, 15 gennaio 2015 - Le associazioni giovanili hanno un mese di tempo, dal 10 gennaio al 10 febbraio 2015, per presentare la domanda di iscrizione nell’elenco regionale. Lo annuncia l’assessore alle Politiche giovanili, Paola Giorgi, che specifica: “Al centro i ragazzi, le loro associazioni, le loro idee: le politiche giovanili nella nostra Regione non considerano i giovani semplici fruitori di iniziative ma promotori protagonisti di progetti e di idee. Noi - aggiunge Giorgi - forniamo gli strumenti a loro disposizione e i luoghi di condivisione. L’elenco regionale delle associazioni giovanili è uno strumento qualificante e di riconoscibilità dell’associazionismo, il suo aggiornamento annuale è sinonimo dell’apertura ad una platea sempre più ampia e qualificata di giovani, elemento che ha caratterizzato il lavoro dell’assessorato in questi ultimi due anni”. La riapertura dei termini per l’iscrizione nell’elenco delle associazioni giovanili è prevista dalla deliberazione di giunta (n. 439 del 2 aprile 2012) con riferimento all’elenco istituito con la legge regionale in materia di politiche giovanili. Il provvedimento prevede che ogni anno possano essere presentate le domande di prima iscrizione nell’elenco. Devono essere composte in prevalenza da giovani fra i 16 e i 35 anni, aver sede e svolgere la propria attività nelle Marche e prevedere tra i propri scopi statutari lo svolgimento di attività e iniziative a favore dei giovani. Nel corso di tre anni dalla sua introduzione, la norma ha permesso l’iscrizione nell’elenco di 40 associazioni marchigiane in possesso di tutti i requisiti per poter essere definite “giovanili”, come previsto dalla delibera. L’iscrizione è necessaria per svolgere un ruolo attivo nelle politiche giovanili e partecipare ai finanziamenti del settore. La nuova Legge regionale sulle politiche giovanili delle Marche, infatti, riconosce i giovani come risorsa fondamentale ed essenziale della comunità e attribuisce al settore in tutte le aree di intervento possibili - cultura, formazione, informazione, istruzione, lavoro, ambiente, sanità, politiche comunitarie - un importante ruolo di trasversalità e intersettorialità, in armonia e in raccordo con i programmi in ambito nazionale ed europee. La struttura regionale cui rivolgersi per informazioni è la P.f. Emigrazione, Sport e Politiche giovanili -Via Tiziano n. 44 – 60125 Ancona. Tel. 071/806.3416.  
   
   
MARCHE: REINSERIMENTO DISOCCUPATI OVER 30, LE DOMANDE PER I TIROCINI FORMATIVI SLITTANO AL 16 FEBBRAIO.  
 
 Ancona, 15 gennaio 2014 - Slitta di un mese la data di presentazione delle domande per i tirocini formativi riservati ai disoccupati over 30. Dal 15 gennaio, la nuova scadenza è stata spostata al 15 febbraio 2015 (essendo una domenica, il termine è di fatto posticipato a lunedì 16 febbraio), mentre la validità del bando slittata al 20 aprile 2015, salvo esaurimento dei fondi previsti. Il rinvio è dovuto all’entrata in vigore (dal 1 gennaio 2015) della nuova normativa Isee, che rende difficoltosa la presentazione dell’attestato. L’avviso pubblico per “Interventi a supporto del re-inserimento di disoccupati over 30 attraverso l’attuazione di tirocini formativi", era stato emanato dalla Regione Marche il 29 dicembre scorso. A quella data non erano però prevedibili le difficoltà delle procedure per il calcolo e il conseguimento della attestazione Isee, elemento essenziale per l’accesso al bando. Molti cittadini interessati si trovano, pertanto, nell’impossibilità di presentare la domanda per partecipare all’avviso pubblico. La Regione ha quindi deciso di modificare le date di inizio e di conclusione del bando per garantire a tutti i potenziali beneficiari le stesse possibilità di accesso alla misura.  
   
   
RIFUGIATI: FVG, FAVORIRE UTILIZZO SOCIALMENTE UTILE  
 
 Tolmezzo, 15 gennaio 2015 - Gli stranieri richiedenti asilo in Friuli Venezia Giulia sono all´incirca 1500, una quota molto vicina all´1 per cento degli immigrati presenti in regione, e, secondo l´assessore regionale Gianni Torrenti, rappresentano un´emergenza soprattutto perché "manca il coinvolgimento diffuso del territorio e, più in generale, in Italia non siamo pronti ad accoglierli". Nel corso dell´incontro con i sindaci dell´Alto Friuli, convocato dal prefetto di Udine, Provvidenza Delfina Raimondo, nella sede della Comunità Montana di Tolmezzo, Torrenti ha ricordato come la Regione non abbia competenze dirette sui rifugiati ma si è resa disponibile per un´attività di coordinamento e supporto rispetto ad una situazione "figlia di una crisi internazionale che si protrarrà nel tempo". "Se ci impegniamo tutti insieme - ha aggiunto l´assessore - possiamo ridurre l´impatto complessivo distribuendo chi arriva da terra o da mare sull´intero territorio regionale, rivolgendo in positivo la presenza dei richiedenti asilo attraverso il loro utilizzo in lavori socialmente utili nell´ambito del verde pubblico, della pulizia strade o di altre attività similari". "Tutto questo - ha evidenziato Torrenti, ricordando che la Regione mette a disposizione dei Comuni risorse aggiuntive a quelle nazionali, dedicandole proprio alla prima accoglienza - può contribuire ad evitare che gli stranieri rimangano tutto il giorno in circolazione senza nulla da fare, rischiando di entrare in conflitto con la popolazione locale nel periodo in cui non possono lavorare regolarmente fino a quando non viene avviata la procedura di riconoscimento di rifugiato che, auspichiamo, dovrebbe essere portata a termine nell´arco di un mese ora che alla Commissione di Gorizia si affiancheranno anche quelle di Padova e Verona". "E´ molto meglio anticipare e non subire le criticità - ha concluso l´assessore regionale - per favorire il risparmio, la stabilizzazione e, quando è il caso, l´inserimento".