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GIOVEDI

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Notiziario Marketpress di Giovedì 11 Giugno 2015
INCONTRO IN REGIONE BASILICATA SU CONTAMINAZIONE IMPIANTO ITREC ROTONDELLA  
 
Potenza, 11 giugno 2015 - Si è tenuto ieri, presso il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata, l´incontro convocato dall´assessore Aldo Berlinguer sul superamento delle soglie di concentrazione di inquinanti rilevato e denunciato da Sogin ed Enea negli scorsi giorni. Presenti, il direttore ed i tecnici di Sogin, il direttore ed i tecnici di Enea, i rappresentanti della Provincia di Matera, del Comune di Rotondella, della Prefettura di Matera, di Arpab. Gli esponenti di Sogin hanno ricostruito i fatti, con la rilevazione di vari inquinanti: trielina, cromo esavalente, ferro, idrocarburi totali, probabilmente risalenti a produzioni di molti anni fa, già presenti nel perimetro di proprietà di Enea che, dal 2003, é cogestito da Sogin. Non si tratta quindi di una contaminazione nucleare ma di tutt´altro, hanno sottolineato tutti i soggetti interessati. Ed il dato é stato confermato da Arpab, che si é recata subito in loco svolgendo campionamenti attualmente in fase di analisi e valutazione, e dalla Prefettura competente. Il superamento delle soglie di contaminazione é peraltro stato rilevato da una rete piezometrica che Enea e Sogin hanno approntato, negli anni scorsi, con la condivisione di Arpab, nell´alveo delle procedure di valutazione di impatto ambientale avviate per il decommissioning del sito. I tecnici hanno inoltre precisato che, essendo il sito dotato di una barriera idraulica, con emungimento interno delle acque di falda, ciò ha senz´altro contribuito ad evitare la diffusione del fenomeno, tant´é che i piezometri posti al lato opposto del perimetro non hanno rilevato alcuno sforamento delle soglie. "Abbiamo voluto convocare subito un tavolo ad hoc, ha detto l´assessore Berlinguer, onde capire bene la caratura del fenomeno e condividere con tutti i soggetti interessati un percorso che volga rapidamente verso un piano di caratterizzazione, condiviso con Arpab, ed una conseguente analisi di rischio". Enea e Sogin si sono infatti impegnati a fare presto, giungendo, entro e non oltre il 3 luglio prossimo, ad un piano di caratterizzazione condiviso con Arpab, in modo da predisporre tutti gli strumenti utili a fronteggiare il fenomeno riducendo al massimo le ricadute sull´ambiente. "Dobbiamo avere tutte le rassicurazioni del caso, ha aggiunto il sindaco di Rotondella, già dai prossimi giorni. Il nostro territorio ha sofferto sin troppo". L´occasione é stata proficua anche per prendere una posizione ancor più netta sul discorso del posizionamento del sito di stoccaggio nucleare nazionale. " Non vogliamo neppure sentirne parlare, ha chiosato l´assessore Berlinguer. Chiudiamo rapidamente questa vicenda adottando tutte le misure necessarie. Di un deposito nazionale di rifiuti nucleari questa regione non ha alcun bisogno".  
   
   
ENERGIA IN SARDEGNA: RISPARMIO E EFFICIENZA ELEMENTI CHIAVE DEL PIANO ENERGETICO REGIONALE  
 
Cagliari, 11 Giugno 2015 - Il risparmio e il miglioramento dell´efficienza energetica hanno la stessa valenza e la stessa importanza di una fonte energetica principale. È un concetto che caratterizza le linee guida del Piano Energetico Regionale - presto all´attenzione della Giunta Pigliaru - e che è stato rimarcato ieri dall´assessore dell’Industria, Maria Grazia Piras, nel corso della Conferenza Internazionale Foster in Med in programma a Cagliari. "La promozione dell´eco-efficienza e riduzione di consumi di energia primaria negli edifici e strutture pubbliche - ha detto l´assessore Piras - è un elemento chiave della politica energetica regionale, pienamente recepita nel Por-fesr 2014-2020 che abbiamo sottoposto alla Commissione Europea. Occorre sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori - ha proseguito l´assessore Piras - ed è per questo che prevediamo di supportare interventi di ristrutturazione, installazione di sistemi intelligenti di telecontrollo, regolazione, gestione, monitoraggio e ottimizzazione dei consumi energetici (smart buildings) e delle emissioni inquinanti anche attraverso l’utilizzo di mix tecnologici".  
   
   
OLIVERIO A LAMEZIA AL CONVEGNO DI ANCE CALABRIA SUL TEMA: “EDILIZIA IN CALABRIA TRA CRISI E PROSPETTIVE”  
 
 Catanzaro, 11 giugno 2015 - Nella tarda mattinata di ieri il Presidente della Regione Mario Oliverio ha partecipato al convegno sul tema: “Edilizia in Calabria tra crisi e prospettive” organizzato dall’ Ance regionale presso la sala riunioni di Unioncamere a Lamezia Terme. All’assise hanno portato il loro saluto Michele Lico, Presidente di Unioncamere Calabria e il Presidente del Consiglio regionale calabrese, Antonio Scalzo. E’ seguita la relazione di Flavio Monosilio, direttore del Centro Studi Ance, che ha presentato i dati congiunturali e le dinamiche di mercato riguardanti il settore delle costruzioni in Calabria attraverso le analisi e le statistiche prodotte dal Centro Studi Ance. Ai lavori sono intervenuti il Presidente dell’Ance Calabria Francesco Berna, il Presidente di Unindustria Calabria Natale Mazzuca, l’assessore regionale ai Lavori Pubblici Nino De Gaetano e il Presidente Nazionale dell’Ance Paolo Buzzetti. “Il dramma di questa Regione –ha detto, tra l’altro, il Governatore della Calabria, dopo essersi soffermato a lungo sulle questioni più urgenti su cui la Giunta regionale sta lavorando per determinare un cambiamento di passo capace di dare risultati positivi e concreti soprattutto in settori fondamentali come il lavoro, l’occupazione giovanile, il sostegno alle imprese, l’agricoltura, ecc.- è stata la forte accentuazione dei caratteri gestionali che hanno determinato nicchie e contro nicchie, poteri e contro poteri, piccoli e grandi equilibrismi ed aggiustamenti che, col passare del tempo, sono diventati una gabbia inestricabile e soffocante. Ad una politica che ha pensato di utilizzare lo scambio nell’intervento pubblico, ha fatto da contraltare una burocrazia che rende tutto più difficile e che oggi è diventata come un lupo famelico. A questo lupo, ingordo e insaziabile, bisogna sottrarre gli alimenti di cui si ciba ogni giorno con grande avidità determinando guasti inenarrabili. Bisogna metterlo a dieta nell’interesse delle imprese, della Calabria e soprattutto della buona politica. Quella politica, cioè, che non ama declamare e fare parole, ma che realmente vuole servire questa terra e liberarla dai lacci e dai lacciuoli in cui per troppi anni è rimasta imprigionata Sia chiaro: non è un compito facile e più andiamo avanti nella nostra azione di governo, più ce ne rendiamo conto. Purtroppo, però, se vogliamo cambiare realmente questa terra, dobbiamo continuare su questa strada, in un’azione determinata che può anche apparire lenta, snervante, faticosa. La cosa più importante è non fermarsi, non lasciarsi sopraffare dalla sfiducia, assicurando alle azioni messe in campo uno svolgimento continuo e costante. E’ faticoso, ma questa è l’unica strada che abbiamo davanti ed è la strada su cui stiamo lavorando. E’ un percorso che richiede fatica e pazienza, perché ogni giorno bisogna combattere contro un “combinato disposto” di pigrizia, di piccoli e grandi interessi, di piccoli e grandi privilegi che devono essere smontati, disarticolati, azzerati mentre, contemporaneamente, si lavora per costruire una nuova Regione, più leggera e meno preoccupata di gestire il potere. Questa sfida, su questa strada che è l’unica possibile da percorrere se vogliamo uscire dalla marginalità e dall’arretratezza, si vince se c’è una consapevolezza ed un impegno generale. La politica, la burocrazia, ma anche tutti gli altri settori fondamentali della vita di questa regione devono cambiare registro. Ognuno, a cominciare dagli imprenditori, deve pretendere che il rapporto tra l’impresa e chi esercita il potere sia improntato soltanto al rispetto delle regole, della trasparenza e della legalità. Se in Calabria non accade questo non andremo da nessuna parte perché una politica malata è spesso frutto di una domanda malata. Abbiamo bisogno di sanare definitivamente questa malattia e, per farlo, è necessario mettere un quadro di regole certe a garanzia di tutti e di ciascuno, al centro del rapporto tra politica ed istituzioni, politica ed imprese, politica e cittadini. Se non spostiamo su questa strada il nostro percorso generale, non avremo futuro. Se lavoreremo insieme, ce la faremo”.  
   
   
A VILLA UMBRA CORSO FORMAZIONE E CERTIFICAZIONE PER VALUTATORE IMMOBILIARE, ENTRO 13 GIUGNO ISCRIZIONE  
 
Perugia, 11 giugno 2015 – Nasce in Umbria il primo corso per acquisire la certificazione della figura professionale di "Valutatore immobiliare", organizzato dalla Scuola umbra di amministrazione pubblica. Le iscrizioni dovranno pervenire entro sabato 13 giugno. A seguito del superamento di un esame, si otterrà la certificazione (secondo il regolamento Kiwa Cermet Italia per la certificazione del personale secondo la norma Uni 11558) che – spiegano dalla Scuola di Villa Umbra - può risultare molto utile nel caso in cui una società pubblica o privata debba identificare un determinato professionista da assumere o da incaricare, potendo dimostrare di avere scelto nel modo migliore possibile perché si è avvalsa di una attestazione, certificazione, qualifica rilasciata da un ente di certificazione accreditato. Il percorso formativo prevede un seminario di tre giorni dedicato all´approfondimento di ogni metodologia estimativa. Un corso pratico ed efficace arricchito da oltre 150 slide interamente commentate, capace di trasmettere ogni dettaglio sulla materia estimativa. Il corso è rivolto all´intero mondo della gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, architetti, ingegneri, geologi, agronomi, geometri, periti edili, operatori e mediatori immobiliari, esperti in "real estate", dipendenti pubblici del servizio patrimonio e, più in generale, a quanti interessati ad elevare la propria professionalità estimativa al più alto livello di eccellenza conseguibile. Docente del progetto sarà Flavio Paglia, laureato in Scienze Politiche, responsabile della Valorizzazione del patrimonio dell´Amministrazione provinciale di Genova. Autore di numerosissimi libri, pubblicazioni e commenti in materia professionale, è docente per conto di molteplici Scuole superiori di pubblica amministrazione e per l´Università di Genova; è inoltre consulente in materia patrimoniale per la Corte dei Conti Liguria e diversi Enti Locali e società private, consulente del Tribunale di Genova e membro della Commissione Provinciale Indennità Espropri.  
   
   
NATIONAL INSTRUMENTS A SOSTEGNO DELL’INNOVAZIONE E LA CRESCITA DELLE IMPRESE CASI PRATICI E OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO  
 
Udine, 11 giugno 2015 - Nel corso di una serata informativa diretta alle Pmi del territorio, National Instruments, multinazionale texana leader nel test, acquisizione dati e progettazione grafica di sistemi si presenta alle aziende. L’incontro è rivolto a tutti coloro che direttamente o indirettamente si trovano a dover lavorare con il mondo dell’elettronica: dalle applicazioni ingegneristiche al greentech, dall’automotive alla meccatronica, ai test sui materiali. Durante la serata saranno introdotte le principali piattaforme National Instruments, abbinate ad alcuni Case Study di rilievo. L’ultima parte dell’evento interesserà in particolare startup, imprese e laboratori insediate al Parco che potranno conoscere ulteriori servizi ad elevato valore aggiunto loro riservati, grazie alla recente convenzione siglata tra Friuli Innovazione e National Instruments. Al termine dell´incontro seguirà un aperitivo di networking. Evento gratuito previa iscrizione al seguente link. Http://www.friulinnovazione.it/eventi/evento-informativo-con-national-instruments  Per maggiori informazioni potete contattare Andrea Riva, National Instruments andrea.Riva@ni.com  11 giugno 2015 - ore 17.30 - 19.30 Parco Scientifico e Tecnologico Luigi Danieli  
   
   
MERCATI ESTERI, NUOVE OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE MOLISANE. FRATTURA: FAVORIAMO PARTECIPAZIONE IN VETRINE DI ECCELLENZA  
 
Campobasso, 11 giugno 2015 - Agroalimentare, manifatturiero, arredamento, edilizia, servizi e turismo: le imprese molisane alla conquista di nuovi mercati esteri grazie alla possibilità di partecipare a tre vetrine di eccellenza mondiale, le fiere di Bellavita Expo London, Happines to you Pordenone e Baku, e due missioni internazionali, in Albania e negli Emirati Arabi. La Regione Molise rilancia e accompagna la presenza del sistema produttivo locale sui mercati esteri mediante un´attenta e innovativa gestione dei fondi comunitari a programmazione diretta. "Valorizzando due proposte progettuali pervenute dalla Confesercenti e dall´Acem, abbiamo finanziato tre fiere di settore e due missioni internazionali tra luglio e ottobre prossimi - spiega il presidente della Regione, Paolo di Laura Frattura -. Lavoriamo, confermando gli impegni presi con le imprese che eccellono nelle produzioni di qualità e che continuano nella loro crescita: abbiamo accolto con convinzione le richieste avanzate". A promuovere nei dettagli tutte le opportunità, le due associazioni di categoria deputate, tra l´altro, a raccogliere le adesioni per le Fiere di Bellavita Expo London, Happines to you Pordenone e Baku vetrine di eccellenza nell´agroalimentare, dell´arredamento contract per interni, dell´edilizia. In aggiunta, le due missioni in Albania e negli Emirati Arabi, alla ricerca di nuove opportunità commerciali con incontri d´affari, selezionati e mirati, nei settori delle costruzioni, dell´edilizia, del manifatturiero, dei servizi e del turismo. "Un uso efficace ed efficiente delle risorse pubbliche che intercetta l´interesse delle imprese pronte al confronto con mercati più grandi e complessi. Questo, il nostro metodo - evidenza il presidente Frattura -, che intendiamo confermare e migliorare con il contributo di tutti, in stretta collaborazione con il nostro Assessorato regionale allo sviluppo economico". Nei prossimi giorni sui siti web di Confesercenti e Acem saranno pubblicate le procedure attuative e le modalità di adesione.  
   
   
FVG: SERRACCHIANI, DA BANKITALIA SEGNALI FINALMENTE INCORAGGIANTI  
 
Trieste, 11 giugno 2015 - "Segnali ancora timidi ma finalmente incoraggianti, che certo devono ancora consolidarsi ma che ci inducono a credere che per il Friuli Venezia Giulia il peggio della crisi sia alle spalle. Indicazioni che ci spronano a insistere sulla strada delle riforme, del rafforzamento e aggiornamento degli strumenti regionali a sostegno dei comparti produttivi e dell´occupazione". Lo ha affermato la presidente della Regione, Debora Serracchiani, commentando i dati emersi ieri dalla relazione congiunturale sull´economia regionale nel 2014, elaborata dalla Banca d´Italia. "Conforta apprendere - aggiunge la presidente - che lo scorso anno si è registrato, finalmente, un incremento della produzione industriale. E ancor più positivamente va vista la propensione agli investimenti, presupposto fondamentale per il rilancio del mercato del lavoro". In particolare per Serracchiani i dati di Bankitalia "confermano che occorre mantenere alta la guardia, soprattutto sul sostegno alle attività produttive, come stiamo facendo attraverso Rilancimpresa, e nella lotta alla disoccupazione, soprattutto quella dei giovani, per la quale abbiamo messo in campo, con la finanziaria 2015, 90 milioni di euro per un´azione di sistema che deve agire su lavoro e formazione, integrandosi con i provvedimenti nazionali del Jobs Act". "Per uscire dal buio della crisi e tornare alla crescita e all´occupazione - conclude la presidente del Friuli Venezia Giulia - bisogna tener duro e bisogna essere uniti. Il sistema produttivo regionale non si salva a pezzi ma solo come organismo in cui ogni parte - ogni territorio, categoria, filiera - ha un suo compito da svolgere in stretta sintonia e coordinamento con l´insieme".  
   
   
BANKITALIA:FVG, CONFERMATA STRATEGIA REGIONALE SUL CREDITO  
 
Trieste, 11 giugno 2015 - "Tra i molti dati elaborati da Bankitalia nel rapporto sull´economia regionale per il 2014, emergono una positiva, maggiore propensione delle aziende a ricorrere al credito finalizzato agli investimenti e, insieme, una maggiore disponibilità - proprio nella fase più acuta della crisi, di concedere il credito da parte delle banche locali, rispetto agli istituti di più grande dimensione". Lo afferma l´assessore regionale alle Finanze, Francesco Peroni, in merito alla rilevazione congiunturale elaborata dalla Banca d´Italia. Secondo Peroni, il dato sulle banche locali "conferma la ragionevolezza della strategia coltivata dal governo regionale nella direzione di un sistema robusto e coeso del credito affidato alla rete delle banche a vocazione locale: strategia anche da ultimo testimoniata dai progressi segnati nella costruzione di un´alleanza tra Mediocredito, Iccrea Bancaimpresa e Federazione regionale delle Bcc".  
   
   
BOLZANO: RICEVUTA DELEGAZIONE DI RETE ECONOMIA  
 
 Bolzano, 11 giugno 2015 - Rete economia si propone quale valido interlocutore per la Pubblica amministrazione e per la nuova aggregazione degli operatori economici che sta per nascere dalla fusione tra Südtiroler Wirtschaftsring ed Useb. Il vicepresidente della Provincia, Christian Tommasini, ha ricevuto nei giorni scorsi una delegazione di Rete economia, che raggruppa Cna, Confesercenti, Legacoop e Confcoop, guidata da Heini Grandi, presidente di Legacoop. Nel corso dell´incontro Heini Grandi ed i rappresentanti di Rete economia hanno sottolineato la volontà della loro organizzazione di proporsi quale punto di riferimento per un´ampia collaborazione con le altre organizzazioni che operano nel campo dell´economia. La proposta giunge in un momento particolarmente importante per il mondo economico altoatesino, in concomitanza con la prospettiva di un´aggregazione in un´unica struttura tra le due storiche rappresentanze degli operatori economici altoatesini il Südtiroler Wirtschaftsring, punto di riferimento degli operatori di lingua tedesca, e l´Useb, omologa struttura creata dal mondo economico di lingua italiana. Il superamento di questo bipolarismo nel campo economico viene valutato in maniera molto positiva dai rappresentanti di Rete economia i quali si propongono come punto di riferimento e di confronto con l´aggregazione che sta per nascere. In questa prospettiva, hanno sottolineato i rappresentanti di Rete economia nel corso del colloquio con l´assessore Tommasini, il mondo economico, con il coinvolgimento di componenti importanti come appunto Cna, Confesercenti, Legacoop e Confcoop, potrà proporsi in maniera più costruttiva e concreta nei confronti della Pubblica amministrazione. In questo modo sarà inoltre possibile secondo, gli operatori di Rete economia, raggiungere una maggiore sburocratizzazione delle procedure e diffondere in maniera più efficace e capillare una cultura economica ed imprenditoriale, cogliendo nel contempo i segnali di ripresa che emergono in vari settori economici, sia a livello locale che nazionale. In quest´ottica, secondo l´assessore Tommasini, è importante sostenere l´aggregazione a vari livelli degli operatori economici locali anche per rafforzare una collaborazione sempre più stretta tra la scuola ed il mondo del lavoro al fine di facilitare l´inserimento dei nostri giovani nelle aziende.  
   
   
COOPCA: SERRACCHIANI, CONFERMATO IMPEGNO COOP NORDEST E ACCDA  
 
Trieste, 11 giugno 2015 - "Resta confermato l´impegno di Coop Nordest e delle Cooperative di Consumatori del Distretto Adriatico, confermato anche l´impegno di Lega Coop Fvg ad offrire un sostegno finanziario liberale indirizzato ai soci prestatori delle Cooperative Carniche". Lo afferma la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, a fronte di voci che ipotizzerebbero un disimpegno di Coop Nordest e Accda, come conseguenza del mancato apporto di Confcooperative nello stesso atto di liberalità. "La decisione anticipata nei giorni scorsi dai dirigenti delle Cooperative Nordets e Accda rimane quella - ribadisce Serracchiani - e sarà approvata a breve anche dai Consigli di Amministrazione. In considerazione dell´interesse di tante persone, invito tutti a mantenere un atteggiamento il più possibile responsabile e a contenere illazioni potenzialmente dannose".  
   
   
UNA DECIMA DA RECORD  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Sale piene, alberghi esauriti, ristoranti e bar della città gremiti. La decima edizione del Festival dell’Economia di Trento che si conclude stasera, viaggia verso numeri da record. Quasi 400 i giornalisti accreditati dall’Ufficio Stampa, provenienti da Italia, Spagna, Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Cina. Le connessioni al sito internet nel terzo di giorno di Festival sono state 1.920.050. La decima edizione del Festival dell´Economia conferma la popolarità e la forte attrattività di questa manifestazione, la cui formula si dimostra ancora vincente. Il primo dato che evidenzia il grande interesse suscitato fra il popolo dello scoiattolo è il colpo d´occhio offerto dai 16 luoghi, fra teatri e sale, che hanno ospitato i 93 eventi della kermesse economica, sempre gremiti, con lunghe file per accaparrarsi un posto a sedere. Il Festival non è vissuto solo nelle sale e nei teatri, ma anche nelle piazze, dove sono stati allestiti 19 fra stand e tensostrutture per un totale di oltre 1350 metri quadrati. Un Festival ad alta tecnologia, con 12 sedi coperte da fibra ottica, 3 piazze coperte da servizi di rete, 5 regie mobili, un canale satellitare, 4 km di cavi video stesi nelle sale con 65 eventi coperti, 3 server per la codifica delle trasmissioni in streaming video e due canali dedicati al Festival sulle emittenti locali. Inoltre, sono ben 94 i pubblici esercizi che presentano allestimenti in chiave Festival. Nella segreteria organizzativa hanno lavorato 22 persone a cui si aggiungono 9 interpreti, 38 volontari, 20 tecnici, 36 video operatori e 40 persone addette al montaggio degli allestimenti nelle piazze. Ma il dato più sorprendente arriva dal web. Grazie alle 65 dirette streaming, supportate da 5 server, il Festival può essere seguito in tutto il Mondo. Nel terzo giorno, le connessioni sono arrivate a quota 1.920.050. Il Festival è dunque un grande evento mediatico internazionale, come dimostra anche un articolo, uscito proprio oggi, sul prestigioso periodico The Economist. L´ufficio Stampa ha accredito oltre 400, fra giornalisti, operatori e fotografi provenienti da Italia, Spagna, Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Cina, in rappresentanza di 137 testate. 370 quelli che hanno ritirato il pass e dunque presenti fisicamente a Trento. Dal giorno di apertura fino ad oggi pomeriggio circa 120 i comunicati stampa redatti, in tre lingue, senza contare le centinaia di foto scattate ogni giorno. Impossibile contare anche il numero di tweet e di post apparsi sui social network, che hanno creato un forum virtuale dedicato ai temi e alle conferenze del Festival. Un´ultima curiosità. Gli autori più venduti nella libreria del Festival, sempre molto frequentata, sono stati Cottarelli, Stiglitz e Piketty, con la sorpresa di Padre Ladiana, tutte le copie esaurite. Il Festival dell´Economia chiude con la musica. La bacchetta del maestro Julian Lombana dirigerà questa sera una settantina di studenti che compongono l´Orchestra sinfonica del Conservatorio Bonporti di Trento e Riva del Garda. I giovani talenti si esibiranno presso il Teatro Auditorium S.chiara di Trento alle ore 21.00, con un programma di musiche festose scelte dal repertorio internazionale tra rapsodie, danze e valzer.  
   
   
PAUL KRUGMAN: "LA DISUGUAGLIANZA NON È UN DESTINO, MA UNA SCELTA"  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Esiste davvero una contrapposizione tra efficienza ed equità? Il premio Nobel per l’Economia 2008 Paul R. Krugman ne ha discusso in video conferenza oggi pomeriggio con Daniel Gros e Tito Boeri nell’ultimo confronto del Festival dell’Economia, che è servito anche per fare una sorta di riassunto dei tanti temi emersi nel corso dei 5 giorni della kermesse dello Scoiattolo. Due i messaggi che escono dal Festival, come ha ricordato il direttore scientifico Boeri. Le disuguaglianze esistono e a causa della crisi si sono accentuate, ma nel contempo, tutti gli autorevoli relatori, hanno sostenuto che non c’è niente di inevitabile e che possono essere individuati dei correttivi per migliorare la situazione, in primis intervenendo sul sistema educativo e poi anche attraverso strumenti di redistribuzione della ricchezza. "Occorrono però - ha detto Boeri - proposte che siano attuabili". “La disuguaglianza non è un destino, ma una scelta – ha detto Krugman docente di economia e relazioni internazionali all’Università di Princeton – e possiamo fare molto per ridurla”. “Dobbiamo capire che il problema non è monodimensionale, le cause sono diverse e per affrontarle dobbiamo muoverci su diverse strade”. “I redditi - ha ricordato - negli ultimi anni sono cresciuti solo fra la classe media cinese e per l´1% della popolazione, ovvero i super ricchi”. Il premio Nobel, parlando di geografia economica, ha evidenziato la possibilità di introdurre misure redistributive solamente in alcune regioni o in alcune città, che potrebbero essere un laboratorio di esprimenti. "A volte – ha detto Krugmann – pensiamo che solo le soluzioni globali possano essere efficaci, ma forse non è così, ad esempio anche il trasporto pubblico locale può essere uno strumento di riduzione delle disuguaglianze, come dimostrano molti studi”. Parlando delle questioni globali, Krugmann ha sottolineato che alcune aree geografiche europee più povere sono sottoposte alla competizione dei paesi emergenti. “Credo che l’Europa - ha detto - dovrebbe essere più consapevole di queste dinamiche invece di fare politiche di austerità”. Il premio Nobel ha poi affrontato la questione dei salari. “Ci sono sempre più prove che dimostrano come i salari non siano determinati dal confronto fra domanda e offerta, ma che vi siano in realtà tanti fattori che ne influenzano la portata. E’ evidente che all’aumento di salario corrisponde anche un aumento di efficienza, che potrebbe compensare il maggior costo del lavoro”. Infine la tematica dell’immigrazione. “L’immigrazione può essere un modo per migliorare la vita delle persone. Ma ci vogliono delle limitazione. La libera circolazione del lavoro - ha detto - senza integrazione fiscale crea la possibilità di spirali verso il basso. Se molti i giovani se ne vanno da un paese, chi pagherà le tasse per sostenere le pensioni?”.  
   
   
È L’INTEGRAZIONE CHE PERMETTE ALLA SCUOLA DI ESSERE LA ‘BUONA SCUOLA’  
 
Trento, 11 giugno 2015 - “Gli alunni e gli studenti di origine non italiana sono diventati una realtà strutturale del nostro Paese. Ma ne sappiamo molto poco. Anche per questo si diffondono opinioni sbagliate e pregiudizi. Conviene partire da una mappa ragionata della realtà per fare sì che la ‘buona scuola’ si affermi in Italia”. Così Vinicio Ongini, maestro elementare per vent’anni e attualmente esperto per l’Ufficio immigrazione, orientamento e lotta all’abbandono scolastico del Ministero dell’Istruzione, nell’incontro dedicato a un’analisi dell’immigrazione nella dinamica della mobilità sociale. Quando si parla di integrazione si parla degli immigrati ma non dei loro i figli, i quali invece, devono passare attraverso la scuola dell´obbligo che è il primo e più potente ascensore sociale. Non è tanto la quantità di immigrati che arrivano in Italia il problema, quanto la velocità con cui si è intensificata la loro presenza, quadruplicata oggi dal milione e 400.000 di venti anni fa. In meno di una generazione la nostra società è diventata una società multietnica e di conseguenza anche la scuola. Ma la scuola è pronta per accogliere la sfida della multiculturalità? “Difficile - ha affermato Ongini, - se la politica è ancora convinta che l’integrazione sia già avvenuta. Tanto che nel documento ‘La buona scuola’ in 186 pagine non c’è un accenno a termini come immigrati, integrazione o alla consapevolezza di questa esigenza”. L’integrazione, ha sottolineato, è un processo lungo, che ha bisogno di lungimiranza, di visione. La seconda rappresentazione finta della politica è che gli alunni stranieri siano un segmento debole, e che vadano aiutati. Mentre è uno sguardo concentrato sulla diversità oggi l’orientamento più efficace, vale a dire quello di voler fare le cose insieme. Uno dei pregiudizi più diffusi si vede già nel tipo di battute sull’ufficio immigrazione considerato l’ufficio per “sfortunati”. L’immigrazione invece è un’opportunità a favore di tutti. Dal Trentino, ha proseguito Ongini, dove mi risulta a breve sarà pubblicata una ricerca sul grado di integrazione di un territorio che comprende stranieri provenienti da 110 cittadinanze diverse, può arrivare una sollecitazione a considerare il grado di dinamismo che l’immigrazione porta nella mobilità sociale. Oggi i figli di immigrati nati in Italia sono più della metà nelle scuole elementari e nelle scuole d’infanzia sono l’84%. Mentre i minori appena arrivati sono solo il 5%. E tra i neo immatricolati all’università gli stranieri che provengono da istituti professionali italiani sono il 17%, mentre gli italiani sono il 3%. La fiducia nel proseguire gli studi viene loro nonostante abbiano fatto un percorso diverso da quello dei licei e mostra la convinzione nella funzione di ascensore sociale della scuola, che non esiste più tra gli italiani. “La vulnerabilità se la si gestisce diventa resilienza - ha concluso Ongini - come Ulisse nascosto sotto il montone per sfuggire a Polifemo”.  
   
   
IMMOBILITÀ SOCIALE: TUTTO HA INIZIO DALL’INFANZIA  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Che ruolo hanno oggi gli asili nido nella nostra società? Può la frequenza nell’infanzia degli asili migliorare i risultati scolastici dei bambini e il loro successo da adulti? Quali sono dunque le ricadute economiche e sociali di un’istituzione che in Italia presenta ancora parecchi chiaroscuri? Il tema dell’educazione nella prima infanzia pone questioni importati che chiamano in causa questioni economiche e sociali ma anche politiche e culturali. Se i dati sembrano confermare l’utilità degli asili nido soprattutto nell’appianare le disuguaglianze sociali, il dibattito è aperto su come essi debbano funzionare, quali valori promuovere e a chi rivolgersi prioritariamente. Ne hanno discusso con Battista Quinto Borghi, Ferruccio Cremaschi e Chiara Pronzano. Il tema dell’incontro al quale hanno partecipato Ferruccio Cremaschi, direttore di Zerosei up, Chiara Pronzato dell’Università di Torino e Battista Quito Borghi dell’Università di Bolzano si è centrato sull’utilità nella società odierne degli asili nido. La questione è complessa e pone una serie d’interrogativi che chiamano in causa diversi aspetti della vita sociale. L’educazione nella prima infanzia può avere effetti determinanti sulla vita economica del paese, sulla mobilità sociale dei suoi cittadini, sullo sviluppo delle forme di convivenza e socialità. A rendere ancora più difficile il dibattito, vi è la delicatezza della tematica che inevitabilmente pone questioni affettive, ideologiche e politiche. Nel suo intervento, Chiara Pronzato ha approcciato questi temi da una prospettiva prevalentemente “quantitativa”, presentando i risultati di una serie di studi italiani ed europei. La maggior parte di queste ricerche ha confermato l’effetto positivo della frequenza degli asili nido nei risultati scolastici e economici dei futuri cittadini. Particolarmente interessante è il dato che mostra come questi effetti siano più marcati sui bambini provenienti da famiglie svantaggiate. In questo senso, l’investimento pubblico negli asili nido diventa un efficace strumento di redistribuzione economica e appianamento delle disuguaglianze. L’intervento di Ferruccio Cremaschi invece ha posto l’accento su questioni soprattutto “qualitative”. A suo parere, il dibattito sull’educazione nella prima infanzia non si può limitare ad una semplice valutazione delle opportunità economiche connesse o dei risultati scolastici che produce. In Italia, “l’asilo nido” è stato usato come una soluzione univoca a ogni problema. Con il concetto martellante di “più asili nido” si sono però evase questioni ben più importanti come: “quali asili nido?” “dentro a quale concezione più ampia di educazione nell’infanzia?”. Queste domande richiedono certamente riflessioni più ampie, probabilmente più difficili, ma la loro importanza non può essere sottovalutata. Per Cremaschi due temi appaiono particolarmente rilevanti. La prima riguarda l’organizzazione pratica dei sistemi di educazione per la prima infanzia. La società attuale non è quella in cui e per cui gli asili nido sono stati pensati. Questo servizio deve sapersi adattare alla maggiore flessibilità, diversità e complessità odierne. La seconda riguarda i modelli educativi. Anch’essi sono rimasti legati a proposte e concezioni appartenenti ad epoche diverse. La società contemporanea ha visto cambiare le famiglie, i bambini, la comunità. L’offerta formativa deve essere capace di adattarsi alle nuove sfide e allo stesso tempo di fare tesoro dell’esperienza accumulata. Se il sistema educativo ha avuto l’effetto di riprodurre le disuguaglianze sociali è solo attraverso una revisione integrale di questo che si può pensare di superarle  
   
   
IMPARARE DAL SUD DEL MONDO  
 
 Trento, 11 giugno 2015 - Partecipato incontro con Jayati Ghosh, docente di economia all’Università di New Delhi, questa mattina al Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale. Mobilità sociale e disuguaglianze come elementi interconnessi: solo l’intervento sulle disuguaglianze globali, determinate troppo spesso dalle rigidità di accordi economici internazionali che limitano la sovranità dei paesi, può permettere di risolvere le disuguaglianze locali e garantire la mobilità sociale. L’economia globale è del tutto interdipendente e uno sguardo “altro” è fondamentale per conoscere noi stessi e le nostre economie: questa la premessa fatta da Mauro Cereghini nell’introdurre l’incontro con Jayati Ghosh, economista indiana che ha proposto una lettura della mobilità sociale arricchita delle molte esperienze - negative e positive - vissute nel cosiddetto “Sud del mondo”. La mobilità sociale è un elemento fondamentale per permettere la piena espressione del potenziale umano e per favorire la coesione sociale, ma negli ultimi trent’anni a livello globale si è vissuta invece una crescita delle disuguaglianze e una conseguente riduzione della mobilità. Le disuguaglianze non sono un costo necessario della crescita economica, come spesso si sente dire, anzi si può osservare come spesso la disincentivino. Per ridurre le disuguaglianze, e quindi consentire un’efficace mobilità sociale, si dovrebbero perseguire alcuni obiettivi legati a un welfare statale forte e capace di agire in favore dei propri cittadini. In particolare l’accesso a un’istruzione di qualità, anche secondaria e universitaria; il contrasto a settori non formalizzati nel mercato del lavoro; la creazione di programmi sociali importanti, su cui far convergere ampie parti del bilancio dello Stato; l’accesso al cibo universale; la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro; dei modelli di pianificazione urbanistica più consapevoli. Tali azioni sono state messe in campo in diversi paesi dell’America latina, accanto a politiche di tassazione per grandi imprese e ad importanti rinegoziazioni delle royalties che le multinazionali impongono per lo sfruttamento delle risorse naturali. Molti gli esempi positivi illustrati dalla docente indiana, provenienti da Africa, America latina e Asia, tutti accomunati però dalla difficile convivenza con accordi internazionali che mirano più a tutelare capitale e profitto che a far crescere di pari passo economia e diritti. Per migliorare la mobilità sociale in tutto il mondo è quindi necessario agire, ha concluso Jayati Ghosh, a livello internazionale: e questa è una responsabilità che spetta ad ogni paese e ad ogni cittadino europeo.  
   
   
LA CONCILIAZIONE FAMIGLIA-LAVORO FAVORISCE OCCUPAZIONE E CRESCITA  
 
Trento, 11 giugno 2015 - I ruoli di genere vanno verso la convergenza, ma più per effetto di un cambiamento promosso dalle donne, che in Italia sono sovraccariche del lavoro di cura della famiglia, in misura maggiore che in altri Paesi europei, che per l’incremento da parte degli uomini nella condivisione dei ruoli. Le donne hanno così cominciato a tagliare sul lavoro di cura. Bisogna ovviare a una divisione di ruoli all’interno della famiglia in cui ancora il lavoro è dominante nel tempo degli uomini e residuale invece per le donne perché prese dal lavoro di cura della famiglia. Cure non solo dei figli, ma anche dei genitori anziani e dei figli grandi che, disoccupati, rimangano più a lungo in famiglia. Per tutto cio è necessario un welfare aziendale e politiche pubbliche del lavoro incentrate sulle misure di conciliazione famiglia -lavoro. Queste possono anche ovviare alla crisi occupazionale e identitaria delle donne, pertanto favorire la crescita economica. Ad affermarlo nell’incontro promosso dalla voce.Info sono state Linda Laura Sabbadini, Direttore dipartimento per le statistiche sociali dell’Istat, la senatrice Maria Cecilia Guerra, e Anna Zattoni, Direttore generale di Fattore D e Gianmario Tondato, Amministratore delegato di Autogrill. Raggiungere la convergenza di genere è fondamentalmente una questione di buona organizzazione del lavoro, come abolire il lavoro a oltranza e in orari strani in particolare nelle posizioni di vertice. Negli Stati Uniti è già realtà e si è messo uno stop al super lavoro, tale misura favorisce un equilibrio tra uomini e donne perché permette anche a queste ultime di ricoprire ruoli apicali. A dirlo nell’introduzione all’incontro è stata Linda Laura Sabbadini, Direttore del dipartimento per le statistiche sociali Istat. "In Italia si è verificato dal 1993 al 2014 un avvicinamento alla parità nell’occupazione, così come per l’istruzione - ha detto Sabbadini - tanto che le donne laureate hanno superato i laureati uomini. Tuttavia nel mercato del lavoro, dopo un breve periodo di avvicinamento nelle divergenze salariali negli anni Novanta, nella fascia alta di reddito la presenza femminile in Italia oggi non supera il 30%. Un cambiamento effettivo è stato promosso dalla legge del 2011 che impone la percentuale del 30% di donne nei cda aziendali, che nel 2014 raggiunge ha toccato quota 23%. Nel 2010 il numero medio di minuti dedicato dagli uomini alla cura dei figli aumenta dal 20% del 1960 al 55%. Tuttavia nel 2011 un ‘inchiesta europea ha rilevato che alla domanda ‘se in tempi di scarsità di lavoro siano gli uomini a dover avere la precedenza per un’occupazione’, il 65% degli intervistati in Italia ha dichiarato di essere d’accordo, il 98% in Svezia era contrario, così come il 79% nel Regno Unito e il 65% in Germania. Per la senatrice Maria Cecilia Guerra "dal 1980 al 2011 le politiche pubbliche in Italia non hanno di molto modificato le risorse da stanziare per la conciliazione famiglia-lavoro in termini di servizi e di risorse per le famiglie, né hanno contribuito al cambiamento dello stereotipo che vede l’uomo nel ruolo breadwinner e le donne a casa. Necessario quindi un nuovo welfare aziendale, il sostegno di servizi come asili nido e servizi di sostegno per conciliazione, a sostegno della genitorialità per favorire la partecipazione di donne e uomini al mercato del lavoro. La politica è assente, ha detto, perché la conciliazione è un problema secondario delle politiche sociali". Un’affermazione confermata da Anna Zattoni, Direttore generale di Fattore D e da Gianmario Tondato, amministratore delegato di Autogrill. “ Negli Usa - ha detto Tondato - il 36% dei manager più pagati è donna, in Italia il 10%. Quando sono tornato in Italia dagli Stati Uniti, nel 2003, decisi che nel cda di Autogrill nel top management dovesse esserci una percentuale di donne, e non donne ‘brave’ come in genere si dice. Bisogna fare azioni positive e nel corso del tempo abbiamo verificato un buon trend di crescita. Oggi il nostro cda ha il 30% di donne. Ma le donne non hanno consapevolezza, spesso, che per loro è più difficile fare carriera e hanno pochi modelli di donne leader a cui ispirarsi. Inoltre per loro c’è la difficoltà di gestione del potere, perché le donne cercano spesso il consenso, ma se sei al comando devi saper scontentare qualcuno e decidere da solo. Ho deciso di far monitorare il pay gap in azienda e di favorire la conciliazione: adesso paghiamo il 50% della quota per l’asilo alle dipendenti che hanno figli e cerchiamo di estendere un servizio analogo anche per chi si prende cura degli anziani. “Fattore D - ha affermato Anna Zattoni - è nato con l’obiettivo di favorire nelle aziende associate la conciliazione e un welfare aziendale per l’uguaglianza di genere, e da 12 di qualche anno fa, siamo ora a quota 340 aziende associate”.  
   
   
L´ITALIA DEGLI SPAZI VUOTI, UN "PATRIMONIO INAGITO" SOTTRATTO A GIOVANI, CREATIVITÀ E INNOVAZIONE  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Nell´italia degli spazi vuoti, inutilizzati o sottoutilizzati, si trova di tutto: 5 milioni di case sfitte, 500 mila negozi che hanno abbassato definitivamente le serrande, 700 mila capannoni dismessi, 55 mila immobili confiscati alle mafie. Un "patrimonio inagito" - come lo definisce Giovanni Campagnoli, advisor di Enne3-incubatore d´impresa dell´Universitá del Piemonte Orientale, autore del libro "Riusiamo l´Italia. Da spazi vuoti a start-up culturali e sociali" presentato oggi al Festival dai giornalisti Jacopo Iacobini e Tonia Mastrobuoni - che potrebbe diventare un grande incubatore di creatività, cultura, innovazione. "Oggi è molto più forte l´offerta di spazi che non la domanda e il prezzo degli immobili scende" spiega Campagnoli - "questi spazi abbandonati potrebbero essere riempiti di idee e talenti. Aspettare che accada qualche cosa stando fermi, in attesa che arrivino i cinesi o il magnate arabo disposto ad acquistarlo e trasformarli nell´ennesimo residence di lusso, significa assistere al declino e alla perdita di valore; oltretutto aumenta la tassazione e gli agenti atmosferici fanno anch´essi il loro lavoro, poi ci sono i vandalismi, i furti, gli incendi, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno. Se si interviene prima, quando ancora è possibile riabitare tali spazi, significa ridare un maggiore valore economico. In Usa le agenzie immobiliari incaricano artisti per rivitalizzare alcune zone, ma anche in Italia è possibile intervenire". Campagnoli svela, ma dovrebbe essere un dato conosciuto da tutte le amministrazioni mentre invece non lo è affatto, esistono gli strumenti normativi (lo "Sblocca Italia", ad esempio, detta agli art. 24 e 26, che "i comuni individuano i criteri in base ai quali cittadini singoli o associati possono presentare progetti con finalità di interesse generale", e la legge 106/2014 a proposito della accessibilità a cultura e turismo, prevede che "per promozione di turismo ambientale, le case cantoniere, i caselli e le stazioni ferroviarie o marittime, le fortificazioni e i fari, immobili di appartenenza pubblica non utilizzati, possono essere concessi in uso gratuito, a coop e associazioni giovanili), l´ostacolo grosso è però la burocrazia.  
   
   
L´ITALIA DEGLI SPAZI VUOTI, UN "PATRIMONIO INAGITO" SOTTRATTO A GIOVANI, CREATIVITÀ E INNOVAZIONE  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Nell´italia degli spazi vuoti, inutilizzati o sottoutilizzati, si trova di tutto: 5 milioni di case sfitte, 500 mila negozi che hanno abbassato definitivamente le serrande, 700 mila capannoni dismessi, 55 mila immobili confiscati alle mafie. Un "patrimonio inagito" - come lo definisce Giovanni Campagnoli, advisor di Enne3-incubatore d´impresa dell´Universitá del Piemonte Orientale, autore del libro "Riusiamo l´Italia. Da spazi vuoti a start-up culturali e sociali" presentato oggi al Festival dai giornalisti Jacopo Iacobini e Tonia Mastrobuoni - che potrebbe diventare un grande incubatore di creatività, cultura, innovazione. "Oggi è molto più forte l´offerta di spazi che non la domanda e il prezzo degli immobili scende" spiega Campagnoli - "questi spazi abbandonati potrebbero essere riempiti di idee e talenti. Aspettare che accada qualche cosa stando fermi, in attesa che arrivino i cinesi o il magnate arabo disposto ad acquistarlo e trasformarli nell´ennesimo residence di lusso, significa assistere al declino e alla perdita di valore; oltretutto aumenta la tassazione e gli agenti atmosferici fanno anch´essi il loro lavoro, poi ci sono i vandalismi, i furti, gli incendi, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno. Se si interviene prima, quando ancora è possibile riabitare tali spazi, significa ridare un maggiore valore economico. In Usa le agenzie immobiliari incaricano artisti per rivitalizzare alcune zone, ma anche in Italia è possibile intervenire". Campagnoli svela, ma dovrebbe essere un dato conosciuto da tutte le amministrazioni mentre invece non lo è affatto, esistono gli strumenti normativi (lo "Sblocca Italia", ad esempio, detta agli art. 24 e 26, che "i comuni individuano i criteri in base ai quali cittadini singoli o associati possono presentare progetti con finalità di interesse generale", e la legge 106/2014 a proposito della accessibilità a cultura e turismo, prevede che "per promozione di turismo ambientale, le case cantoniere, i caselli e le stazioni ferroviarie o marittime, le fortificazioni e i fari, immobili di appartenenza pubblica non utilizzati, possono essere concessi in uso gratuito, a coop e associazioni giovanili), l´ostacolo grosso è però la burocrazia.  
   
   
UN FAMILIARE IN POLITICA: VALE 500 EURO DI STIPENDIO IN PIU’ L’ANNO  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Qual è il beneficio economico derivante dell’avere un familiare in politica? Mediamente vale 500 euro in più l’anno, con un incremento sulla retribuzione media pari al 3% circa. Per avere un paragone un anno ulteriore di istruzione genera un rendimento del 6%. Le regioni del sud “maglia nera”? Tutt’altro. Un familiare in consiglio comunale sembra portare più beneficio nelle regioni del nord Italia ed il vantaggio è più evidente nelle città dove esiste una sede di tribunale, probabilmente perché in questi casi il nepotismo funziona come sostituto della pura corruzione. Questi i primi risultati della ricerca condotta su due campioni di 550 mila politici e 800 mila lavoratori dipendenti del settore privato dagli economisti Marco Manacorda, docente di Economia alla Queen Mary University di Londra e ricercatore associato presso il Cep della London School of Economics, e Stefano Gagliarducci, docente presso l’Università di Roma Tor Vergata. La ricerca, tutt’ora in corso – il rapporto con i dati completi sarà disponibile tra un mese circa - è stata anticipata al Festival dell’Economia di Trento, presso Palazzo Geremia, nell’ambio dell’incontro “Affari di famiglia: nepotismo politico e carriere nelle imprese italiane”. “La novità della ricerca - ha evidenziato Roberto Mania, Giornalista de “la Repubblica”, introducendo l’incontro - è che dal sospetto si comincia a passare alle prove, dall’indagine giornalistica alla ricerca condotta in modo oggettivo, scientifico e su basi di dati molto consistenti”. La ricerca condotta da Manacorda e Gagliarducci parte dal 1985, prima di “Mani Pulite” ed arriva fino al 2011; 27 anni nei quali si sono messi in connessione due database distinti: uno sui politici (550 mila, fonte Ministero Interno) per il 97% appartenenti a consigli comunali ed uno sui lavoratori dipendenti del settore privato (800 mila, fonte Inps). Questi due campioni sono quindi stati connessi attraverso le prime tre cifre del codice fiscale (parte del cognome) e la città di nascita. I risultati sono in parte sorprendenti. “Fino al tempo zero, cioè prima dell’ingresso in politica – ha sottolineato Manacorda - i salari non differiscono granché da quelli di altri individui con caratteristiche simili. A partire dal tempo zero l’aumento dei ritorni è graduale e questo effetto sembra appiattirsi verso il terzo anno, per poi tornare alla situazione precedente dopo l’uscita dalla politica del familiare”. “I dati sono chiari ed evidenti – sottolinea Manacorda – anche se dal nostro punto di vista, di ricercatori, non vi è evidenza diretta che questi rendimenti siano il risultato di uno scambio implicito o esplicito tra politico ed impresa privata”. La ricerca di Manacorda e Gagliarducci stima in 500 euro l’anno, mediamente, l’effetto positivo sui salari per i familiari legati da un rapporto di parentela con un politico. Ma se il politico è al secondo mandato la media sale a 1.000 euro l’anno ed arriva fino a 1.700 euro l’anno se il politico è in carica da oltre due mandati. Il vantaggio massimo, poco oltre 1.000 euro l’anno, si registra nei familiari compresi nella fascia di età che va dai 36 ai 45 anni, mentre decresce al crescere dell’età. “Contrariamente alle nostre ipotesi di partenza – hanno evidenziato Manacorda e Gagliarducci - l’effetto sembra essere più forte al Centro-nord rispetto che al Sud”. Altra curiosità: nelle città dove esiste una sede di tribunale il fenomeno del nepotismo politico sembra essere più frequente rispetto alle città dove non esiste un tribunale. “Potrebbe significare – osserva Manacorda - che dove esiste più controllo meno frequenti sono i casi di corruzione e di appropriazione indebita ed entrano in gioco quindi meccanismo sostitutivi come quello del nepotismo legato alle cariche politiche”.  
   
   
PARI OPPORTUNITA’ E MOBILITA’ SOCIALE  
 
 Trento, 11 giugno 2015 - Il Gender Gap, la disuguaglianza di genere in politica e in economia, influisce sul tasso di crescita di un Paese e sul grado di mobilità sociale. Ad affermarlo è stata Alessandra Casarico, docente di Scienza delle finanze all’Università Bocconi, sulla base di una recente ricerca ancora in corso e in collaborazione con l’economista Anthony Atkinson sulla valutazione dei differenziali di genere nell’ambito dei redditi in Italia e in Europa. L’obiettivo dello studio è quello di fornire nuovi elementi per attuare delle politiche pubbliche efficaci a ridurre le disuguaglianze di genere che nel tempo sono sempre più significative nelle fasce di posizioni apicali in economia e politica. ´Genere´ è pertanto una parola chiave per il tema di questa edizione del Festival dell’economia. Il mercato del lavoro in Italia vede le donne sottoccupate e sotto pagate, scarsamente coinvolte in politica. Questa la sintesi che la docente di economia alla Bocconi, Alessandra Casarico, ha usato come incipit all’illustrazione del lavoro di ricerca sull’influenza delle differenze di genere sulla mobilità sociale. “L’italia si trova al 69esimo posto per differenza salariale tra uomini e donne (Gender Pay Gap 2014) e al 114esimo per opportunità economiche". " Quindi - ha specificato Casarico - le donne sono molto lontane dalle pari opportunità in politica e in economia”. I dati di riferimento sono quelli delle statistiche elaborate dal World economic Forum relative ai differenziali di genere in economia e politica dei Paesi Ue nel 2014. Il tasso di occupazione femminile, nella fascia di età 15-64, in Italia si è attestato sotto il 47% nel 2014 , mentre quello maschile è stato del 65%. “Siamo tra gli ultimi Paesi in Europa per tasso di occupazione femminile- ha osservato - peggio di noi solo Malta e la Grecia, mentre la media europea è del 65%. Inoltre all’interno del nostro Paese si vede un ulteriore differenziale con il 57% di donne occupate al Nord e poco meno del 30% al Sud. Il differenziale di genere sul mercato del lavoro si è stabilizzato nel 2014 rispetto agli anni Novanta, ma solo perché gli uomini sono stati colpiti dalla crisi. Su base dei dati Istat in Italia i contratti part time riguardano il 27% delle donne occupate ma su base involontaria. Nei confronti dell’uguaglianza di genere si sono moltiplicati gli interessi a livello mondiale, a vent’anni dalla piattaforma di Pechino che aveva stabilito degli obiettivi forti per l’uguaglianza di genere a livello globale e nelle discussioni globali sulle tematiche di genere si sono affermate nel tempo le convinzioni scientifiche che le disuguaglianze di genere siano determinanti per una ridotta crescita economica. Lo ha verificato l’Ocse che di recente (2015) ha affermato che se le donne partecipano di più al mercato del lavoro si riduce la disuguaglianza di redditi in generale e ha anche indicato che una maggiore istruzione favorisce dei livelli occupazionali maggiori, in Italia (dati Eurostat) c’è una tasso di occupazione femminile con laurea pari al 74%, laddove la media Ocse è del 79%, tuttavia le donne guadagnano meno degli uomini. L’ocse ha poi indicato in 5,5 % il differenziale salariale tra uomini donne in Italia, “dato non rilevante - ha detto Casarico - ma lo è se consideriamo che è dovuto alla bassa partecipazione delle donne nel mercato del lavoro”. Sulla base dello studio condotto alla Bocconi Alessandra Casarico ha anche affermato che le donne, a parità di reddito con gli uomini, hanno meno propensione ad evadere le tasse. Il gap di genere riguarda anche la scarsa presenza femminile in politica. In Italia, fatto 100 il numero di riferimento, tra i sindaci si trovano 90 uomini e solo 10 donne, nel consiglio comunale 80 gli uomini e 20 le donne. Casarico ha anche affermato, dati alla mano, che la legge per le preferenze di genere nelle liste elettorali ha favorito l’aumento dell’affluenza al voto, la qualità dei politici eletti, il ringiovanimento della politica e la rappresentanza femminile nei consigli comunali con + 20% nel 2012 rispetto al 1993.  
   
   
AGNESE MORO AGLI STUDENTI TRENTINI: «COLTIVATE I VOSTRI SOGNI, CAMBIATE L’ITALIA»  
 
 Trento, 11 giugno 2015 - Gli entusiasmi di chi, negli anni ’70, sperava di cambiare il mondo, sono stati delusi: ma la disillusione dei giovani di allora non deve corrompere le speranze di chi oggi si affaccia alla partecipazione politica. Questa l’analisi di Agnese Moro, a confronto con i rappresentanti della Consulta Provinciale degli studenti di Trento. Riscoprire i propri sogni e perseguirli con coraggio è indispensabile per vincere il torpore sociale del nostro Paese. «Il futuro appare come qualcosa di cupo per gli adolescenti italiani, che non a caso scelgono spesso di fuggire all’estero». Quali le soluzioni? Intanto, impegnarsi per creare occasioni che permettano ai giovani di superare i confini della propria individualità e praticare un confronto collettivo costante. L’italia non è un Paese per giovani, ma i giovani devono volerlo cambiare. È stata questa la riflessione principale che Agnese Moro, figlia dello statista democristiano assassinato dalla Brigate Rosse nel 1978, ha offerto al pubblico del Festival dell’Economia. «Il fatto che moltissimi ragazzi, terminati gli studi, decidano di emigrare non è necessariamente un dramma. Fare nuove esperienze all’estero può essere importante per la propria formazione. E del resto l’Italia è un Paese triste, un po’ deprimente, per i giovani: altrove l’idea del futuro è molto meno cupa di quanto non lo sia qui da noi». Nel corso del dibattito organizzato dalla Consulta Provinciale degli studenti di Trento, Agnese Moro ha attribuito le responsabilità di questa stagnazione italiana in primo luogo agli adulti: le disillusioni di chi trent’anni fa credeva nella possibilità di cambiare il mondo agiscono oggi come ostacolo nei confronti delle speranze dei più giovani. Sono i genitori, spesso, a scoraggiare gli entusiasmi dei propri figli. «E invece dovete riappropriarvi dei vostri sogni, coltivarli e cercare di realizzarli», ha detto Agnese Moro, rivolgendosi ai suoi interlocutori e spiegando come sia proprio questa rassegnazione diffusa a impedire una vera mobilità sociale basata sull’attivismo politico. «L’articolo 3 della Costituzione impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. Ma attenzione: spesso quei limiti siamo noi a fabbricarceli, creandoci degli alibi che giustifichino la nostra accettazione passiva del presente. È indispensabile creare delle occasioni che possano far uscire ciascuno dal guscio della propria individualità e riscoprire il valore del dialogo e del confronto collettivo». E anche per quanto riguarda la crisi occupazionale, Agnese Moro ribadisce l’importanza per i giovani di seguire le proprie aspirazioni: è attraverso la pratica delle proprie passioni che si possono trovare nuove opportunità di lavoro. Un’ultima riflessione sulla ricorrenza odierna. «L’unico patriottismo intelligente – ha detto la figlia di Aldo Moro – non può che passare per uno studio attento del nostro passato, per una piena comprensione della nostra storia».  
   
   
IMPARARE DAGLI ERRORI: LA LEZIONE DI VISCO  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Ignazio Visco, governatore della Banca d´Italia nonché profondo conoscitore del sistema bancario italiano ed europeo, introdotto dal direttore del Trentino Alberto Faustini, si è prodotto in un intervento di prudente difesa del comportamento dei mercati e di quelli finanziari in particolare, un po´ in controtendenza rispetto alle tesi che sono andati per la maggiore in questi giorni di festival. Un´evidenza su tutte: dal 1990 ad oggi la popolazione mondiale è cresciuta di un paio di miliardi mentre la povertà quantomeno è rimasta stabile. Significa che la produzione - e distribuzione - di ricchezza quantomeno ha avuto successo nel contenere l´impatto della crescita demografica. Anche per Visco, però, i mercati non sono in grado di autoregolarsi. Sono la cosa migliore che abbiamo per crescere, per produrre ricchezza, anche per scambiare informazione, però vanno regolamentati. Bisogna dunque prevenire le crisi di instabilità, intrinseche nel sistema capitalista, e anche perseguire le frodi, che però secondo il governatore sono una patologia del sistema, non il sistema stesso. Secondo Visco inoltre dopo lo scoppio della crisi molte misure sono state prese. Il ruolo della politica, però, rimane essenziale. E il sistema finanziario italiano? Poggia soprattutto sulle banche commerciali, ma un´impresa che deve crescere e investire sul medio-lungo periodo deve anche saper rivolgersi al mercato dei capitali. Sono state introdotte anche forti agevolazioni fiscali per stimolare gli investitori, ma l´Italia ha un limite fisiologico, un tessuto imprenditoriale ancora composto in larga parte di imprese familiari. La crisi globale finanziaria è il punto di partenza di ogni analisi che si rispetti, oggigiorno, ma per Visco in realtà i segni di ciò che è successo erano ben visibili tempo prima, fin dai primi anni 2000. Molti economisti li avevano messi a fuoco ma non sono riusciti ad influenzare la politica né tantomeno i comportamenti di imprese e cittadini. Partendo dalla finanza, e citando inaspettatamente Amartya Sen, oltre ad Aristotele e Gesù, il governatore della Banca d´Italia ha proseguito mettendo a fuoco i dubbi e i sospetti che questa attività genera nella storia, per approdare poi agli scenari odierni. "Abbiamo avuto un eccesso di crescita da finanza non regolata dipesa da una deregulation che a sua volta è stata la risposta ai fallimenti delle politiche statali a partire dagli anni ´70. Chi si ricorda la stagflazione? La globalizzazione e ciò che ne è conseguito, dalla fine della Guerra fredda in poi, ha prodotto degli innegabili successi, dal 1990 ad oggi la popolazione mondiale è aumentata di un paio di miliardi e la povertà quantomeno è rimasta stabile, interessa circa un miliardo di persone secondo le stime della Banca Mondiale. Naturalmente ha generato anche problemi. La finanza in sé non è né buona né cattiva, serve essenzialmente a trasferire risorse per usarle laddove sono necessarie. I venture capital hanno consentito la nascita di società come Intel, Apple o Google. Bisogna però vigilare affinché non producano instabilità". Ed è questo ruolo di controllo sulla stabilità dei mercati e sui comportamenti fraudolenti che è venuto progressivamente meno, con la deregulation. Si tratta di un ruolo che dovrebbe spettare anche alle banche centrali, che devono essenzialmente prevenire le crisi, ridurre le grandi oscillazioni sui mercati, favorire la stabilità. Non è andata esattamente così. La Banca d´Inghilterra ha perso persino il ruolo di vigilanza che tradizionalmente esercitava sull´operato delle banche del Regno Unito, in favore di vaghi codici di autoregolamentazione. Lo sviluppo dei derivati, prodotti finanziari il cui valore è totalmente svincolato dall´andamento dell´economia reale, è sfuggito da ogni controllo. "In questo caso l´innovazione finanziaria è stata pericolosa, e così tanti comportamenti dei banchieri, legati alla veduta corta, alla ricerca del profitto di breve periodo. Nel frattempo cresceva il debito delle famiglie, nell´erronea convinzione che i redditi sarebbero continuati a crescere. Così è nata la filiera che ha portato il fallimento della Lehman Brothers". Nella crisi, comunque, secondo il Governatore della Banca d´Italia bisogna distinguere i gli errori dalle colpe, ovvero dalle frodi. Queste ultime sono patologie del sistema, ma non sono il sistema. "Io sono diffidente rispetto alle teorie del complotto. Ci sono state azioni di lobbies, ma esse in genere sono visibili, trasparenti. E giusto che i reati vengano perseguiti, e l´America sotto questo profilo è un paese esemplare, l´Italia molto meno". Ma a Visco interessano soprattutto le risposte da dare per rendere un sistema, quello capitalista, per sua natura instabile, più stabile. Quali possono essere le risposte? Moltissime. Alcune di esse sono già state date. "Il G 20 si mosse già nel 2009 per scrivere nuove regole del gioco. Si è anche riconsiderata la politica monetaria nel suo complesso: controllare la crescita dell´inflazione rimane un obiettivo fondamentale delle Banche centrali, ma senza perdere di vista il quadro generale, al fine di prevenire crisi come ad esempio quella della bolla dei titoli tecnologici, antesignana della grande crisi finanziaria del 2008". Quindi, almeno in parte, la risposta è "sì", dagli errori il mercato può imparare. Il dibattito sul ruolo delle Banche centrali è ancora in corso. Ad esempio non c´è ancora concordia sul ruolo di vigilanza e regolamentazione che esse debbono esercitare sul sistema bancario, in seno alla Ue e nel contesto di una "sovranità condivisa" con la Bce. Anche per Visco però i mercati non sono in grado di autoregolarsi. Sono il migliore strumento per produrre ricchezza, ma vanno regolamentati. Perché le crisi sono sempre in agguato. Parlando d´altro, Visco ha spezzato una lancia in favore di maggiori investimenti nel capitale umano. "In Italia 7 persone su 10 non sono in grado di capire ciò che leggono, e le capacità logico-matematiche non vanno molto meglio". L´investimento sulle risorse umane rende sul lungo periodo e quindi necessita di un´azione di governo lungimirante e disinteressata. Ma c´è anche un altro dato a cui pensare: se anche abbiamo pochi laureati, il differenziale retributivo rispetto a chi ha titoli di studio più bassi è modesti. Dovrebbe succedere il contrario: se un bene è scarso, il mercato dovrebbe spingere in altro il suo valore. Le spiegazioni di questa questione - anch´essa molto dibattuta in questi giorni del festival, perché strettamente legata al tema della mobilità sociale - sono diverse: ad esempio il fatto che il sistema non è riuscito a far crescere la piccola impresa, portandola a dimensioni almeno medie".  
   
   
FRONTEGGIA (BENE) LA CRISI MA SI SENTE IN DECLINO: ECCO IL NUOVO CETO MEDIO ITALIANO  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Una cosa è certa: non è più il ceto medio di una volta. Lo si vede da come sono cambiate le abitudini di consumo, dai nuovi stili di vita, da una nuova retorica che pone l´enfasi sulla qualità, sull´autoproduzione, sulla gestione di genere della famiglia, sulle reti amicali e parentali. La middle class di casa nostra fronteggia la crisi mettendo in campo un proprio "progetto di sicurezza" che passa dalla riduzione dei consumi (diversificando le filiere di acquisto ma senza rinunciare alla qualità) e che abbraccia la moderazione come tratto etico, memore dell´esperienza dei propri genitori, e che riprende a dare valore al tempo. A disegnare il nuovo profilo del ceto medio è un libro di recente uscita, "Fronteggiare la crisi. Come cambia lo stile di vita del ceto medio" (Il Mulino), che raccoglie gli esiti di una ricerca sociologica condotta da Roberta Sassatelli assieme a Marco Santoro e Giovanni Semi. Degli esiti della ricerca ne ha parlato al Festival, affiancata da Arnaldo Bagnasco e Tonia Mastrobuoni, Roberta Sassatelli, che insegna Sociologia culturale all´Università di Statale di Milano. Uno studio che analizza, in particolare, l´evoluzione dei consumi operata dal ceto medio. "I consumi diventano importanti - spiega - perché lì c´è un margine, le famiglie possono gestire una serie di risorse. Una delle strategie adottate dalle famiglie è stato ridurre le merci, senza abbassare la qualità, facendovi entrare la variabile tempo. Si riducono fortemente gli sprechi, si acquista utilizzando tutte le filiere delle merci (il discount va bene per i detersivi, meno per l´insalata) ma acquistare qui e là, autoprodurre, comporta tempo. La logica è mantenere alta la qualità riducendo il costo, associando la qualità al sapersi prendere cura di sé, della propria famiglia e dunque anche del mondo." Si tratta di nuove modalità di consumo che consentono di passare dal singolo al collettivo: lo faccio perché è un progetto non solo per me ma per tutti. "La logica del consumo responsabile acquista un aspetto strumentale, posizionale" afferma Sassatelli. "Ma c´è un altro dato: i gruppi sociali di mezzo hanno la caratteristica fondamentale di una relativa incertezza posizionale. Alla domanda se si sentono ancora del cento medio negano che tale identificazione abbia ancora senso (il ceto medio esiste ancora?), esprimono una capacità di riflessione che sembra voler scongiurare la paura di cadere, non solo come famiglia ma anche come gruppo. Una riflessività molto autoprotettiva. Questo è un ceto medio molto abile nel formare racconti sul proprio stile di vita. Uno stile che nel caso di consumi alimentari implica riutilizzare le reti amicali e parentali, dando spazio agli inviti a casa che mantengono le relazioni, si utilizzano ricette della tradizione rivisitate inserendovi prodotti salutisti, i vestiti sono considerati il bene meno necessario, la famiglia italiana si riorganizza in termini di genere: gli uomini si impegnano ai fornelli la domenica, cucinando tipicamente pesce, cibo classicamente femminile ma anche raffinato. Uno stile anti snob virato in chiave sostenibile." Strategie, queste del ceto medio italiano, che valgono a fronteggiare la crisi, ma che non riescono a cancellare la percezione di vivere un declino.  
   
   
LA MOBILITA´ SOCIALE AI TEMPI DI SHAKESPEARE FRA PAROLE, NOTE E LETTURE DAL MERCANTE DI VENEZIA  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Raccontare la mobilità sociale attraverso uno dei capolavori di Wiliam Shakespeare come “Il Mercante di Venezia”, ricco di spunti e riferimenti sulle dinamiche di un periodo storico caratterizzato da cambiamenti e trasformazioni. Questo l’obiettivo dello spettacolo “Shakespeare economista, ovvero la mobilità sociale nel Mercante di Venezia” ideato da Enrico Reggiani e portato in scena ieri sera al Teatro Sociale per il Festival dell’Economia. Una narrazione giocata anche sulle letture sceniche di Alessandra De Luca e Dario Dossena e sull’accompagnamento delle note di chitarra di Sara Gianfelici. Enrico Reggiani, professore associato di Letteratura inglese all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, aveva già dedicato diversi cicli di conferenze al “Shakespeare economista” ma in questa occasione ha voluto portare questa dimensione del grande autore inglese in una dimensione teatrale. L’idea di Reggiani si è concretizzata in quella che l’autore ha definito come una sorta di “Conferenza in scena” nell’intreccio fra la sua narrazione di alcuni punti salienti del “Mercante di Venezia”, la lettura di alcuni passi del testo del drammaturgo e poeta inglese e l’esecuzione di composizioni musicali che hanno materializzato le atmosfere dell’Inghilterra del ‘500. “William Shakespeare – ha sottolineato Reggiani – è sempre stato citato dagli economisti del corso dei secoli e fra questi c’è anche Keynes del suo Trattato della moneta. Un segno dell’importanza delle sue opere inserite in un contesto sociale ben preciso”. Shakespeare visse e raccontò le sue opere in un periodo storico come la seconda metà del 1500 in un periodo caratterizzato da una mobilità sociale davvero significativa che si intrecciava anche un incremento demografico, inflazione a lungo termine e rapide crisi economiche. Per l’Inghilterra quel periodo, sotto la guida di Elisabetta I Tudor, dal 1558 al 1603 fu definita “Age of gold “ (L’età dell’oro) per il progresso e le trasformazioni di quegli anni segnati anche dalla rivoluzione energetica con il passaggio dal legno al carbone. In questo contesto si inserisce un’opera teatrale come “Il Mercante di Venezia” scritta fra il 1596 e il 1598 e pubblicata nel 1600. Un testo, quello del “Mercante di Venezia”, che teatralizza le disuguaglianze statiche e dinamiche tra la laguna e Belmonte.”i due luoghi in cui si muovono i personaggi – ha evidenziato infatti Reggiani – sono Venezia, città in quegli anni simbolo di commerci, di scambi e grande vitalità e Belmonte un luogo che ha una valenza simbolica ed universale. Due luoghi che nella visione di Shakespeare sono assai meno diversi da quanto appare”. Le letture di Alessandra De Luca e di Dario Dossena hanno portato gli spettatori nel cuore dell’opera fra le trame in cui si muovono i protagonisti come Bassanio, gentiluomo veneziano che per sposare Porzia ricca ereditiera di Belmonte chiede 3.000 ducati in prestito all’amico Antonio di professione mercante. Nell’intreccio narrativo Antonio che si dedica ai traffici marittimi garantirà per l’amico davanti all’usuraio Shylock. “Fra prestiti di denaro e solvibilità si trovano diversi spunti su una società che vive un periodo di grandi mutamenti, una società mobile. Un esempio è dato dalla figura di Antonio che da mercante usa il denaro come strumento di investimento, per acquistare le sue merci Ma anche Shylock a suo modo è un mercante che fa però del denaro uno strumento diretto di guadagno tramite i prestiti”. Due modi di intendere e vivere l’economia che possono essere paradigmatici anche nel nostro presente.  
   
   
IL SUD (IM)MOBILE: DISUGUAGLIANZE E NUOVE EMIGRAZIONI  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Questa decima edizione del Festival dell’economia non poteva prescindere dall’affrontare la problematica del Mezzogiorno italiano, i problemi causati delle sempre più numerose emigrazioni, la preoccupante situazione attuale che nega opportunità di lavoro per molti giovani e donne, la totale mancanza di mobilità sociale. Quali sono le prospettive per il futuro? È possibile sbloccare una situazione attuale che sembra ormai compromessa? Si sono confrontati ieri pomeriggio in una gremita Sala della Fondazione Caritro di Palazzo Calepini, alcuni massimi esperti in materia della “Svimez” associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno, assieme a Emanuele Felice, docente di Storia economica nell’Università Autonoma di Barcellona, Alessandro Rosina professore ordinario di Demografia nella Facoltà di Economia dell´Università Cattolica di Milano e Chiara Saraceno, una delle sociologhe italiane di maggior fama che per anni si è occupa delle tematiche legate alla famiglia. Il quadro sociale ed economico del Mezzogiorno italiano in effetti è piuttosto preoccupante esordiscono i relatori, fornendo alcuni dati che non possono che far pensare ad un vero e proprio default del mercato del lavoro e del mondo dell’istruzione. Se nei seminari di questi giorni la mobilità sociale correlata al nostro paese era considerata bassa, lo è ancora maggiormente ponendo la lente di ingrandimento sul solo Sud Italia; va da sé che anche la disuguaglianza sociale risulti fortemente compromessa e che il rendimento scolastico dei nostri studenti del Sud sia in forte calo, così come sono in calo le immatricolazioni alle Università. Anche il mercato del lavoro sta soffrendo, così come dimostrano i recenti dati statistici che dicono che la maggior parte dei posti di lavori persi tra il 2008 e il 2013, durante il primo periodo della grande crisi, interessa il Sud Italia. Scontato dire che attualmente la possibilità di trovare lavoro al Sud è molto più risicata che al Nord, come dimostrano i dati di raffronto con il tasso di occupazione presente in Grecia, che vedono il nostro Sud Italia avere una situazione occupazionale ancora più allarmante. Emanuele Felice poi, sempre parlando della sfera economica, smentisce categoricamente che l’Italia sia entrata in crisi a causa del Mezzogiorno, ma altrettanto fermamente sostiene che allo stato attuale, il Nord, ha bisogno come non mai di un forte margine di miglioramento del Sud Italia affinché il nostro paese riesca finalmente a decollare. L’altra problematica si pone oltre le considerazioni di tipo economico e statistico, ma si correla strettamente anche alla sfera sociale, riguarda i “giganteschi” flussi migratori che hanno caratterizzato il nostro Sud Italia negli ultimi decenni, i quali uniti ad una forte contrazione della demografia, hanno determinato quelle conseguenze sociali che noi tutti conosciamo. Il Sud, interviene Alessandro Rosina sulla problematica flussi migratori, “si muove per difendersi dai cambiamenti” e questo, continua il professore, non potrebbe essere altrimenti dal momento che allo stato attuale non esistono politiche giovanili che possano supportare i giovani per il loro futuro. Forte dunque la critica agli ultimi governi italiani che non hanno saputo creare delle politiche mirate per aiutare i giovani a compiere delle scelte virtuose e dunque a convincerli a ritornare nella propria terra, una volta fatta una o più esperienze formative all’estero. Il problema dunque, continua Rosina, non è i giovani che si spostano verso il Nord o verso l’estero, ma il fatto che non tornino, perché non attratti da “un percorso credibile” e poiché la fiducia sociale nelle istituzioni e nelle classi dirigenti è molto bassa. Anche Chiara Saraceno, ha dato un contributo fondamentale all’appuntamento odierno, parlando di welfare, molto più ridotto e povero al Sud rispetto al Nord, ma soprattutto mettendo alla luce come nella storia italiana gli investimenti nel Mezzogiorno, siano sempre stati drasticamente più bassi rispetto al Nord Italia, già a partire dalla fine della Seconda Guerra mondiale, quando tutti i finanziamenti per la ricostruzione del Paese conversero al Nord. I relatori concludono l’appuntamento di confronto, attribuendo alla soluzione di questa lunghissima crisi del Sud Italia, parole come rinnovamento dell’istruzione, riforma della pubblica amministrazione, investimenti nelle infrastrutture e non ultimo il rilancio di un nuovo welfare.  
   
   
LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL. PERCHÉ LA RIPRESA È COSI´ LENTA  
 
Trento, 11 giugno 2015 - Fazzari: la diseguaglianza ha originato la crisi negli Usa ed ora frena la ripresa. Ridurre le differenze di reddito può aiutare a migliorare l’economia globale. Negli Usa la democrazia economica non c’è. Il 5% degli americani più ricchi guidano la ripresa “stellare” dei consumi, mentre la domanda del restante 95% è ancora al palo, frenata dalla difficoltà di accedere al credito. La crisi quindi ha aumentato le disuguaglianze. Non è pensabile una economia che dipenda solo dai ricchi. Ridurre le differenze può aiutare la ripresa globale. La “lezione americana” di Steven Fazzari, economista della Washington University a St.luis, potrebbe essere utile anche in Europa. Perché lì è nata la grande crisi del 2008, e lì è ripartita per prima la ripresa. Con qualche distinguo, però. Intanto una premessa che sfata molti luoghi comuni. La bolla immobiliare e la finanza velenosa che hanno causato la crisi in realtà avevano origini più antiche. Per vent’anni la domanda negli Usa è stata sostenuta grazie alla facilità di ottenere credito, mentre in realtà i salari non crescevano allo stesso modo. Quindi il 95% degli americani meno ricchi hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità, e quando l’indebitamento è diventato insostenibile si è generata la crisi finanziaria. Fazzari si è occupato a lungo del tema delle disuguaglianze, arrivando alla conclusione che la ripresa - negli Usa è cominciata già sei anni fa - potrebbe essere molto più veloce se le differenze di reddito tra il 5% di chi guadagna di più e il 95% di chi guadagna di meno fossero meno marcate. Ovvero: la disuguaglianza è un segno di debolezza per tutta l’economia a stelle e strisce, e la causa di quella che l’economista ha chiamato “stagnazione secolare”, o crescita lenta, seguita alla grande crisi del 2008-2009. I segnali sono molti. Analizzando le grandi crisi del passato, quella più recente sembra completamente diversa dalle altre. Se nelle altre recessioni dopo due-tre anni si tornava alla normalità, nella “grande recessione” l’occupazione è scesa dei 6% anziché del 2 come nelle precedenti situazioni. Negli Stati Uniti ci sono voluti 76 mesi per tornare ai livelli precedenti. Anche negli ultimi due anni, caratterizzati da una forte ripresa della produzione, i valori sono comunque inferiori rispetto a quanto previsto. “Gli Stati Uniti – ha affermato Fazzari – avrebbero potuto fare molto meglio”. In realtà la forbice tra chi guadagna di più e chi guadagna di meno si è sempre più allargata. Nel ventennio dal 1960 al 1980 i redditi del 95% che guadagna meno sono cresciuti annualmente dell’1,9%, quelli del restante 5% dei ricchi del 2,1%. Nel periodo dal 1980 al 2007, anno della grande crisi, i redditi del 95% più povero sono cresciuti dell’1,1%, quelli del 5% che guadagnano di più del 3,9%. E dopo la crisi la spesa di chi guadagna di più è schizzata verso l’alto, mentre il restante 95% non risparmia e fatica a tenere testa alla ripresa, appesantito dai debiti pregressi e dalla difficoltà di accedere a nuovo credito. “Questa non è mobilità sociale ha concluso Steven Fazzari – perché l’economia sta sempre più nelle mani dei ricchi. Negli Usa si parla molto di democrazia, ma dal punto di vista economico non ci siamo. Abbiamo bisogno di spingere la domanda , ma non può essere sostenuta solo dai ricchi. Altrimenti avremo un problema”.  
   
   
CONTRO GLI OPPOSTI PESSIMISMI: PER USCIRE DAL DECLINO E DALLA CRISI  
 
Trento, 11 giugno 2015 - "Non dobbiamo rassegnarci a vivacchiare" secondo il ministro dell´Economia Pier Carlo Padoan è forse questo il più grande insegnamento di Luigi Spaventa, l´economista e politico scomparso nel 2013. Nel tardo pomeriggio la Sala Depero ha ospitato la presentazione del libro di Antonio Pedone che raccoglie gli scritti di Spaventa dal 2002 al 2013. Citando una lettera scritta al direttore del Corriere della Sera, Padoan ha ricordato la grande ironia di Spaventa e la finezza delle sue analisi. "Mi ha insegnato che non ci sono scorciatoie - ha detto Padoan - e nemmeno bacchette magiche. Per rimettere in pista un paese e favorire la crescita occorre costruire un pacchetto di misure, usando tutti gli strumenti disponibili con l´obiettivo che la crescita non sia effimera, ma duratura, questo mi ha insegnato Luigi Spaventa e trasferendo quanto appreso ai problemi di oggi, mi viene da dire - ha aggiunto il ministro - che l´Europa non deve vivacchiare sulla ripresa". "Contro gli opposti pessimismi" raccoglie i saggi di Luigi Spaventa pubblicati tra il 2002 e il 2011. Accanto ai fondamenti teorici ed empirici delle sue idee, il grande economista espone con estrema chiarezza le linee guida, i criteri e gli strumenti con cui si sarebbero dovute e potute affrontare le questioni cruciali di fronte alle quali si è trovata e si trova tuttora la politica economica italiana ed europea. "Le sue critiche pungenti - ha detto l´autore del volume - permettono di maturare una migliore comprensione delle ragioni del declino non solo economico, ma anche sociale e culturale, che affligge il nostro Paese. Sempre accompagnate da proposte concrete e dalla continua ricerca di soluzioni praticabili, le analisi di Spaventa sono vitali per capire le trasformazioni profonde vissute dal capitalismo italiano e le principali sfide che dovremo affrontare nel prossimo futuro". "Il suo talento principale - ha detto Salvatore Rossi durante il dibattito - era di saper essere contemporaneamente analitico e sintetico, una dota rarissima". Mentre Paolo Guerrieri ha sottolineato "l´estrema attualità degli scritti di Spaventa". "E´ un libro bellissimo - ha detto ancora Padoan - da cui si possono prendere tante cose e molti insegnamenti fra i quali quello che la politica economica non abbia un compito meramente tecnico, ma anche politico, finalizzato ad influenzare le aspettative". Tito Boeri, direttore scientifico del Festival dell´Economia, ha infine ricordato come Spaventa amasse molto il Festival di Trento, al quale ha partecipato varie volte.  
   
   
JENKINS: "ECONOMISTI ATTENTI A PARLARE DI MOBILITÀ, SERVONO DATI PIÙ AFFIDABILI"  
 
Trento, 11 giugno 2015 - "La mobilità sociale è molto importante ed è giusto preoccuparsi per essa, ma ne sappiamo ancora troppo poco e bene farebbero gli economisti ad "essere più onesti" e più cauti sulla valutazione dei dati raccolti". L´invito ad approfondire, a non trarre conclusioni che, per quanto supportate da analisi e studi, possono rivelarsi fuorvianti arriva al Festival da Stephen Jenkins, professore di politica sociale ed economica alla London Shool of Economics. Il suo intervento, dottrinale ed accademico, sviluppato applicando modelli matematici di non agevole approccio, ha dimostrato soprattutto una cosa: gli economisti, gli studiosi della mobilità sociale, devono chiarire di quale mobilità si sta parlando, perchè esiste la mobilità relativa o posizionale, o di scambio, che è una mobilità "pura", in cui ci interessa la posizione sociale degli individui; e c´è la mobilità assoluta, che mette invece l´accento sulla crescita individuale. "Si parla di mobilità in riferimento al reddito, ma occorrerebbe guardare anche alle retribuzioni. Pensiamo a tutti o solo agli uomini? Perché se introduciamo nei calcoli anche le donne, allora tutto diventa più complicato. C´è, insomma, un problema legato ai dati e - avverte Jenkins "dobbiamo approfondire gli studi, ed i ricercatori devono produrre risultati più robusti, perchè quelli di cui disponiamo non sono abbastanza chiari nè definitivi. Ci sono tanti risultati ma spesso vengono presi come vangelo sia dai politici che dall´opinione pubblica, dobbiamo però capire come riassumere le opportunità di vita, e abbiamo bisogno di serie di dati più affidabili". Ciò che Jenkins afferma è però, in qualche modo, una sorta di superiorità della politica, che ha sempre la possibilità di operare delle scelte e di cambiare direzione; il problema, semmai, è che i politici hanno un´agenda corta, che non si spinge in genere al di là del proprio mandato e che guarda al tornaconto (politico) personale. Magari sapendo bene che le decisioni prese non sono le più giuste per garantire alle generazioni che verranno ciò che, al momento dell´investituta, si dichiara come supremo obiettivo.  
   
   
IDEAL STANDARD: PROSEGUE PERCORSO COOPERATIVA IDEALSCALA  
 
Pordenone, 11 giugno 2015 - Si è tenuto questo pomeriggio, nella sede della Regione a Pordenone, il tavolo che ha riunito i soggetti coinvolti nella vicenda relativa al sito ex Ideal Standard. Con il vicepresidente della Regione e assessore alle Attività produttive, Sergio Bolzonello, erano presenti il sindaco di Zoppola, Francesca Papais, i rappresentanti di Idealscala (che intende rilevare l´attività nello stabilimento di Orcenico), Unindustria Pordenone, organizzazioni sindacali e delle direzioni regionali Attività produttive e Lavoro. "Abbiamo voluto convocare questo tavolo per capire a che punto fosse la situazione relativa alla nuova cooperativa Idealscala, rispetto ai rapporti con Ideal Standard e al piano industriale" ha spiegato Bolzonello. "Si è trattato di un incontro interlocutorio da un lato, perché il piano industriale verrà presentato entro venerdì della prossima settimana dalla società che ha avuto l´incarico di redigerlo". A tal proposito sarà richiesta una proroga rispetto alla scadenza di venerdì prossimo indicata da Ideal Standard. "Dall´altra parte - ha proseguito il vicepresidente - la riunione ci ha permesso di valutare, con tutti i soggetti in campo, la volontà di proseguire su questo tentativo di cooperativa che nasce dai lavoratori e viene accompagnata dal territorio. La decisione finale - ha concluso Bolzonello - è stata proprio quella di continuare su questa strada per provare a portare a casa un risultato che potrebbe diventare un caso simbolo perché altre realtà possano seguire questo percorso". In attesa del piano industriale, è stato deciso di riconvocare il tavolo nei giorni successivi alla presentazione di questo documento.  
   
   
FVG: NUOVA OFFERTA PROPRIETA´ PER RIPRESA LAVINOX  
 
Pordenone, 11 giugno 2015 - Il vicepresidente della Regione e assessore alle Attività produttive, Sergio Bolzonello, ha presieduto, nella sede dell´Amministrazione, a Pordenone, il tavolo inerente la crisi aziendale della Lavinox di Villotta di Chions. L´azienda, che occupa oltre duecento dipendenti, è al momento in stato di occupazione da parte degli stessi, vista la mancanza di soluzioni positive. La presenza al tavolo di Lavinox, attualmente l´azienda affittuaria dello stabilimento di Chions, di Unindustria Pordenone, di Friulia, delle Direzioni regionali alle Attività produttive e al Lavoro, e delle organizzazioni sindacali, ha permesso di sviscerare la situazione, analizzando tutte le problematiche in essere. Dall´esame, è emersa la possibilità che Lavinox presenti un´offerta di acquisto per garantire la continuità delle attività di produzione dello stabilimento, e che potrebbero essere interessati altri potenziali investitori. Il Vicepresidente Bolzonello ha ribadito la disponibilità della Regione, attraverso Friulia, a un intervento a supporto, atto a garantire la continuità produttiva dell´azienda. Subordinando tale intervento a un reale piano industriale, che assicuri anche livelli occupazionali importanti.  
   
   
CRISI GRUPPO MERCATONE UNO, INCONTRO DEL TAVOLO REGIONALE A BOLOGNA  
 
Bologna, 11 giugno 2015  - Si è svolto ieri in Regione l´incontro sulla situazione di crisi del Gruppo Mercatone Uno, in cui si è fatto il punto alla luce di quanto emerso al tavolo che si è svolto il 27 maggio scorso al Ministero dello Sviluppo economico. Nel corso dell´incontro i commissari hanno confermato che sono 50 sul territorio nazionale i punti vendita che proseguono l´attività, mentre è stata prevista una sospensione per altri 28. Hanno inoltre ribadito di essere ancora in fase di valutazione sia degli aspetti patrimoniali che degli aspetti di liquidità. Confermata la richiesta, secondo le norme comunitarie, della garanzia finanziaria dello stato al Ministero delle Finanze, mentre si rimane in attesa di eventuali manifestazioni di interesse, che dovranno arrivare entro il prossimo 30 di giugno. A seguito del verificarsi di queste condizioni, potrà essere valutata la riattivazione di altri punti vendita attualmente sospesi. "Continueremo questo lavoro di monitoraggio - hanno detto l´assessore regionale alle Attività produttive Palma Costi e il sindaco di Imola Daniele Manca - Consideriamo positiva la decisione di continuare l´attività in 11 punti vendita che si trovano in regione e auspichiamo che nei prossimi mesi venga riconsiderato l´elenco di quelli attualmente sospesi. Importante che sia stata attivata la cassa integrazione per i lavoratori, il nostro primo obiettivo è la salvaguardia dell´occupazione".  
   
   
INDUSTRIA IN FVG, BRAND E ALLEANZE PER ESSERE COMPETITIVI  
 
Cordovado (Pn), 11 giugno 2015 - Necessità di un´industria agroalimentare del Friuli Venezia Giulia che trovi modo di "irrobustirsi" e che, attraverso alleanze, trovi interlocutori con cui fare sistema ma anche l´importanza dei brand e di possibile Igp (Indicazione Geografica Protetta) che possa aiutare il sistema ad essere più competitivo. Sono questi alcuni dei punti affrontati dal vicepresidente della Regione Friuli Venezia Giulia e assessore alle Attività produttive Sergio Bolzonello durante l´incontro dedicato a "Venchiaredo un percorso d´eccellenza", l´azienda di Ramuscello di Sesto al Reghena specializzata nella trasformazione di formaggi freschi per la produzione di stracchino che ha di recente ristrutturato il proprio stabilimento, il quale rappresenta - come è stato rilevato durante l´incontro - per innovazione e tecnologia una delle realtà più all´avanguardia a livello internazionale nel settore lattiero caseario. Un investimento che ha richiesto oltre 22 milioni di euro nel periodo 2007-2014. Il convegno ha visto la partecipazione, fra gli altri, di Alessandro Driussi e Gianni Pedron rispettivamente presidente e amministratore delegato di Venchiaredo spa, Giovanni Luppi presidente Legacoop Agroalimentare, Giorgio Mercuri presidente Fedagri, Fortunato Forner presidente Venchiaredo Caseificio Società Cooperativa e si è arricchito della relazione di Roberto Grandinetti, ordinario di economia e gestione imprese dell´Università degli Studi di Padova che ha relazionato sul tema dell´imprenditorialità e delle competenze manageriali nelle filiere agroalimentari italiane. Il vicepresidente Bolzonello ha rilevato come una delle criticità del sistema Friuli Venezia Giulia sia la mancanza di brand indicando come "è necessario ragionare sempre più in termini di marchio perché è uno dei modi per essere realmente competitivi; infatti, nelle regioni in cui i brand sono forti, essi sono serviti durante la crisi, in alcuni casi, come paracadute". Analogamente diventa importante la richiesta di ottenere l´Igp che Venchiaredo spa ha inoltrato alla Regione Friuli Venezia Giulia e che rappresenta uno dei primi passaggi per conseguirla. "Si tratta - ha affermato Bolzonello - di un valore aggiunto e rappresenta uno ´step´ per permettere anche ad altre realtà di seguire il medesimo iter". Un valore importante quello dell´indicazione geografica considerando il calo dei consumi in Italia e soprattutto la necessità per molti consumatori, come ha riferito Mercuri, di conoscere da dove viene il prodotto che acquista. Bolzonello ha commentato, infine, anche la presenza di Emmy Group all´interno della compagine societaria; le quote dell´azienda sono detenute infatti per il 24% da Emmi Holding Italia, le altre quote vedono un 39% detenuto dalla cooperativa Venchiaredo, 16% da Coopfond, 16% da Fondosviluppo e il 5% da Latterie Friulane. Questo modello di costruzione societaria è sicuramente interessante, secondo Bolzonello, ma nel contempo ha sottolineato che nella ricerca di un partner è fondamentale guardare nella direzione di partner industriali e non solo di natura finanziaria, perché il know how industriale è una componente fondamentale per la crescita e lo sviluppo delle aziende.  
   
   
FERRIERA TRIESTE: INIZIATA CONFERENZA SERVIZI PER RINNOVO AIA  
 
Trieste, 11 giugno 2015 - È iniziata a Trieste, nella sede della direzione regionale Ambiente ed Energia, la Conferenza dei servizi convocata per il riesame e il rinnovo dell´Autorizzazione integrata ambientale (Aia) richiesta dalla Siderurgica Triestina per l´impianto della Ferriera di Servola. In apertura, è stata presentata dall´Azienda per l´assistenza sanitaria (Ass) la relazione sulla valutazione d´impatto sulla salute per la Pubblica amministrazione, preparata con il contributo di tutti i soggetti istituzionali partecipanti alla Conferenza di servizi e della Siderurgica Triestina. I lavori sono proseguiti con la presentazione della relazione dell´Agenzia regionale per l´Ambiente (Arpa) del Friuli Venezia Giulia, che ha affrontato gli aspetti ambientali dell´impianto di Servola. La Conferenza dei servizi proseguirà domani e dopodomani. Come ha sottolineato nei giorni scorsi l´assessore regionale all´Ambiente, Sara Vito, la Conferenza dei servizi per l´esame dell´Aia costituisce un "passaggio importante e cruciale" per dare attuazione all´Accordo di programma siglato il 21 novembre 2014 tra tutte le parti coinvolte, e dare quindi avvio al processo di messa in sicurezza ambientale e di riconversione dell´area della Ferriera.  
   
   
CAMERE COMMERCIO: FVG, TAVOLO REGIONALE PER RAFFORZARE SISTEMA  
 
Pordenone, 11 giugno 2015 - Il vicepresidente della Regione e assessore alle Attività produttive, Sergio Bolzonello, ha incontrato i rappresentanti delle organizzazioni sindacali in merito alla situazione del sistema delle Camere di Commercio del Friuli Venezia Giulia, anche nell´ottica della riforma in discussione a livello nazionale. Da parte degli esponenti sindacali sono stati posti sul tavolo alcuni temi specifici: futuro delle Aziende speciali, personale degli enti, canali contributivi delegati dall´amministrazione regionale sono state le questioni su cui si è dibattuto nella riunione tenutasi questa mattina presso la sede della Regione a Pordenone. "È stato senza dubbio un incontro proficuo, improntato alla pragmaticità" ha commentato Bolzonello al termine della riunione. "Il sistema camerale è uno degli assi su cui si basa tutta la politica contributiva della Regione, un caposaldo confermato anche nella legge "Rilancimpresa" recentemente approvata. Molti canali di contribuzione, comunitari, nazionali e regionali, vengono da noi delegati a Unioncamere Fvg e siamo indubbiamente soddisfatti delle modalità con cui viene svolto il lavoro". "All´interno del sistema camerale del Friuli Venezia Giulia ci sono potenzialità e professionalità altamente qualificate e ai sindacati ho ribadito la necessità di proseguire un rapporto forte tra Unioncamere e Regione" ha aggiunto Bolzonello. "Rispetto alle richieste emerse dall´incontro, proiettate soprattutto sul futuro del sistema, ho suggerito ai sindacati di sollecitare un tavolo regionale che veda coinvolte le governance delle Camere di Commercio e la Regione in modo da rafforzare un percorso proficuo a favore degli imprenditori del Friuli Venezia Giulia".