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GIOVEDI
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Notiziario Marketpress di
Giovedì 19 Maggio 2011 |
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SCIENZIATI TROVANO LA CONNESSIONE TRA UNA REGIONE DEL DNA E LA DEPRESSIONE |
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Bruxelles, 19 maggio 2011 - Scienziati del King´s College di Londra nel Regno Unito hanno trovato un "difetto" nell´acido deossiribonucleico (Dna) che può far aumentare le probabilità di soffrire di depressione. Si tratta di uno di due studi indipendenti che si sono occupati del legame tra geni e depressione. I risultati, pubblicati sull´America Journal of Psychiatry, potrebbero aiutare i ricercatori a sviluppare cure migliori per combattere questo disturbo debilitante. Gli esperti dicono che 2 persone su 10 soffrono di depressione grave in qualche momento della loro vita. Precedenti studi di ricerca hanno fornito informazioni su come la genetica abbia un ruolo fondamentale nella depressione. Questo recente studio del King´s College di Londra, insieme alla ricerca condotta presso la Washington University School of Medicine a St. Louis, negli Stati Uniti, identifica una regione del Dna che contiene fino a 90 geni. Il team del King´s College di Londra ha valutato oltre 800 famiglie nel Regno Unito che soffrono di depressione ricorrente. Il team della Washington University ha valutato 25 famiglie finlandesi e 91 famiglie australiane. I ricercatori affermano che almeno due fratelli in ogni famiglia hanno sofferto di depressione; il gruppo statunitense spiega che si sono studiati i finlandesi e gli australiani inizialmente perché sono forti fumatori. Commentando i risultati, il dott. Gerome Breen, autore principale dello studio del King´s College, dice: "Questi risultati sono veramente stimolanti. Per la prima volta abbiamo trovato una regione genetica associata alla depressione e quello che rende straordinari i risultati è la somiglianza tra i risultati dei nostri studi." Sebbene gli insiemi di dati dei due studi siano stati raccolti per fini diversi e valutati con metodi diversi, i ricercatori hanno identificato un "picco di collegamento" sul cromosoma 3, il che significa che i fratelli depressi nelle famiglie in entrambi gli studi erano portatori di una serie di variazioni genetiche identiche in quella specifica regione del Dna. La cosa singolare di queste scoperte è che questa specifica regione del Dna ha un´importanza per tutto il genoma, secondo i ricercatori. Nonostante il fatto che né il gruppo britannico né quello americano abbia isolato un gene o dei geni legati a un maggior rischio di depressione, il picco di collegamento si trova su parte del cromosoma che, a detta degli esperti, ospita il recettore del glutammato metabotropico 7 (Grm7). Sono stati trovati legami evocativi tra la depressione grave e parti del Grm7. "Le nostre scoperte di questo legame evidenziano un´area ampia," spiega il professor Michele L. Pergadia, autore principale dello studio della Washington University. "Penso che siamo solo all´inizio del nostro percorso attraverso il labirinto di influenze sulla depressione." Secondo il professor Pergadia sarebbe utile mettere insieme i dati di questi studi per determinare se questa regione del cromosoma 3 continua ad avare un effetto fondamentale. Da parte sua, il dott. Peter Mcguffin, direttore del Medical Research Council Social, Genetic and Development Psychiatry del King´s College di Londra, dice che i risultati di entrambi gli studi contribuiscono a farci capire meglio la connessione tra geni e depressione. "I risultati sono rivoluzionari," dice il dott. Mcguffin, uno degli autori anziani dello studio del King´s College di Londra. "Valgono però solo per una piccola parte del rischio genetico di depressione. Sono necessari altri studi più ampi per scoprire quali sono le altre parti del genoma coinvolte." Per maggiori informazioni, visitare: King´s College London: http://www.Kcl.ac.uk/index.aspx Washington University School of Medicine a St. Louis: http://medschool.Wustl.edu/ American Journal of Psychiatry: http://ajp.Psychiatryonline.org/ |
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TOSCANA: “METTIAMO AL CENTRO LA SALUTE” |
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Firenze, 19 maggio 2011 - Riportare al centro del sistema la salute dei cittadini. É stato questo il motivo conduttore dell’intervento dell’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia alla seconda giornata del seminario ‘Individui, Persone, Comunità: quale Welfare nel tempo della crisi?’. L’appuntamento, che si è tenuto al Convento San Cerbone a San Giuliano Terme, è organizzato dalla Fondazione Casa Cardinale Maffi Onlus. “La preoccupazione principale per chi, come noi, opera per far funzionare al meglio il sistema sanitario – ha sottolineato l’assessore Scaramuccia – non è di natura economica, ma riguarda la salute dei cittadini, il benessere della comunità e la possibilità di garantire a tutti l’esercizio del diritto universale alla salute. La crisi attuale ha creato importanti difficoltà al sistema sanitario italiano che, fino a pochi mesi fa, poteva contare su una crescita continua delle risorse stanziate, che aumentavano di pari passo al numero di prestazioni erogate. Oggi – ha proseguito – ci troviamo a gestire una fase di cambiamento nella quale porre l’attenzione soltanto sulle razionalizzazioni, non solo è riduttivo e di breve periodo, ma rischia di indebolire il diritto alla salute che negli anni abbiamo costruito. In questo momento ciò che serve sono il coraggio e la volontà condivisa di trovare nuovi modi per raggiungere il nostro unico obiettivo, erogare salute”. Questo, secondo l’assessore, significa “rimettere al centro il paziente, la persona e riscoprire, al di là della prestazione, il valore intrinseco del bene salute, per l’individuo e per la comunità. Erogare salute vuol dire rimettersi in discussione. Avere il coraggio di trovare nuovi modi di fare il proprio mestiere, alla luce di un mondo che cambia. Ma soprattutto significa recuperare il concetto di fiducia: tra paziente e professionista, e tra questi e le istituzioni. La fiducia che ciascuno di noi, con il proprio ruolo, operi nell’interesse dei cittadini, per tutelare e incrementare il patrimonio di salute del singolo e dell’intera comunità. Il coraggio di cambiare – ha concluso – di affrontare le difficoltà come opportunità di crescita si trova solo se si è consapevoli di far parte di un sistema, che per funzionare al meglio ha bisogno del contributo di tutti, perché ognuno può aggiungere un tassello fondamentale alla crescita del ‘valore salute’”. |
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I DISCEPOLI DI ADRIANO BUZZATI-TRAVERSO: LA GENETICA MOLECOLARE A PAVIA TRA UNIVERSITÀ E CNR |
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Pavia, 19 maggio 2011 - In occasione dei 650 anni di fondazione dello Studium generale, il Dipartimento di Genetica e Microbiologia dell’Università di Pavia, organizza martedì 24 maggio 2011, una giornata dedicata ai Dottorati in genetica molecolare. I Direttori del Dipartimento di Genetica e Microbiologia, dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr, i coordinatori del Dottorato di Scienze Genetiche e Biomolecolari e del Dottorato in Biotecnologie Molecolari e il coordinatore delle Scuole di Dottorato del nostro Ateneo il 24 maggio ricorderanno inoltre il prof. Adriano Buzzati Traverso e la proficua collaborazione tra Università e Cnr di Pavia. Per tutta la giornata saranno visibili i lavori e le attività dei dottorandi mediante una esposizione di posters. La giornata si concluderà con la premiazione della migliore tesi dei dottorati in Scienze Genetiche e Biomolecolari e Biotecnologie Molecolari per gli anni accademici 2008-2009 e 2009-2010. Programma: 10:00 – 10:30 Apertura dei lavori: Dottorato? Sì, grazie! Prof. Guglielmina Nadia Ranzani, Coordinatore delle Scuole di Dottorato dell’Università di Pavia; Prof. Antonio Torroni, Prorettore alla Ricerca, Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Scienze Genetiche e Biomolecolari; Prof. Andrea Mattevi, Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Scienze Biomolecolari e Biotecnologie dello Iuss; 10:30 – 11:00 Structural vaccinology to combat bacterial pathogens Enrico Malito, Structural Biology - Novartis Vaccines & Diagnostics, Siena, Italy (Dottore di Ricerca nel 2005). 11:50 – 12:20 Molecular signatures of pheochromocytoma: from rat to human Sara Molatore, Institute of Pathology, Helmholtz Zentrum München, German Research Center for Environmental Health (Gmbh), Monaco, Germany (Dottore di Ricerca nel 2007). 11:00 – 11:20 Coffee Break - 11:20 – 11:50 Relevance of the Numb/notch pathway deregulation to human breast and lung carcinogenesis: clinical and therapeutical implications Ivan Colaluca, European Institute of Oncology, Milano, Italy (Dottore di Ricerca nel 2004). 12:45 - 14:45 Saranno esposti in Aula dei posters che illustrano le attività di ricerca di cui si occupano gli studenti dei Dottorati in Scienze Genetiche e Biomolecolari e Scienze Biomolecolari e Biotecnologie. 15:00 – 15:30 Mycobacterial alpha-ketoglutarate decarboxylase: a multifunctional and allosterically-controlled enzyme Marco Bellinzoni, Unité de Biochimie Structurale, Institut Pasteur, Paris, France (Dottore di Ricerca nel 2004). 15:30 – 16:00 Presentazione della migliore tesi di Dottorato in Scienze Genetiche e Biomolecolari e in Scienze Biomolecolari e Biotecnologie, per gli anni accademici 2008 – 2009 e 2009 – 2010 16:00 – 16:15 Consegna del premio per la migliore tesi di dottorato Il premio sarà consegnato dal Dott. Enrico Rovere, responsabile della ditta Micropoli Conclusione dei lavori. |
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SALUTE E MIGRANTI: ECCO UNO STUDIO SULLE REGIONI D’ITALIA LA PIÙ “MIGRANT-FRIENDLY” È LA PUGLIA. IN DIFFICOLTÀ CALABRIA E BASILICATA |
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Palermo, 19 maggio 2011 - Al via l’Xi Congresso della Società italiana di Medicina delle Migrazioni dal 19 al 21 maggio a Palermo. Oltre 200 medici e operari sanitari a confronto sul tema “Salute per tutti: da immigrati a cittadini. Aprire spazi…costruire traiettorie” La Puglia conquista la palma di regione più “migrant friendly” d’Italia sul fronte dell’assistenza sanitaria. Meglio persino del Friuli Venezia Giulia, un tempo all’avanguardia, e della Lombardia, che raggiunge appena la sufficienza. Fanalino di coda la Calabria e la Basilicata, ancora indietro nel campo delle politiche sanitarie per gli immigrati. A rivelarlo è uno studio condotto dalla Società italiana di Medicina delle Migrazioni e dall’area sanitaria Caritas di Roma, sulla base dell’analisi degli atti formali prodotti dagli enti locali negli ultimi anni. Lo studio è stato realizzato nell’ambito di un progetto coordinato dall’Istituto Superiore della Sanità e promosso dal Ministero della Salute. Di questo e delle strategie per promuovere e favorire l’integrazione degli immigrati nel nostro sistema sanitario si parlerà all’Xi Congresso nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (Simm) in programma a Palermo, dal 19 al 21 maggio, a Palazzo Steri (piazza Marina), presso il rettorato dell’Università, dal titolo “Salute per tutti: da immigrati a cittadini. Aprire spazi ... Costruire traiettorie”. A scandire le tappe dell’appuntamento biennale, sarà un ricco calendario di eventi, dibattiti e confronti con delegazioni di comunità straniere. Al congresso hanno aderito oltre 200 tra medici, antropologi, sociologi, infermieri, altri operatori sanitari e studenti. Tutti i contenuti sono raccolti in un libro degli Atti che sarà distribuito ai partecipanti (262 pagine, edito da Lombar Key). Programma - A fare gli onori di casa sarà il presidente della Simm Mario Affronti, che giovedì 19 maggio alle 17,30 inaugurerà il Congresso. Durante la cerimonia d’apertura sarà consegnata un’onorificenza al professore Elio Guzzanti, già ministro della Sanità e firmatario della prima norma italiana che ha garantito l’assistenza sanitaria per gli immigrati irregolari e clandestini. «La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni è una grande risorsa culturale, morale ed etica. Questi valori dobbiamo difenderli, perché il diritto alla tutela della salute si esercita cercando di avere quanta maggiore capacità di comprensione delle persone. In questo consiste la nostra forza: essere la medicina delle persone che hanno maggiori problematiche. Io mi auguro che la Società che voi definite piccola diventi grandissima e rappresenti una grande comunità aperta», ha dichiarato l’ex ministro. Si entra nel vivo venerdì 20 maggio: temi come i cambiamenti socio-epidemiologici, le prassi clinico-assistenziali, le ricerche scientifiche, i percorsi istituzionali e del privato sociale (con il processo federalistico di sfondo) e le politiche per la promozione della salute alimenteranno un competente e appassionato dibattito multidisciplinare. Sabato 21 maggio particolare attenzione sarà dedicata all’ascolto delle istanze delle comunità straniere, con una tavola rotonda alla quale parteciperanno delegazioni di immigrati provenienti da Udine, Bologna, Palermo, Aversa, Brescia e Torino. Il Congresso è anche occasione per celebrare i 21 anni di attività della Simm. «Lo scopo della nostra attività è includere gli immigrati come nuovi cittadini nei percorsi socio-assistenziali del sistema sanitario pubblico e sfatare definitivamente il mito dell’”immigrato untore”, portatore di malattie esotiche e focolaio di epidemie», spiega Mario Affronti, presidente nazionale della Simm e responsabile dell’unità operativa di Medicina delle Migrazioni al Policlinico di Palermo. Diritti negati e lacune legislative: le proposte della Simm - Secondo le stime del dossier Caritas Migrantes sarebbero 4.919.000 gli immigrati residenti nel nostro Paese, compresi quelli in attesa di registrazione, con un tasso di incidenza pari al 7,2 per cento della popolazione nazionale. Per quanto riguarda gli irregolari e i clandestini, il loro numero si stima in 300-500 mila presenze (non più del 10 per cento rispetto alle presenze regolari). L’inclusione, per essere vera e giusta, deve partire dai piccoli e dai deboli. La Simm sostiene la costruzione di spazi di cittadinanza effettiva per tutti. A partire da quella dei minori stranieri che nascono in Italia, ancora esclusi a causa della preminenza del principio dello “ius sanguinis” che ostacola un’immediata e piena integrazione nella comunità nazionale. Su tale specifico punto, nel corso delle ultime legislature sono state presentate numerose proposte per riformare la legge n. 91 del 1992 e la Simm insieme ad altre società scientifiche come la Sip e l’Acp ha proposto documenti eloquenti. Altro nodo dolente è la tutela della famiglia e del ricongiungimento familiare, che in Italia avviene in media dopo sette otto anni. Su questo fronte, la Simm propone un ripensamento complessivo della politica familiare. Infine, come strumento di esercizio di cittadinanza attiva, occorre ripensare anche al diritto di voto almeno amministrativo per gli immigrati residenti in Italia. «Siamo convinti – dichiara il presidente nazionale della Simm Mario Affronti - che la salute vada intesa in senso globale e che è proprio la mancanza di questi elementari diritti a generare malattie». Che cos’è la Simm- La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni è nata all’inizio del 1990 sotto la spinta di gruppi ed organizzazioni che in varie parti d’Italia si occupano di garantire il diritto all’assistenza sanitaria agli immigrati. Oggi, con più di 500 iscritti attivi, è un “policy network” nazionale di scambio di esperienze, dati, evidenze scientifiche e considerazioni di politica sanitaria anche locale. Per questo è stata favorita la nascita di gruppi territoriali, in massima autonomia, ma nella condivisione degli obiettivi statutari della Società: promuovere, collegare e coordinare le attività sanitarie in favore degli immigrati; favorire attività volte ad incrementare studi e ricerche nel campo della medicina delle migrazioni; costituire un forum per lo scambio, a livello nazionale ed internazionale, di informazioni e di metodologie di approccio al paziente immigrato; patrocinare attività formative nel campo della tutela della salute degli immigrati. A livello regionale la Simm si articola in Gris (Gruppi locali Immigrazione e Salute) presenti in 11 Regioni (Friuli Venezia Giulia, Lazio Lombardia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Trentino, Veneto, Emilia Romagna, Campania e Alto Adige) e in fase di costituzione in altre quattro (Toscana, Liguria, Calabria e Puglia). |
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XI CONGRESSO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA DELLE MIGRAZIONI PRESENZA DEGLI STRANIERI IN ITALIA E SOSTEGNI PER L’INTEGRAZIONE |
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Palermo, 19 maggio 2011 - All’inizio degli anni Novanta, l’Italia aveva 354.000 immigrati; nel 2001 il numero è salito a 1.334.000, nel 2004 a 1.990.000 e nel 2009 è schizzato a 4.235.000. Secondo le stime del dossier Caritas Migrantes sarebbero 4.919.000 gli immigrati residenti nel nostro Paese, se si aggiungono quelli in attesa di registrazione, con un tasso di incidenza pari al 7,2 per cento della popolazione nazionale. Per quanto riguarda gli irregolari e i clandestini, il loro numero si stima possa essere pari a 300-500 mila presenze (non più del 10 per cento rispetto alle presenze regolari). Anche gli irregolari hanno possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche, ma esistono marcate differenze regionali: la fruibilità non è assicurata su tutto il territorio nazionale. Nonostante la presenza degli immigrati sia un fenomeno ormai strutturale, nel 2009 il Fondo nazionale per l’inclusione sociale è rimasto sprovvisto di copertura. Questa carenza, oltre tutto in fase di crisi economica, di certo non aiuta l’integrazione. Nel 2011 è stato tagliato, nel silenzio assoluto, il 76,3% delle spese per i servizi sociali: Il Fondo nazionale delle politiche sociali (che dovrebbe nutrire il cosiddetto welfare) è stato ridotto a 275 milioni di euro. Tre anni fa la sua dotazione era più del triplo. Il Fondo per la famiglia è passato dai 185 milioni dell’anno scorso a 51 . Migrazioni e malattie. Dati ricoveri ospedalieri (Fonte ministero dell’Interno – ultimi dati disponibili relativi al 2005) - I ricoveri di cittadini stranieri sono stati oltre 450 mila (pari al 3,6% dell’ospedalizzazione complessiva nel nostro Paese), effettuati quasi esclusivamente in reparti per acuti e per il 73% in regime ordinario. Le cause più frequenti di ricovero negli uomini sono i traumatismi (25,9%), seguiti dalle malattie dell’apparato digerente (13,8%), del sistema circolatorio (9,4%) e quelle dell’apparato respiratorio (8,2%). Per questi problemi di salute, in termini di tassi emerge che i valori dei cittadini stranieri sono sempre più bassi rispetto ai residenti, con l’esclusione dei traumatismi (16,6 per mille persone contro 14,8) e delle malattie infettive e parassitarie. Per le donne ben il 56,6% delle dimissioni ha riguardato i parti naturali e le complicanze delle gravidanza, del parto e del puerperio. Seguono le malattie del sistema genitourinario (16,8%), seguite dalle malattie dell’apparato digerente (14,4%) e dai tumori (10,5%). Anche in questo caso i tassi delle cittadine straniere sono più bassi rispetto alle residenti ad esclusione di quelli relativi alle malattie infettive e parassitarie. I dati non evidenziano specifiche criticità sanitarie se non l’elevata frequenza di ricoveri per traumatismi (da imputare in genere all’elevato numero di incidenti lavorativi in particolare se lavoro in nero) ed un’espressione di rischio maggiore per le malattie infettive, seppur con tassi bassi e con un trend in diminuzione, che però sono quasi il doppio rispetto ai residenti. Molte delle malattie infettive riscontrate, sono espressione di una fragilità sociale tradotta spesso in promiscuità abitativa, difficoltà di accesso ai servizi, scarsa igiene negli ambienti di vita e lavoro e poca attenzione alla prevenzione. L’immigrato arriva nel nostro paese con un ’patrimonio’ di salute pressoché integro: è il cosiddetto effetto migrante sano, che fa riferimento a un’autoselezione nel paese di origine. Programmazione e pianificazione delle politiche socio-sanitarie in Italia. Differenze tra Regioni - Uno studio della Simm e della Caritas romana, nell’ambito di un vasto progetto coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e commissionato dal Ministero della Salute, offre una panoramica delle problematiche sanitarie della popolazione straniera nel nostro Paese e, al contempo, una mappatura delle politiche di assistenza sanitaria agli immigrati messe in atto regione per regione e provincia autonoma. Partendo dagli atti formali (leggi locali, piani, delibere, e note) emanati dal 1995 all’inizio del 2010, si sono analizzate in modo comparativo le politiche delle Regioni/province Autonome sulla salute degli immigrati (inclusi rom, richiedenti asilo e rifugiati) allo scopo di individuare le più efficaci. Dall’analisi di oltre 700 atti, emerge che quasi metà delle regioni italiane ha un alto livello di attenzione verso il tema della salute degli immigrati. In particolare, per gli immigrati irregolari, l´assistenza viene garantita mediamente in tutto il territorio nazionale, in linea con le disposizioni normative nazionali. Ma in Basilicata, Calabria e Lombardia manca una direttiva centrale che uniformi l´assistenza tra le diverse aziende sanitarie e ne garantisca livelli essenziali adeguati, con una particolare criticità per la Lombardia dove per gli immigrati irregolari è previsto solo l’accesso al pronto soccorso. Ci sono anche situazioni in cui la condizione giuridica dello straniero non incide sulla possibilità di accesso alle prestazioni sanitarie e dove sono gli stessi medici di medicina generale e pediatri di libera scelta a prendersi in carico gli immigrati irregolari. Questo avviene in Puglia, Umbria, Provincia di Trento, mentre il Molise e il Friuli Venezia Giulia fanno riferimento ai soli pediatri di libera scelta per i minori. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria ai comunitari sprovvisti di copertura sanitaria, solo l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria e la Valle d’Aosta non hanno emesso alcun atto a riguardo ed il Veneto non ha trasmesso le disposizioni ministeriali del 2008, ma solo quelle precedenti, che non prevedono l’erogazione di cure essenziali ed urgenti ai comunitari che non hanno i requisiti per l’iscrizione al sistema sanitario nazionale, né altre forme di assicurazione sanitaria. Campania, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana hanno invece dimostrato di anticipare la politica nazionale, con atti che hanno preceduto quanto disposto dal Ministero della Salute oppure che includono l’iscrizione volontaria al sistema sanitario regionale come ulteriore opportunità di essere tutelati nell’assistenza sanitaria. La Provincia autonoma di Trento, invece, ha emanato un atto più restrittivo rispetto alle indicazioni ministeriali, prevedendo per esempio che le interruzioni volontarie di gravidanza debbano essere pagate dagli utenti non iscritti al servizio sanitario, ma a marzo 2011 ha sancito la possibilità dell’iscrizione volontaria per i cittadini comunitari. Il Friuli Venezia Giulia, nonostante abbia trasmesso le indicazioni ministeriali per tutelare l’assistenza per i comunitari sprovvisti di copertura sanitaria, si trova di fatto a non aver rilasciato quasi per niente i codici Eni (Europeo Non Iscritto). Per quanto riguarda la formulazione la normativa per l´accesso ai servizi per la popolazione straniera, soltanto cinque regioni (Lazio, Puglia, Sicilia, Umbria, Veneto) hanno sviluppato delle vere e proprie linee guida. Altre realtà locali (Campania, Emilia-romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Provincia autonoma di Bolzano e quella di Trento) hanno emanato atti singoli, in forma di delibere, circolari o note finalizzate a chiarimenti su aspetti specifici della normativa sull’assistenza agli immigrati, non coprendo però in maniera sistematica tutte le diverse tipologie di utenza (comunitario e non, in regola e non con le norme relativa all’ingresso ed al soggiorno, rifugiato e richiedente asilo). Altro nodo, l´analisi del bisogno di salute espresso, in modo da orientare l’offerta stessa e l’organizzazione dei servizi in maniera appropriata. Solo la metà delle regioni italiane ha sancito la costituzione di Osservatori per il monitoraggio e la valutazione del fenomeno migratorio nei suoi molteplici aspetti e delle sue ricadute in termini di impatto in ambito sanitario. Rimangono solo pochi contesti locali (Abruzzo, Calabria, Sicilia, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano) a non aver inserito nei documenti programmatici nessun riferimento alla necessità di analizzare il bisogno di salute degli immigrati, per intercettarlo prima anche laddove non si esprima in domanda di assistenza. Il Friuli Venezia Giulia aveva attivato un Osservatorio sull’immigrazione, ma l’abrogazione nel 2008 della legge regionale e del relativo piano sull’immigrazione ne ha interrotto l´attività. Dal punto di vista della prevenzione e promozione della salute, si dedica particolare rilievo alla salute materno-infantile, rispetto alla quale vengono date indicazioni di intervento soprattutto nei piani sanitari locali, anche se la metà delle realtà locali non presenta nessun focus specifico nei propri atti normativi o si limita a pochi cenni in riferimento su questo tema. Sotto questo profilo, risultano all´avanguardia solo Emilia-romagna, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana e Provincia autonoma di Trento, che affrontano in maniera approfondita la questione della salute della donna e dei bambini immigrati attraverso sezioni dedicate all’interno dei documenti di programmazione sanitaria o progettualità specifiche. La formazione degli operatori è generalmente indicata come asse di intervento delle politiche sanitarie locali, che hanno riconosciuto il bisogno di formare il personale sanitario sugli aspetti inerenti la salute degli stranieri, la medicina delle migrazioni e l’approccio transculturale. Solo la Calabria, la Campania e la Provincia autonoma di Bolzano non hanno riferimenti in quest’ambito. Tuttavia, spesso le indicazioni sono di tipo generico, non esplicitano le modalità con cui tale formazione dovrebbe essere realizzata, né i temi da trattare, né la tipologia degli operatori da coinvolgere, né i metodi didattici. Un esempio positivo è il programma formativo deliberato dalla Regione Lazio per il 2011 rivolto agli operatori amministrativi, al personale medico, infermieristico ed ostetrico, con una analisi sotto il profilo socio-demografico, sanitario, relazionale e normativo organizzativo, comprendendo anche la problematica delle mutilazioni genitali femminili. Anche alla mediazione di sistema viene riservato un alto livello di attenzione da parte delle politiche sanitarie: solo la Calabria e la Provincia autonoma di Bolzano non hanno inserito alcun riferimento alla mediazione negli atti normativi, mentre oltre la metà delle regioni italiane presentano richiami più o meno approfonditi su questo aspetto negli atti. Risulta però necessario verificare l’effettiva applicazione delle indicazioni fornite per realizzare una vera prevenzione e promozione della salute degli immigrati. Impatto delle politiche sanitarie. Le pagelle delle Regioni - Considerando insieme i vari aspetti osservati in relazione all’accesso, alla lettura del bisogno di salute ed alla fruibilità dei servizi, ne deriva una raffigurazione delle politiche sanitarie regionali rivolta agli immigrati molto eterogenea: seppur generalmente diffuso un buon livello di attenzione per la popolazione straniera negli atti normativi e di programmazione sanitaria locali, rimangono molte le differenze territoriali, non riconducibili ad una diversa distribuzione della presenza degli immigrati nelle singole regioni. Promossa la Puglia, che si guadagna l’eccellenza. Ottimo il risultato di Piemonte, Liguria, Trentino, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Sardegna. Ottengono un buono Veneto e Campania. Sono sufficienti, invece, Lombardia, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Sicilia. In difficoltà, invece, la Basilicata. Fanalino di coda la Calabria. |
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CONGRESSO MONOPOLI SU CURE PALLIATIVE. POMO DIRETTORE AREA SANITÀ |
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Bari, 19 maggio 2011 - L’occasione della presentazione del convegno di Monopoli sulle cure palliative è stata utile per la presentazione del nuovo direttore dell’area Politiche per la promozione della salute, delle persone e delle pari opportunità, finora retta ad interim da Mario Aulenta. E’ Vincenzo Pomo, 58 anni, dirigente dell’Ares. “Lo abbiamo deliberato in Giunta – ha detto l’assessore Tommaso Fiore – dopo il bando per la scelta e ha una lunga esperienza nel settore sanitario con l’Ares e poi con la stesura del piano di rientro. Dal 2003 fa parte della Sisac, l’organismo che firma i contratti di lavoro in sanità”. Fiore ha poi posto l’accento sulle novità per le cure palliative in Puglia, presentando il congresso nazionale: “Ci rivolgiamo alle persone più fragili: per questo nonostante il piano di rientro cercheremo di non colpire il settore come i moduli delle cure palliative”. Al centro del dibattito c’è il passaggio dagli “hospice” alle unità operative di cure palliative, da incastonare all’interno delle organizzazioni Asl. “Il dottor Antonio Conversano, direttore dell’unità di Monopoli – ha proseguito Fiore – sicuramente non è alla prima esperienza e farà il punto al convegno (dal 20 al 21 all’hotel Porto Giardino di Monopoli) sulla rete pugliese delle cure palliative”. C’è infatti una differenza tra cure palliative e cura del dolore: le prime riguardano tutti gli aspetti dei malati terminali, con un approccio multidisciplinare e riguardano non solo i malati neoplastici. “Occorre garantire un’adeguata assistenza – ha detto il dottor Conversano – organizzando una unità operativa ogni 300mila abitanti da mettere a sistema. Anche grazie alla recente legge che permette di velocizzare la trasformazione dei vecchi ospedali chiusi in hospice”. Pomo ha rimarcato come il settore in Puglia sia in veloce sviluppo: “abbiamo superato tutte le verifiche dei Lea. Nel 2006 avevamo solo 2 hospice, nel 2009 siamo a 9, contiamo di arrivare presto a 12, con 192 posti letto, anche grazie al regolamento che sta per essere varato presto. Il numero dei pazienti trattati è aumentato del 25% dal 2008 al 2009, con 8.000 giornate di degenza in più. Inoltre è stato ridotto il tempo di attesa per l’accesso alle strutture: entro 3 giorni i pazienti riescono ad entrare. Abbiamo aumentato anche le lungodegenze, oltre i 30 giorni, del 20%. Entro il 2012 contiamo di mettere a regime l’intera rete degli hospice”. L’assessore Fiore ha concluso riferendo dell’ “urgenza di attrezzare anche il settore pediatrico per le cure palliative, perché finora siamo indietro. Ci abbiamo provato dallo scorso anno, speriamo di riuscirci quest’anno”. |
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ALCOL E GIOVANI: REALIZZATO PROGETTO INTERVENTO TRA VENETO, FRIULI E CARINZIA; ALLARME SPECIFICO PER RAGAZZE VENETE, PIU’ SONO GIOVANI E PIU’ BEVONO” |
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Venezia, 19 maggio 2011- L’alcol è la prima causa di morte in Europa per i giovani tra i 18 e i 25 anni. La situazione allarmante per quanto riguarda le regioni Veneto, Friuli-venezia Giulia e il land austriaco della Carinzia che hanno assieme realizzato il progetto A.dri.a (Alcohol Drinking Awareness), “Disagio giovanile e problemi alcool-correlati: conoscenza, innovazione e sperimentazione”, inserito nel programma transfrontaliero Interreg Iv Italia-austria, iniziato nel 2008 e terminato ora, presentato a Villa Manin di Passariano. Erano presenti ai lavori gli Assessori regionali ai servizi sociali del Veneto Remo Sernagiotto, del Friuli Vladimir Kosic e della Carinzia Christian Ragger. I dati a disposizione testimoniano le dimensioni davvero preoccupanti della situazione: i giovani consumatori di alcol tra gli 11 e i 18 anni nel Veneto sono pari al 24,5%, contro una media nazionale del 22,4%; nella classe d’età tra i 19 e i 24 anni lo scostamento è ancora più rilevante: i giovani maschi a rischio in Veneto sono il 38,3% contro il 25,3% della media nazionale, le giovani donne sono il 18,6% in Veneto contro il 10,4 in Italia. E’ stato sottolineato da parte degli operatori l’aspetto che riguarda specificamente le giovani venete: più sono giovani e più bevono, tanto che nella fascia 11-18 le ragazzine consumatrici di bevande alcoliche sono ben il 22,4% contro una media italiana del 13%. Per quanto riguarda il Friuli, tra gli 11 e 18 anni i maschi bevono in una percentuale del 20,8% e le donne del 14,1% e in quella dei 19-24 anni i maschi bevono nel 37,4% e le femmine nel 22,5%. Il land austriaco della Carinzia: il 6% dei ragazzi/e tra gli 11 e i 15 anni, e nella fascia d’età tra i 14 e i 17 anni segnalano una generale diminuzione dei giovani bevitori ma l’aumento del consumo di alcol. “Il progetto presentato dalle tre regioni – ha detto Sernagiotto - è un lavoro importante e diventerà senza dubbio uno strumento efficace per scambiare le conoscenze, fare il punto sull’efficacia dei servizi erogati nei territori, dar vita ad azioni comuni di promozione e protezione della salute. Fare rete è la strada maestra per prevenire il fenomeno del consumo giovanile di alcol. Una delle caratteristiche più interessanti del progetto oltre alla messa a punto di un comune sistema di qualità delle pratiche di prevenzione, cura e assistenza, è l’ accoglimento e la realizzazione in ogni regione partner della metodologia della “Peer Education”, sono cioè i giovani stessi a svolgere un’azione educativa nei confronti dei loro coetanei. Sernagiotto ha ricordato le azioni d’intervento che caratterizzano il Veneto in quest’area: dalla presenza delle unità mobili nei luoghi d’aggregazione giovanile, all’utilizzo della comunicazione multimediale tra cui l’uso sistematico dei social network, secondo gli stili comunicativi delle nuove generazioni, e in particolare la creazione di una Webtv (www.Fuoritv.it), che occupandosi di tendenze giovanili nell’area dell’intrattenimento, del divertimento e del consumo, arrivi, creando una comunità virtuale, ai temi della prevenzione. L’assessore ha concluso il suo intervento sostenendo che il problema dell’abuso nel consumo di alcol per i giovani e giovanissimi si lega purtroppo ad altre dipendenze, non ultima quella dal gioco d’azzardo e da internet “che devono essere prese in carico dalla famiglia – ha sostenuto - perchè dove tiene la famiglia e la comunità è dimostrato che le dipendenze sono meno diffuse”. |
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GENETICA E IMPRESA, VENERDÌ I RISULTATI OTTENUTI DALLE APPLICAZIONI PIÙ INNOVATIVE |
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Napoli, 19 maggio 2011 - Venerdì prossimo 20 maggio, alle ore 9.30, presso il Complesso Universitario di Monte Sant´angelo in via Cinthia, si svolgerà il workshop "Genetica ed Impresa". L´incontro, promosso dall´Assessorato alla Ricerca scientifica della Regione Campania e organizzato da Campania Innovazione Spa, con il supporto di Technapoli, nasce per evidenziare le diverse connessioni operative tra lo sviluppo ed il miglioramento genetico prodotto nell´ambito della ricerca scientifica e le ricadute positive generate in campo industriale. La genetica tradizionale e le metodologie del settore biotecnologico, infatti, hanno conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo notevole, che ha potuto realizzarsi anche grazie ad alcuni progetti di ricerca, portati avanti con successo e diventati vere e proprie realtà industriali. L´evento, cofinanziato dall´Unione Europea, rientra nelle attività di animazione e diffusione della ricerca campana realizzate dalla Regione e si inserisce nell´ambito della rassegna di divulgazione scientifica "150 anni di Scienza, il filo della vita dall´Rna alle biotecnologie: una settimana di eventi sulla Genetica a Napoli". |
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FVG: COMMISSIONE ARE, GARANTIRE VITA CONFORTEVOLE AGLI ANZIANI |
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Trieste, 19 maggio 2011 - Le recenti iniziative promosse dall´Unione Europea a favore di un invecchiamento sano ed attivo, nonché la direttiva recentemente adottata in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera sono state al centro, ieri a Codroipo, della riunione della Commissione Politica sociale e Salute pubblica dell´Are, l´Assemblea delle Regioni d´Europa, presieduta dall´assessore regionale alla Salute del Friuli Venezia Giulia Vladimir Kosic. Entrambe le iniziative, è stato sottolineato nel corso dei lavori, sollevano la fondamentale questione della gestione del sistema sanitario nelle regioni europee. Tra i progetti comunitari rientra tra l´altro Ahaip, il Partenariato innovativo sull´Invecchiamento attivo e sano, un´iniziativa pilota che punta a migliorare la salute e la qualità della vita dei pazienti, l´efficienza dell´amministrazione del sistema sanitario, il sostegno agli anziani garantendo loro dei servizi di migliore qualità, con l´obiettivo di riunire gli attori di tutti i livelli e di tutti i settori per mobilitare le risorse e le competenze disponibili. "Accogliamo con favore l´iniziativa Ahaip lanciata dalla Commissione europea" ha dichiarato Kosic, aggiungendo che "il Friuli Venezia Giulia sta investendo molte risorse per garantire una vita confortevole alle persone anziane. In una società in evoluzione, questo tipo di investimento non rappresenta una scelta politica ma una reazione necessaria ad una nuova realtà. Le Regioni contribuiranno ad indirizzare le priorità di questo nuovo Partenariato innovativo per assicurare che esso risponda alle esigenze dei nostri cittadini". La Commissione dell´Are si è soffermata anche sulla direttiva Ue in materia di assistenza sanitaria trasfrontaliera, approvata lo scorso marzo. La direttiva punta a facilitare l´accesso dei pazienti ad un´assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di elevata qualità, nonché a promuovere la cooperazione in materia di sistemi sanitari tra gli Stati membri. "Ora che la direttiva è stata adottata, la questione è sapere quale sarà il suo impatto a livello regionale e come le Regioni la dovranno attuare sul loro territorio" ha osservato Kosic. |
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L’OSPEDALE SAN PAOLO DI MILANO ORGANIZZA LA SUA TERZA «GIORNATA IN ROSA» CON IL SOSTEGNO DELL’ATTRICE GIOVANNA MEZZOGIORNO SI TRATTA DI APPUNTAMENTI DI INFORMAZIONE E FORMAZIONE SULLE TEMATICHE SANITARIE CHE RIGUARDANO LE DONNE DALL’ADOLESCENZA ALL’ETÀ FERTILE, ALLA GRAVIDANZA, ALLA MENOPAUSA |
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Milano, 19 maggio 2011 - Si svolgerà sabato 21 maggio, presso l’Azienda Ospedaliera San Paolo-polo Universitario di Milano, la terza «Giornata in Rosa», iniziativa promossa dall’ospedale milanese e pensata per fornire al pubblico femminile informazioni utili riguardanti la salute della donna nelle diverse stagioni della vita: adolescenza, età fertile, gravidanza e menopausa. L’evento, che ha una sostenitrice d’eccezione: l’attrice Giovanna Mezzogiorno, è coerente con la particolare vocazione del San Paolo a promuovere politiche di genere nell’erogazione delle cure mediche. Vocazione che ha consentito all’ospedale di essere premiato dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (Onda) con tre Bollini Rosa, che testimoniano il massimo impegno nei confronti della salute delle donne. «Potendo contare su di un’equipe con un ventaglio di specializzazioni particolarmente ampio», spiega Anna Maria Marconi, direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Azienda Ospedaliera San Paolo, «siamo in grado di seguire la donna nel senso più completo del termine. È nostro impegno lavorare sempre per favorire il collegamento culturale e operativo tra i vari settori dell’ostetricia e ginecologia. Settori che richiedono competenze ed esperienze specifiche e che hanno come massimo comun denominatore la centralità della donna nei diversi aspetti assistenziali specifici delle varie età della vita. Ci è quindi sembrato utile e importante dedicare alle donne di ogni età una giornata aperta, durante la quale fornire in modo informale e interattivo le informazioni riguardanti la prevenzione e la cura dei principali problemi di salute femminile». «Ho scelto di aderire e sostenere il progetto Giornata in Rosa dell’ospedale San Paolo di Milano», dichiara Giovanna Mezzogiorno, «perchè ritengo sia un’iniziativa fondamentale. Non è raro che le donne, di qualsiasi età esse siano o a qualsiasi ceto sociale esse appartengano, siano escluse ed emarginate rispetto ad un vero sistema assistenziale e di informazione, che consenta loro di essere pienamente tutelate e consapevoli rispetto alla propria condizione, qualsiasi essa sia. Questo porta spesso sconforto, solitudine ed emarginazione. Ritengo che il San Paolo coniughi perfettamente la competenza medica e sanitaria al supporto psicologico e all’attenzione al singolo caso e al singolo individuo che ogni donna, adolescente, madre, futura madre o persona in età matura, necessita per vivere con positività, tranquillità e sicurezza il proprio percorso». La «Giornata in Rosa» del 21 maggio si suddivide in due momenti. Al mattino, dalle 10:30, si svolgeranno quattro incontri aperti al pubblico durante i quali gli specialisti forniranno informazioni su come prevenire, affrontare e curare i più comuni problemi di salute delle donne nei diversi periodi della loro vita: adolescenza, età fertile, gravidanza e menopausa. Nel pomeriggio sono previsti spazi: Adolescenza, Donna in età fertile, Donna in gravidanza, Donna in menopausa, Psiche donna, Mammella e Sessualità per colloqui individuali gratuiti con gli specialisti, che potranno essere prenotati in mattinata. E sarà possibile effettuare, sempre su prenotazione, un’ecografia ginecologica tridimensionale. A partire dalle 14:00, sono poi previsti incontri aperti al pubblico su temi d’attualità, come le cellule staminali del cordone ombelicale e la vaccinazione Hpv. Per le mamme in attesa, alle ore 15:00, si terrà un Corso di canto in gravidanza con accesso su prenotazione. La giornata si svolge in collaborazione e con il sostegno di Ado San Paolo (Associazione Donatori Ospedale San Paolo) cui è dedicato uno spazio pomeridiano “La voce del sangue”, per sensibilizzare e promuovere la donazione di sangue. Informazioni su programma ed eventi della giornata su segreteria.Cog@ao-sanpaolo.it e www.Adosanpaolo.it/ |
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FARMACI, NESSUN TICKET: LA REGIONE TOSCANA CONTINUA A COPRIRE LA DIFFERENZA |
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Firenze, 19 maggio 2011 - La Regione continuerà a coprire la differenza tra il tetto massimo di rimborso e il costo dei farmaci fuori brevetto, senza introdurre nessun ticket a carico dei cittadini. Lo stabilisce una delibera, approvata nel corso dell’ultima giunta, che di fatto rende definitivo quanto introdotto da una precedente delibera del 18 aprile scorso, per un periodo sperimentale di 30 giorni. Con la delibera di aprile, la Regione si era fatta carico delle quote a carico degli utenti per l’erogazione dei farmaci fuori brevetto (in base ai nuovi prezzi di riferimento fissati dall’Agenzia del farmaco): la nuova normativa nazionale poneva nuovi oneri a carico dell’assistito, fissando un tetto di rimborso per circa 4.200 confezioni ad un valore più basso di quello precedente. Con questa nuova delibera, la Regione stabilisce, in via definitiva, che le farmacie non devono chiedere all’assistito, all’atto della consegna del farmaco, nessuna quota di partecipazione alla spesa farmaceutica, se il prezzo del farmaco erogato è il più basso tra quelli disponibili nel ciclo distributivo. “Il disallineamento tra prezzo al pubblico dei medicinali e prezzo massimo di rimborso stabilito dall’Aifa obbligherebbe i cittadini a una contribuzione alla spesa farmaceutica – chiarisce l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia – Per questo la Regione ha deciso di intervenire, prima in via sperimentale, ora in via definitiva”. |
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FVG: ILLUSTRATA PROPOSTA DI LEGGE SU PET THERAPY |
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Trieste, 19 maggio 2011 - Mpb - Dieci articoli in tutto costituiscono l´ossatura della proposta di legge presentata per definire le norme in materia di terapia e attività assistite dagli animali (pet therapy) e illustrata in Iii Commissione consiliare. Per "pet therapy" si intende l´insieme delle terapie e attività eseguite con l´ausilio di animali (rispettivamente Taa e Aaa, in sigla), le prime con obiettivi di carattere sanitario-terapeutico e le seconde con obiettivi di tipo educativo, ricreativo e ludico. Obiettivo del provvedimento è riconoscere ufficialmente la validità e promuovere il valore terapeutico e riabilitativo della pet therapy, come co-terapia a fianco della medicina tradizionale, finalizzata ad aiutare persone in situazione di disagio a superare limiti e disabilità. I primi studi sulla materia risalgono agli anni ´60 e nel tempo queste terapie hanno trovato largo impiego in molti campi, con risultati positivi principalmente grazie alla relazione affettiva ed emozionale che si instaura tra il paziente e l´animale. In Italia la pet therapy ha fatto la sua comparsa nel 1987, ma la sua diffusione è avvenuta in assenza di norme e a prescindere da qualsiasi riconoscimento istituzionale. Di conseguenza l´attività è stata spesso delegata all´iniziativa di pochi volontari, non sempre con la competenza professionale necessaria o, peggio, è stata oggetto d´improvvisazione con il rischio di gravi danni per gli animali e per gli utilizzatori. Di qui l´esigenza di regolamentare compiutamente la materia per superare lo spontaneismo attuale, disciplinare la relazione uomo-animale, salvaguardare il benessere degli animali co-terapeuti e tutelare i pazienti. Sulla scia del primo riconoscimento legislativo in campo nazionale (con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 2003 che recepì l´accordo tra ministero della salute, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet therapy) e di iniziative analoghe adottate da altre Regioni, questo testo intende promuovere sul territorio regionale la pet therapy, già per altro vivacemente presente e, al contempo, disciplinarne compiutamente gli ambiti operativi e le modalità d´intervento. Va in questa direzione la previsione di una Commissione tecnica di esperti, incaricata di predisporre le linee guida per organizzare la attività di pet therapy, certificare i soggetti aventi i requisiti per accedere ai finanziamenti regionali e abilitati a operare nel settore, definire le procedure per la formazione e l´aggiornamento degli operatori, istituire un elenco dei soggetti abilitati, definire i criteri di valutazione e finanziamento dei programmi. Entrando nello specifico degli articoli, il primo fissa le finalità della legge e suddivide il campo della pet therapy in attività svolte (Aaa) e in terapie effettuate (Taa) con l´ausilio di animali. L´articolo 2 definisce la pet therapy e definisce le terapie e le attività assistite dagli animali. Il 3 individua gli ambiti applicativi, il 4 istituisce una Commissione tecnica regionale le cui funzioni sono fissate dall´articolo 5; il 6 stabilisce i requisiti degli animali ammessi ai programmi di terapia e attività con riferimento anche ai percorsi formativi e ai metodi di addestramento. L´articolo 7 prevede che la Regione promuova percorsi formativi e di aggiornamento professionale degli operatori. Inoltre prevede l´adozione di un regolamento per individuare i criteri e le modalità di certificazione dei soggetti abilitati a erogare servizi di Taa e Aaa e le procedure per la formazione e l´aggiornamento degli operatori e le specie ammesse a tali programmi. L´8 descrive la composizione, le competenze e le modalità di intervento dei gruppi di lavoro multidisciplinari che attuano le Taa e le Aaa, il 9 attribuisce alla Giunta regionale il compito di emanare bandi annuali per il finanziamento di progetti di pet therapy e il 10, infine, contiene la norma finanziaria. |
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