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LUNEDì
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Notiziario Marketpress di
Lunedì 22 Novembre 2004 |
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Web e diritto per le nuove tecnologie | |
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OSSERVATORIO PERMANENTE SULLA SOCIETÀ DELL'INFORMAZIONE: LO STUDIO DEL PRIMO SEMESTRE 2004 |
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E' stato pubblicato l'"Osservatorio Permanente sulla Società dell'Informazione", realizzato dal Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie e da Federcomin con la collaborazione dei due istituti di ricerca IDC e Nielsen Media Research. L'Osservatorio, che ha periodicità semestrale, intende analizzare la domanda nei segmenti delle imprese, cittadini ed istituzioni, aggregando i dati intorno a due focus principali: l'utilizzo dell'ICT, come misura della competitività del Paese, e lo sviluppo dei servizi innovativi. Lo studio prende in esame lo scenario Ict italiano nel primo semestre 2004. Il numero totale delle imprese italiane del comparto ICT è pari a circa 100.000 unità: 77.300 sono le imprese attive senza situazione di criticità, 32.000 quelle strutturate (con addetti, dipendenti o indipendenti) e organizzate con la finalità di svolgere attività di impresa, 28.700 sono le forme societarie aventi dipendenti. Gli addetti occupati nei settori IT e TLC ammontano, in Italia, a 4,4% dell'occupazione totale. Nel confronto con gli altri Paesi, l'Italia rimane ancora sotto la media europea. La quasi totalità delle aziende medio-grandi accede ormai a internet e una quota significativa di esse ha sviluppato una o più piattaforme "a valore aggiunto" basate su internet, attraverso le quali collegarsi ai propri dipendenti, ai clienti e fornitori, o alla pubblica amministrazione. Qualche ritardo emerge nella fascia dimensionale più bassa delle imprese (classe 1-9 addetti), in cui il ricorso a internet rimane ancora di poco superiore al 43%. Il 45,3% delle imprese ha un collegamento a banda larga. Ma tale valore aumenta con la dimensione delle imprese, fino a quasi il 95% per le imprese con più di 250 addetti. Quasi 27 milioni (pari al 47% della popolazione) hanno accesso a internet da casa. Il 56% delle famiglie italiane dispone di un PC domestico, valore in linea con quelli di altri Paesi dell'Europa centrale, ma abbastanza lontano dal grado di penetrazione del PC nelle famiglie del nord Europa (ad esempio la Svezia ha una penetrazione di PC nelle famiglie pari al 72%). Di tutti i PC domestici, l'81% è collegato a internet , mentre le famiglie con accesso a internet, sul totale delle famiglie italiane, è pari a circa 42%, con un incremento del 10% negli ultimi dodici mesi. Quello italiano è il secondo tasso di crescita in Europa, dopo il 13% della Germania. L'Italia si pone dopo la Svezia (circa 64%), UK (45%) e Germania (44%), con un potenziale di sviluppo ancora ampio. Le famiglie con collegamento ad Internet, per il 33% sono collegate in banda larga. Nelle aziende sopra i 50 dipendenti (ovvero quelle più connesse in rete) la quasi totalità delle imprese ha già adottato più di un sistema di sicurezza informatica. Più scoperte sembrano essere le realtà di piccole dimensioni, che solo nel 22% dei casi dispongono di almeno due sistemi di sicurezza informatica La maggior parte degli utilizzatori Internet da casa ( 64% ) si è dotato di misure di sicurezza per proteggere il computer e di questi il 48% lo ha fatto da più di un anno. Circa un terzo (33,6%) delle imprese italiane utilizza regolarmente lo strumento Internet per contattare la Pubblica amministrazione. Questa soglia accomuna in particolare le imprese con meno di 50 addetti; il contatto con la PA risulta in crescita nella classe di aziende che hanno un numero di addetti compreso tra 50 e 250 ( 47% ), mentre nelle imprese di dimensioni maggiori la comunicazione con gli enti pubblici appare molto diffusa ( 85% ). I siti della PA sono stati consultati, nel secondo trimestre del 2004, da oltre 10 milioni di cittadini: il 17% in più rispetto allo stesso periodo del 2003. Gli italiani ricorrono all'e-Government soprattutto per ricercare informazioni (così dichiara il 77,3% degli utilizzatori di questi siti); solo il 38,3% per scaricare moduli, e si dichiarano soddisfatti dell'offerta attuale (così si esprime il 62,6% degli utilizzatori di questi siti). Secondo uno studio del Ministero dell'Istruzione, per un totale di 5,8 milioni di studenti distribuiti nei tre livelli delle scuole dell'obbligo, sono disponibili oltre 500 mila computer: uno ogni 10,9 studenti. Circa 456 mila di questi computer sono anche connessi. Nelle scuole italiane pertanto c'è un computer collegato alla rete ogni 12,8 studenti. Il valore totale della spesa e-Commerce nel 2003 è stata pari a quasi 43.000 milioni di euro , con un aumento rispetto al 2002 del 43,3%. Per il 2004 si prevede un andamento ancora più positivo, con un trend di crescita rispetto al 2003 intorno al 70% . Si stima pari a 3,2% il peso dell'e-Commerce sul fatturato delle imprese in Italia. L'utilizzo di Internet da parte dei cittadini a finalità di e-Commerce è ancora a uno stadio semi-iniziale: solo il 6,8% del navigatori attivi utilizza il web con questa finalità . Una delle barriere maggiori alla diffusione dell'e-Commerce riguarda sicurezza e privacy : la scarsa fiducia verso i pagamenti on-line e la scarsa propensione a lasciare i propri dati sensibili. Solo il 4,4%. di ospedali consentono di prenotare on line una visita. Nelle strutture sanitarie il 65% dei medici generici ha accesso a Internet. |
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SERVIZIO 12: LIBERALIZZAZIONE DA LUGLIO 2005 |
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La Commissione Infrastrutture e Reti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in attuazione di quanto previsto nella revisione del Piano di Numerazione Nazionale del 2003 (delibera n. 9/03/CIR), ha adottato - su proposta del Commissario relatore, Mario Lari un provvedimento che completa il processo di liberalizzazione dei servizi di informazione e degli elenchi abbonati. A partire dal prossimo 1° luglio 2005 viene liberalizzato il servizio 12: tutti gli operatori potranno fornire, in piena concorrenza, anche dal punto di vista della numerazione, i servizi di informazione abbonati. Il provvedimento introduce, a partire da tale data, una nuova categoria di numerazioni, identificata dal codice 12xy, espressamente dedicata ai servizi di informazione abbonati. Il provvedimento dell'Autorità prevede misure specifiche a tutela dell'utenza: svolgimento da parte degli operatori, nei mesi precedenti l'adozione delle nuove numerazioni, di una adeguata campagna informativa, fissazione di un tetto massimo di prezzo per le chiamate alle numerazioni 12xy - pari a 1,5 euro al minuto e uguale a quello già previsto per le numerazioni 892 dalla delibera n. 9/03/CIR - valido anche nel caso di completamento della chiamata, divieto di effettuare quest'ultimo verso i servizi a sovrapprezzo. Sulle numerazioni 12xy non sarà permessa la vendita di servizi e prodotti da fatturare sulla bolletta telefonica ne l'accesso a Internet in modalità "dial-up". |
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TISCALI ADERISCE, PRIMA IN ITALIA TRA I GRANDI OPERATORI, AL CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE INTERNET E MINORI |
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Tiscali ha aderito al codice di autoregolamentazione Internet e Minori promosso da Ministero dell’Innovazione e dal Ministero delle Comunicazioni. Primo tra i grandi operatori in Italia ad aderire all’iniziativa, Tiscali si è assunto tale impegno quale parte imprescindibile del proprio ruolo e posizionamento che vede la società attiva nella promozione e divulgazione di internet in Europa e, pertanto, in prima linea nella ricerca delle migliori soluzioni alle problematiche della rete: prima fra tutte la sicurezza degli utenti, adulti e bambini. Attraverso l’adesione al codice di autoregolamentazione, Tiscali fornisce diversi strumenti finalizzati a garantire a famiglie ed educatori la possibilità di offrire ai minori una navigazione sicura su internet, aiutandoli, attraverso le informazioni pubblicate sul proprio portale, a comprenderne le modalità di utilizzo e attivazione. Sergio Cellini, responsabile per le attività italiane di Tiscali, ha dichiarato: "Per noi la sicurezza degli utenti in generale, e dei minori in particolare, rappresenta un impegno e un dovere ben preciso. Così come crediamo sia importante garantire agli utenti adulti la libertà di accedere a tutti i contenuti messi a disposizione sulla Rete, riteniamo altrettanto importante poter garantire ai minori il loro diritto alla navigazione sicura. Il set di strumenti che mettiamo oggi a disposizione di famiglie ed educatori sono il frutto di un lungo processo di sviluppo a cui abbiamo, in molti casi, partecipato attivamente. Ci auguriamo che questo possa essere da un lato l’inizio di un nuovo standard di servizi offerti da tutti gli operatori, e dall’altro di una fruizione più consapevole della Rete da parte degli utenti". L’adesione al codice di autoregolamentazione da parte di Tiscali è la coerente prosecuzione di un lungo percorso intrapreso attraverso la realizzazione e l’adesione a iniziative mirate a salvaguardare la sicurezza dei minori online sia a livello internazionale che a livello nazionale, iniziato già nel 2002. Tra le iniziative più recenti, nel 2004, dopo aver contribuito affiancandosi a Telefono Azzurro e Adiconsum, alla promozione del Safer Internet Day, l’iniziativa nata nell’ambito del programma Safeboarder, il cui obiettivo è creare un network europeo per la promozione di attività di sensibilizzazione sul tema dell’utilizzo sicuro e consapevole di Internet, Tiscali ha lanciato l’iniziativa Tiscali per l’infanzia. Un progetto ampio e articolato attraverso il quale Tiscali si è impegnata a sostenere 12 diverse associazioni no profit raccogliendo fondi per bambini bisognosi in Italia, Afghanistan, Zimbawe, India, Albania, Congo, Ghana e Perù. |
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CELLULARE: ADEMPIMENTI IN CASO DI FURTO |
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A richiesta di un nostro lettore confermiamo che, per arginare il fenomeno dei furti di apparecchi cellulari, l’Autorità delle comunicazioni ed i gestori di telefonia mobile italiani (Tim, Vodafone, Wind, 3) hanno sottoscritto un accordo che rende operativo il servizio di blocco dei cellulari smarriti o rubati. E’ stata istituita la cosiddetta Black list, la banca dati, condivisa da tutti i gestori, in cui sono inseriti i codici dei cellulari rubati o smarriti, che di conseguenza sono inutilizzabili, anche se viene sostituita la scheda telefonica Sim. Chi subisce il furto dell’apparecchio cellulare o lo smarrisce deve riempire l’apposito modulo predisposto dal gestore, comunicare il codice Imel (International mobile equipement identify), consegnare la fotocopia del documento d’identità, e presentare la denuncia in caso di furto e l’autocertificazione din caso di smarrimento. Se il gestore è 3, il modulo può essere compilato presso un rivenditore H3G, inviando i documenti al numero 800179600, telefonando, per ulteriori informazioni al 133, se privati, o al 139, se aziende. Se il gestore è Tim, il modulo può essere scaricato dal suo sito, inviando i documenti al numero 800600119, se privati, o al numero 800423131, se aziende, telefonando, per ulteriori informazioni, al 119, se privati, o al numero 800846900, se aziende. Se il gestore è Vodafone, il modulo può essere compilato sul suo sito, inviando i documenti al numero 800034651, telefonando, per ulteriori informazioni, al 190, se privati, o al 42323, se aziende o al numero 800227755 dal telefono fisso. Se il gestore è Wind, il modulo può essere compilato sul suo sito, inviando i documenti al numero 800915855, se privati, o al numero 800915856, se aziende, telefonando, per ulteriori informazioni al 155, se privati, o al 1928, se aziende. Il codice Imel è il numero identificativo di ciascun apparecchio, composto di 15 numeri. Di solito si trova nella confezione o sotto la batteria del cellulare e compare sul display del telefonino digitando *#06#. Se, al momento della denuncia del furto, non si conosce tale codice è sufficiente comunicare al servizio clienti del proprio gestore i quattro numeri telefonici più. In questo modo il gestore riuscirà a rintracciare il codice Imel. Dal momento in cui il codice è inserito nella Black list, l’apparecchio non può più essere utilizzato, neanche se si inserisce la carta Sim di un altro gestore nazionale. Il servizio non opera all’estero, per cui il cellulare potrà essere utilizzato solo oltrefrontiera, in un Paese che non utilizza il codice Imel, inserendo schede straniere. |
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CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: LA LEGGE QUADRO ITALIANA SUGLI APPALTI PUBBLICI DI LAVORI NON RISPETTA IL DIRITTO COMUNITARIO |
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La Corte di Giustizia europea, con sentenza 7 ottobre 2004, pronunciata nella causa c-47/02 Sintesi SpA/Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, ha affermato che la fissazione, in termini astratti e generali, di un unico criterio di attribuzione priva le amministrazioni aggiudicatici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche peculiari di ogni appalto e di scegliere per ognuno il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore offerta. Nel febbraio 1991, la città di Brescia ha affidato (in concessione) la costruzione e la gestione di un parcheggio sotterraneo nel centro storico alla società Sintesi SpA. La convenzione conclusa tra le parti, nel dicembre 1999, prevedeva l’obbligo per Sintesi di aggiudicare l’esecuzione dei lavori tramite licitazione privata da esperirsi mediante gara europea, secondo le normativa comunitaria vigente in materia di lavori pubblici. Sintesi ha allora indetto una gara d’appalto da aggiudicarsi mediante licitazione privata sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Quest’ultima doveva essere valutata sulla base del prezzo, del valore tecnico e del tempo necessario alla realizzazione dell’opera. Al termine della fase di preselezione, la società Provera, tra quelle invitate a presentare un’offerta, si è rifiutata di partecipare alla gara, ritenendola illegittima, in quanto non conforme alla legge quadro italiana1. Sintesi ha aggiudicato l’appalto dopo aver individuato l’offerta economicamente più vantaggiosa, ma in seguito ad un nuovo ricorso di Provera, l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici le comunicava che considerava la procedura di aggiudicazione dei lavori non conforme alla legge quadro italiana, secondo la quale l’aggiudicazione degli appalti mediante pubblico incanto o licitazione privata è effettuata con il criterio del prezzo più basso. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha chiesto allora alla Corte se la Legge quadro 109 dell’11.2.1994 fosse conforme alla direttiva sulle procedure d’aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori che ammette una normativa nazionale che, in vista dell’aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, a procedura aperta o ristretta, impone alle amministrazioni aggiudicatrici la scelta del solo criterio del prezzo più basso. La Corte ricorda che la direttiva mira allo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti pubblici e tende ad organizzare l’attribuzione di appalti pubblici in modo tale da consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di comparare le varie offerte e di scegliere quella più vantaggiosa sulla base di criteri obiettivi. Per tale motivo, la direttiva prevede i criteri sui quali l’amministrazione aggiudicatrice di appalti si deve basare: o unicamente il prezzo più basso, o - quando l’aggiudicazione si fa in base all’offerta economicamente più vantaggiosa - diversi criteri variabili secondo l’appalto (ad esempio, il prezzo, il termine di esecuzione, il costo di utilizzazione, la redditività, il valore tecnico). La disposizione della legge italiana che impone il solo criterio del prezzo più basso, stabilisce senz’altro un criterio obiettivo. Tuttavia, la fissazione, in termini astratti e generali, di un unico criterio di attribuzione priva le amministrazioni aggiudicatrici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche di ogni appalto e di scegliere per ciascuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore offerta. Nella specie, essendo la realizzazione del parcheggio un’opera complessa, l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe potuto tener utilmente conto di tale complessità scegliendo criteri oggettivi di aggiudicazione dell’appalto, diversi da quelli del prezzo più basso. La Corte ritiene quindi che il diritto comunitario non tolleri una normativa nazionale la quale, ai fini dell’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici mediante procedure di gara aperte o ristrette, imponga, in termini generali ed astratti, alle amministrazioni aggiudicatici di ricorrere unicamente al criterio del prezzo più basso. |
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CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: DECRETO MINISTERIALE SU RECUPERO RIFIUTI NON PERICOLOSI NON CONFORME ALLA NORMATIVA EUROPEA |
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La Corte di Giustizia europea, con la sentenza del 7 ottobre 2004, causa C-103/02, ha giudicato non conforme alla normativa comunitaria la procedura agevolata, prevista dagli artt. 31 e 33 del Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 per le imprese che recuperano rifiuti non pericolosi, perché non fissa un limite massimo alle quantità annuali che ogni impianto può recuperare in regime agevolato, superato il quale si rende obbligatoria l’autorizzazione regionale. In sintesi la Corte ha svolto le seguenti motivazioni: "La Corte, per stabilire se la Repubblica italiana ha correttamente applicato la direttiva 75/442, ha verificato se quest'ultima imponga agli Stati membri di fissare quantità massime assolute di rifiuti destinati a essere recuperati che possono costituire oggetto di una dispensa dall'autorizzazione o se i suddetti Stati siano legittimati a prevedere quantità relative in funzione della potenzialità di ogni impianto. A tale scopo ha rilevato che la direttiva prevede espressamente l'adozione, per ciascun tipo di attività, di norme che fissino "i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni alle quali l'attività può essere dispensata all'autorizzazione". Sebbene l'espressione "quantità massime assolute" non venga espressamente utilizzata, dalla lettera stessa della disposizione la Corte ha dedotto che la nozione di quantità rinvia a una soglia superiore applicabile a ogni tipo di rifiuti al di là della quale le operazioni di ricupero non beneficiano del regime di dispensa, ma devono essere soggette ad autorizzazione. Pertanto agli Stati membri non è consentito sostituire le quantità massime per tipo di rifiuti che possono essere oggetto di ricupero senza autorizzazione con quantità variabili in funzione delle potenzialità di ogni impianto di ricupero, così come ha fatto il Governo italiano con il DM 5 febbraio 1998. La Corte ha anche contestato l’argomentazione, presentata dal Governo italiano, secondo la quale l’applicazione di tale norma implicherebbe che impianti di grandi dimensioni possano ricuperare solo un'esigua quantità di rifiuti corrispondente alle quantità massime e che debbano smaltire il resto. Infatti, nulla impedisce a tali imprese di ricuperare quantità di rifiuti superiori a tali quantità massime, a condizione di farlo in regime di autorizzazione". Per svolgere l’attività in esame, finora, le imprese devono ottenere dalla Regione o dalla Provincia delegata un’apposita autorizzazione, rilasciata ai sensi dell’art. 28 del decreto Ronchi. L’autorizzazione non è necessaria se il rifiuto da recuperare è uno di quelli individuati dal DM 5 febbraio 1998, nel rispetto delle prescrizioni in esso contenute. In questo caso, l’impresa, anziché chiedere l’autorizzazione, può limitarsi ad effettuare una comunicazione alla Provincia, che accerta il rispetto delle norme vigenti: trascorsi 90 giorni dall’effettuazione della comunicazione, l’impresa può avviare l’attività di recupero. Il Governo italiano, ora, ha due possibilità: sopprimere il decreto ministeriale, con la conseguenza che tutte le imprese attualmente in regime semplificato dovranno chiedere l’autorizzazione regionale oppure renderlo conforme alla sentenza della Corte indicando le quantità massime. Sembra che il Ministero dell’Ambiente intenda seguire questa seconda strada in modo da poter assicurare la continuità delle attività produttive interessate. Rimaniamo quindi in attesa di un nuovo decreto che indichi le quantità massime recuperabili in ogni impianto, per ogni tipologia di rifiuto e per ogni attività di recupero. Ricordiamo, per inciso, che la sentenza non riguarda le procedure relative ai rifiuti pericolosi, contenute nel Decreto ministeriale n. 161/02, non sono in discussione in quanto già conformi alle indicazioni della Corte. |
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COMMISSIONE EUROPEA: FINALMENTE L'INSEDIAMENTO |
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In occasione del vertice dei Capi di Stato e di Governo, il Presidente designato della Commissione europea Josè Manuel Durao Barroso ha presentato la sua nuova squadra, in cui sono stati effettuati solo i due cambiamenti "necessari e sufficienti" per ottenere la fiducia del Parlamento europeo, che lo scorso 27 ottobre a Strasburgo aveva negato la fiducia alla Commissione Barroso. Nella nuova formazione l'italiano Rocco Buttiglione ha lasciato l'incarico a Franco Frattini, che mantiene il portafoglio Giustizia, Libertà e Affari Interni, e la lettone Ingrida Udre lascia l’incarico a Andris Pielbas, che si occuperà di energia, portafoglio in origine destinato all'ungherese Kovacs, che si occuperà di fiscalità ed unione doganale. La Commissione Barroso è formata come segue: NOME | RESPONSABILITA' | PAESE | Sig.ra Benita FERRERO - WALDNER | Relazioni esterne e politica di vicinato | Austria | Sig. Louis MICHEL | Sviluppo e aiuto umanitario | Belgio | Sig. Markos KYPRIANOU | Salute e protezione dei consumatori | Cipro | Sig.ra Marianne FISCHER | Agricoltura | Danimarca | Sig. Siim KALLAS | Amministrazione, audit e anti frode Vice-presidente | Estonia | Sig. Olli REHN | Allargamento | Finlandia | Sig. Jacques BARROT | Trasporti Vice-presidente | Francia | Sig. Günter VERHEUGEN | Industria e imprese Vice-presidente | Germania | Sig. Stavros DIMAS | Ambiente | Grecia | Sig. Charlie McCREEVY | Mercato interno e servizi | Irlanda | Sig. Franco FRATTINI | Giustizia, affari interni e sicurezza Vice-presidente. | Italia | Sig. Andris PIELBAS | Energia | Lettonia | Sig.ra Dalia GRYBAUSKAITE | Programmi finanziari e bilancio | Lituania | Sig.ra Viviane REDING | Società dell'informazione e media | Lussemburgo | Sig. Joe BORG | Pesca ed affari marittimi | Malta | Sig.ra Neelie KROES | Competitività | Paesi Bassi | Sig.ra Denuta HUBNER | Politica regionale | Polonia | Sig. José Manuel Durao BARROSO | Presidente della Commissione | Portogallo | Sig. Peter MENDELSON | Commercio | Regno Unito | Sig. Vladimir SPIDLA | Occupazione, affari sociali e pari opportunità | Repubblica Ceca | Sig. Jan FIGEL' | Educazione, formazione, cultura e multilinguismo | Slovacchia | Sig. Janez POTOÈNIK | Ricerca e Scienza | Slovenia | Sig. Joaquin ALMUNIA | Problemi economici e monetari | Spagna | Sig.ra Margot WALLSTRÖM | Relazioni istituzionali e comunicazione Vice-presidente | Svezia | Sig. Laszlo KOVACS | Fiscalità e unione doganale | Ungheria |
Il Parlamento europeo ha approvato la nuova Commissione nella seduta plenaria del 15-18 novembre 2004 a Strasburgo. I voti a favore sono stati 449, i contrari 149 e le astensioni 82. Hanno partecipato alla votazione 680 eurodeputati. |
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COSTITUZIONE EUROPEA: UN PO’ DI STORIA |
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Lunedì scorso avevamo dato notizia dell’avvenuta firma a Roma della Costituzione europea, oggi a seguito di un quesito pervenuto alla redazione riepiloghiamo di seguito i trattati europei. Il processo di integrazione europea ha come fondamento quattro trattati istitutivi: il Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA) - firmato il 18 aprile 1951 a Parigi, entrato in vigore il 23 luglio 1952, è scaduto il 23 luglio 2002 – il Trattato che istituisce la Comunità economica europea (CEE) ed il Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica (Euratom) - firmati insieme a Roma il 25 marzo 1957 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1958 (spesso indicati come "Trattati di Roma"), il Trattato sull'Unione europea - firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993 (questo trattato ha cambiato la denominazione della Comunità economica europea in "Comunità europea"). I trattati istitutivi sono stati modificati più volte in occasione dell'entrata di nuovi Stati membri (1973: Danimarca, Irlanda, Regno Unito, 1981: Grecia, 1986: Spagna, Portogallo e 1995: Austria, Finlandia, Svezia) ovvero in occasione di riforme di carattere istituzionale o introduttive di nuove aree di competenza: Trattato di fusione, firmato a Bruxelles l'8 aprile 1965 ed in vigore dal 1° luglio 1967 (che ha istituito un Consiglio unico e una Commissione unica delle allora tre Comunità europee), Atto unico europeo, firmato a Lussemburgo e all'Aia nel febbraio del 1986 ed entrato in vigore il 1° luglio 1987 (che ha disposto gli adattamenti richiesti per completare il mercato interno), Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997, ed entrato in vigore il 1° maggio 1999 (che ha emendato i trattati UE e CE e ha introdotto un sistema di numerazione per gli articoli del trattato UE, in precedenza designati con delle lettere), Trattato di Nizza, sottoscritto il 26 febbraio 2001, ed entrato in vigore il 1° febbraio 2003 (che ha modificato i precedenti trattati UE e CE, apportando cambiamenti al funzionamento delle istituzioni dell'UE e introducendo il voto a maggioranza qualificata per molti settori). La preparazione di ciascuna revisione dei trattati è stata, finora, affidata a conferenze intergovernative (CIG) cui hanno partecipato nel corso di vari mesi i rappresentanti dei governi degli Stati membri. Al fine di rendere l’Unione più democratica, trasparente ed efficiente, però, il Consiglio europeo di Laeken ha deciso di convocare una Convenzione destinata a riunire i principali partecipanti al dibattito (rappresentanti dei governi degli Stati membri e dei paesi candidati, rappresentanti dei rispettivi parlamenti nazionali, rappresentanti del Parlamento europeo e della Commissione europea, osservatori del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale, rappresentanti delle parti sociali europee ed il Mediatore europeo), che hanno lavorato sotto la presidenza di Giscard d'Estaing. Dopo un anno di lavoro, il 20 giugno 2003 Giscard d'Estaing ha potuto presentato i risultati dei lavori della Convenzione, in occasione del Consiglio europeo di Salonicco. Il 18 luglio 2003, il progetto finale della Convenzione è stato consegnato alla presidenza del Consiglio europeo a Roma ed è quindi passato al vaglio della conferenza intergovernativa che ha chiuso i suoi lavori prendendo atto dell'accordo dei governi dei venticinque Stati membri, in occasione del Consiglio europeo di Bruxelles del 17 e 18 giugno 2004. |
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COSTITUZIONE EUROPEA: LA SUA STRUTTURA |
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La Costituzione europea, che sostituisce l'insieme dei trattati esistenti con un testo unico, più chiaro e comprensibile, è strutturato in quattro parti. La prima parte contiene le disposizioni che definiscono l'Unione, i suoi obiettivi, le sue competenze, le sue procedure decisionali e le sue istituzioni. La seconda parte riproduce la Carta dei diritti fondamentali, proclamata in occasione del Consiglio europeo di Nizza nel dicembre 2000. La terza parte riguarda le politiche e le azioni dell'Unione e riprende un numero considerevole di disposizioni degli attuali trattati. La quarta ed ultima parte contiene le disposizioni finali, ivi comprese le procedure di adozione e revisione della costituzione. Il trattato costituzionale prevede la ratifica da parte di tutti gli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali (approvazione parlamentare e/o referendum). Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha già avviato la ratifica del Trattato costituzionale in modo che il nostro Paese possa essere il primo a completare la procedura e a conformare pienamente i comportamenti nazionali agli obblighi europei. Ai sensi della vigente Costituzione italiana la ratifica dovrebbe avvenire in sede parlamentare. Non riteniamo quindi invocabile un referendum popolare. Il trattato costituzionale prevede anche che, qualora, al termine di due anni a decorrere dalla firma del trattato, solo i quattro quinti degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato, la questione sarà deferita al Consiglio europeo. |
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