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Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Aprile 2013
AGENZIA DELLE ENTRATE E ORDINI DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DELLA LOMBARDIA: INTESA SUI SERVIZI TELEMATICI E LA CONSULENZA GIURIDICA  
 
Si amplia la rete di intese tra l’Agenzia delle Entrate e i professionisti per semplificare l’accesso ai canali telematici, facilitare i rapporti con i contribuenti e garantire un efficace utilizzo dello strumento della consulenza giuridica. Giovedì 11 aprile, il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate e i presidenti dei sedici Ordini dei dottori commercialisti ed esperti contabili della Lombardia hanno siglato due accordi. Il primo ha l’obiettivo di garantire una semplificazione dei rapporti tra le parti, promuovendo tra i professionisti l’utilizzo dei canali di assistenza telematici, tra cui, per esempio, Civis e le caselle di posta elettronica certificata dedicate, per richiedere i servizi dell’Agenzia. Tutto ciò a vantaggio degli iscritti agli Ordini e dei cittadini, che evitano inutili spostamenti e code agli sportelli, e dell’Agenzia, che può così ottimizzare l’utilizzo delle proprie risorse a vantaggio di tutti i contribuenti. Il protocollo segue l’accordo quadro siglato a livello nazionale. Ulteriori passi in avanti anche sul fronte della consulenza giuridica (così come stabilito dalla circolare 42/E del 5 agosto 2011) grazie alla sigla del secondo accordo finalizzata, invece, a mettere a disposizione degli iscritti agli Ordini lombardi ulteriori strumenti di supporto nell’ambito della consulenza e definire nel dettaglio le modalità per usufruirne  
   
   
LA TOP 5 DEI MALWARE IN ITALIA DI MARZO 2013  
 
La classifica di Marzo delle minacce informatiche più diffuse in Italia, a cura di Eset Nod32, vede salire al primo posto il malware Navipromo, che raggiunge il 6,29% di infezioni. Questo adware – già al secondo posto nella classifica di Febbraio - è specializzato nell’importunare l’utente con messaggi pubblicitari, che invia tramite Internet. Una volta installato, apre una porta sul Pc per inviare la pubblicità che appare all’utente con una serie di finestre pop-up e pop-under. Torna invece in classifica dopo molti mesi Html/scrinject, rilevazione generica di pagine web Html contenenti script nascosti o tag iframe che reindirizzano automaticamente al download di malware. Al terzo posto si conferma il minaccioso Win32/sirefef, un cavallo di Troia che può cambiare le impostazioni del desktop, aggiungere voci malevole al registro del sistema, causare crash del sistema o reindirizzamenti del browser. La Top 5 dei malware in Italia si basa su Live Grid, l’esclusiva tecnologia Cloud di Eset, uno dei grandi produttori mondiali di software antivirus, che identifica mensilmente le minacce informatiche globali per numero di rilevazioni.
Win32/adware.navipromo – rilevato nel 6,29% delle infezioni . Sale al primo posto Navipromo, il programma che obbliga alla visualizzazione di banner pubblicitari nascondendo file, processi e chiavi di registro all’utente attraverso tecniche di rootkit. Per raggiungere il suo obiettivo, il software invia gli Url visitati al server dell´hacker e riceve i link ai siti con le relative pubblicità, che appaiono all’utente come finestre pop-up e pop-under. A marzo la Spagna detiene ancora il primato della prevalenza con una percentuale che schizza all’11,42 %.
Html/scrinject – rilevato nel 3,59% delle infezioni. Torna in classifica dopo molti mesi Html/scrinject, una rilevazione generica di pagine web Html contenenti script nascosti o tag iframe che reindirizzano automaticamente al download di malware. In Italia ha una bassa prevalenza mentre in Brasile arriva a toccare una percentuale superiore all’11%
Win32/sirefef – rilevato nel 2,63% delle infezioni. Resta al terzo posto in classifica Win32/sirefef, un pericoloso cavallo di Troia che può cambiare le impostazioni del desktop, aggiungere voci malevole al registro del sistema, causare crash del sistema o reindirizzamenti del browser; può anche essere utilizzato per infettare il computer con malware più pericolosi. Questo Trojan contiene una lista di 256 indirizzi Ip, può essere controllato da remoto e funge da porta d’accesso al sistema dell’utente per gli hacker. Entra senza farsi notare e comincia ad agire non appena il Pc viene riavviato. Anche a marzo l’Italia si conferma ancora il Paese che detiene la più alta prevalenza in Europa.
Html/iframe – rilevato nel 2,59% delle infezioni. Scende al quarto posto l’onnipresente Html/iframe, una rilevazione generica di tag iframe malevoli inseriti nelle pagine Html, che reindirizzano il browser a uno specifico Url contenente il software malevolo. La prevalenza più alta questo mese si riscontra in Francia con una percentuale di rilevazioni del 5,79%.
Win32/trojandownloader.wauchos – rilevato nel 2,1% delle infezioni. Scende all’ultimo post della top 5 il cavallo di Troia che tenta di scaricare altri malware da Internet e una volta installato diventa eseguibile a ogni avvio del sistema. Può creare ed eseguire un nuovo thread con il suo codice e, subito dopo l’istallazione, è in grado di cancellare il file eseguibile originale. Questo Trojan acquisisce informazioni e comandi sul sistema operativo, sulle impostazioni di sistema e sull’indirizzo Ip del computer da remoto o da Internet. Riesce inoltre ad eseguire programmi e ad aggiungere e cancellare voci dal registro. Tra i Paesi più colpiti questo mese ancora la Germania (7,3%) e i Paesi Bassi (13,45%).
--- Live Grid è il sistema di raccolta informazioni sui malware basato sulla tecnologia Cloud di Eset, che utilizza i dati provenienti dagli utenti delle soluzioni Eset di tutto il mondo. Il continuo flusso di informazioni garantisce agli specialisti del Laboratorio Malware di Eset una visione precisa e in tempo reale della natura e degli scopi delle infiltrazioni su scala globale. L’attenta analisi delle minacce, delle fonti di attacco e dei pattern consente a Eset di ottimizzare gli aggiornamenti delle firme antivirali e dell’algoritmo euristico per proteggere i propri utenti dalle minacce di domani. --- Eset, fondata nel 1992, è uno dei fornitori globali di software per la sicurezza informatica di pubbliche amministrazioni, aziende e utenti privati. Il software Eset Nod32 Antivirus fornisce una protezione in tempo reale da virus, worm, spyware e altri pericoli, conosciuti e non, offrendo il più elevato livello di protezione disponibile alla massima velocità e con il minimo impiego di risorse di sistema. Nod32 è l’antivirus che ha vinto il maggior numero di certificazioni Virus Bulletin 100% e dal 1998 non ha mai mancato l’individuazione di un virus Itw (in fase di diffusione). Eset Nod32 Antivirus, Eset Smart Security e Eset Cybersecurity per Mac rappresentano le soluzioni per la sicurezza informatica più raccomandate a livello mondiale, avendo ottenuto la fiducia di oltre 100 milioni di utenti. L’azienda, presente in 180 Paesi, ha il suo quartier generale a Bratislava e uffici e centri di ricerca a San Diego, Buenos Aires, Singapore, Praga, Cracovia, Montreal, Mosca. Per quattro anni di seguito Eset è stata inclusa fra le aziende Technology Fast 500 Emea da Deloitte e per dieci anni consecutivi fra le aziende Technology Fast 50 Central Europe. Per maggiori info: http://www.eset.it/  --- Future Time è il distributore esclusivo dei prodotti Eset per l’Italia, nonché suo partner tecnologico. Fondata a Roma nel 2001, Future Time nasce dalla sinergia di due preesistenti aziende attive da anni nel campo della sicurezza informatica. Future Time, con Paolo Monti e Luca Sambucci, fa parte della Wildlist Organization International, ente no profit a livello mondiale composto da esperti e aziende
 
   
   
WORLD COMMUNICATION FORUM 2013  
 
Communication Forum 2013 : i numeri e i contenuti principali Il 10 e l’11 aprile si è tenuto il World Communication Forum 2013, la due giorni dedicata al mondo della comunicazione istituzionale, digitale e d’impresa che ha riunito il Forum della Comunicazione e il Forum della Comunicazione Digitale in un unico grande evento. Circa 2000 partecipanti; 53 partner ufficiali tra istituzioni pubbliche e aziende private, associazioni, media (nazionali ed internazionali); 130 relatori tra opinion leader italiani ed esteri, imprenditori, top manager e giornalisti; 42 sessioni di lavoro tra keynote, workshop, dibattiti, e sessioni plenarie, 50 incontri di “Business Matching”. Questi i principali numeri del World Communication Forum 2013, la due giorni dedicata al mondo della comunicazione istituzionale, digitale e d’impresa che ha riunito il Forum della Comunicazione e il Forum della Comunicazione Digitale in un unico grande evento di levatura internazionale Organizzato da Comunicazione Italiana, il primo Business Social Media italiano che unisce oltre 57.000 top manager e professionisti della comunicazione, il World Communication Forum ha evidenziato l’importanza della comunicazione come driver di sviluppo per il paese, ma anche il drammatico cambiamento – sia nei contenuti che nelle strategie - in atto in tutti gli ambiti del settore, dalla pubblicità alle public relations. Lo slogan "Welcome to the Social Economy" è il concetto base su cui si è sviluppato il ricchissimo programma della due giorni, in cui sono stati affrontati i temi legati al cambiamento della comunicazione nella società e nell’economia contemporanee. Grande successo per il “Business Matching Program”, inaugurato durante la scorsa edizione del Forum della Comunicazione, che ha messo in relazione aziende e player del settore, creando interessanti opportunità di business, come confermato da Paolo Torchetti, Fondatore di Brandportal: “Molto efficace il Business Matching Program, una formula davvero interessante che grazie al formato così breve permette di gettare le basi per un vero follow-up.“ Significativi i risultati del sondaggio d’opinione, dal titolo “Opinione Pubblica: parole chiave e comunicazione istituzionale attraverso i mass media”, effettuato proprio per l’occasione dall’Istituto Piepoli. La ricerca dell’Istituto ha confermato che l’86% degli italiani ritiene che la comunicazione sia una chiave strategica utile ad uscire dalla crisi economica, mentre l’89%, ritiene importanti gli investimenti in tal senso in particolare nella Pubblica Amministrazione, percentuale in crescita del 2% rispetto al 2012 e di ben il 12% superiore rispetto ad un sondaggio analogo condotto nel 2011. La ricerca rivela inoltre quelle che secondo gli italiani sono le parole chiave della comunicazione nel 2013 – 2014: guida il “Lavoro”, seguito dal termine “Innovazione”, che sorpassa la parola “Crisi”. L’innovazione guida la lista delle priorità su cui investire, nell’ambito della comunicazione, con il 47% delle preferenze. Interessante anche il focus sui canali e i media preferiti dagli Italiani: la Tv rimane il mezzo di comunicazione preferito , ma perde terreno (-23%) a favore del Web (+22%). Tra i numerosi interventi ha riscosso particolare interesse il keynote d’apertura “An Evolutionary Digital World: Omnivors, Social Video and Showrooming”, di Fabrizio Angelini, Ceo di Sensemakers, che rappresenta in Italia comScore, che ha presentato i dati di una ricerca sulle abitudini degli utenti internet Italiani: “Dopo avere cercato di prevederne gli effetti per anni, ora i cambiamenti generati dalla rivoluzione digitale cominciano a manifestarsi in tutta la loro concretezza e forza. In Italia una pagina web su 10 è visualizzata attraverso dispositivi mobili; i video on-line sono visti da 24 milioni di italiani attraverso il Pc fisso e da 10,5 milioni di italiani attraverso gli smartphone, dato, quest’ultimo, che registra una crescita anno su anno del 175%. 7,3 milioni di Italiani condividono ogni mese foto e video mentre 5 milioni effettuano acquisti attraverso il proprio smartphone. Si tratta di incredibili opportunità da cogliere”, afferma Angelini. Ha inaugurato invece le main session del Forum il dibattito “Social engagement from global to local and the other way around: what strategy to create portable and fluid content?”, cui hanno partecipato speaker di altissimo livello dal mondo accademico, dei media e dell’impresa. Al centro della sessione, uno dei temi più dibattuti nel mondo della comunicazione: come creare social engagement, sia a livello globale che locale, attraverso un ripensamento dei contenuti per renderli adatti alla condivisione sui diversi media. Un altro dei temi portanti del World Communication Forum è stato quello del ruolo dei vari player nelle complesse dinamiche che influiscono sulla costruzione dell’autorevolezza e della fiducia del pubblico nei confronti di brand, istituzioni e media: di questo si è discusso nella sessione di chiusura della prima giornata, intitolata “Publishers, Journalists, Institutions, Communicators, Influencer: Redefine roles and rules to rebuild an effective trust” in cui è intervenuto il direttore dell´Ufficio relazioni esterne della Polizia di Stato, Maurizio Masciopinto, che ha sottolineato come sia "importante comunicare con i cittadini in maniera giusta, velocemente, dicendo la verità, raccontando le cose come stanno, sapendo anche chiedere scusa quando si sbaglia. Attraverso questo percorso, tracciato dal prefetto Antonio Manganelli, ci stiamo muovendo e i sondaggi di ricerca ci confermano che siamo ai vertici nella fiducia verso le istituzioni". La seconda giornata si è aperta invece con una serie di keynote più focalizzate sulle opportunità offerte dalla rivoluzione digitale, come quello di Dario Caiazzo, General Manager Ebuzzing Social Italia: "Tra il 2011 e il 2012, Youtube ha registrato più di un trilione di visualizzazioni, pari a quasi 140 view per ogni persona sulla Terra. Si stima che gli investimenti per la pubblicità video online raggiungeranno 10 miliardi di dollari. In 15 minuti ho provato a svelare cosa c’è dietro le visualizzazioni record di Gangnam Style o dei commercial come quelli del Super Bowl tenendo ben presente il nostro motto di sempre Viral Video Content is king distribution is queen." L’opening Talk Show della seconda giornata – intitolato “Growing brands through social connections in a smart city contest” - ha esplorato poi le innumerevoli opportunità offerte dalle nuove modalità di engagement per i brand, anche all’interno dell’orizzonte tecnologico delle smart city, un ambiente futuristico ma in parte già reale, in cui dispositivi di ogni tipo comunicano tra di loro, aprendo nuove possibilità di interazione e condivisione. Alla discussione ha partecipato anche Veronica Diquattro, Responsabile del mercato italiano di Spotify, che evidenzia come “Spotify ha portato in Italia un nuovo modo di ascoltare la musica, mettendo a disposizione degli utenti 20 milioni di brani accessibili in streaming on demand, in modo facile e istantaneo Con Spotify le abitudini di consumo di musica cambiano, passando dal possesso all’accesso completamente legale. Il servizio, infatti, nasce proprio come alternativa alla pirateria musicale: dal momento del lancio ad oggi, Spotify ha conferito ai titolari dei diritti d’autore oltre 500 milioni di dollari e ci aspettiamo di conferirne altri 500 in un solo anno per il 2013”. Grande partecipazione anche al successivo dibattito, in cui protagonisti del mondo della comunicazione hanno discusso dell’evoluzione del linguaggio, dei contenuti e delle strategie tra Internet Advertising e Digital Pr. Gran finale con la plenaria di chiusura dal titolo “E-commerce and Mobile Marketing to develop global retailing”. La crescita della diffusione dei dispositivi mobili – infatti - sta modificando non solo il modo in cui le persone accedono alle informazioni, le trattano e le condividono, ma anche il loro comportamento di acquisto: questo significa ripensare alle campagne di marketing, ma anche al concetto stesso di marketplace. “Il World Communication Forum quest’anno ha saputo interpretare l’integrazione sempre più profonda tra la comunicazione “tradizionale” e le nuove frontiere aperte dalla rivoluzione digitale, unendo le voci dei più influenti protagonisti in una due giorni di lavoro, che si conferma ancora una volta come il principale evento italiano nel campo della comunicazione. La vasta gamma degli argomenti trattati e le differenti professionalità dei tantissimi relatori e ospiti che hanno partecipato o assistito alle varie sessioni della manifestazione, sono state la base del successo dell’iniziativa, confermando la reputazione ereditata dal Forum della Comunicazione e dal Forum Digitale: anche quest’anno abbiamo avuto l’onore di ospitare manager e opinion leader di assoluto spessore e carisma, che hanno disegnato e descritto alla vasta platea l’attuale scenario della comunicazione in Italia e nel mondo.” ha affermato Fabrizio Cataldi, fondatore di Comunicazione Italiana, alla chiusura dei lavori del World Communication Forum 2013. Info. Www.forumcomunicazione.it  - www.Worldcomforum.com    
   
   
WORLD COMMUNICATION FORUM DI MILANO: IL TURISMO CONGRESSUALE INTERNAZIONALE IN ITALIA  
 
Giovedì 10 aprile si è parlato di turismo congressuale oggi al World Communication Forum, in corso di svolgimento a Palazzo Mezzanotte di Milano. Il workshop s’intitolava Opportunità e strategie di sviluppo del turismo congressuale internazionale in Italia ed è stato coordinato da Gabriele Capolino, direttore ed editore associato di Milano Finanza, nonché presidente della European Business Press (Ebp). L’introduzione è stata a cura di Emma Aru, presidente di Studio Ega, membro del consiglio direttivo della Piccola e Media Impresa di Unindustria, componente del comitato tecnico Progetto speciale Expo 2015 di Confindustria. Hanno partecipato: Renzo Iorio, presidente Federturismo; Giampaolo Letta, presidente del Comitato industria creativa, cultura e turismo di Unindustria- Confindustria; Andrea Rea, professore associato di marketing all’Università La Sapienza di Roma, docente di marketing alla Scuola di direzione aziendale della Bocconi e presidente della Mostra d’Oltremare di Napoli; Paolo Locatelli, responsabile vendite Trenitalia per il mercato del nord; Francesco Conci, managing director di Mico (il centro congressi di Fiera Milano). Capolino ha così lanciato il “mood” del convegno:In un Paese di fatto in recessione come il nostro ci si aspetterebbe che il settore congressuale beneficiasse di politiche vantaggiose, considerato il suo valore economico. E invece, nulla. Quale ipotetico aiuto potrebbero chiedere gli operatori al prossimo governo?. Emma Aru: Individuare i selling points del prodotto-Italia. Emma Aru, organizzatrice di questo workshop, si è soffermata sui dati Icca (International Congress & Convention Association) nel decennio 2002-2011, osservando lo sviluppo quantitativo degli eventi in Europa (sede del 55% dei grandi eventi internazionali) ripartiti per nazione e città. In esame solo gli eventi promossi delle società/associazioni internazionali che si tengono con periodicità regolare e registrano una rotazione geografica della sede in un minimo di tre Paesi. Dobbiamo individuare i nostri selling points - ha detto - Le grandi città all’estero vanno benissimo perché sanno proporsi: pensiamo a Vienna, Parigi, Barcellona, Berlino e Madrid. Parigi ha fatto investimenti infrastrutturali poderosi e ha un sistema virtuoso di promozione e vendita. L’italia invece perdura nelle proprie difficoltà. Quattro i focus: concorrenza internazionale (abbiamo un prodotto forte e dobbiamo solo renderlo appetibile, senza sforzarci di declinarlo alle esigenze della domanda); Brand Italia, che dev’essere forte anche nelle singole realtà locali; alberghi, sede congressuale, trasporti: la filiera congressuale è molto semplice e basica (alberghi giusti al posto giusto, centri congressi capienti e flessibili per ogni tipo di manifestazione, e trasporti efficienti – se manca una di queste cose, non si possono ospitare grandi eventi); e infine istituzioni: in Usa le istituzioni sanno fare marketing sulle città. E lo Stato partecipa (penso al Convention & Visitors Bureau di Washington, per esempio, che è pubblico). Va da sé che anche in Italia abbiamo bisogno anche dello Stato. Renzo Iorio: Congressuale cartina di tornasole di ciò che non va. «Certamente il settore congressuale è ricco e importante, perché è lì che si riesce a canalizzare il cliente a maggior capacità di spesa. Però è anche la filiera che più mette a nudo i limiti della capacità del nostro Paese di lavorare in una dimensione di sistema. Patisce, fra le altre cose, la cronica assenza di una visione industriale nei nostri alberghi e punti ricettivi, che per una frammentazione tutta italiana e una visione troppo commerciale dell’attività rischiano di essere i maggiori antagonisti di un organizzatore. Questa assenza di sistema si riverbera negativamente sulla qualità dell’accoglienza complessiva. E inoltre c’è l’annosa difficoltà di costruire il sistema-Paese. A Milano e Roma ci sono infrastrutture, alberghi e soggetti autonomi che fanno quello che dovrebbero fare altri: Fiera Milano Congressi, per esempio, fa un lavoro che va al di là di quello di riempire i propri spazi. Anche altre città potrebbero fare la stessa cosa, non tante sicuramente. Comunque l’impegno dell’Italia sull’alta velocità ha reso accessibile un’area molto più vasta, a beneficio soprattutto dei programmi accompagnatori e post-congress. E questa è una leva molto positiva. Giampaolo Letta: La forza del cinema. Il cinema, guardando anche a un contesto internazionale, ci offre esempi di promozione straordinaria: pensiamo a quello che hanno significato per l’immagine dell’Italia e per i nostri prodotti film come Vacanze romane o La dolce vita. In tempi più vicini, pensiamo alla Passione di Cristo di Mel Gibson, che ha attratto moltissimi turisti a Matera, o il film Benvenuti al Sud, che sta portando decine di migliaia di persone a Santa Maria di Castellabate, a sud di Salerno. Però c’è un forte limite: la nostra industria dell’audiovisivo è rivolta molto al mercato interno e poco all’internazionale. Ci sono per fortuna esempi di esportazione del nostro cinema: Educazione siberiana di Salvatores, girato all’estero, ha consentito di esportare la creatività italiana; l’ultimo film di Paolo Sorrentino (che sarà in concorso a Cannes), La grande bellezza, fa risaltare in tutta la sua magnificenza la città di Roma. Un ruolo importante lo hanno svolto, a livello locale, le “film commission” regionali e comunali. A livello nazionale chiediamo niente più di quello che già c’è. Il sistema di incentivazione fiscale ha consentito di attrarre numerose produzioni dall’estero, che veicolano la nostra immagine oltrefrontiera. La flessibilità del lavoro nel nostro settore è un ulteriore punto a favore molto importante. Abbiamo le migliori professionalità a livello mondiale, apprezzate in tutto il mondo. Godiamo purtroppo di una pessima fama anche dato il pregiudizio che nel nostro paese non funzioni nulla, per cui è sempre più difficile attrarre partner stranieri che vengono qui, i quali però, se vengono, si ricredono: Woody Allen ci dice che ha trovato una passione e una professionalità straordinaria in Italia. Dovremmo saper vendere meglio tutto ciò. Basterebbe che nell’agenda del prossimo governo al turismo e all’attività culturale in generale venisse data un’alta dignità istituzionale, come accadeva un tempo. Andrea Rea: Siamo il terzo brand al mondo dopo Coca Cola e Visa. Mostra d’Oltremare è un posto magnifico, che pochi conoscono, e in ciò testimonia una potenzialità non sfruttata appieno: nazionalismo e classicismo architettonico, tre teatri, un ristorante, piscina, atmosfere anni Cinquanta, parco arboreo. Il tutto, progettato dai migliori architetti. Ha una delle migliori logistiche del mondo: due uscite autostradali, due metropolitane, aeroporto internazionale a venti minuti, treno veloce e porto a portata di mano. La comunità europea ha deciso di investire nella ristrutturazione della Mostra perché è un monumento. Il brand Italia è il terzo brand al mondo dopo Coca Cola e Visa. I campanili sono una caratteristica italiana dal punto di vista storico e paesaggistico. In ciò sono una grande ricchezza da valorizzare. Occorre però che i politici sappiano fare delle scelte. Bisogna muoversi per tempo, in filiera e in modo strutturato, con azioni di commercializzazioni coordinate a supporto. Paolo Locatelli: Pochi Paesi al mondo hanno un’offerta come la nostra. Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha contribuito a un notevole mutamento nella vita dei turisti italiani e stranieri. Attualmente la nostra rete ad alta velocità è di mille km, da Torino a Napoli-salerno, con destinazioni come Verona, Padova e Venezia collegate con Frecciargento. Ciò esteso il raggio del pendolarismo fino a 200 km. Questo tipo di sviluppo non è comune a molti Paesi: solo in Francia c’è, sia perché l’hanno sviluppato da anni sia perché la promozione del turismo francese è ramificata ovunque. Altrove l’alta velocità è quasi sconosciuta, dunque si immagina che gli spostamenti avvengono in aereo o in pullman. In Italia c’è ancora strada da fare, ma molta è anche la strada che s’è fatta. Per il turismo congressuale il treno è il mezzo di spostamento migliore in assoluto. Un evento di massa come quello congressuale, con pre- e post-congress con accompagnatori, con necessità di organizzare qualcosa di interessante, ha molto da beneficiare delle potenzialità e della flessibilità del treno per piccoli e grandi gruppi. Oltretutto noi i Frecciarossa e i Frecciargento li noleggiamo pure. E ciò avviene per alcuni eventi. Collaboriamo volentieri con Expo 2015, con le fiere di Milano, Bologna e Rimini, sia per i buyer sia per i partecipanti. In alcuni casi portiamo treni ad alta velocità direttamente all’interno degli eventi: in occasione di 13 importanti fiere il Frecciarossa ferma direttamente in fiera. Il Roma-torino di domani, 11 aprile, farà fermata a Rho Fiera in orario per facilitare l’afflusso al Salone del Mobile. In Italia oggi in un’ora e mezza dalle principali sedi congressuali si fanno grandi escursioni. Da Firenze in un’ora e mezzo si va a Verona, a Milano e a Roma: pochi paesi al mondo hanno un’offerta turistica di questo tipo. Francesco Conci: Il brand Italia è così forte da non essere scalfibile.Sottovalutiamo il fatto che il brand Italia ha una forza e una potenza che lo rendono non scalfibile. Le opportunità ci sono e sono tante, il fatto di essere italiani ci dà un livello di competitività e di fantasia che ci fa vincere ovunque. Abbiamo una grande capacità, che è quella di puntare tutti nella stessa direzione. Il caso di Milano è paradigmatico: la mancanza di un Convention bureau locale ha generato l’assembramento positivo di tanti soggetti che, ciascuno per la propria competenza, si sono coordinati e hanno fluidificato la filiera, creando una destinazione congressuale a tutto tondo. Il problema è superare i campanilismi, far quadrato e permettere a tutti di apportare la propria competenza. Fiera Milano Congressi è una società che genera utili, ripaga gli investimenti, coordina progetti come Eventing Milan che diventano una possibilità di fare prodotto e sistema. Basta mettere insieme i talenti di ciascuno. Info: www.Ega.it.  
   
   
RICERCA UPA-GOOGLE SULL’E-COMMERCE IN ITALIA CON UN FOCUS SUL LARGO CONSUMO - CRESCONO LE OPPORTUNITÀ PER AZIENDE E CONSUMATORI  
 
● Secondo l’indagine commissionata da Upa e Google un quarto dei responsabili acquisti che utilizzano il web è interessato a comprare online beni di largo consumo. ● Risparmio di tempo, benefit di tipo economico e varietà di assortimento sono i principali driver di scelta. ● Tra dieci anni il 50% dei responsabili acquisti che utilizzano Internet comprerà online diverse categorie di prodotti di largo consumo, il 10% l’intera spesa Lo scorso 10 aprile 2013 Upa e Google hanno presentato i risultati di un’indagine commissionata a Gfk Eurisko per fotografare lo stato attuale dell’e-commerce in Italia, con un focus sul settore del largo consumo, e monitorare le sue potenzialità di sviluppo. Come mostrano diversi studi, l’e-commerce di prodotti e servizi mostra trend di crescita molto significativi nel nostro Paese, tanto da riguardare ormai oltre 13 milioni di persone. I risultati della ricerca Upa-google rivelano prospettive di sviluppo altrettanto interessanti anche per il settore del largo consumo: se oggi circa 400 mila persone sono solite acquistare prodotti di largo consumo online, più di un quarto dei responsabili acquisti che utilizzano Internet è interessato a comprare beni di largo consumo sul web, pari a circa 2,7 milioni di persone. Un dato inedito emerso dalla ricerca riguarda, inoltre, l’“operatore” preferito per acquistare online prodotti di largo consumo dove troviamo, pressochè in pari quota, sia la catena di supermercati/negozi (75%), sia la grande azienda/marca (69%). --- Più informazione Secondo quanto emerge dai risultati dell’indagine, la conoscenza delle piattaforme digitali per l’acquisto di beni proviene nel 60% dei casi dal passaparola di amici, parenti, colleghi; nel 49% dei casi dalla stessa navigazione sul web, infine per il 40% dei casi dai media tradizionali (Tv, giornali, riviste, radio). Ciononostante la maggior parte dei responsabili acquisti non ritiene di avere sviluppato, fino a oggi, particolari competenze per navigare e acquistare su Internet: il 37% si percepisce solo parzialmente esperto, il 27% si definisce “abbastanza” esperto e solo il 4% si ritiene “molto esperto”. Questo è dovuto principalmente a una carenza di informazioni come pure all’assenza di esempi concreti, come parenti e amici che hanno già avuto esperienza di acquisti online. È evidente, dunque, quale sarebbe il potenziale, se un numero maggiore di persone fosse pienamente informato della possibilità di fare acquisti online di prodotti di largo consumo. --- I vantaggi della spesa online Tutti i responsabili acquisti intervistati riconoscono vantaggi di non poco conto nell’acquistare online prodotti di largo consumo: più del 40% apprezza molto il risparmio di tempo e la facilità organizzativa (niente code, o parcheggi, niente pesi da portare, niente vincoli di orario); uno su tre riconosce la possibilità di risparmiare e di accedere a promozioni vantaggiose (37%); e una quota considerevole apprezza anche la possibilità di accedere ad assortimenti più ampi online (32%). Ma c’è di più, il 60% dei responsabili acquisti che utilizzano Internet si attende un rilevante ampliamento dei processi di acquisto online nel largo consumo nei prossimi dieci anni: il 50% del campione crede che si acquisteranno sul web diverse categorie di prodotto mentre il 10% è convinto che si arriverà a fare tutta la spesa online. --- Barriere e attese Allora cosa frena i responsabili acquisti rispetto alla possibilità di fare la propria spesa online? Innanzitutto un certo “disagio della smaterializzazione” degli acquisti (82%), in particolare per quel tipo di spesa alimentare per cui si preferisce scegliere personalmente e toccare con mano o avere la possibilità di confrontarsi con gli addetti alla vendita (72%). Per altri, fare la spesa online comporta un cambiamento nell’abituale processo decisionale - necessità di decidere prima cosa comprare - (70%). Infine, la logistica della consegna della spesa, con la necessità della presenza in casa (63%) o della disponibilità di portieri, o il dover sopportare un costo aggiuntivo (67%). Rispetto a quanto ci potrebbe aspettare, oggi grazie anche al maggiore utilizzo di carte pre-pagate o carte di debito si riduce sensibilmente la percentuale di persone che percepisce la sicurezza dei processi di pagamento come una barriera verso l’e-commerce: solo il 22% degli intervistati si dice molto preoccupato da questo aspetto. Quali sono le attese rispetto all’e-commerce nel largo consumo? Le prime tre appaiono molto chiare: la metà circa degli intervistati, riguardo all’e-commerce nel largo consumo, si augura che vi possano essere prezzi inferiori a quelli nei supermercati (48%); la consegna gratuita dei prodotti acquistati (47%); l’addebito del pagamento solo dopo il ricevimento della spesa (34%). --- La sfida per le aziende del largo consumo Per cogliere la sfida e le opportunità offerte dall’e-commerce nel settore del largo consumo, le aziende devono essere in grado di spiegare ai consumatori i vantaggi logistici, organizzativi ed economici legati a questa modalità di acquisto, comunicandoli in modo chiaro ed efficace. Il processo valutativo del consumatore passa, infatti, attraverso l’esperienza personale e i racconti di amici o di conoscenti che fungono da testimonial e sono in grado di convincerlo in maniera diretta o con il passaparola. “L’e-commerce è uno dei fenomeni più significativi degli ultimi anni e le previsioni di affermazione come una potente piattaforma per il consumo e la comunicazione vengono progressivamente confermate”, ha dichiarato Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa, nel corso della presentazione della ricerca. “Prevediamo una progressione esponenziale dell’e-commerce da 10 a 50 miliardi nei prossimi 5 anni con almeno un miliardo di investimenti pubblicitari aggiuntivi. Se vogliamo far crescere il commercio elettronico dobbiamo attrarre le persone sulle piattaforme digitali investendo anche nei mezzi tradizionali”, ha proseguito Sassoli, “la ricerca conferma l’importanza della marca anche nel commercio digitale” e ha così concluso: “l’e-commerce è un passo verso una società più sostenibile perché fa risparmiare tempo, denaro, offre scelte più ampie e informa di più il consumatore. L’istat dovrebbe inserirlo nel nuovo indice Bes che misura il benessere equo e solidale.” "Sebbene l’Italia sconti ancora un ritardo nell’adozione del digitale rispetto a Paesi più avanzati, la ricerca riconferma trend di crescita interessanti, anche per il largo consumo. Un quarto degli intervistati è interessato a comprare prodotti di largo consumo online e quasi la metà riconosce all’acquisto via web benefici funzionali indiscussi", ha commentato Carlo D´asaro Biondo, Presidente South East Europe, Middle East and Africa di Google. "Si aprono dunque opportunità rilevanti per le aziende italiane. Grazie alla diffusione esponenziale di smartphone e tablet, oggi i brand possono ambire ad offrire alle persone esperienze di navigazione e di acquisto sempre più efficaci e coinvolgenti” ha proseguito D’asaro Biondo. “E’ venuto il momento di mettersi in gioco e sperimentare nuove modalità di integrazione offline e online, al fine di valorizzare al meglio tutti gli asset della marca. Le aziende che meglio sapranno cogliere le sfide e le potenzialità dell’e-commerce oggi, saranno i vincitori di domani."  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: CONSUMATOR​I - AUTORITÀ NAZIONALI POSSONO INFORMARE I CITTADINI SU ALIMENTI INADATTI AL CONSUMO UMANO  
 
Il diritto dell’Unione consente che le autorità nazionali rendano noti dati identificativi nell’ambito di informative ai cittadini su alimenti non dannosi per la salute, ma inadatti al consumo umano. Trattasi, in particolare, della denominazione dell’alimento e dell’impresa o della ragione sociale sotto la quale l’alimento è stato prodotto o trasformato o immesso sul mercato. Il regolamento sulla sicurezza alimentare assicura che nessun alimento a rischio, vale a dire dannoso per la salute o inadatto al consumo umano, sia immesso sul mercato. È inadatto al consumo umano un alimento inaccettabile per il consumo umano secondo l’uso previsto, in seguito a contaminazione o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione. Gli Stati membri devono organizzare un sistema di controlli e altre attività adeguate, compresa la comunicazione ai cittadini in materia di sicurezza e di rischio degli alimenti. Il 16 e 18 gennaio 2006 l’Ufficio veterinario di Passau (Germania) ha proceduto ad ispezioni presso vari stabilimenti della società Berger Wild Gmbh, attiva nel settore della trasformazione e distribuzione di carne di selvaggina. Le analisi condotte hanno dimostrato che gli alimenti erano inadatti al consumo umano. Le autorità bavaresi hanno comunicato alla società la propria intenzione di informare i cittadini, a meno che vi provvedesse essa stessa in maniera efficace e tempestiva. La Berger si è opposta, sostenendo che i prodotti potevano presentare alterazioni di tipo sensoriale, ma che non comportavano rischi per la salute. Essa ha proposto la pubblicazione di una «comunicazione di allerta» nella quale avrebbe invitato i propri clienti a recarsi presso i loro abituali punti vendita al fine di sostituire i prodotti interessati. Con tre comunicati stampa del 24, 25 e 27 gennaio 2006, il Ministro per la tutela dei consumatori del Freistaat Bayern ha annunciato il ritiro dal commercio dei prodotti. Esso ha indicato che, a seguito delle ispezioni, era emerso che questi ultimi emanavano un odore rancido, mefitico, di muffa o acido e che, in certi casi, era già cominciato il processo di putrefazione. Ha aggiunto che, stanti le condizioni igieniche ripugnanti riscontrate in taluni dei suoi stabilimenti, alla Berger era stato indirizzato un divieto provvisorio di immettere sul mercato i prodotti fabbricati o lavorati in tali stabilimenti. In un discorso pronunciato dinanzi al Parlamento della Baviera il 31 gennaio 2006, il medesimo Ministro ha affermato che, poiché lo stesso giorno la Berger aveva dichiarato lo stato d’insolvenza, essa non avrebbe più potuto svolgere commercio e che pertanto si sarebbero potuti escludere rischi per la salute derivanti dall’immissione sul mercato di ulteriori suoi prodotti. Ritenendo di aver subito danni considerevoli a causa dei comunicati stampa delle autorità del Freistaat Bayern, la Berger ha esperito contro quest’ultimo un’azione risarcitoria. In tale contesto, il Tribunale di Monaco ha chiesto alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione osti alla normativa tedesca, che ha consentito alle autorità pubbliche di fornire le suddette informazioni. La Corte dichiara che il diritto dell’Unione non osta a una normativa nazionale, come quella tedesca in esame, la quale consenta, nel rispetto degli obblighi del segreto professionale, che le informative ai cittadini su alimenti non dannosi per la salute, ma inadatti al consumo umano riportino la denominazione dell’alimento e la denominazione dell’impresa, o la ragione sociale, sotto la quale l’alimento è stato prodotto o trasformato o immesso sul mercato. A tale riguardo, la Corte ricorda che un alimento inadatto al consumo umano è considerato «a rischio» ai sensi del regolamento. Infatti, benché esso non sia dannoso per la salute, nella misura in cui non è accettabile per il consumo umano, non soddisfa i requisiti relativi alla sicurezza degli alimenti imposti dal regolamento. Tale alimento inadatto al consumo umano può pertanto rappresentare una minaccia per gli interessi dei consumatori, la cui tutela è uno degli obiettivi perseguiti dalla legislazione alimentare. Ne consegue che le autorità nazionali possono informarne i consumatori, nel rispetto degli obblighi del segreto professionale (Corte di giustizia dell’Unione europea, Sentenza nella causa C-636/11, Karl Berger/freistaat Bayern, Lussemburgo, 11 aprile 2013  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: PREPENSIONAMENTO AGRICOLTORI CON AIUTI FEAOG DEVE RISPETTARE LA PARITÀ DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE  
 
Gli Stati membri, nel concedere l’aiuto al prepensionamento agli imprenditori agricoli anziani, sono tenuti a rispettare il principio di parità di trattamento tra donne e uomini. Essi non possono quindi fissare in maniera diversa, in funzione del sesso o del numero di figli del richiedente, l’età oltre la quale tale aiuto non può più essere richiesto Al fine di migliorare la redditività delle aziende agricole, l’Unione europea incentiva il prepensionamento degli imprenditori agricoli che abbiano compiuto almeno 55 anni, ma non abbiano ancora raggiunto l’età normale di pensionamento. Gli imprenditori agricoli che decidano di cessare anticipatamente ogni attività agricola svolta a fini commerciali possono così beneficiare di un aiuto al prepensionamento erogato dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (Feaog). Essi possono beneficiare di tale aiuto per una durata massima di quindici anni e fino al compimento del loro settantacinquesimo anno. Se il beneficiario dell’aiuto percepisce anche una normale pensione, l’importo di quest’ultima sarà dedotto da quello dell’aiuto. Secondo il diritto ceco, l’età normale di pensionamento è fissata per gli uomini a un’età più elevata rispetto alle donne. Inoltre, per le donne, l’età normale di pensionamento diminuisce progressivamente in funzione del numero di figli che esse hanno allevato. La signora Soukupová è un’imprenditrice agricola, madre di due figli. Il 24 maggio 2004 ha raggiunto la sua età pensionabile in base al diritto ceco. Il 3 ottobre 2006 ha richiesto alle autorità ceche l’aiuto al prepensionamento, il cui importo previsto era superiore a quello della pensione di vecchiaia attribuitale in base al diritto ceco. La sua domanda è stata però respinta con la motivazione che la richiedente aveva già raggiunto l’età normale di pensionamento. Reputandosi vittima di una discriminazione fondata sul sesso a causa della previsione di un’età di pensionamento per le donne, e in particolare per le donne che hanno allevato figli, inferiore a quella prevista per gli uomini, la signora Soukupová ha adito la giustizia ceca. Il Nejvyšší správní soud (Suprema Corte amministrativa della Repubblica ceca), adito con ricorso per cassazione, chiede alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione permetta, ai fini della concessione dell’aiuto al prepensionamento, di fissare l’età normale di pensionamento in maniera diversa a seconda dei richiedenti, in funzione del loro sesso e del numero di figli allevati. Nella sua sentenza odierna, la Corte rileva che l’aiuto al prepensionamento in agricoltura costituisce uno strumento della politica agricola comune, finanziato dal Feaog, il quale è finalizzato a garantire la redditività delle aziende agricole, e non una prestazione previdenziale. Sebbene in assenza di un’armonizzazione operata dal diritto dell’Unione la fissazione dell’età normale di pensionamento nel contesto della concessione dell’aiuto al prepensionamento rientri certamente nella competenza degli Stati membri, questi ultimi non possono far leva sulla disparità di trattamento che sono autorizzati a mantenere in materia di fissazione dell’età di pensionamento nell’ambito della previdenza sociale. Al contrario, nell’ambito dell’aiuto al prepensionamento degli imprenditori agricoli anziani, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare la parità di trattamento fra donne e uomini e, pertanto, a vietare qualsiasi discriminazione fondata sul sesso. Infatti, gli imprenditori agricoli anziani di sesso femminile e quelli di sesso maschile si trovano in situazioni simili dal punto di vista dello scopo perseguito con l’aiuto al prepensionamento. Ebbene, il diritto dell’Unione osta a che situazioni simili siano trattate in maniera diversa e dunque, in particolare, a che gli uomini, senza giustificazione obiettiva, dispongano di un termine più lungo per presentare la loro domanda di aiuto rispetto alle donne. In questo contesto, la Corte sottolinea che nel caso di specie la disparità di trattamento non può essere obiettivamente giustificata, in quanto gli obiettivi di trasformazione strutturale del settore agricolo perseguiti con l’aiuto al prepensionamento in agricoltura possono manifestamente essere conseguiti senza che gli Stati membri ricorrano ad un trattamento discriminatorio. Infine, la Corte ricorda che, quando viene constatata una discriminazione contraria al diritto dell’Unione, e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, alle persone appartenenti alla categoria sfavorita devono essere concessi gli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone che rientrano nella categoria privilegiata. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 11 aprile 2013, Sentenza nella causa C-401/11, Blanka Soukupová / Ministerstvo zemědělství)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LAVORO A TEMPO DETERMINATO - DIRETTIVA E ACCORDO QUADRO NON SI APPLICANO A RAPPORTO A TEMPO DETERMINATO TRA LAVORATORE INTERINALE E AGENZIA DI LAVORO INTERINALE NÉ TRA TALE LAVORATORE E IMPRESA UTILIZZATRICE  
 
La direttiva relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non si applica né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale né tra tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice Il sig. Della Rocca ha concluso con la Obiettivo Lavoro Spa tre contratti di lavoro a tempo determinato successivi, in forza dei quali è stato messo a disposizione della Poste Italiane come portalettere al fine di provvedere alla sostituzione del personale assente addetto al servizio recapito presso la regione Campania. Ritenendo che i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato fossero «generici e insussistenti» e che la proroga della stessa non fosse motivata, il sig. Della Rocca ha adito il Tribunale di Napoli al fine di far accertare che, essendo detta somministrazione irregolare, il suo rapporto di lavoro con la Poste Italiane era un rapporto a tempo indeterminato. Il Tribunale di Napoli chiede alla Corte di giustizia Ue se la direttiva sul lavoro a tempo determinato e l’accordo quadro si applichino al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale e al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice. Il giudice esprime dei dubbi sulla compatibilità tra la legge italiana e l’accordo-quadro. A tale proposito va ricordato che, come già dichiarato dalla Corte, l’ambito d’applicazione di quest’ultimo è concepito in senso ampio, poiché riguarda in generale i «lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro». La nozione di «lavoratori a tempo determinato» (ai sensi dell’accordo quadro, clausola 3, punto 1) include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro. La Corte sottolinea che secondo il preambolo dell’accordo quadro risulta espressamente che esso non si applica ai lavoratori a tempo determinato messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro interinale. Tale esclusione riguarda il lavoratore interinale in quanto tale e non l’uno o l’altro dei suoi rapporti di lavoro, con la conseguenza che tanto il suo rapporto di lavoro con l’agenzia di lavoro interinale, quanto quello sorto con l’azienda utilizzatrice esulano dall’ambito di applicazione di tale accordo quadro. La somministrazione di lavoratori interinali costituisce una costruzione complessa e specifica del diritto del lavoro che implica un duplice rapporto di lavoro tra, da un lato, l’agenzia di lavoro interinale e il lavoratore interinale, e, dall’altro, quest’ultimo e l’impresa utilizzatrice, nonché un rapporto di somministrazione tra l’agenzia di lavoro interinale e l’impresa utilizzatrice. Orbene, l’accordo quadro non contiene disposizioni vertenti su questi aspetti specifici. Per questi motivi, la Corte dichiara che la direttiva e l’accordo quadro del 1999 sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999 allegato a tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che non si applicano né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice. (Sentenza della Corte Ue, 11 aprile 2013 , C-290/12, Oreste Della Rocca/ Poste Italiane Spa (Agenzia di lavoro interinale)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: REGOLAMENTO COMPETENZA GIURISDIZIONALE - AZIONI DEGLI STATI NON LEGATE ALL´ESERCIZIO DI POTERE PUBBLICO  
 
Il regolamento sulla competenza giurisdizionale trova applicazione nei confronti di un ente pubblico che, dopo aver venduto un immobile già espropriato da un regime totalitario, versi, per errore, agli aventi diritto un importo superiore al dovuto e ne chieda poi la parziale restituzione Il medesimo regolamento non si applica, tuttavia, nella fattispecie, ai convenuti domiciliati fuori dall’Unione, neppure se litisconsorti di convenuti domiciliati in uno Stato membro Il signor Julius Busse era proprietario di un terreno ubicato nel territorio della ex Berlino est. Perseguitato dal regime nazionalsocialista, nel 1938, egli era stato costretto a cedere tale terreno a terzi. Il medesimo terreno era stato successivamente oggetto di espropriazione da parte della Repubblica democratica tedesca e incluso, con altri terreni appartenenti a tale Stato, in un’operazione di ricostituzione fondiaria. In seguito alla riunificazione della Germania, l’intera entità fondiaria così ottenuta è divenuta proprietà, in parte, del Land Berlin e, in parte, della Repubblica federale di Germania. Nel 1990 diversi aventi diritto del signor Busse -– alcuni dei quali domiciliati in Israele (la sig.Ra Sapir e altri), altri nel Regno Unito e in Spagna – hanno chiesto la retrocessione della parte di terreno che era anteriormente appartenuta a quest’ultimo. Nel 1997, tuttavia, il Land Berlin e la Repubblica federale di Germania hanno venduto in blocco l’entità fondiaria, con la conseguenza che la retrocessione è divenuta impossibile e che gli aventi diritto hanno potuto ottenere solo la quota corrispondente del ricavato della vendita. All’atto di eseguire il versamento di tale importo, il Land Berlin ha commesso un errore. Ha versato, infatti, involontariamente, all’avvocato che rappresentava gli aventi diritto del vecchio proprietario la totalità dell’importo del prezzo di vendita, importo che il legale ha ridistribuito indi a questi ultimi. Il Land Berlin reclama ora da costoro, dinanzi al Landgericht Berlin (Tribunale di Berlino), il rimborso di quanto hanno ricevuto in eccesso, somma che esso quantifica in 2,5 milioni di euro. Gli aventi diritto si sono opposti alla restituzione, eccependo l’incompetenza internazionale del Landgericht Berlin nei confronti dei convenuti domiciliati nel Regno Unito, in Spagna e in Israele. Essi hanno peraltro affermato di avere titolo al pagamento di un importo superiore alla quota di loro spettanza del ricavato della vendita, giacché il valore di mercato del terreno appartenuto al signor Julius Busse sarebbe stato maggiore di tale quota. I giudici tedeschi di primo grado e d’appello hanno considerato di non avere, conformemente al diritto dell’Unione, la competenza internazionale a statuire sul ricorso proposto in Germania contro i convenuti domiciliati nel Regno Unito, in Spagna e in Israele. La controversia in esame, a loro giudizio, non si riferisce alla materia civile, ai sensi del regolamento sulla competenza giurisdizionale, bensì rientra nell’ambito del diritto pubblico, cui detto regolamento non si applica. È in tali circostanze che il Bundesgerichtshof (Corte federale tedesca), adito in ultima istanza, ha interpellato la Corte di giustizia. Nella sentenza odierna la Corte constata anzitutto che il regolamento sulla competenza giudiziaria trova applicazione nei confronti di un ente pubblico che, dopo aver venduto un immobile già espropriato da un regime totalitario, versi, per errore, agli aventi diritto un importo superiore al dovuto e ne chieda poi la parziale restituzione. Al riguardo la Corte rileva che l’azione proposta, a titolo di arricchimento senza causa, dal Land Berlin è di natura civile e non è legata ad un esercizio di potere pubblico da parte di detto Land. Il diritto a risarcimento sotteso all’azione intentata contro gli aventi diritto del signor Busse è fondato su disposizioni nazionali concernenti l’indennizzo delle vittime del regime nazionalsocialista, che impongono uguale obbligo di indennizzo senza distinguere tra lo status di soggetto privato oppure di ente pubblico del proprietario del bene. Detto proprietario non ha peraltro alcuna prerogativa decisionale riguardo alla determinazione dei diritti di restituzione dei danneggiati. La Corte rileva poi che, ai sensi del regolamento, sussiste un nesso stretto tra le domande proposte contro una pluralità di convenuti domiciliati sul territorio di altri Stati membri che, in circostanze come quelle di specie, oppongano diritti a risarcimento supplementari sui quali è necessario statuire in modo uniforme. Tale regola non vale però per i convenuti domiciliati fuori dall’Unione che siano litisconsorti di convenuti domiciliati nell’Unione. Difatti, il regolamento sulla competenza giurisdizionale dispone che, per citare un litisconsorte dinanzi al giudice di uno Stato membro in ragione della sussistenza di un nesso stretto tra le domande proposte contro una pluralità di convenuti, è necessario che tale convenuto abbia il proprio domicilio sul territorio di un altro Stato membro. Il regolamento tratta peraltro in modo esplicito ed esaustivo la questione delle cause in cui le parti sono domiciliate fuori dall’Unione prevedendo, con talune eccezioni, che la competenza sia disciplinata in ciascuno Stato membro dalla legge nazionale. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 11 aprile 2013, Sentenza nella causa C-645/11, Land Berlin / Ellen Mirjam Sapir e a.)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE PER IL LAVORATORE FRONTALIERO SOLTANTO NELLO STATO MEMBRO DI RESIDENZA  
 
Un lavoratore frontaliero in disoccupazione completa può ottenere l’indennità di disoccupazione soltanto nello Stato membro di residenza. Tale regola si applica anche se il lavoratore ha conservato legami particolarmente stretti con lo Stato dell’ultimo impiego. Un regolamento europeo del 2004 coordina i sistemi nazionali di sicurezza sociale nell’Unione europea, in particolare con riferimento ai lavoratori frontalieri . Esso sostituisce il vecchio regolamento del 1971 e prevede che i lavoratori frontalieri in disoccupazione completa si mettano a disposizione degli uffici del lavoro nel loro Stato di residenza. A titolo supplementare, essi possono porsi a disposizione degli uffici del lavoro dello Stato nel quale hanno esercitato la loro ultima attività. Il nuovo regolamento contiene inoltre una clausola transitoria relativa alle regole generali per la determinazione della legislazione applicabile, che tuttavia non riguarda espressamente le disposizioni particolari in materia di prestazioni di disoccupazione. Il sig. Jeltes, la sig.Ra Peeters e il sig. Arnold sono lavoratori frontalieri di cittadinanza olandese che hanno lavorato nei Paesi Bassi mentre risiedevano, rispettivamente, i primi due in Belgio e il terzo in Germania. Tutti hanno conservato legami particolarmente stretti con i Paesi Bassi. Il sig. Jeltes si è trovato in disoccupazione a partire dal 2010, quindi successivamente all’entrata in vigore del regolamento europeo. Egli ha chiesto all’amministrazione olandese la concessione di un’indennità di disoccupazione, ma la richiesta è stata respinta sulla base del regolamento. La sig.Ra Peeters e il sig. Arnold hanno perso il rispettivo lavoro prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento e hanno beneficiato di indennità di disoccupazione accordate dall’amministrazione olandese. Entrambi hanno ritrovato un impiego successivamente all’entrata in vigore del medesimo regolamento, per poi trovarsi nuovamente in disoccupazione. L’amministrazione olandese ha rifiutato di riprendere a versare le indennità, con la motivazione dell’entrata in vigore del regolamento. Queste tre persone hanno impugnato le suddette decisioni dinanzi al Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), il quale ha adito la Corte di giustizia riguardo all’interpretazione del nuovo regolamento. Infatti, all’epoca in cui era vigente il vecchio regolamento, la Corte aveva affermato che un lavoratore frontaliero atipico − che aveva conservato legami personali e professionali particolarmente stretti nello Stato membro dell’ultima occupazione − aveva maggiori opportunità di reinserimento professionale all’interno di tale Stato. Pertanto, egli poteva scegliere lo Stato membro nel quale mettersi a disposizione degli uffici del lavoro e dal quale percepire l’indennità di disoccupazione. Nell’odierna sentenza, la Corte afferma che le disposizioni del nuovo regolamento non devono essere interpretate alla luce della sua giurisprudenza precedente. Essa osserva che l’assenza di menzione espressa della facoltà di ottenere indennità di disoccupazione dallo Stato membro dell’ultima occupazione riflette la manifesta volontà del legislatore di limitare la portata della precedente giurisprudenza della Corte. Di conseguenza, essa dichiara che la regola riguardante la corresponsione dell’indennità di disoccupazione da parte dello Stato membro di residenza si applica anche a quei lavoratori frontalieri in disoccupazione completa che hanno conservato legami particolarmente stretti con lo Stato membro del loro ultimo impiego. La possibilità di mettersi, in via supplementare, a disposizione degli uffici del lavoro di detto Stato non può servire a percepire da parte di quest’ultimo un’indennità di disoccupazione, ma unicamente a fruire dei suoi servizi di ricollocamento. Con riguardo alla libera circolazione dei lavoratori, la Corte sottolinea che il Trattato Fue prevede un coordinamento e non una armonizzazione dei regimi nazionali di previdenza sociale. Le disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a che lo Stato membro dell’ultima occupazione rifiuti, sulla base del diritto nazionale, di concedere a un lavoratore frontaliero che si trovi in disoccupazione completa e che disponga all’interno di tale Stato membro di migliori opportunità di reinserimento professionale, il beneficio delle indennità di disoccupazione con la motivazione che egli non risiede nel proprio territorio, dal momento che, secondo quanto previsto dal regolamento, è applicabile la normativa dello Stato membro di residenza. Tuttavia, la Corte rileva che l’assenza di una disposizione transitoria applicabile a lavoratori come la sig.Ra Peeters e il sig. Arnold costituisce una lacuna intervenuta nel corso del procedimento legislativo. La previsione transitoria del regolamento deve pertanto applicarsi anche ai lavoratori frontalieri che si trovano in disoccupazione completa i quali, stanti i legami che hanno conservato nello Stato membro del loro ultimo impiego, percepiscono da quest’ultimo le indennità di disoccupazione sulla base della legislazione di tale Stato membro, fintanto che la situazione rimanga invariata. La nozione di «situazione invariata» (ai sensi della disposizione transitoria del regolamento) deve essere valutata con riferimento alla normativa nazionale in materia di previdenza sociale. Spetta al giudice nazionale accertare se lavoratori come la sig.Ra Peeters e il sig. Arnold soddisfino i requisiti previsti da tale normativa per chiedere la ripresa del versamento delle indennità di disoccupazione. Di conseguenza, la Corte afferma che un lavoratore frontaliero in disoccupazione completa può chiedere un’indennità di disoccupazione soltanto nello Stato in cui risiede, a meno che risulti ad esso applicabile il regime transitorio del regolamento del 2004. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 11 aprile 2013, Sentenza nella causa C‑443/11, Jeltes e a./Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: ORDINANZA AUTORITÀ PER L’ENERGIA ELETTRICA E IL GAS/BERTAZZI E.A.  
 
Con decisione del 4 agosto 2008, i signori Bertazzi e.A., già dipendenti dell’Aeeg nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, sono stati assunti dalla medesima autorità, in applicazione della procedura di stabilizzazione prevista dalla legge n. 296/2006 e sono stati classificati al livello iniziale dell’inquadramento, senza riconoscimento dell’anzianità di servizio acquisita in virtù dei loro contratti a tempo determinato per lo stesso datore. Il Tar Lombardia ha accolto il loro ricorso, ma contro la sua sentenza l’Aeeg ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato nel suo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia osserva che l’accordo-quadro del 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70 sul lavoro a tempo determinato, nell’interpretazione datane, in particolare, con la sentenza Del Cerro Alonso (C-307/05, del 13 settembre 2007), ha indotto numerosi giudici del lavoro a ritenere che dovesse riconoscersi ai dipendenti delle autorità amministrative che hanno conseguito una stabilizzazione, il diritto a conservare l’anzianità di servizio, i trattamenti retributivi e l’inquadramento maturato nel corso dei contratti a termine. Ai sensi del regolamento di procedura della Corte (articolo 99), quando una questione pregiudiziale è identica ad ‘unaltra sulla quale la Corte ha già statuito, essa, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata. Nella sentenza Valenza e a./Agcm (C-302/11 del 18 ottobre 2012), la Corte ha già risposto ad una questione identica posta dal medesimo giudice del rinvio. Per questi motivi, la Corte dichiara che la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (allegato alla direttiva 1999/70/Ce del Consiglio) non tollera una normativa nazionale che esclude totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, quale dipendente di ruolo, nell’ambito di una procedura specifica di stabilizzazione, a meno che le funzioni espletate nel contesto di contratti di lavoro a tempo determinato non corrispondano a quelle svolte da un dipendente di ruolo inquadrato nella categoria corrispondente di tale autorità o, in caso contrario, che tale esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive», circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia prestato detti periodi di servizio in base ad un contratto o a un rapporto di lavoro a tempo determinato non costituisce una ragione oggettiva (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 8 aprile 2013, ordinanza nella causa C-393/11, Autorità per l’energia elettrica e il gas/Bertazzi e.A.)