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LUNEDI

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Notiziario Marketpress di Lunedì 14 Marzo 2011
BIBLIOTECA AMBROSIANA: IN RETE 36 MILA MANOSCRITTI IN 5 ANNI  
 
L’ambrosiana ha deciso di digitalizzare e mettere on line, nei prossimi 5 anni, i 36mila manoscritti custoditi nella Biblioteca fondata dall´arcivescovo Federico Borromeo. La prima parte del progetto prevede un impegno di 500mila euro. Circa la metà è stata messa a disposizione dalla Fondazione Cariplo. Per il resto delle spese l’Ambrosiana si appella ai privati  
   
   
GIAN LUIGI RONDI, COMMISSARIO STRAORDINARIO DELLA SIAE  
 
Il Consiglio dei Ministri ha nominato Gian Luigi Rondi (classe 1921, presidente del Festival internazionale del cinema di Roma) Commissario straordinario della Società italiana degli autori ed editori (Siae) e Mario Stella Richter e Domenico Luca Scordino sub Commissari della Siae  
   
   
RON KIRK: LA PIRATERIA INDEBOLISCE L’INNOVAZIONE E LA CREATIVITÀ  
 
Lo scorso 28 febbraio l’Ufficio della rappresentanza commerciale degli Stati Uniti ha diffuso i dati sui mercati internazionali, sia fisici che virtuali, in cui le violazioni alla proprietà intellettuale sono maggiormente diffuse. Fra i luoghi citati, i mercati fisici di Argentina e Ucraina e alcuni siti Internet di Cina, Russia, Ucraina, Canada e Svezia. "La pirateria e la contraffazione indeboliscono l’innovazione e la creatività che è vitale per la nostra competitività globale" ha dichiarato il responsabile dell’agenzia governativa Ron Kirk. "L’elenco di oggi evidenzia una opportunità di lavorare insieme ai nostri partner commerciali per frenare il mercato illegale ed espandere il commercio legale nelle industrie creative e innovative"  
   
   
TELEMARKETING: NUOVA INFORMATIVA AGLI ABBONATI VECCHI E NUOVI  
 
Le società telefoniche dovranno informare i nuovi e i vecchi abbonati sulle nuove modalità da utilizzare per non ricevere telefonate pubblicitarie. Lo ha stabilito il Garante per la privacy con provvedimento, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La nuova normativa sul telemarketing prevede, infatti, che gli abbonati che non desiderano ricevere telefonate promozionali debbano iscrivere la loro utenza telefonica nel Registro delle opposizioni, entrato in funzione il 1 febbraio scorso e gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni. E’ dunque necessario che gli operatori informino gli utenti della nuova modalità da attivare per non essere disturbati. A tale scopo il Garante ha messo a punto i due modelli di informativa che le società dovranno utilizzare e nei quali vengono specificati i cinque modi per potersi iscrivere al Registro (per posta, tramite numero verde, via mail, via fax, direttamente sul sito web della Fondazione Bordoni). Il primo modello riguarda i nuovi abbonati alla telefonia, fissa e mobile, e coloro che cambiano operatore richiedendo la cosiddetta “portabilità del numero”. Il modulo dovrà essere fornito al momento della stipula del contratto, oltre che inserito nei siti web degli operatori telefonici. Consentirà anche di decidere se comparire negli elenchi telefonici ed eventualmente con quali dati (ad. Es. Solo con il cognome e l’iniziale del nome). Il secondo modello è relativo ai vecchi abbonati e dovrà essere inviato alla prima occasione utile di contatto (rendiconti, fatture, altre comunicazioni di servizio) oltre che essere inserito nei siti web degli operatori. Il modello dovrà specificare che l’abbonato ha sempre diritto di cancellarsi in ogni momento dagli elenchi telefonici. Rispetto a quelli attuali, i prossimi elenchi telefonici dunque non recheranno più il simbolo grafico della cornetta con il quale venivano individuati gli abbonati che avevano acconsentito a far utilizzare la loro utenza per chiamate commerciali. D’ora in poi, infatti, non dipenderà dal simbolo la possibilità per le aziende di usare i numeri telefonici per fare marketing telefonico, ma dalla iscrizione o meno delle utenze al Registro delle opposizioni. Il mancato rispetto delle prescrizioni del Garante comporta sanzioni da un minimo di 30mila ad un massimo di 180mila euro, che potranno raggiungere, nei casi più gravi, i 300mila euro  
   
   
CONVENZIONE TRA ASSOTRAVEL E SMAU BUSINESS ROMA  
 
Confindustria Assotravel ha sottoscritto una convenzione con Smau Business (piattaforma di riferimento per l’incontro tra le aziende fornitrici di tecnologia e il mondo delle imprese e delle pubbliche amministrazione, i professionisti It e i rivenditori) con riferimento all’evento che si terrà a Roma il 30 e 31 marzo a favore delle imprese aderenti. Smau infatti continua anche nel 2011 il suo circuito di eventi territoriali (Smau Business) con l’obiettivo di rispondere alla domanda degli imprenditori di dimensioni medie e piccole di avere, proprio nel loro territorio, un luogo dove incontrare i principali fornitori di soluzioni Ict. Nei due giorni di formazione e di approfondimento sui temi legati alle moderne tecnologie digitali al servizio del business, sono attesi 4500 imprenditori e decisori aziendali delle piccole e medie imprese del centro Italia. Durante l’evento autorevoli analisti e scuole di formazione illustreranno contenuti indipendenti e casi pratici realizzati nelle aziende. Lo scopo è aiutare le imprese ad aumentare la propria competitività puntando sulla tecnologica. La partecipazione è gratuita previo invito. Sottoscrivendo questa convenzione, Assotravel conferma la propria attenzione sul tema fondamentale dell’innovazione tecnologica all’interno delle agenzie di viaggio come testimonia il fatto che essa è l’unica associazione a gestire uno spazio web dedicato esclusivamente alle tecnologie applicate al turismo www.Webtravelblog.it  
   
   
MSE: ON-LINE IL NUOVO PORTALE DEL MINISTERO  
 
Romani: “Più trasparenza e rapporto diretto con gli utenti. Con le tecnologie digitali rafforziamo il servizio pubblico per cittadini e imprese”. Dal 9 marzo è on-line il nuovo portale internet del Ministero dello Sviluppo Economico all’indirizzo: www.Svilupppoeconomico.gov.it. Il sito internet, visibile anche su dispositivi di ultima generazione come I-phone ed I-pad, è stato realizzato con criteri che rispettano i parametri di accessibilità ed usabilità, nel rispetto della normativa vigente e in collaborazione con l’Iscom (Istituto superiore delle Comunicazioni). L’interfaccia è rinnovata non solo nella grafica, nella struttura e nei contenuti ma offre all’utente - sia esso un’impresa, un cittadino o un ente - sezioni in cui è possibile reperire le informazioni in modo rapido e semplice, con utilità e servizi interattivi (dal Monitoraggio del prezzi, compresi i carburanti, al confronto delle tariffe assicurative, agli sportelli telematici per le agevolazioni alle imprese). Ad aprire il sito internet, realizzato e aggiornato dall’ufficio stampa del Mise, un menù in cui è possibile consultare le principali notizie su Ministro, Sottosegretario e Dipartimenti. Nella parte sottostante, una copertina con le sei notizie principali della settimana; le altre notizie dipartimentali, invece, si possono reperire nella parte centrale dell’home-page. Sul portale, continuamente aggiornato, è inoltre possibile reperire anche notizie, dossier, link, attività, utilità e normative. Sono inoltre presenti dossier di approfondimento, un focus con concorsi, bandi di gara, pubblicazioni e campagne di comunicazione. “Con questo nuovo portale – ha affermato il ministro Paolo Romani – vogliamo aumentare fortemente la trasparenza del ministero e rafforzare il rapporto tra gli utenti e i nostri uffici. Attraverso le tecnologie digitali – ha aggiunto – potenziamo il servizio pubblico per moltissimi cittadini e imprese. Nella nuova piattaforma abbiamo infine unificato diversi siti preesistenti che facevano capo al ministero, migliorando la qualità della comunicazione e contenendo le spese” ha concluso Romani. Nel 2010 il sito è stato visitato da 2.000.000 di utenti unici provenienti da 161 paesi  
   
   
TORINO (PALASPORT ISOZAKY): IOLAVORO X^ EDIZIONE  
 
L’11 e il 12 marzo a Torino è ritornato Iolavoro, la più importante job fair dedicata al settore turistico e da sempre attenta al lavoro transfrontaliero. La manifestazione aveva lo scopo di facilitare l’incontro tra chi cerca e chi offre lavoro non solo in Italia, ma anche in Francia grazie alla stretta collaborazione tra l’Agenzia Piemonte Lavoro, organizzatrice e coordinatrice della fiera, i Servizi per l’Impiego francesi Pôle Emploi della regione Rhône-alpes e la rete Eures. Insieme questi tre enti hanno creato il sito www.Lavorosenzafrontiere.eu, nato per favorire l´impiego transfrontaliero tra i due Paesi. In questo momento di crisi economica, il lavoro transfrontaliero rappresenta una certezza per migliaia di lavoratori italiani che vedono in un impiego estero l’opportunità concreta per fronteggiare la dilagante crisi occupazionale. Infatti, dal 1 gennaio 2007, con la soppressione delle zone di frontiera, il cittadino comunitario è di fatto in grado di esercitare la propria attività professionale in qualsiasi Stato contraente. Www.lavorosenzafrontiere.eu è un sito internet bilingue, propone informazioni riguardanti la ricerca di impiego in Piemonte, Valle d’Aosta e Rhône- Alpes. Il portale è accessibile ai candidati e alle imprese che ricercano personale, offre ai lavoratori delle informazioni pratiche sul lavoro transfrontaliero e garantisce l’accesso alle offerte di lavoro pubblicate dai servizi per l’impiego italiani e francesi. Iolavoro è promossa da Regione Piemonte, Provincia di Torino, Città di Torino con l’organizzazione e coordinamento dell’Agenzia Piemonte Lavoro, in collaborazione con i Servizi per l’impiego della Provincia di Torino e della Regione Valle d’Aosta, la Regione Liguria, i Servizi per l’Impiego francesi Pôle Emploi della regione Rhône-alpes, la rete Eures e la Direzione regionale dell’Inps  
   
   
IT IN LENTA RIPRESA: 2010 - 1,4%; STIMA 2011 + 1,3% MA IL GAP CON L’ESTERO SI APPROFONDISCE: NEL 2010 IT UE + 1,2%, IT MONDO + 4,9%  
 
“Confermata la risalita del mercato italiano dell’It nel 2010, trend che troverà ulteriore consolidamento nel corso di quest’anno. Ma i ritmi sono troppo lenti, sia rispetto alle necessità di cambiamenti strutturali del Paese, che al gap d’innovazione che scontiamo a livello internazionale, il quale, invece, tende ad approfondirsi. Il ricorso all’innovazione tecnologica continua a rimanere in Italia un fenomeno troppo limitato dimensionalmente e sottovalutato in ambito politico e nei circoli decisionali e, perciò, incapace di funzionare, come avviene nei principali paesi, da leva strategica di crescita e produttività delle imprese, di efficienza e razionalizzazione della spesa pubblica”. E’ stato un grido di allarme, quello lanciato da Paolo Angelucci, Presidente di Assinform nel presentare a Milano l’anticipazione del Rapporto Assinform 2011, predisposto come sempre con la collaborazione di Netconsulting, sull’andamento del settore Ict nel 2010, seguito tuttavia, dall’indicazione di una reale prospettiva di crescita, qualora vi sia la capacità di valorizzare il ruolo dell’innovazione nel nostro Paese. “Si può dare una rapida ed efficace scossa all’economia – ha continuato Angelucci - puntando a utilizzare l’Ict come fattore di accelerazione dei processi di sviluppo e modernizzazione, così come indica l’Agenda digitale europea. Tre gli assi di intervento prioritari in questa direzione. Creazione di un quadro normativo incentivante lo sviluppo e l’utilizzo dell’innovazione finalizzato alle crescita delle imprese, in particolare di quelle che esportano, centrato sul credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo e sulla diminuzione dell’Irap, a vantaggio per i settori brain intensive come l’Information Technology, al fine di aumentare l’occupazione qualificata. Massimo supporto all’implementazione del Cad (Codice dell’amministrazione digitale), al quale vanno destinate risorse certe in quanto si tratta di un investimento strategico per migliorare la qualità e l’efficienza dell’azione pubblica, con ritorni importanti sulla riduzione della spesa corrente e come piattaforma per accelerare il processo di digitalizzazione delle imprese e l’alfabetizzazione digitale dei cittadini. Sostegno ai processi di aggregazione e innovazione delle Pmi, protagoniste per oltre il 90% del nostro tessuto produttivo, ma con oggettive difficoltà a investire in nuove tecnologie. Vanno in questo senso le reti d’impresa e l’innovazione dei distretti su cui si sta impegnando il sistema confindustriale, mentre alla parte pubblica si chiede di supportare questo processo evolutivo assicurando regole e tempi certi sui pagamenti, lo snellimento delle procedure e la semplificazione normativa”. L’allarme del presidente di Assinform è giustificato dalla faticosa realtà che vive il settore dell’Ict in Italia, che il confronto internazionale conferma in modo preoccupante. Nel 2010, infatti, il mercato mondiale dell’Ict ha ripreso a crescere con un ritmo tornato ai livelli pre- crisi, passando dal – 1,5% annuo registrato nel 2009, al + 4,9% del 2010 (It +4,4%, Tlc + 5,1%), a fronte di una crescita del Pil globale di 5% . In Italia si conferma l’inversione del trend del mercato Ict, la cui crescita, tuttavia, permane negativa: -2.5% a fronte del -4,2% del 2009, per un valore di mercato di 60.230 milioni di euro. Questo andamento è dovuto principalmente al segmento delle telecomunicazioni che ha subito un ulteriore decremento di -3% (-2,3% nel 2009), mentre la domanda di It ha recuperato 6,7 punti percentuali, rispetto al -8,1% del 2009, con una diminuzione del 1,4% e un valore di 18.430 milioni di euro, dato che conferma il gap dell’Italia rispetto agli altri maggiori Paesi, il cui mercato, ad eccezione della Spagna, è tornato a crescere positivamente. Il mercato It è cresciuto, infatti, in Germania del + 2,6%, in Francia dell’ 1,5%, in Uk del +1,3%, a fronte di una media europea di + 1,2%. Nei Paesi extraeuropei il mercato It è cresciuto in Usa del + 5,1%, mentre in Giappone l’incremento si è attestato a 0,9%. La relativa ripresa del mercato italiano dell’It è fortemente caratterizzata da una sostanziale novità: l’accentuato risveglio della domanda di tutte le componenti tecnologiche dell’It, e in particolare dell’hardware che, dopo anni di costante calo, nel 2010 ha messo a segno una crescita di + 2,8%, con un recupero di ben 17,6 punti percentuali rispetto all’anno precedente chiuso con una perdita di – 14,8%. La dinamica dei grandi server (Sistemi High End), la cui domanda è cresciuta del 18,4%, indica che molte imprese, soprattutto di dimensioni medio grandi, hanno avviato processi di rinnovamento del proprio parco tecnologico. Questo dato si riflette nella crescita positiva della domanda di software infrastrutturale: a fronte di un comparto del software che nel suo complesso ha chiuso il 2010 con -0,9%, il software di base è cresciuto del +0,4, recuperando cinque punti percentuali rispetto all’anno precedente, mentre il middleware di + 0,6% con un recupero di 2,6 punti percentuali. La crescita del mercato hardware è stata, inoltre, trainata sia dalle vendite di Pc che di nuovi device, come i tablet, presso imprese e individui. I Personal Computer mettono a segno un incremento di + 15,7% delle unità vendute, recuperando oltre 15 punti percentuali di crescita rispetto al 2009. All’interno di questo segmento di mercato, notevoli sono i risultati dei desktop che con una crescita di +10,4% recupera poco meno di trenta punti percentuali e dei server, che passano da -20,9% del 2009 a +2,4% del 2010, mentre i portatili con + 9,4% di crescita subiscono per la prima volta dopo anni in salita una lieve flessione nella crescita (+10,1% nel 2009). Il 2010 è anche la prima volta dei tablet che si impongono all’attenzione con 428.570 unità vendute. Il mercato delle telecomunicazioni ha subito una calo del 3% che ha portato il valore del mercato a 41.8 miliardi di Euro. Le telecomunicazioni stanno subendo in questa fase gli effetti del progressivo calo dei prezzi e delle tariffe dovuto all’elevata concorrenza tra gli operatori che penalizza la crescita sia del mobile (-3,2%) che del fisso (-2,6%). L’andamento a valore del mercato non rende, perciò, conto della crescita della penetrazione e dell’utilizzo dei prodotti e dei servizi di telecomunicazioni che, in realtà, anche nel 2010 è stato molto intenso. Le vendite di smartphone sono ammontate a più di 4 milioni di unità, valore doppio rispetto al 2009, gli accessi a larga banda sono aumentati del 6,9% superando i 13 milioni di unità e la crescita a valore degli accessi a Internet da rete fissa è stata del 7,4%. La nona indagine congiunturale realizzata a febbraio di quest’anno presso un campione significativo di aziende associate Assinform conferma un clima di fiducia da parte delle imprese It . Il fatturato risulta in miglioramento per il 65,2% delle aziende, contro il 47,3% di novembre 2010. Gli ordinativi sono dichiarati in crescita dal 61% del campione, percentuale significativamente più alta rispetto al 45,4% di novembre 2010; budget delle imprese clienti in netto miglioramento per il 65,7% del campione, mentre a novembre 2010 si pronunciava così solo il 46,4%. Interessante anche il dato sugli organici aziendali che, se da una parte continua a segnalare una situazione di stabilità per i dipendenti, dall’altra registra una leggera inversione per i consulenti i quali, dopo il crollo subito nel periodo di crisi, si stanno riaffacciando all’orizzonte delle imprese in quanto figure specializzate necessarie per implementare nuovi progetti. Da tener presente che, in realtà, i consulenti costituiscono la gran parte dell’universo delle micro imprese in cui è frastagliato il settore It. Le stime di Assinform e Netconsulting per il 2011 indicano il consolidamento della domanda It, con una crescita annua intorno a + 1,3% che avrà come fattori di spinta la domanda di hardware (+3,2%), e che si avvarrà anche della ripresa della domanda di software (+1,6%) e di servizi informatici (+0,6%). “La ripresa degli investimenti in tecnologia – ha concluso il presidente di Assinform – è un fenomeno con importanti potenzialità. Pone le basi per la crescita della domanda di nuove applicazioni e servizi informatici, che costituiscono il vero valore aggiunto del made in Italy tecnologico e sono motore di sviluppo e di aumento dell’occupazione. In particolare, per un’economia come quella italiana trainata dall’export - che tuttavia secondo le recente stime della Banca d’Italia, nei prossimi due anni è destinato a perdere dinamicità e competitività - l’innovazione tecnologica diventa la chiave per aprire nuove opportunità alle imprese italiane, consentendo loro di competere anche nei grandi mercati emergenti”  
   
   
AGENZIE DI VIAGGIO ON LINE: ANTITRUST NE SANZIONA TRE PER PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE  
 
Al termine di tre distinte istruttorie, L’autorità Garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato, per una serie di comportamenti contrari al Codice del Consumo, la società Expedia Inc. Con multe per complessivi 210mila euro, Expedia Italy con 45mila euro, eDreams con multe per 135mila euro e Opodo Italia con multe di complessivi 25mila euro. La condanna è avvenuta perché l’Antitrust ha riscontrato scarsa trasparenza delle informazioni ai consumatori, meccanismi di assicurazione dei pacchetti vacanza poco chiari, addebiti su carte di credito non dovuti per transazioni non completate, gestione scorretta dei reclami. Le sanzioni sono diverse in quanto tengono conto della diversità delle pratiche commerciali scorrette messe in atto dalle società coinvolte e degli impegni presentati e attuati per rimuovere gli effetti negativi sui consumatori. Tutte le società sono state sanzionate per avere promosso la propria offerta (voli, sistemazioni alberghiere, voli+albergo) tramite internet con un’illustrazione non completa e ingannevole di tariffe vantaggiose nella home page del sito. Solo nella fase finale del processo di prenotazione, infatti, il consumatore trovava un’informativa completa sul prezzo globale effettivo dei servizi intermediati, di entità sensibilmente superiore a quello pubblicizzato in home page, e una dettagliata esposizione di tutte le componenti di costo delle transazioni. In alcuni casi per le sistemazioni alberghiere spesso non era individuabile con esattezza il prezzo finale neppure al termine della procedura di prenotazione perché restano esclude eventuali tasse comunali e locali o imposte. Per questi comportamenti l’Antitrust ha sanzionato Expedia Inc. Con una multa di 60mila euro, Opodo con 20mila euro, eDreams con 35mila euro. Expedia Inc., Expedia Italy (relativamente alla gestione dei reclami), e eDreams hanno, secondo l’Antitrust, gestito in modo non corretto il processo di prenotazione e pagamento dei servizi on line mediante carta di credito o carte prepagata, non approntando un sistema in grado di garantire ai consumatori lo sblocco delle somme congelate per operazioni non andate a buon fine in tempi rapidi, secondo le regole approntate dai circuiti delle carte. Inadeguate anche le procedure dei reclami e le informazioni sui rischi connessi al sistema di pagamento e alle motivazioni reali del blocco delle somme. Per questi comportamenti l’Antitrust ha sanzionato Expedia Inc. Con 100mila euro, ed Expedia Italy, relativamente alla gestione dei reclami, con 35mila euro, e eDreams con una sanzione di 80mila euro. L’antitrust ha giudicato non corrette le modalità di offerta della garanzia assicurativa “Opodo All Inclusive”, per annullamento del viaggio, bagaglio e spese mediche, proposta nella fase finale del processo di prenotazione, attraverso un meccanismo di silenzio-assenso. La sanzione è stata di solo 5mila euro perché, nel corso del procedimento, la società ha provveduto a modificare il sistema di offerta assicurativa in modo tale che il consumatore che vuole aderire deve farlo riempiendo l’apposito riquadro. L’antitrust ha contestato a Expedia Inc. E Expedia Italy anche la scarsa trasparenza e chiarezza delle informazioni sull’identità del professionista, ostacolando una corretta trattazione dei reclami, con sanzioni pari rispettivamente a 50mila e 10mila euro. Giudicate scorrette, e sanzionate con 20mila euro, le modalità di assistenza fornite da eDreams al consumatore mediante un numero telefonico a pagamento dai costi particolarmente elevati che, secondo quanto segnalato da alcuni consumatori, costituisce l’unico strumento per avere un contatto diretto e rapido con l’agenzia on line. La multa è stata di 20mila euro  
   
   
ANNA GIULIANI È IL NUOVO PRESIDENTE DI AIDDA VENETO TRENTINO ALTO ADIGE  
 
Il nuovo presidente della Delegazione Veneto Trentino Alto Adige di Aidda, Associazione delle Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda, ha il volto di un’imprenditrice padovana di successo: quello di Anna Giuliani L’assemblea Ordinaria Elettiva di Aidda, svoltasi il 24 febbraio 2011 presso l’Associazione Industriali di Vicenza, ha conferito la nomina prestigiosa alla presidente ed amministratore delegato di Solgar Italia Multinutrient S.p.a., l’affiliata italiana dell’azienda americana Solgar specializzata nell’integrazione nutrizionale finalizzata al benessere, nonché presidente di Green Remedies srl, distributore esclusivo per l’Italia delle Australian Bush Flowers Essences. Anna Giuliani resterà in carica per tre anni (carica rinnovabile per successivi altri tre anni). Anna Giuliani, oltre ad essere presidente di due importanti aziende del settore del benessere e della salute, ha ricevuto nel 2001 il Premio Dante Alighieri per l’imprenditoria. La nuova presidente subentra a Mara Borriero (nella foto a destra), presidente uscente e ora Past President, brillante imprenditrice del settore alberghiero e dai molteplici interessi eletta nel 2005 alla Presidenza della Delegazione e candidata quest’anno alla Presidenza Nazionale. Nel corso dell’Assemblea è inoltre avvenuta l’elezione della nuova Consigliera Nazionale Sandra Miotto titolare dell’Ente di Formazione e Sviluppo Professionale Domani Donna, nonché delle nuove 7 Consigliere di Delegazione – Cristina Bertolaso, Cristina Bonetti, Angela Daccò, Edy Dalla Vecchia, Margherita Marin, Maria Ester Rizzi, Mara Tirapelle Cielo. Era presente anche la Marchesa Etta Carignani Melzi, prestigiosa Presidente Onoraria Nazionale. Aidda è un’associazione senza fini di lucro e apartitica che valorizza, da quando è stata fondata a Torino nel 1961, i valori e gli obiettivi etici dell’imprenditoria femminile. Aidda si prefigge lo scopo fra l’altro e prioritariamente di creare rete, cioè uno stretto rapporto fra le varie imprese femminili, di interfacciarsi con i vari organi istituzionali, implementare tavoli di settore per una maggiore e più approfondita conoscenza tra attività di tipologia analoga. Aidda conta un numero di quasi 1.300 iscritte: le iscritte Aidda sono donne che operano nei settori più diversi, dall’industria (32%), con presenze di primissimo piano in campi come l´abbigliamento, alimentari, arredamento, chimica, edilizia, editoria, metalmeccanica, al commercio (circa il 30%), dai servizi (30%, dalle assicurazioni al settore pubblicitario) all´agricoltura (6%) e all´artigianato (2%). Aidda è attiva sul territorio attraverso le 16 delegazioni regionali e rappresenta, tra titolari d´azienda e dirigenti, circa 1500 imprese. Di Aidda si segnala l’importante progetto I-dea dell’Impresa, patrocinato dal Ministero per le Pari Opportunità e dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, rivolto ai laureati e laureandi di tutte le facoltà interessati allo sviluppo di un progetto innovativo a favore dell´imprenditoria con nessuna preclusione di settore. A questo progetto hanno contribuito le Delegazioni Aidda di Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto e Trentino Alto Adige. La Delegazione Veneto Trentino Alto Adige, con il progetto Woman in Progress, guidato da Isabella Chiodi, Vice Presidente di Ibm Italia e al quale lavora un gruppo ristretto di socie, sta esaminando e sviluppando temi importanti quali la partecipazione della donna al mondo del lavoro e a come e in quale misura il mondo femminile è rappresentato nell’ambito di istituzioni economiche e politiche. Nell’ambito di questo progetto è stato creato un Osservatorio Permanente finalizzato ad implementare e supportare la presentazione dei Bilanci di genere ai comuni, strumenti che riorganizzano da un punto di vista sociale le economie comunali coerentemente con le esigenze dei generi femminile e maschile  
   
   
GIUSTIZIA ITALIANA: È REATO "CRACCARE" LE CONSOLE DI VIDEOGIOCHI  
 
Con la sentenza n. 8791 del 7 marzo 2011 la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato, con rinvio, la sentenza del Tribunale del riesame di Firenze che aveva disposto il dissequestro di programmi creati per "craccare" una console di videogiochi, messi in vendita da un imprenditore fiorentino, i quali permettevano l’uso di giochi non originali. Secondo la Corte le modifiche apportate al software della console erano mirate all´elusione "delle misure tecnologiche di protezione apposte su materiali ed opere protette dal diritto d´autore" in violazione della legge sul diritto d’autore e realizzate a scopo di lucro. "E´ innegabile che l´introduzione di sistemi che superano l´ostacolo al dialogo fra consolle e software non originale ottengono il risultato oggettivo di aggirare i meccanismi di protezione apposti sull´opera protetta", ha sentenziato la Corte, "se il fatto è commesso per uso non personale, chiunque a fini di lucro fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l´uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all´art. 102-quater, ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l´elusione di predette misure. Rientrano, dunque, nell´ambito della previsione penale, indistintamente tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l´elusione delle misure di protezione di cui all´art. 102-quater"  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LE DEROGHE DELLA REGIONE SARDEGNA ALLA PROTEZIONE UCCELLI VIOLANO DIRETTIVA UE  
 
La direttiva 79/409 vieta in maniera generale di uccidere o di catturare tutte le specie di uccelli viventi allo stato selvatico. Qualora non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, essa autorizza tuttavia delle deroghe, a determinate condizioni. La legge regionale sarda n. 2/2004 definisce le modalità delle deroghe. L’assessore regionale all’ambiente - ritenuto che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti ai sensi della legge n. 221/ 2002, e della direttiva 79/409 - con proprio decreto, consente, per periodi di tempo definiti, il prelievo in deroga di specie omeoterme che provocano gravi danni alle colture agricole in atto. Nel decreto vengono indicati specie, numero di capi e modalità di prelievo. Qualora vi siano accertate riduzioni delle specie prelevabili o siano venute meno determinate condizioni, l’Assessore all´ambiente, sentiti l’Assessore per l’agricoltura e il Comitato regionale faunistico, può sospendere in qualsiasi momento l’attività di prelievo. La legge regionale n. 2/2004 è stata emendata con legge regionale n. 4/2006. La Commissione europea ha ritenuto che la legge regionale n. 2/2004 non rispettasse la direttiva e che fosse fonte di atti applicativi anch’essi in contrasto con essa. Essa chiede alla Corte di giustizia Ue di constatare che, poiché la Regione Sardegna ha adottato e applica una normativa sulle deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici che non rispetta le condizioni enunciate dalla direttiva, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le derivano dalla direttiva stessa. (Il ragionamento che la Commissione consacra alla legge regionale n. 2/2004 deve essere inteso come riferito alla legge regionale n. 2/2004 emendata, adottata prima della scadenza del termine stabilito nel parere motivato e ritenuta perpetuare l’inadempimento denunciato inizialmente.) La Commissione sostiene che la legge regionale n. 2/2004 emendata continui a non impedire l’adozione di atti carenti sul piano della giustificazione e della motivazione delle deroghe. Inoltre, continuerebbe a non prevedere l’obbligo di indicare, nei provvedimenti in deroga, le condizioni stabilite dalla direttiva. Il fatto che la legge preveda che l’Istituto nazionale per la fauna selvatica verifichi il rispetto della direttiva non garantirebbe che tali elementi e condizioni siano menzionati nei singoli provvedimenti di deroga. Ad esempio, il decreto n. 2225/Deca/3 avrebbe autorizzato l’abbattimento di un determinato numero di cormorani durante il mese di febbraio 2009, per evitare i danni causati dal transito di tale specie alle produzioni ittiche, senza tuttavia fornire indicazioni sufficienti circa l’entità dei danni né traccia della ricerca di soluzioni alternative. Questo stesso decreto avrebbe per di più autorizzato il prelievo cinegetico in deroga, senza il parere dell’organismo scientifico preposto a tal fine e senza menzionare le condizioni. A) La verifica dell´assenza di soluzioni alternative soddisfacenti (art. 9, n. 1, dir 79/409) Un provvedimento nazionale che preveda la possibilità di una deroga senza fare alcun riferimento al fatto che una tale deroga può essere concessa solo nel caso in cui non vi sia un’altra soluzione soddisfacente non è conforme alla direttiva. Peraltro, la circostanza che il decreto n. 2225/Deca/3 non fornirebbe indicazioni sufficienti circa l’entità dei danni causati dal cormorano alle produzioni ittiche, non dimostra che la legge regionale n. 2/2004 emendata consenta all’assessore regionale di concedere prelievi in deroga di specie protette in assenza delle condizioni necessarie, vale a dire senza che vi siano in concreto gravi rischi per la fauna ittica. Infatti, detta disposizione, nella misura in cui prevede che l’assessore regionale autorizzi il prelievo in deroga ai soli fini enunciati all’art. 9 della direttiva 79/409, si riferisce a tutti gli obiettivi di cui all´art. 9 n. 1, lett. A)-c), in particolare di prevenire gravi danni alla pesca. Di conseguenza, il ricorso dev’essere respinto su questo punto. B) Indicazioni da menzionare nelle deroghe (art. 9, n. 2, dir 79/409) Queste indicazioni hanno lo scopo di limitare le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza dalla Commissione. Costituendo la deroga un regime eccezionale, i criteri devono essere di stretta interpretazione e l’onere di provare la sussistenza dei requisiti prescritti, per ciascuna deroga, deve gravare sull’autorità che ne prende la decisione. Gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai motivi, alle condizioni e alle prescrizioni della direttiva. In assenza di una disposizione di diritto interno che imponga all’assessore regionale competente - nella decisione che autorizza il prelievo in deroga - di menzionare dette indicazioni, non può ritenersi garantito che ogni intervento sia autorizzato in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata. Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara e statuisce: Poiché la Regione Sardegna ha adottato e applica una normativa relativa all’autorizzazione delle deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici che non rispetta le condizioni stabilite all’art. 9 della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le derivano dall’art. 9 di detta direttiva. (Sentenza della Corte di Giustizia del 3 marzo 2011 nella causa C-508/09, Commissione europea/ Italia)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: UN SEGNO COMPOSTO ESCLUSIVAMENTE DA CIFRE PUÒ ESSERE REGISTRATO COME MARCHIO COMUNITARIO  
 
Tuttavia, trattandosi di un’indicazione descrittiva del contenuto delle pubblicazioni oggetto della domanda di registrazione presentata dalla Technopol, il segno «1000» è privo di carattere distintivo Secondo il regolamento sul marchio comunitario , possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, comprese le cifre, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Di conseguenza, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che possono servire per designare le caratteristiche dei prodotti o dei servizi interessati, come, ad esempio, la specie, la qualità o la quantità. Nel 2005, l’Agencja Wydawnicza Technopol sp. Z o.O., editore polacco di opuscoli e di periodici contenenti, in particolare, parole crociate e giochi, ha presentato dinanzi all’Uami (l’Ufficio dei marchi comunitari) una domanda di registrazione come marchio comunitario del segno «1000». L’uami ha respinto tale domanda. Ha affermato che il suddetto segno poteva designare il contenuto delle pubblicazioni della Technopol e che, comunque, non era distintivo, perché verrebbe percepito dal consumatore come l’elogio di dette pubblicazioni e non come un’indicazione di provenienza. La Technopol ha impugnato la decisione dell’Uami dinanzi al Tribunale di primo grado. Nella propria sentenza del novembre 2009 , il Tribunale ha confermato la decisione dell’Uami, ritenendo che il segno «1000» rinvii ad una quantità e, dei rispetto ai prodotti oggetto della domanda di registrazione, sarà percepito dal pubblico di riferimento, immediatamente e senza altra riflessione, come una descrizione delle caratteristiche dei prodotti stessi, segnatamente la quantità di pagine nonché di opere, informazioni e giochi raccolti, o la classificazione gerarchica dei riferimenti contenuti. La Technopol ha allora impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di giustizia. La Corte rammenta, anzitutto, che uno degli interessi generali del regolamento sul marchio comunitario consiste nell’assicurare che segni descrittivi di una o più caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta una registrazione come marchio possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori economici che offrono simili prodotti o servizi. Inoltre, per poter negare la registrazione di un segno costituito esclusivamente da cifre con la motivazione che esso designa una quantità, si deve ragionevolmente prevedere che, agli occhi degli ambienti interessati, la quantità indicata da tali cifre caratterizzi i prodotti o i servizi per i quali è chiesta la registrazione. Il Tribunale ha correttamente dichiarato che quando una domanda di registrazione ha ad oggetto, in particolare, una categoria di prodotti il cui contenuto è facilmente e tipicamente designato dalla quantità delle sue unità – come, nel caso di specie, periodici contenenti in particolare parole crociate – è ragionevole prevedere che un segno costituito da cifre sarà effettivamente riconosciuto dagli ambienti interessati come una descrizione di detta quantità e dunque di una caratteristica di tali prodotti. Quanto all’argomento dedotto dalla Technopol secondo cui l’Uami non avrebbe seguito la propria prassi anteriore, la Corte sottolinea che l’Ufficio, nell’ambito dell’esame delle domande di registrazione, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi, con particolare attenzione, se occorra o meno decidere nello stesso senso. Ciò posto, è necessario che l’esame di ogni domanda di registrazione sia rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione dei marchi. Nel caso di specie è risultato che, contrariamente alle domande di registrazione di marchi presentate in precedenza per segni costituiti da cifre, la presente domanda di registrazione era in contrasto con uno degli impedimenti alla registrazione enunciati nel regolamento sul marchio comunitario. Conseguentemente, la Corte respinge l’impugnazione della Technopol (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 10 marzo 2011, nella causa C 51/10 P Agencja Wydawnicza Technopol sp. Z o.O. / Uami)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA FORNITURA DI PASTI COSTITUISCE CESSIONE DI BENI  
 
La fornitura di pasti pronti per il consumo immediato negli stand di ristorazione o nei foyer dei cinema costituisce di norma una cessione di beni. In tal caso, i pasti preparati per essere consumati immediatamente costituiscono «prodotti alimentari» soggetti ad aliquota Iva ridotta. La sesta direttiva Iva distingue la «cessione di un bene» dalla «prestazione di servizi» e le assoggetta, in linea di principio, all’aliquota Iva normale fissata da ciascuno Stato membro. La direttiva autorizza tuttavia gli Stati membri ad applicare un’aliquota Iva ridotta per talune categorie di cessioni di beni o di prestazioni di servizi. In applicazione di tale deroga, la normativa tedesca prevede un’aliquota Iva ridotta per le cessioni di beni che costituiscano vendite di «prodotti alimentari». Il sig. Bog vendeva nei mercati settimanali bevande e piatti preparati, pronti per il consumo – in particolare, salsicce e patatine fritte – in tre identici chioschi-bar mobili. Questi veicoli disponevano di un’area protetta perché le vivande potessero essere consumate in loco (causa C-497/09). La Cinemaxx gestisce cinema in varie città tedesche. Gli spettatori possono acquistare non soltanto dolciumi e bibite, ma anche porzioni, di varie dimensioni, di pop-corn e di «tortilla chips» («nachos») da consumare nel foyer o all’interno delle sale di proiezione (causa C-499/09). Il sig. Lohmeyer ha gestito, dal 1996 al 1999, vari stand di ristorazione specificamente destinati al consumo di piatti sul posto nonché uno stand per grigliate. Vi vendeva piatti pronti per il consumo: salsicce alla griglia, salsicce al curry, hot-dog, patatine fritte, bistecche, punte di petto, spiedini, costolette, ecc. (causa C-501/09). La Fleischerei Nier è una società che gestisce una macelleria e svolge servizio di catering (rosticceria a domicilio). Nell’ambito di tale attività fornisce piatti ordinati dai clienti in recipienti caldi e chiusi, mettendo inoltre a disposizione della clientela, su richiesta, stoviglie, posate, tavoli e personale di servizio (causa C-502/09). In queste quattro controversie, le parti menzionate hanno dichiarato, nella rispettiva dichiarazione Iva, le operazioni di vendita delle vivande e dei pasti come soggette all’aliquota Iva ridotta. Le autorità tributarie tedesche rispettivamente competenti hanno contestato tali dichiarazioni ritenendo che le operazioni di fornitura di pasti in loco avrebbero dovuto essere assoggettate all’aliquota Iva normale. In tale contesto, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), che deve dirimere le cause, chiede alla Corte di giustizia se tali diverse attività di fornitura di vivande o di cibi pronti destinati al consumo immediato costituiscano una «cessione di beni» o una «prestazione di servizi». Nell’ipotesi in cui tali attività costituissero una cessione di beni, il giudice tedesco chiede se possano essere qualificate come vendite di «prodotti alimentari». Nella sentenza pronunciata in data odierna, la Corte ricorda anzitutto che la sesta direttiva istituisce un sistema comune di Iva fondato segnatamente su una definizione uniforme delle operazioni imponibili. Al fine di determinare se un’operazione complessa unica debba essere qualificata come «cessione di beni» o come «prestazione di servizi» occorre prendere in considerazione tutte le circostanze in cui l’operazione si svolge, per ricercarne gli elementi caratteristici e identificarne gli elementi predominanti. Orbene, per quanto riguarda le attività oggetto delle cause C-497/09, C-499/09 e C-501/09, vale a dire la vendita, in chioschi-bar mobili o in stand di ristorazione, di salsicce, patatine fritte e altri cibi pronti per essere immediatamente consumati caldi, la Corte osserva che l’elemento predominante è quello di una cessione di beni, poiché l’attività è costituita dalla cessione di vivande o di cibi pronti per il consumo immediato, mentre la loro preparazione, sommaria e standardizzata, è intrinsecamente connessa agli stessi. Inoltre, la messa a disposizione di installazioni che consentono a un numero limitato di clienti di consumare sul posto ha carattere puramente accessorio e minore. Di conseguenza la Corte ritiene che la fornitura di vivande o di cibi appena preparati, pronti per il consumo immediato in stand, in chioschi-bar mobili o nei foyer dei cinema, costituisca una cessione di beni, qualora dall’esame qualitativo dell’operazione nel suo complesso risulti che gli elementi di prestazione di servizi che precedono e accompagnano la cessione dei cibi non sono predominanti. Per quanto riguarda invece le attività di catering, oggetto della causa C-502/09, la Corte rileva che esse non sono il risultato di una semplice preparazione standardizzata, ma contengono, al contrario, una componente di prestazione di servizi nettamente più rilevante, in quanto richiedono un lavoro e un know-how superiori, quali la creatività nella preparazione delle pietanze e nella loro presentazione. Esse possono altresì comprendere elementi che agevolano il consumo nonché elementi che presuppongono un certo intervento umano (fornitura di stoviglie, di posate, di arredi e loro pulizia). In presenza di condizioni di questo tipo, la Corte ritiene che, a parte il caso in cui l´operatore di catering si limiti a consegnare piatti standardizzati senza alcun altro elemento di servizio supplementare o il caso in cui, per altre particolari circostanze, la consegna dei piatti rappresenti l’elemento predominante dell’operazione, le attività di catering costituiscano prestazioni di servizi. Infine, quanto alla nozione di «prodotti alimentari», la Corte ritiene che essa ricomprenda le vivande e i pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati per il consumo immediato, in quanto servono da nutrimento ai consumatori. (Corte di giustizia dell’Unione europea sentenza del 10 marzo 2011 nelle cause riunite C-497/09, C-499/09, C-501/029 e C-502/09bog e a.)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: FIGLIO CITTADINO UE GARANTISCE A GENITORE EXTRACOMUNITARIO PERMESSO DI SOGGIORNO E DI LAVORO  
 
La cittadinanza dell´Unione impone che uno Stato membro autorizzi i cittadini di uno Stato terzo, genitori di un bambino in possesso della cittadinanza di detto Stato membro, ad ivi soggiornare e lavorare nella misura in cui un diniego priverebbe il figlio del godimento reale ed effettivo dei diritti connessi allo status di cittadino dell´Unione. Questa regola opera anche quando il figlio non ha mai esercitato il suo diritto alla libera circolazione nel territorio degli Stati membri. Il sig. Ruiz Zambrano e sua moglie, entrambi cittadini colombiani, hanno chiesto asilo in Belgio a causa dello stato di guerra civile prevalente in Colombia. Le autorità belghe hanno negato loro lo status di rifugiati e hanno loro ordinato di abbandonare il territorio belga. Mentre la coppia continuava a risiedere in Belgio attendendo l´esito dell´istanza di regolarizzazione del soggiorno, la moglie del sig. Ruiz Zambrano ha dato alla luce due figli, che hanno acquisito la cittadinanza belga. Pur non essendo ancora in possesso di un permesso di lavoro, il sig. Ruiz Zambrano ha concluso un contratto di lavoro a tempo indeterminato e a orario pieno con un´impresa stabilita in Belgio. Grazie a questo lavoro, al momento della nascita del suo primo figlio avente cittadinanza belga egli disponeva di mezzi sufficienti a far fronte al suo mantenimento. Inoltre, tale attività professionale portava al versamento dei contributi previdenziali e dei contributi sociali del datore di lavoro. In seguito, il sig. Ruiz Zambrano è rimasto più volte disoccupato, circostanza che l’ha indotto a presentare istanze di indennità di disoccupazione. Dette istanze sono state respinte poiché, secondo le autorità belghe, egli non era in regola con la normativa belga in materia di soggiorno degli stranieri e non aveva il diritto di lavorare in Belgio. I coniugi Ruiz Zambrano hanno inoltre chiestoi, in qualità di ascendenti di cittadini belgi, il permesso di soggiorno in Belgio. Tuttavia, le autorità belghe hanno respinto l´istanza, ritenendo che essi abbiano volutamente omesso di compiere i passi necessari presso le autorità colombiane per il riconoscimento della cittadinanza colombiana dei loro figli, e ciò proprio allo scopo di regolarizzare il loro soggiorno nel paese. Il sig. Ruiz Zambrano ha impugnato dinanzi al giudice le decisioni di rigetto della domanda di permesso di soggiorno e delle indennità di disoccupazione poiché, in particolare, in qualità di ascendente di figli belgi in tenera età, egli dovrebbe poter soggiornare e lavorare in Belgio. Il tribunal du travail de Bruxelles (Belgio), giudice del lavoro competente, adito per l´annullamento delle decisioni di rigetto delle indennità di disoccupazione, chiede alla Corte di giustizia se il sig. Ruiz Zambrano possa soggiornare e lavorare in Belgio in base al diritto dell´Unione. Con tali questioni, il giudice belga vorrebbe sapere, in particolare, se il diritto dell´Unione sia applicabile al caso di specie persino qualora i figli belgi del sig. Ruiz Zambrano non abbiano mai esercitato il loro diritto alla libera circolazione nel territorio degli Stati membri. Con la sua odierna sentenza, la Corte ricorda che, sebbene la normativa sui presupposti per l´acquisto della cittadinanza in uno Stato membro rientri nella competenza esclusiva di detto Stato, è pacifico che i figli del sig. Ruiz Zambrano, nati in Belgio, hanno acquisito la cittadinanza belga. Pertanto, essi godono dello status di cittadini dell´Unione, che è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri. Alla luce di ciò, la Corte rileva che il diritto dell´Unione osta a provvedimenti nazionali che abbiano l´effetto di privare i cittadini dell´Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell´Unione. Ebbene, il diniego di soggiorno opposto a cittadino di uno Stato terzo, nello Stato membro dove risiedono i suoi figli in tenera età, cittadini di detto Stato membro e che questi abbia a proprio carico, nonché il diniego di concedere a detta persona un permesso di lavoro possono produrre un effetto del genere. Infatti, si deve tenere presente che un divieto di soggiorno di tal genere porterà alla conseguenza che tali figli si troveranno costretti ad abbandonare il territorio dell´Unione per accompagnare i loro genitori. Parimenti, qualora ai genitori non venga rilasciato un permesso di lavoro, questi ultimi rischiano di non disporre dei mezzi necessari per far fronte alle proprie esigenze e a quelle della loro famiglia, circostanza che porterebbe parimenti alla conseguenza che i loro figli, cittadini dell´Unione, si troverebbero costretti ad abbandonare il territorio di quest´ultima. Ciò posto, tali figli si troverebbero, di fatto, nell´impossibilità di godere realmente dei diritti loro attribuiti dal loro status di cittadini dell´Unione. Alla luce di ciò, la Corte rileva che il diritto dell´Unione osta a che uno Stato membro, da un lato, neghi a un cittadino di uno Stato terzo - che si faccia carico dei propri figli in tenera età, cittadini dell´Unione - il soggiorno nello Stato membro di residenza di questi ultimi, di cui essi abbiano la cittadinanza, e, dall´altro, neghi al medesimo cittadino di uno Stato terzo un permesso di lavoro, qualora decisioni siffatte possano privare i figli del godimento reale ed effettivo dei diritti connessi allo status di cittadini dell´Unione. (Sentenza della Corte di Giustizia dell’8 marzo 2011 nella causa C-34/09 Gerardo Ruiz Zambrano / Office national de l´emploi)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL PROGETTO DI ACCORDO DIRETTO ALLA CREAZIONE DI UN TRIBUNALE DEI BREVETTI EUROPEO E COMUNITARIO NON È COMPATIBILE CON IL DIRITTO DELL´UNIONE EUROPEA  
 
Il Consiglio dell´Unione europea ha elaborato un progetto di accordo internazionale che dovrebbe essere concluso tra gli Stati membri, l´Unione europea e gli Stati terzi aderenti alla Convenzione sul brevetto europeo , diretto all´istituzione di un tribunale competente sulle controversie relative al brevetto europeo e al futuro brevetto comunitario. Questo progetto di accordo si inserisce nella cornice più ampia dell´istituzione di un sistema integrato per il brevetto europeo e comunitario, che dovrebbe essere rilasciato dall´Ufficio europeo dei brevetti. Attualmente, sebbene la procedura di rilascio di questo titolo sia unica, il brevetto europeo si compone di una serie di brevetti nazionali, soggetti ciascuno alla normativa propria degli Stati designati dal titolare. Viceversa, il futuro brevetto comunitario si distinguerebbe per il suo carattere unitario e autonomo e produrrebbe i medesimi effetti nell´intera Unione. Esso potrebbe essere rilasciato, trasferito, annullato o esteso solo nei limiti di tale ambito territoriale. Il progetto di accordo internazionale istituisce un Tribunale dei brevetti europeo e comunitario, composto di un tribunale di primo grado - comprendente una divisione centrale nonché divisioni locali e regionali -, di una corte d´appello e di una cancelleria comune. In questa cornice, il Consiglio si è rivolto alla Corte di giustizia per ottenere il suo parere sulla compatibilità dell´accordo delineato con il diritto dell´Unione . La Corte rileva anzitutto che, in base a questo accordo, il Tribunale dei brevetti europeo e comunitario è un´istituzione che si situa al di fuori della cornice istituzionale e giurisdizionale dell´Unione. Esso è un organo dotato di personalità giuridica propria in forza del diritto internazionale. Il progetto di accordo gli attribuisce competenze esclusive in relazione a un numero rilevante di azioni promosse da privati in materia di brevetti, segnatamente azioni per violazioni effettive o rischio di violazioni di brevetti, azioni di nullità e determinate azioni per risarcimento danni o per indennizzo. In tale contesto, gli organi giurisdizionali degli Stati membri vengono privati di tali competenze e conservano pertanto solo compiti che non rientrano nelle competenze esclusive del Tribunale dei brevetti europeo e comunitario. La Corte aggiunge che quest´organo giurisdizionale, nell´esercizio delle sue funzioni, ha il compito di interpretare e di applicare il diritto dell´Unione. La Corte ha certamente dichiarato che un accordo internazionale che preveda l´istituzione di un giudice incaricato dell´interpretazione delle disposizioni di detto accordo non è incompatibile, in linea di principio, con il diritto dell´Unione. Essa ha parimenti riconosciuto che un accordo internazionale può incidere sulle sue competenze purché siano soddisfatti i requisiti essenziali affinché sia lasciata inalterata la natura di tali competenze e non sia violata l´autonomia dell´ordinamento giuridico dell´Unione. Tuttavia, a differenza di altri sistemi giurisdizionali internazionali sui quali la Corte si è pronunciata in passato , il Tribunale dei brevetti europeo e comunitario ha il compito di interpretare e di applicare non solo l´accordo internazionale delineato, ma anche disposizioni del diritto dell´Unione. Inoltre, la Corte constata che l´istituzione di quest´organo giurisdizionale priverebbe i giudici nazionali della facoltà, per non dire, eventualmente, dell´obbligo di adire la Corte in via pregiudiziale in materia di brevetti, dato che il progetto di accordo prevede una procedura pregiudiziale che riserva la facoltà di rinvio pregiudiziale al Tribunale dei brevetti europeo e comunitario, privando della medesima i giudici nazionali. Orbene, la Corte ricorda che il sistema attuale istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali, nell´ambito della quale questi ultimi partecipano strettamente alla corretta applicazione e all´interpretazione uniforme del diritto dell´Unione, nonché alla tutela dei diritti attribuiti da quest´ordinamento giuridico ai privati. Le funzioni attribuite, rispettivamente, ai giudici nazionali e alla Corte sono pertanto essenziali alla salvaguardia della natura stessa dell´ordinamento dell´Unione. A tal riguardo, la Corte ricorda il principio secondo il quale uno Stato membro è obbligato a risarcire i danni arrecati ai soggetti dell´ordinamento per violazioni del diritto dell´Unione ad esso imputabili, qualunque sia l´organo, anche giurisdizionale, di tale Stato all´origine della trasgressione. Parimenti, quando la violazione del diritto dell´Unione è commessa da un giudice nazionale, la Corte può essere adita al fine di far accertare una siffatta violazione nei confronti dello Stato membro interessato. Tuttavia, la Corte rileva che una pronuncia del Tribunale dei brevetti europeo e comunitario, la quale violasse il diritto dell´Unione, non potrebbe essere oggetto di un giudizio di violazione, né comportare una qualsivoglia responsabilità patrimoniale in capo a uno o più Stati membri. Alla luce di ciò, la Corte ritiene che il previsto accordo, attribuendo una competenza esclusiva a conoscere un rilevante numero di azioni promosse da privati in materia di brevetto comunitario, nonché ad interpretare e ad applicare il diritto dell´Unione in questa materia a un giudice internazionale, situato all´esterno della cornice istituzionale e giurisdizionale dell´Unione, priverebbe i giudici degli Stati membri delle loro competenze in materia di interpretazione e applicazione del diritto dell´Unione. L´accordo inciderebbe parimenti sulla competenza della Corte a risolvere, in via pregiudiziale, le questioni proposte dai giudici nazionali. Di conseguenza, l´accordo snaturerebbe le competenze attribuite alle istituzioni dell´Unione e agli Stati membri, le quali sono essenziali alla salvaguardia della natura stessa del diritto dell´Unione. Di conseguenza, la Corte conclude dichiarando che il previsto accordo relativo alla creazione di un Tribunale dei brevetti europeo e comunitario non è compatibile con le disposizioni del diritto dell´Unione. Parere 1/09 dell’8 marzo 2011  
   
   
UFFICIO SENZA CARTA GRAZIE ALL´ARCHIVIO DIGITALE  
 
Con l´alleanza tra Archivist e Siseco, tutti i file, amministrativi e non, sono a portata di mouse con un click. Una copia di sicurezza si conserva in una "scatola nera" in ufficio e un´altra a 150 chilometri di distanza grazie a una soluzione con brevetto italiano ed europeo, 5 livelli di sicurezza e criptatura dei file con certificati a 4096 bit. La carta sparisce dagli uffici per lasciare spazio all´archivio digitale. Una vera e propria rivoluzione per le aziende, che da un anno a questa parte sembrano essersi decise ad abbandonare il "pezzo di carta" per affidarsi alle nuove tecnologie, sempre più convenienti e sicure. «In realtà è dal 2004 che, per decreto ministeriale, le aziende possono archiviare i documenti amministrativi in modo telematico, ma finora c´è stata molta diffidenza nell´abbandonare la carta per affidarsi alla schermata di un computer» afferma Alvino Lancini, direttore commerciale di Archivist, società, che ha stretto una partnership commerciale con Siseco, azienda che si posiziona tra i leader italiani per la gestione del Crm. L´accordo riguarda Archibox, una soluzione con brevetto italiano ed europeo, 5 livelli di sicurezza e criptatura dei file con certificati a 4096 bit per l´archiviazione digitale che garantisce vantaggi immediati dietro pagamento di un canone fisso che parte da 2-300 euro mensili. «Finalmente sembra che le cose stiano cambiando: - spiega Lancini di Archivist, società nata a Carpi nel 1997 con una sede nel polo tecnologico di Dalmine - nel 2010 abbiamo registrato un aumento del 70% del fatturato rispetto all´anno precedente, arrivando ad avere 300 clienti attivi e 60/70 miliardi di documenti gestiti. Questo significa da una parte che nel settore c´è finalmente un´inversione di tendenza, seppur rallentata dalla crisi, e dall´altra che la soluzione che proponiamo incontra le esigenze del mercato». Anche nella strategia commerciale c´è stato un cambiamento: dal 2010 Archivist è infatti diventata partner di Siseco, azienda del milanese specialista in soluzione It e Crm. Un sodalizio che porta anche dei miglioramenti nelle prestazioni, dando vita a due soluzioni complementari. «Grazie all´integrazione tra il Crm e Archivist è possibile archiviare e gestire tutti i tipi di file, grazie a un sistema di ricerca federata in diversi database - dice Andrea Albanese, Channel & Alliance manager di Siseco -. Siamo due società piccole, flessibili e dinamiche. Possiamo venire incontro alle esigenze peculiari del cliente, che ha un unico interlocutore». Secondo un´analisi realizzata da Gartner, il boom dell´archiviazione telematica in Italia dovrebbe durare altri tre/cinque anni. «Si tratta di un mondo quasi inesplorato e ancora poco sfruttato, anche se per le aziende non è difficile percepire i vantaggi del digitale, soprattutto oggi che ogni società può dematerializzare circa il 98% dei propri documenti: la carta costa e oltretutto contribuisce all´inquinamento ambientale, i raccoglitori occupano spazio e richiedono una gestione accurata per poter ritrovare poi quello che serve. Con la nostra archiviazione digitale, invece, è facile ritrovare ogni tipo di documento, da quelli amministrativi alle proposte fatte ai clienti, alle mail con un click. Inoltre ogni file è criptato, nessun dipendente può esportare giga di dati, ma per gli utenti abilitati ogni reperimento avviene con facilità grazie a un accesso che rimane tracciato» aggiunge Lancini. Nel 2007, Archivist ha brevettato Archibox, una soluzione che consente di avere vantaggi immediati sulla gestione dei documenti, con costi contenuti e chiari. «Non si tratta di un prodotto, ma di un servizio che contiene tutto quello che serve per l´archiviazione digitale - spiega il direttore commerciale di Archivist, partner di Siseco-. Dietro pagamento di un canone pay per use il cliente ha la possibilità di conservare i dati grazie a un software di archiviazione e gestione documentale che viene dato in comodato d´uso gratuito. Ha poi un server dedicato, servizi di back up giornalieri e mensili pilotati da noi, disaster recovery con copia dei documenti conservata ad almeno 150 chilometri di distanza dalla sede dell´azienda e consulenza specifica». L´azienda ha quindi sempre a disposizione su web i propri dati, che sono conservati anche in una scatola nera in ufficio e in una sede distaccata. Archibox è adatto sia per le piccole aziende e i liberi professionisti, sia per comuni, istituti bancari e grandi società. «Il Crm di Siseco, il b.Com, e il sistema di archiviazione Archibox si possono integrare, in quanto b.Com lavora sui contatti, mentre Archibox è incentrato sui documenti - aggiunge Albanese -. La ricerca in locale di qualsiasi tipo di documento è più veloce e si possono trovare tutti i documenti in remoto»  
   
   
COMO: FIGLI D’IMPRESA. UNO STAGE PER CRESCERE - SECONDA EDIZIONE  
 
Prenderà l’avvio lunedì 14 marzo la seconda edizione di “Figli d’impresa”, il progetto di Confindustria Como rivolto ai figli (tra i 19 e i 24 anni) degli imprenditori che ancora non lavorano in azienda. Lo scopo del corso – che con la sua prima edizione ha riscosso l’apprezzamento non solo dei ragazzi che lo hanno frequentato ma anche degli imprenditori senior, nonché l’interesse dei media nazionali - è quello di fornire ai ragazzi nozioni base per cominciare a muovere i primi passi in azienda e imparare a conoscere il mondo economico comasco, le istituzioni, il mondo confindustriale e i suoi servizi. Spesso, purtroppo, importanti temi di vitale interesse aziendale non sono fruibili nei percorsi scolastici, e c’è da parte dei giovani un’assoluta mancanza di conoscenza delle realtà economiche esterne all’azienda, oltre che una limitata conoscenza dei servizi offerti da Confindustria Como, che pregiudica per molte aziende associate la possibilità di “essere aiutate”. “Figli d’Impresa” nasce con l’obiettivo di risolvere queste problematiche. Lo stage affronterà una varietà di temi importanti e molto utili per qualsiasi tipo di lavoro che i giovani sceglieranno per il loro futuro. Si parlerà di Costituzione Italiana, Ccnl, provvedimenti disciplinari, organizzazioni sindacali, selezione del personale, buste paga, internet, sicurezza e ambiente, rapporti con le banche, etica, comunicazione, organizzazione meeting e viaggi di lavoro, gestione del tempo, attenzione per l’ambiente, l’arte del bon ton e molto altro. Il corso sarà prevalentemente tenuto dai funzionari di Confindustria Como, ma ci saranno anche interventi degli imprenditori stessi. Saranno organizzate visite in alcune delle aziende associate per far conoscere dal vivo la realtà industriale comasca e non mancherà l’occasione per presentare ai ragazzi alcune personalità del mondo economico comasco, nonché gli Enti economici con cui in futuro dovranno confrontarsi. E’ un’occasione formativa unica e molto importante per i ragazzi che saranno gli imprenditori del futuro. Lo stage si svolgerà nella sede di Confindustria Como a partire dal 14 marzo, e avrà una durata di tre settimane. Al termine, i partecipanti avranno la possibilità di effettuare uno stage presso l’azienda di un collega di corso. Per maggiori informazioni: Dott.ssa Laura Nessi, Responsabile Area Marketing e Comunicazione Confindustria Como Tel 031234111  
   
   
TERMINI PER L´IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO - LE MODIFICHE DEL MILLEPROROGHE  
 
L’art. 54 della Legge 26 febbraio 2011, n. 10, che ha convertito il decreto c.D. "mille proroghe" ha spostato al 31 dicembre 2011 la data per l´entrata in vigore dei nuovi termini per l´impugnazione del licenziamento individuale contenuti nel collegato lavoro. Secondo quanto previsto dal collegato lavoro il licenziamento deve essere impugnato con atto scritto entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione dello stesso e entro i successivi 270 giorni il lavoratore deve presentare ricorso in tribunale, pena la decadenza dal diritto